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Autore: ClaryMorgenstern    20/11/2012    3 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I became insane, with a long intervals of horrible sanity
E. A. Poe


Capitolo XIX
Became insane


«Sapete per cosa è stato arrestato?» Quando Will usava quel tono, Clary si sentiva le gambe molli. Se non avesse smesso di usarlo, lei lo avrebbe preso allegramente a calci, per due ragioni.
La prima era che, se non avesse smesso, persino lei si sarebbe buttata ai suoi piedi.
La seconda era Tessa.
Nel capire i sentimenti degli altri non era mai stata troppo brava. Già a capirlo bastava Simon. Ma quello che c'era tra Will e Tessa l'aveva capito subito, e per spiegarselo si era detta che era un'affinità che sentiva con la ragazza. Entrambe si erano innamorate di un Herondale con la lingua lunga e fascino a non finire. Gli Herondale erano fatti così: Esasperanti. Talvolta velenosi, talvolta dolcissimi. Affascinanti, ma troppo consapevoli di esserlo.
Avrebbero dovuto fondare un club. "Le ragazze innamorate degli Herondale". Sarebbe stato molto numeroso.
La voce della poliziotta la riportò alla realtà, interrompendo le sue fantasticherie. «E' stato trovato armato in un vicolo, e ha oltraggiato un pubblico ufficiale. Il signor Harriet sosteneva anche che fosse sotto l'effetto dell'oppio.»
Isabelle ridacchiò. «No, lui è sempre così.»
La ragazza si fermò davanti ad una porta di metallo scuro, che aprì con l'unica chiave grande del mazzo. La porta si aprì sotto la pressione della sua mano, dando luogo ad una stanza mediamente grande. Al suo interno c'erano una decina di grosse gabbie incassate nel pavimento. Le sbarre erano grosse, certo, ma niente che uno stilo non potesse abbattere.
Perché non ha usato lo stilo?
Si rese conto di averlo chiesto ad alta voce solo quando Will si sfilò dalla cintura uno stilo. «Perché lo ha dato a me» spiegò, guardando verso la poliziotta per controllare che non li stesse guardando. Quando  rimise il cilindretto nella cintura, quello brillò sotto la calda luce delle candele.
Le labbra di Clary si piegarono in un sorriso. Molte delle gabbie incassate erano occupate, la maggior parte da uomini sbronzi e nauseabondi. Quando Izzy passò vicino a una di esse, uno dei detenuti la prese per un polso tirandola contro le grosse sbarre. «Sciao bellissima.» brontolò sul viso della ragazza. Izzy fece una smorfia schifata. Il suo alito non doveva proprio profumare. Prima che quello potesse dire qualcos'altro, Isabelle tirò con forza il polso, e il detenuto, mantenendo la presa, andò a sbattere con violenza la fronte contro le sbarre di ferro. Mollò la presa su Izzy e cadde sul pavimento sporco, guaendo di dolore.
«Idiota»
 
Jace era disteso sul pavimento sporco della cella, a guardare il soffitto. Fin'ora aveva contato dodici macchie di umidità, tre scarafaggi, quattro macchie di muffa di un colore verdastro e ventisette, proprio ventisette, ragnatele.
Storse la bocca. Le prigioni dei fratelli Silenti non erano proprio uno splendore riguardo a comodità e / o confort, ma quantomeno erano pulite. Si era sdraiato per terra perché, quando l'avevano portato giù, aveva visto un'enorme macchia umidiccia sul materasso. Sarebbe morto prima di toccarlo, figurarsi sdraiarcisi sopra.
Così, guardava il soffitto. Il suo stilo ce l'aveva Will, e quel cretino di Jace se l'era ricordato solo quando ormai era stato chiuso là dentro. Oh, se aveva urlato quando se n'era reso conto. Aveva preso a pugni il muro così forte che si era scheggiato le nocche e probabilmente anche rotto qualche osso della mano. E inveito contro Will, ovviamente.
E quello stronzo del suo antenato era là fuori, libero e illeso, dato che aveva il suo dannato Stilo. Ma la cosa che lo faceva più incazzare era il fatto che era con Clary.
Non che Jace non avesse mai sperimentato la gelosia.
Ne sentiva ancora il sapore acre sulla lingua, quando pensava a Simon che baciava la bruciatura di Clary, a casa di Magnus Bane. Simon era rimasto vivo dopo averlo fatto per due motivi: Uno, uccidere i mondani era dannatamente illegale. Due, Clary ci sarebbe rimasta male. E quello era un motivo sufficiente, almeno per lui, per fare qualunque cosa. Avrebbe bruciato le terra dalle fondamenta se questo significava la felicità di Clary.
Ma con Will era diverso. Clary, la sua Clary, era attratta da un altro ragazzo mentre loro stavano insieme. Lo faceva sentire strano e dolorante, in qualche maniera, come certi di quei veleni demoniaci. Poco importava che Jace e Will fossero imparentati, alla lontana. Jace sapeva che Clary non si sarebbe mai innamorata di Simon. Mentre con Will, non ne aveva la certezza.
Jace non era mica uno stupido. L'aveva capito che Will veniva dal Galles, l'accento tradisce tutti, e i disegni di Clary non erano di certo una coincidenza. Aveva smesso di credere alle coincidenze un bel po' di tempo fa.
Una di quelle notti l'aveva sognato. Clary che lo lasciava per stare con Will e che decideva di restare nel XIX secolo. Dopo si era svegliato sudato e tachicardico, in preda a un attacco di panico. Si era alzato di scatto dal letto ed era corso in camera della ragazza. Quando aveva aperto la porta e aveva visto Clary guardarlo sollevata e felice dalla soglia, solo allora si era calmato. Lei lo amava. Se lo ripeteva spesso. Aveva scelto lui, sopra ogni altra cosa al mondo. Quelle frasi gli trapassavano il cervello, come un mantra.
Avresti potuto avere qualunque cosa al mondo, ma hai scelto me.
Ma io non voglio nient'altro al mondo.

Continuava a ripeterselo.
Ma riusciva a crederci solamente quando lei era con lui.
Sentì dei passi nel piccolo e angusto corridoio che conduceva alla sua gabbia. Sperò che fosse da mangiare: Stava morendo di fame.
Voltò appena il viso e vide degli stivaletti da donna con il tacco basso ad appena un metro da lui, a dividerli solo le sbarre. Jace aggrottò le sopracciglia. Non gli sembrava che le poche donne lì, alla centrale, indossassero degli stivaletti firmati.
Alzando lo sguardo gli apparvero delle gambe, minute, magre ma comunque robuste, segnate da piccole e quasi invisibili cicatrici pallide da stilo. Una runa nera per la velocità in battaglia spuntava sulla caviglia come il titolo nero sulla prima pagina di un romanzo.
Oh, ma le avrebbe riconosciute ovunque, quelle gambe! Il piccolo neo sotto il ginocchio, il segno di un morso che gli aveva fatto lui, un pomeriggio a Central Park.  La pelle tenera, sotto il ginocchio che aveva sentito tante e tante volte sotto le dita.
E difatti, alzando lo sguardo, vide Clary guardarlo con lo sguardo pieno di angoscia nei begl'occhi verdi, con le mani così strette sulle sbarre da essere sbiancate. La bocca era semiaperta, in una smorfia trattenuta.
Jace scattò in piedi in meno di un secondo mise le mani sulle sue. Clary si rilassò visibilmente e sorrise, così che Jace si ritrovò a pensare che niente, assolutamente niente, al mondo, valesse quanto il sorriso di quella ragazza.
Voleva dirle parole dolci, parole rassicuranti, parole d'amore.
«Cameron è scappato»
Già. Esattamente quello.
Clary abbandonò l'espressione preoccupata e assunse un cipiglio accigliato. «Ma chi se ne importa!» gli inveì contro, quasi urlando. «Come diavolo hai fatto a farti arrestare?»
Jace sorrise. Quella era la sua Clary. Le raccontò in breve cos'era successo da quando Will e Tessa se n'erano andati.
Lei fece una smorfia. «Tieni» gli disse, porgendogli uno stilo che brillò leggermente, quando toccò la sua mano. «Usalo quando ce ne saremo andati, ti aspettiamo qui fuori.»
Saremo. Ti aspettiamo.
«Chi altro c'è?»
Clary lo guardo confusa, poi sorrise. «Oh, siamo solo io e Will, sai com'è.»
Lo sguardo del ragazzo si accigliò. «No. Non lo so»
Lei gli fece un sorriso. Quel sorriso. Quello che gli avrebbe fatto passare qualunque cosa. «Vuoi sapere perché mi piace Will?»
No. non voleva saperlo. Né ora né mai. «Dimmelo.»
Sfilò una mano dalle sue e la passò attraverso le sbarre, posandogliela con dolcezza su una guancia. «Avete le stesse labbra.» e con un dito scese leggermente a sfiorargli il labbro inferiore in una carezza.  «E la forma dei suoi occhi mi ricorda la tua» mormorò con dolcezza. Risalì con quello stesso dito fino ai suoi occhi, che lui chiuse d'istinto, beandosi nel calore delle sue mani sulla pelle. «Avete la stessa lingua lunga, la stessa arroganza.» continuò, sempre accarezzandolo. «E io ti amo. Qualunque cosa mi ricordi te, mi piace. Persino Will.»
Jace posò la mano sulla sua, intrecciando le dita. Il calore di quella mano gli era passato rovente per le vene, fino al cuore. «Ti amo anch'io.»

Clary si strinse il busto con le braccia. Faceva un freddo dannato lì fuori, e il cappotto di lana non serviva a niente per lenire la situazione. La neve aveva ricominciato a cadere soffice attorno a loro, cristallizzandosi tra i riccioli di Clary, appuntati sulla nuca. Quando era uscita dalla stazione di polizia, aveva trovato gli altri ad aspettarla fuori sulla neve. Will, che mentre Clary era con Jace aveva distratto la poliziotta, stava appallottolando una grossa massa di neve, rendendola perfettamente sferica. Arrivando da dietro, Clary gliela fece cadere dalle mani.
Will le lanciò un'occhiataccia. «Non farmi cadere le palle»
«Troppo tardi»
Scoppiarono tutti a ridere tranne Tessa, e Clary sospettò che non l'avesse capita.
Il familiare sfrigolio di uno stilo sul metallo li fece voltare. Dalla finestrella inferriata di Jace stavano cadendo delle scintille rosse come fuochi d'artificio.
Quando poi le sbarre caddero sulla neve schizzando sui loro stivali, la tesa bionda di Jace comparve sulla finestrella. «Oh, ciao» disse a voce bassa. «Body - surfing?»
Clary alzò gli occhi al cielo. «Salta e basta»
Jem la guardò scettico. «Clary» le mormorò piano, come se stesse parlando con un bambino. «Sono almeno cinque metri»
«Avanti, salta!» lo incitò Will con una faccia da scemo dipinta sul viso.
Jace lo prese in parola. Posò i piedi sul cornicione della finestrella e le mani sulle uniche sbarre rimaste ai suoi lati. Chiuse gli occhi e, quindi, saltò, dandosi una spinta con le gambe. Si librò in aria come un passerotto al primo volo, ma con molta più grazia. Atterrò proprio davanti ai piedi di Will, schizzando neve fresca sugli stivali del ragazzo.
«Buonasera» disse allegro. «Visto che eravate tutti qui, volevo fare un salto.»
Will fece un sorriso crudele. «Vedo che la cella non ti ha annodato la lingua»
«Ti sarebbe piaciuto, non è vero?»
Oh. La sua lingua lunga. A un certo punto tutta la preoccupazione di Clary traboccò fuori da sé, e si gettò tra le braccia di Jace, in lacrime. L'ultima volta che aveva avuto così bisogno di stringerlo a sé era stato sulle sponde del lago Lyn. Sentì il torace duro sotto la guancia e i muscoli sodi e tesi delle spalle sulle mani, quando lo strinse. Simon aveva ragione: Sapeva di prodotti chimici e metallo, ma più di tutto sapeva di Jace: Quel vago sentore di sapone e limone. Sapeva che era una frase scontata, ma era il suo profumo preferito.
Jace all'inizio fu bloccato dalla sua reazione, e a Clary erano salite le lacrime agli occhi. Odiava a morte quella sensazione di fragilità che si sentiva montare dentro. Lei non era fragile, né lo era mai stata. Ma era un vaso di cristallo nelle mani di Jace: Solo lui avrebbe potuto farla a pezzi.
Poi, con estrema dolcezza, le aveva accarezzato la schiena con la mano destra e, con la sinistra, le aveva sfilato gli spilloni che le tenevano i capelli, per poi passarci le mani. Clary sorrise sul suo petto, cominciando a singhiozzare.
«Shhh» fece lui, sulla sua guancia. «Va tutto bene. Sono tutto intero»
Sospirò. Chiuse le mani a pugno sul suo petto e si allontanò da lui, guardandolo negli occhi dorati. Erano pieni di tenerezza. Chissà che aspetto patetico doveva avere, con gli occhi arrossati e le guance rosse per il freddo, i capelli scarmigliati al vento. Si alzò sulle punte dei piedi, stringendo i pugni nella sua maglietta, sporca in più punti, e lo baciò. Un suono rauco uscì dalla sua gola. Quel suono le passò rovente nelle vene, arrivandole al cuore. Sciolse i pugni e alzò le braccia avvolgendogliele intorno al collo, fino a giocare con i capelli troppo lunghi sulla nuca. Le mani di Jace scesero per un momento sui suoi fianchi, prima di risalire sul proprio collo e sciogliere la stretta delle sue mani e interrompere il bacio. Le sorrise mesto, facendole l'occhiolino.
E poi si rese conto di stare facendo un po' troppa scena.
Se ne rese conto solo dopo un po'. Si staccò da lui velocemente, arrossendo di colpo. Ovviamente tutti li stavano fissando. Cavolo. Tessa, poi, aveva uno sguardo strano, corrugato. Come se le mancasse qualche pezzo. E Will sembrava aver ingoiato qualcosa di molto amaro. Jem era imbarazzato fino al midollo, e si vedeva nelle guancie rossissime. Anche Simon era visibilmente imbarazzato, anche se lui non era arrossito per ovvie ragioni. Izzy e Alec, che a quelle scene si erano ormai abituati, dato che avevano l'abitudine di entrare senza bussare nelle stanze, si erano educatamente voltati.
«Oh, e smettetela di fissarci» borbottò, rossissima in viso, incominciando a incamminarsi verso l'istituto. Sentì, più  che vedere, Jace sogghignare alle sue spalle. «La mia ragazza, signori e signori» Solo la nota d'orgoglio nella sua voce le impedì di tornare a prenderlo a schiaffi. «E ora andiamo via, prima che capiscano che me la sono filata.»
 
Sulle porte dell'istituto, a sorpresa di tutti, trovarono Jessamine e Sophie. Strano, soprattutto, perché ormai erano le due del mattino, a occhio e croce. La cameriera aveva un'espressione tremendamente seccata e Clary la capiva benissimo. Stava tenendo dritto un ombrello sopra la sua testa e quella di Jessamine per coprirle da una neve che non stava nemmeno cadendo. Aveva l'aria di farlo da un po', il suo braccio era un po' più bianco del normale.
Jessamine, invece, aveva un'aria realmente preoccupata, che abbandonò solo quando i suoi occhi si posarono su Alec e videro che era illeso e sano. Non lanciò nemmeno un'occhiata ai suoi amici né a Jace. «Oh, grazie al cielo» disse sollevata, abbracciando Alec con estrema delicatezza, nemmeno fosse stata al suo capezzale. «Ero così preoccupata!»
Inutile dire che Alec arrossì da capo a piede.
«Ciao, Jessie» Will si scosse la giacca, per togliere gli ultimi rimasugli di neve semidisciolta. «Si, stiamo tutti bene. Non c'era bisogno che ti preoccupassi così per tutti noi.»
Jessamine lo guardò in tralice per circa un secondo, prima di tornare a guardare Alec. «Nessuno era preoccupato per te, Will.»
«Io si» rispose prontamente Jem, con un'aria vagamente risentita.
«Anche io» disse Tessa, altrettanto piccata, gettando un'occhiataccia a Jessamine. «E anche tu, sebbene non lo ammetti.»
Will la guardò per un istante, distogliendo subito lo sguardo. Un vago rossore si spanse sulle sue guancie, e non per la neve.
Oh mio Dio! Will arrossito!
Jessamine nemmeno li degnò di uno sguardo. «Cielo, Alec. Starai gelando» schioccò le dita davanti a Sophie in un modo molto irritante. «Vai a fare del thè caldo»
Sophie alzò gli occhi al cielo e se ne andò, evidentemente grata di allontanarsi da lei.
«Sophie, non ce né bisogno» disse Alec. La voce vagamente grata ed esasperata al tempo stesso. «Vogliamo solo andare a dormire.»
Sophie si inchinò appena. «I signori Branwell vogliono parlare con lei, signor Lightwood» disse poi, rivolgendosi a Jace, che arcuò un sopracciglio dorato.  «Domani mattina, ovviamente» aggiunse poi, vagamente imbarazzata.
«Va bene» borbottò Jace.
Si separarono: Jem, Will, Tessa, Isabelle e Alec andarono all'interno insieme a Jessamine e Sophie, mentre Clary, Jace e Simon si incamminarono verso il retro, per accompagnare Simon al rifugio. Mentre camminavano, Clary fu colta da una domanda. «Simon» Lui la guardò interrogativo. «Dove sono le tue guardie?»
Simon scosse le spalle. «Stasera toccava a quello italiano. Ma ha ricevuto una messaggio strano» e mimò nell'aria una specie di volata di fumo. «Mi ha detto di non fare cose stupide e si è volatilizzato.»
«Molto affidabile» commentò Jace.
«Invece, lui è a posto» obbiettò Simon. «Luigi è simpatico, e sa un sacco di barzellette divertenti. Almeno, fino a un paio di giorni fa» aggrottò le sopracciglia. «Mentre l'altro, quello inglese, è di una noia mortale»
«Chi, Gabriel?» chiese Clary.
«Si, Gabriel. Il parente di Alec e Isabelle.»
Clary e Jace si bloccarono all'improvviso. E Simon si voltò a guardarli. Con le mani nelle tasche e l'aria trasandata era la personificazione della noncuranza.
«Sei serio?» gli chiese Jace, sorpreso.
«Si» rispose Simon, alzando un sopracciglio scuro. In effetti, per lui non doveva essere troppo scioccante. «Di cognome fa Lightwood.»
  
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