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Autore: Windter    06/06/2007    2 recensioni
[Maria-Sama Ga Miteru - Youko x Sei]
Attenzione: spoiler su "La Foresta di Spine", Shoujo-Ai.
C'è una ragazza che si aggira, annoiata da tutto e tutti, nei giardini dell'Istituto Lillian.
Il suo nome è Satou Sei. Ed anche se nessuno se lo potrebbe attendere, è il demone biondo destinato a sconvolgere l'esistenza dell'integerrima Mizuno Youko.
Rosa Chinensis en Bouton, per la prima volta nella vita, si ritrova a dover far fronte ad un sentimento che sembra capace di schiacciare la sua razionalità ed il suo senso del dovere. Costretta fra nuove ossessioni e desideri repressi, fra i doveri e i "no" del suo cuore, dovrà imparare a convivere con gli strani ritmi della vita di Sei. Oppure arrendersi e lasciarla volare via, lontano da sè.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Riflessi - IV - Neve Su Di Noi
[ Riflessi - Youko x Sei ]


IV

Neve Su Di Noi



Quanto avvenne quella sera stessa fu diretta conseguenza del tendersi dei fili che tu, Shiori ed io avevamo intrecciato.

Il fatto è che tu credevi davvero che sarebbe venuta con te. E' pazzesco, eppure so che ne eri del tutto convinta. Nelle profondità dell'animo, nei più remoti recessi del cuore, tu sapevi che sarebbe scappata insieme a te. Shiori, così bella e così debole, come un fiore di ciliegio che plana, leggiadro, verso il terreno. Prima di venir calpestato dai passi delle ragazze che percorrono il viale della scuola, camminando lente verso la statua di Maria-Sama.

Tu lo credevi davvero, altrimenti non avresti mai agito come hai fatto. E né tu, né lei, né alcun altro potrà mai capire quanto mi abbia sorpresa, stordita, lacerata ricevere la chiamata di Rosa Gigantea, quella sera stessa.


Ho appena sentito Kubou Shiori-chan. Sei è alla stazione.

Alla stazione, realizzai. Ancora non sapevo, ma tanto mi bastò per risvegliare in me un'agitazione ferina; tanto mi bastò per intuire. Il tempo era venuto.
Mi si strinse un groppo, pesante come un macigno, all'altezza dello stomaco.


Le ha chiesto di andare via con lei. Ma, è ovvio, per quanto le abbia detto di sì, non può di certo farlo.

Non poteva farlo, già. E se da un lato, razionalmente, comprendevo alla perfezione le ragioni di Rosa Gigantea - e quindi, di riflesso, quelle di Shiori - dentro di me fu la rabbia a montare subitanea. Quella sciocca ragazzina aveva ricevuto un'offerta irripetibile, da parte di chi la guardava come se le avesse rapito l'anima, e lei cosa ne aveva fatto? L'aveva gettata via? L'aveva lasciata sola ad aspettarla in stazione, al freddo, e nemmeno aveva avuto il coraggio di dirglielo personalmente, di avvisarla, di fare qualunque cosa? Ma che persona era?! E che scusa era quella del non poterlo fare? Quella era una proposta che nessuno avrebbe mai potuto rifiutare, anche solo per la potenza di quel gesto! Era una proposta che io stessa non-


Naturalmente non se la sente di parlarle lei, di persona. Mi ha pregata di andare a prenderla, verresti con me?

Mi si ghiacciò la mente per qualche lungo istante, ed un brusco brivido di agitazione mi fece tremare, correndo lungo la mia schiena. Annaspai, incapace di pensare per attimi eterni. Fino a quando, come un elastico che si spezza, una scarica di pensieri mi attraversò d'improvviso la mente. Andare alla stazione? Andare per cosa? Andare per umiliare Satou Sei con la mia presenza? Andare ad assistere allo spettacolo del suo tracollo? Andare a soffiare sulle ceneri del suo cuore infranto?

Mi ritrovai preda di una paura selvaggia, che esternai con qualche balbettìo incerto, tentando con urgenza di ritrarmi. Non potevo, davvero non potevo. No, era l'unica risposta che le avrei dato. Tutti, ma non io, Rosa Gigantea. Non potevo. Dai più remoti recessi dell'anima, dal profondo delle viscere, ogni singola stilla del mio sangue mi gridava che non potevo. Il mio sguardo sfuggì verso i vetri appannati delle finestre. Laggiù, vidi, un albero se ne stava ritto in mezzo alla neve. Natale era arrivato, pensai; che regalo amaro mi aveva preparato il destino.
Esitai un momento di troppo, incapace di formulare una vera e propria scusa. La razionalità del tutto inabissatasi in una qualche zona oscura e irraggiungibile. Ed in quell'attimo colse la mia paura, quell'infallibile Rosa Gigantea. L'avvertì chiara come se mi avesse letto dritto nel cuore.


Ascoltami bene, perché non mi ripeterò. Non lo sto chiedendo a Rosa Chinensis en Bouton, bensì a Youko-chan. Se tieni a lei, te ne prego, vieni con me. Per la prima volta nella vita ha davvero bisogno di un vero supporto, e tu sei l'unica che possa fare qualcosa per lei.

L'unica che possa fare qualcosa per lei.
Come un peso, insostenibile, al centro del mio petto. Ed una fitta, così amara...


Youko-chan, sei ancora in linea?


L'unica.


Va bene, ci troviamo di fronte al portale nord. A fra poco.


Il suono intermittente del telefono che strillava l'interruzione della linea mi seppe riscuotere dal lungo istante di immobilità in cui ero affondata senza rendermene conto. Stringevo ancora la cornetta nella mano destra, convulsamente; riappoggiandola, la fissai come se la vedessi per la prima volta. Come se nello spazio di pochi momenti fossi piombata in un'altra dimensione. In un luogo dove tutto intorno a noi era cambiato, e solamente io e te eravamo rimaste le stesse.
Nelle mani tremanti, pesantissima, la consapevolezza di quel che avevo appena accettato di fare. Per te, aveva detto, e per te non avrei mai potuto rifiutarmi. Ma io non ero così sicura di poter reggere il confronto, di potermi trovare di fronte a te, così sola. Così presto, tu.

La mia camera era al buio, ed avvertii l'improvviso bisogno di spalancare le finestre. Avevo il fiato corto. Eri alla stazione. Scostai le tende e mi affacciai, rivolgendo uno sguardo distratto a quel panorama fastidiosamente familiare, così uguale a sé stesso benché ogni cosa avesse assunto un nuovo volto, un nuovo significato. Eri alla stazione, le avevi chiesto di andare via con te. L'aria della sera era frizzante ma non fredda, solcata da un filo di brezza. L'ideale per schiarire la mente. Per la prima volta nella vita avevi davvero bisogno di supporto. Adesso, ora. Se davvero tenevo a te, ero l'unica che potesse fare qualcosa.

Ero l'unica, l'unica, l'unica.


Chiudendo gli occhi presi un profondo respiro, a pieni polmoni, cercando di radunare a due mani tutto il mio coraggio.

Osare.

Pochi istanti dopo stavo infilando una manica del cappotto nero, catapultandomi giù lungo le scale.



Quella notte fu una delle più lunghe, ed intense, ed estenuanti della mia intera vita. A tal punto che la ricordo a tratti, confusamente. Non sono sicura se tutto quel che rammento sia accaduto davvero, e la mia mente mescola liberamente gli avvenimenti, come se quelle ore fossero trascorse in una dimensione dove il tempo non esiste, ma anzi tutti gli istanti si svolgono nello stesso momento. Ed è possibile modificare le combinazioni dei fatti rivivendo dieci, cento, mille volte la stessa esperienza, con un ordine ogni volta diverso, come spostando fotografie su di un tavolo.

Ricordo i tuoi occhi, come cristalli svuotati dei loro riflessi, pezzi di vetro levigati dal mare, portati a riva da un'improvvisa ondata di puro dolore. Sofferenza come veleno nel tuo sguardo, privo di espressione, morto, strappato via a questo mondo. Ricordo il tuo sorriso, dapprima incerto, poi fin troppo entusiasta, esagerato, terribile, cattivo. Privo di qualunque spontaneità. La nuda ombra di te stessa, sia della Sei ribelle e selvatica che avevo conosciuto, che di quella ancor più lontana, e solitaria, che nella sua vulnerabilità era stata piano piano capace di catturarmi.

Ricordo la tua risata sguaiata, reazione isterica, mentre allontanandoci da casa di Rosa Gigantea ti sorreggevo come fossi ubriaca, sotto i primi fiocchi di neve. Barcollavi, quasi non ti reggevi in piedi. Ricordo le lacrime che, improvvise dopo tutto lo scherzare della serata, rotolarono lungo le tue guance, come se fossero sempre state lì e d'un tratto ti fossero assurdamente sfuggite. Colorate di rosso dalla luce dei semafori, come gocce del tuo sangue, come pianto del tuo cuore. Ricordo le grida, le grida selvagge, le grida tremende, le grida roche e disperate che ancora oggi certe volte mi rimbombano in mente, quando è già buio e prende a nevicare, ed il mio sguardo attraverso le finestre si fa opaco e Sachiko, porgendomi una tazza di the, mi domanda se sia tutto a posto.

Ricordo immagini della Sei che nessun altro ha mai visto. Immagini della Sei che quella notte, per la prima ed ultima volta, ha messo nelle mani di qualcuno tutto il tremendo peso della propria sofferenza. Istanti, momenti di cui mi sono fatta silente, gelosissima custode. Perché sono solamente miei, e tuoi.

Il nostro primo vero incontro fu sotto turbini di neve fredda ed impietosa, il primo istante in cui il tuo spirito fu vicino al mio fu un disperato incontro di passioni infrante e sofferenze, come cocci di vetro sparsi su di un tappeto bagnato di lacrime.


  
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