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Autore: Tury    19/11/2012    1 recensioni
Un fischio, il silenzio e dopo l’esplosione. Se dovessi dare un suono alla mia vita, darei quello prodotto da una bomba. Da quel che ricordo la guerra è sempre stata la mia realtà. Correre, nascondersi, uccidere. Uccidere, uccidere, uccidere. Perché questa è la politica che vige sul campo di battaglia, perché è sempre il più forte a sopravvivere, perché…
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una figura nera cammina lentamente in un corridoio bianco. Nel palazzo regna il silenzio, ma nella sua mente numerose voci si accavallano. Lei è la prescelta, lei metterà fine a quella guerra. Deve solo uccidere. E solo una persona. Porta la mano all'elsa della spada, come a cercare la forza per compiere quell'atto disumano. Per compiere il sacrilegio più grande. Ma quella è la sua missione e non può tornare indietro. Si ferma, in quell'immenso corridoio bianco, mentre la sua preda ancora non si è accorta della sua presenza. O almeno così credeva.
“Perché ti sei fermata?” le chiede, celandole ancora il volto, non muovendosi dalla sua posizione. Come se tutta la sua attenzione fosse attratta da ciò che si trova fuori da quel castello e non certo al suo interno.
La figura nera non si muove né risponde alla sua domanda, palesemente retorica. Cerca di recuperare se stessa, di riafferrare quel futile motivo che l'ha spinta in quel sontuoso castello. Perché quella voce, così angelica e dolce, era stata capace di farle cadere ogni convinzione con quella semplice domanda. La ragazza finalmente si volta, mostrandole il suo viso e il suo meraviglioso sorriso.
“Allora, perché non rispondi?”
“Chi sei? Qual è il tuo nome?” chiede la figura nera. Si vergogna quasi della sua voce, così potente e dura al suo confronto. 
La ragazza sembra accorgersene e allarga il suo sorriso, come a volerla rassicurare.
“Non ha importanza il mio nome. Sappi solo che sono la Sacerdotessa, la persona che ti è stato ordinato di uccidere.”
La figura nera si blocca, paralizzata da quelle parole, dalla consapevolezza che lei sappia l'importanza della sua presenza lì. E per la prima volta la domanda del perché debba compiere quel gesto si insinua nella sua mente.
“Se sai il motivo della mia presenza, perché non impugni il tuo arco?”
La ragazza abbassa lo sguardo alla sua destra, dove aveva poggiato l'arco e le frecce, per poi voltarsi a guardare la sua interlocutrice.
“Perché ciò che è destinato a compiersi si compirà comunque, ma vorrei parlare un po', se non ti dispiace. Potrei essere onorata dalla conoscenza del tuo nome?”
“Non ha importanza il mio nome.”
“Io credo che ne abbia molta, invece.”
“No!- ribadisce la figura nera- Non più di quanto potrebbe averne il tuo.”
La ragazza sorride e la invita ad avvicinarsi a lei, per poter ammirare insieme lo spettacolo che il mondo fuori da quelle mura offre.
“È strano.”
“Cosa?” domanda la ragazza vestita di nero.
“Come ci accorgiamo della bellezza di ciò che ci circonda proprio quando stiamo per perdere tutto.”
“Non è detto che tu debba perdere tutto questo.”
La ragazza si volta a guardarla.
“Sto solo dicendo che non è detto che tu...potrei avere la peggio.”
“Quanto ti ci vorrebbe a sfoderare la tua spada?”
“Quanto ti ci vorrebbe a scagliare una tua freccia nel mio cuore?”
“Un secondo.”
“Tanto è il tempo che richiede la morte, in qualsiasi caso. Eppure, eccoci qui a parlare, guardando fuori da una finestra. Tutto questo è strano. Più della morte.”
“La morte non è strana, è naturale. Ma noi dovremmo essere rivali.”
“Nessuno l'ha deciso.”
La ragazza dai capelli biondi rimane in silenzio, non comprendendo quello che l'altra intende dire.
“Quante volte ci siamo viste prima di adesso? Mai. Dunque come possiamo dire di essere rivali, nemiche? Semplice, non possiamo. Qualcuno al posto nostro lo ha deciso per noi, ma noi siamo ancora vive, possiamo ancora decidere. E la decisione si insinua lì dove nasce il dubbio. E io adesso dubito della mia missione e della sua giustizia.”
“Ti prego, non parlare così! Fai ciò che ti è stato detto.”
“Perché ti stai sacrificando?”
“Io non mi sto...”
“Ti stai sacrificando. Perché? Per chi? E perché io dovrei macchiarmi del tuo sangue? Per quale oscura ragione?”
“Perché è giusto che sia così. Noi siamo rivali. Ecco l'unica verità.”
“Dimmi chi l'ha deciso.”
“Questo destino.”
“Il destino non decide nulla, al massimo crea bivi, ma la decisione ultima spetta a noi.”
“E cosa deciderai, Signora della Guerra?”
“Non deciderò, perché decidere in nome di chi non siamo equivale ad imprigionare. Ti renderò la tua libertà.”
“A che prezzo.”
“Al prezzo della mia prigionia.”
Gli occhi della fanciulla diventano umidi. Non sa perché, ma si sente intimamente legata a quella ragazza che dovrebbe essere sua rivale. Sa, che entrambe sono prigioniere di un destino scritto da altre mani. 
“Non piangere, non ce n'è bisogno. Questa guerra la vinceremo.”
“Io non voglio far del male a nessuno.” 
La figura nera le sorride, per la prima volta, scaldandola con quel semplice gesto. È un miracolo, pensa la ragazza dai capelli biondi, guardando quel sorriso così luminoso. Non si conoscono ma ormai sa di essere legata a quella strana ragazza. Sa che le è entrata dentro e non vuole che se ne vada da quel posto che ormai ha occupato.
“Non faremo del male a nessuno, te lo prometto.”
“E come faremo?”
Non ha il tempo di rispondere, la Signora della Guerra, perché un'altra voce prende parte al dialogo. Entrambe  le ragazze si voltano verso il nuovo ospite.
“Iwa! Cosa ci fai qui? Non ti ho mandato a chiamare.” dice la figura nera, guardando negli occhi l'uomo dalla pelle diafana e i lunghi capelli corvini.
“Dovrei esser io a chiederti cosa stai facendo. Dialogare con la Sacerdotessa e venir meno agli ordini di nostro padre.”
“Ho deciso di non seguire la sua volontà. Non ucciderò la Sacerdotessa.”
“Lo sapevo. Vorrà dire che lo farò io.”
“Non credo proprio.”
A rispondere è un uomo dalla tunica bianca, i capelli biondo chiaro e gli occhi incredibilmente azzurri. Accovacciato sul parapetto, guarda direttamente negli occhi il suo rivale e la sua protetta.
“Heiwa! Cosa ti porta da me?” 
L'uomo rivolge ora lo sguardo alla Sacerdotessa, uno sguardo privo di emozioni. Così diverso da quello della Signora della Guerra, si ritrova a pensare la ragazza.
“Vengo in soccorso.” risponde.
“Nessuno ti ha convocato, tanto meno necessito di un aiuto.”
“Ma io non vengo in soccorso a lei, ma all'Ordine che per causa della sua negligenza rischia di esser compromesso.”
“Non si tratta di nessuna negligenza, ognuno può decidere della propria vita. E della propria morte.”
“Questo è tutto da vedere!” proferite queste parole, l'uomo si scaglia contro la Signora della Guerra, ma la Sacerdotessa interviene frapponendosi tra i due.
“Heiwa, placa la tua ira.”
“Non è ira ciò che mi obbliga, ma dovere.”
I due ingaggiano una battaglia, l'uno cercando di eludere le difese della Sacerdotessa per poter arrivare così alla sua preda, l'altra per proteggere il primo vero legame della sua esistenza. La ragazza vestita di nero sta per prendere parte allo scontro, per sostenere chi ora considera alleata, compagna, amica. Ma non ha il tempo di muovere un passo perché Iwa, il suo servo, cerca di raggiungere la ragazza dai capelli dorati, approfittando della situazione. E così, comincia una nuova battaglia, su un nuovo fronte, tra chi un tempo si definiva alleato. Lo scontro va avanti, ma la stanchezza inizia a farsi sentire ed ogni colpo perde sempre più efficacia. Finché Iwa, deciso a raggiungere con ogni mezzo il buon esito della missione, decide di eliminare ciò che in quel momento si sta mostrando come un ostacolo. La stessa sua sovrana. Alza il braccio, pronto a colpire, ma invece di perforare l'armatura, squarcia la tunica bianca della Sacerdotessa. E la Signora della Guerra non può che stringere tra le braccia quel corpo scosso dagli spasmi della morte, con sul volto l'impronta di un sorriso, assaporando per la prima volta la sensazione delle lacrime sul volto, implorando Heiwa affinché le concedesse la stessa sorte. Sperando di poter raggiungere chi aveva reso umano il suo cuore.
  
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