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Autore: Seiya Drew Scop    20/11/2012    0 recensioni
L'avvincente storia di un amore nato in rete, ostacolato fin dal suo nascere dall'enorme distanza materiale che separa i due.
Cosa accadrà? Riuscirà davvero un social network a superare le barriere che li separano? Può davvero l'amore vincere su tutto o a volte i sentimenti non bastano?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10) Nulla è Perso Per Sempre



Le persone quando hanno tutto, sono attratte dal niente. Nessuna frase riusciva a descrivere meglio la mia situazione. Ogni volta che avevo Sofia a un passo da me, la allontanavo senza nemmeno rendermene conto per poi andarla a cercare pochi secondi dopo, capendo che senza di lei la mia vita non era la stessa. Quella volta però sentivo inutile il mio tentativo di ritorno, e il mio continuo stare male per lei era semplicemente infruttuoso, inefficace. 

''Cazzo Lù, lei era innamorata di me. Lo era da subito e io che ho fatto...? Ho buttato il nostro rapporto nella spazzatura, come si fa con le cose vecchie...''

Non riuscivo a darmi pace. Da una settimana a quella parte continuavo a leggere come un dannato il messaggio che mi aveva scritto in risposta al mio, e anche se facevo di tutto per far scorrere i miei occhi il più lontano possibile da quella frase, come una calamita questi si fermavano sempre lì, come se volessero focalizzare solo quelle 5 parole: 'c'è già un'altra persona'.

''Compà, avete sprecato entrambi un'occasione. Tu perché sei scappato più volte e lei perché ti ha tenuto nascosto tutto. Siete pari, dai...''

''Pari in cosa...? Nel prenderci in giro? In quello siamo campioni!''

Mollai la penna che tenevo stretta tra le mani, volgendo il mio sguardo verso il vetro pesante della finestra di quella piccola stanza del College. Sia io che Luca stavamo seguendo un corso di inglese che ci avrebbe aperto le porte per i nostri futuri studi di specializazzione universitaria, io in architettura, lui di farmacia; ma quel giorno ero troppo nervoso per seguire alla lettera le parole del nostro professore. Alternavo lo sguardo tra la bacheca con sopra scritte le nozioni giornaliere, il mio quaderno degli appunti e il display del telefono. Non sapevo nemmeno io quello che stavo aspettando, ma speravo. Speravo in qualsiasi cosa, in qualsiasi messaggio, in un qualsiasi gesto ma ogni volta che premevo sopra al display del telefono, la speranza che avevo scompariva nel notare lo sfondo senza messaggi nè chiamate. Era una partita persa contro me stesso oramai, e non riuscivo a farne a meno anche se combattere in quelle condizioni mi faceva davvero male.

''Oh Dà.''

Mi voltai verso Luca scostando lo sguardo dalla finestra per appoggiarlo sulla sua espressione severa.

''Smettila di piangerti addosso e di guardare come un ossessionato quel telefono. E' finita, porco cane. Mettitelo bene in testa e vai avanti con la tua vita. Non si piange sul latte versato Compà. Se è andata così ci sarà un motivo. Basta!''

Era semplice per lui parlarmi in quel modo. Lù metteva le cose tutte sullo stesso piano, non le etichetteva mai con sigle diverse. Per lui tutto era uguale. Tutto aveva la stessa intensità. 

''Non è tanto semplice, sai? Soprattutto quando si è innamorati...''

La sua espressione così spavalda e menefreghista mi fece mancare l'aria. 

''Giusto. Che ne sai tu...?''

Gli dissi assottigliando gli occhi cercando di trattenere la mia ira, limitandomi a stringere più forte che potevo la matita nella mano destra.

''Ti sei mai innamorato tu...? Hai mai pensato di mollare tutto quello che hai sempre sognato per raggiungere la persona di cui non puoi fare a meno e stare con lei, sempre in ogni minuto del giorno...?''

Le parole mi uscivano dalla bocca rabbiose, così violente che quasi sembravano avvelenate. Non riuscivo a calmarmi anche se una parte dentro di me mi stava obbligando a sedare tutta quell'ira. Luca non era responsabile di nulla, ma le sue affermazioni erano così vere e confermate che quasi avevo paura di ascoltarle, e quindi posizionavo un muro tra me e la realtà, così da allontanare i problemi e vivere di ricordi, cercando in tutto quello che era reale, pura e incontaminata finzione. 

''Non mi servono le tue battutine stupide. Non è proprio il momento per fare dell'ironia...''

Mi alzai di scatto dalla sedia attirando l'attenzione di tutti i presenti in aula verso di me. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Cosa avrei fatto? Avrei salutato il professore dicendogli che avevo bisogno di stare da solo o mi sarei seduto di nuovo accanto a Luca? Non riuscivo ad andare avanti nel mio gesto improvviso ma non sapevo nemmeno tornare indietro per recuperare. Ero fermo ad un bivio, ma non vedevo nessuna via di sbocco. C'ero io e basta e davanti a me il nulla. 

''Dà, scusami...''

Mi sentii afferrare il braccio da una morsa quasi invisibile. Sospirai trattenendo la calma. 

''Hai ragione, ho esagerato ma l'ho fatto solo per farti capire che non ne vale la pena.''

Mi voltai di nuovo verso di lui mentre il professore, con un sorriso premuroso sulle labbra, mi si avvicinò e appoggiandomi una mano sulla spalla mi invitò a prendere il mio posto, come se nulla fosse mai successo.

Non ringraziai il professore, né risposi a Luca. Mi limitai a sedermi in quel piccolo banco sbiadito, mentre il mio sguardo era fisso sul pavimento. Le frasi scritte sulla bacheca con il pennarello rosso non riuscivo a distinguerle e le parole di Lù mi sembravano distanti, quasi come se provenissero da un mondo a me parallelo. Non volevo non ascoltarlo ma era più forte di me, il mio pensiero era altrove e qualsiasi cosa tentassi di fare pur di svegliarmi da quella assurda prigionia, non cambiava le cose; precipitavo dentro a quel tunnel senza fine con tutto me stesso. 

''Io comunque fossi in te terrei gli occhi aperti... Magari qualcuno ti sta spiando e tu nemmeno lo sai...''

Abbandonai per un attimo i miei pensieri e mi concentrai sull'affermazione di Luca. Cosa voleva dire?

''Spiegati meglio. A cosa ti stai riferendo...?''

''Non mi hai detto che su Facebook ti ha aggiunto una tipa che non conosci e che non hai mai visto...? Magari la Sò sta facendo il tuo stesso gioco...''

Impossibile. Solamente io potevo ridurmi a quel genere di distrazione. Lei non era me e non lo sarebbe mai stata. Non sarebbe mai scesa così in basso, ne ero più che certo.

''No Lù, ti stai sbagliando... Lei non farebbe mai una cosa del genere.''

''Ne sei sicuro...?''

Chiusi di botto il libro di inglese intrappolando tra le pagine un foglio che con la matita avevo riempito di frasi di canzoni, per poi voltarmi verso Luca che mi fissava di sbieco. 

''Sì, ne sono sicuro.''

Ma proprio in quel momento, nel preciso istante in cui confermai la mia sicurezza, il mondo mi crollò addosso. Giocai per un breve attimo con la mia mente, cercando di ricordare tutto quello che riguardava quella 'ragazza misteriosa' ed un possibile legame con me. Esattamente la stessa sera in cui Sofia rispose al mio messaggio, notai nell'icona delle richieste di amicizia un piccolo uno rosso. Accettai anche se non conoscevo nessuna Simona Casta. Lo feci perché non trovavo un motivo valido per rifiutarla, anche se con me non aveva nessun legame 'visibile'. Non controllai il suo profilo e tanto meno le sue foto, in quei giorni aspettavo con ansia l'accettazione da parte di Sofia, anche se questa continuava a ritardare. 

Tutto per noi era un'incognita. Lo era stato dal nostro primo incontro e sicuramente lo sarebbe stato sempre. Non conoscevamo mezze misure; o era tutto o era niente. O era bianco o era nero, per noi le sfumature non esistevano. E anche se ci eravamo allontanati di nuovo l'uno dall'altra, sapevo che io per lei ero ancora qualcosa di importante, o almeno lo speravo. Così come speravo che mi scrivesse, da un momento all'altro e che capisse che non stavo più mentendo e che forse, non le avevo mai mentito. Il nostro amore era a metà tra realtà e finzione, sempre. Noi non sapevamo mai quando finiva una ed iniziava l'altra. Non conoscevamo il confine necessario per distruggere quella distanza e quel muro tra di noi, perché non potevamo farne a meno, perché vivevamo di quello. Era come se noi respirassimo a metà. Era come se i nostri sogni fossero la nostra vita, e come se la nostra vita si presentasse all'interno dei nostri sogni, ogni notte. Non c'era un limite che noi non potevamo oltrepassare. Il tutto si avvolgeva su di noi e con noi prendeva vita. 

Io e Sofia eravamo diversi, ma ci completavamo. Eravamo come una specie di puzzle. Io ero il contorno, incerto e spigoloso e lei il centro, il cuore di tutto. L'unica che sapeva mettere al proprio posto i piccoli pezzetti della mia vita, incastrandoli con i suoi. Io senza di lei non potevo fare nulla, sarei solamente stato una cornice vuota e lei, senza di me sarebbe stata un cuore freddo, privo di barriere. Noi eravamo semplicemente perfetti per stare insieme.

 

''Vabbè oh, anche se sei sicuro, io un'occhiata ce la darei lo stesso. Del resto si spia in silenzio.''

Ritornai con i piedi per terra, lasciando ai miei pensieri l'assoluta libertà di volare via dalla mia testa. Notai poi Lù prendere in groppa il suo borsone e alzarsi dal banco in quarta fila.

''Stasera comunque c'è una festa al Concorde, il mio non è un invito ma un obbligo. Quindi Compà, vestiti elegante che stasera si cucca e non accetto risposte negative. Tu vieni.''

Mi salutò con la mano, dandomi le spalle mentre io ancora ero seduto al mio solito posto. Prima avrei voluto alzarmi, lanciare in aria qualsiasi cosa mi fosse capitata sotto mano e urlare a squarciagola; in quel momento invece era come se le forze mi avessero abbandonato. Aspettai di essere rimasto solo all'interno dell'aula per potermi finalmente sfogare. Il mio era un carattere abbastanza difficile: odiavo farmi vedere dagli altri fragile, non volevo che la loro amicizia si trasformasse in compassione, ma le frasi di Luca erano come fuochi d'artificio nel mio cuore. Da una piccola parola si apriva una frase e da questa un'intera vita. Proprio come i botti quando vengono accesi e si alzano prepotetenti in cielo, i miei pensieri avevano le loro stesse diramazioni. Entrai su Facebook dal telefono, sperando di trovare una notifica che mi confermasse che Sofia aveva accettato la mia richiesta di amicizia, ma nulla, di lei nemmeno l'ombra. Non avevo più sue notizie da quasi una settimana e quella volta decisi di non indagare, se mi voleva sapeva dove trovarmi. Non avrei riempito Marty di domande su di lei; pensavo che così forse era più facile eliminare quelle ultime briciole di noi. Tra le notifiche, solamente tantissimi apprezzamenti a tutti quei link depressi che condividevo ogni sera prima di andare a dormire, e tra tutti quei nomi che avevano messo il 'mi piace' alle mie frasi dolci, uno in particolare colpì la mia attenzione. 

'A Simona Casta piace il tuo post in bacheca'. Rilessi quella frase confuso, cercando di capire a quale possibile post si stava riferendo. Decisi così di premere con il pollice sulla piccola scritta sul display del cellulare, aspettando che la mia pagina di profilo si caricasse. 

 

'E poi chissà...Magari un giorno tornerò nei tuoi sogni mentre ti prendo la mano e ti chiedo scusa. Chissà...Un giorno forse avrò il coraggio di dirti tutta la verità, quella verità che sin dal primo giorno ti ho negato per paura. Sai che c'è? Forse il mondo era più bello accanto a te. Potevamo inventare le cose e non sembrare stupidi. Semplicemente potevamo sognare e magari anche essere migliori di quello che siamo realmente. Solo che nella vita non si può tornare indietro e ti giuro che se potessi trovarmi a circa 7 mesi fa non farei più niente per evitare di soffrire e di farti soffrire inutilmente. Quante cose che abbiamo fatto insieme e quante notti passate a parlare e mi facevi stare bene, ma dopo averti salutato un vortice di pensieri mi rapiva facendomi capire che non era assolutamente la cosa giusta da fare. Lo so che non leggerai mai questo messaggio e so anche che sono la persona migliore nel lanciare il sasso e nascondere la mano, ma ti posso dare la mia parola almeno su una cosa...Avessi trovato persone come voi vicino a me, non le avrei mai e mai lasciate andare. Comunque vada VI VOGLIO BENE.'

 

Quella scritta ricopriva per intero la mia pagina di Facebook. Avevo scritto quelle frasi la sera precedente, come se volessi quasi chiedere scusa a tutte quelle persone che mi erano state vicine ma che io avevo allontanato sempre di più, perdendo ogni possibile legame con loro. Quella frase era per Marty e per Rory, ma soprattutto per Sofia. Volevo capisse davvero che le mie scuse erano vere, che dopo aver tolto la maschera sarei stata la persona più sincera del mondo e che l'avrei amata ogni giorno sempre di più; e mi sarei innamorato di lei secondo dopo secondo, sempre con la stessa intensità forte ed unica dei primi momenti. Ma lei quel mio messaggio non lo aveva letto, o meglio non lo aveva visto con i suoi occhi. 

Le frasi di Luca e i suoi dubbi sulla vera identità di quella ragazza iniziavano a rimbombarmi nella mente, ma io ero più che certo che dietro a Simona Casta non poteva nascondersi Sofia, altrimenti avrebbe mosso anche solo un dito verso di me. 

Abbandonai il mio banco e l'aula e incamminandomi verso casa, accesi l'i-pod per rifugiarmi all'interno della musica. 

Amavo ascoltare le canzoni, prestare massima attenzione ai testi e chiudere gli occhi come se quella dolce melodia mi cullasse e allo stesso tempo mi rilassasse. Con la musica creavo il mio muro difensivo. Una sorta di dimensione privata, protetta, solo mia. Grazie alle canzoni riuscivo a ritrovare me stesso, capivo quello che volevo davvero e mi leggevo dentro, sfiorando i miei ricordi, portando a galla tutte le mie paure e riuscivo a conoscermi meglio. Ogni frase di ogni canzone era legata a me, a noi, a me e Sofia insieme. Con la musica riuscivo ad assentarmi da quella realtà così pesante e fastidiosa, a crearmi un mondo in disparte, forse migliore, dove trovavo le risposte ai miei perché e ai miei gesti. Con la musica riuscivo a dialogare con me stesso, a sentire la distanza, a percepire le debolezze, a colorare gli spazi bianchi della mia vita. La musica era essenziale per me, una migliore amica particolare. L'unica a cui raccontavo i miei segreti, l'unica con cui non avevo paura di piangere e di sfogarmi. La musica era l'unica che forse mi conosceva davvero. 

 

La luce del sole giocherellava con gli specchi d'acqua presenti al margine del marciapiede e con il leggero venticello che muoveva le foglie sui piccoli alberelli, creava quasi un'atmosfera magica, incantata, surreale. 

Respiravo il mio stesso silenzio mentre la via di casa era sempre più vicina e continuavo a domandarmi come potesse l'immagine di Sofia essere sempre e costantemente presente in me. Avevo sempre pensato che le donne fossero un universo a parte, alla continua ricerca di qualcosa che potesse spronarle e far avverare i loro sogni nascosti. Ogni donna aveva una propria storia e complicata o semplice quale fosse, nascondeva sempre un segreto, un mondo nuovo pronto per essere esplorato. Sofia era diversa. Sofia era in bilico, sempre. Riusciva a camminare appesa ad un filo mentre questo tremava e a non cadere nel vuoto. Sapeva alla perfezione che la vita era prevedibile e che quello che era fiorito un giorno, poteva appassire in quello sucessivo. Lei vedeva il mondo sotto la sua giusta luce. Non attribuiva fantasie superflue alle sue emozioni. Lei si basava sulle frasi, sulle parole, attribuendole un peso quasi superiore a quello dettato dai fatti. Lei era diversa. Lei era speciale. Lei aveva la capacità di rendersi unica anche di fronte a miliardi di persone. Lei era una sognatrice vera. Una contraddizione naturale con tutto quello che esisteva. Sapeva parlare, ascoltare, capire, aiutare. Amava leggere e intrappolare all'interno delle pagine dei libri la sua immagine riflessa. Pensava che niente ruotasse intorno a lei, ma non sapeva che per me lei era il mondo, il sole, la luna, lo stesso cielo. Io con lei mi sentivo protetto, anche se scappavo, lei mi avvolgeva dentro il suo abbraccio facendo di tutto per cercare di odiarmi con tutta sè stessa. Ma il suo odio io lo percepivo come un gesto mancato, e anche quella sua presenza a tratti offuscata, mi aiutava a vivere. Le avevo raccontato cose che mai avevo detto nemmeno a me stesso. Mi dava forza, lei profumava di qualcosa di nuovo e bello per cui io non riuscivo a starle lontano. Era come se avesse intrappolato una parte di me dentro di lei. 

 

Imboccai il piccolo viale in gradini, contornato da due muretti ai lati in mattoni. Il barbecue, le poltrone e il tavolino in vimini aprivano quel piccolo spazio e poi finalmente l'enorme vetrata del mio appartamento. Quel giorno stranamente era tutto in ordine. Di solito sul bancone delle cucina rimanevano per delle settimane scatoloni di pizza e lattine di birra finite. Quel giorno no. Tutto era pulito, straordinariamente ogni cosa era al proprio posto. Una sensazione strana mi attraversò la mente, come se tutto quell'ordine stesse cercando di dirmi qualcosa. L'improvviso abbaiare del mio cane, mi riportò con i piedi sulla terra ferma. Corsi incontro alla piccola Marrone, che saltellava felice di rivedermi. Le accarezzarei il musetto per poi posare la borsa tracolla sul divanetto del corridoio e stanco, mi buttai sul letto della mia stanza. Marrone era lì con me, lei non mi abbandonava mai. Se avesse avuto la possibilità di parlarmi, ero più che sicuro che mi avrebbe detto lei cosa era giusto fare. Mi guardava, con quei suoi piccolissimi ed impercettibilissimi occhi neri. Il suo sguardo era sempre posato su di me e la sua preoccupazione la sentivo rimbombare dentro quelle mura. Le sorrisi e allungai la mano verso di lei per accarezzarla di nuovo. 

'Eh Marrone, meno male che ci sei tu...' 

Alle mie parole, il suo sguardo si fece sempre più presente, come se volesse aiutarmi, condividere con me la mia rabbia, la mia ira, il mio sgomento mischiato a nervosismo. Lei ci sarebbe stata sempre al mio fianco, non mi avrebbe mai abbondonato, ne ero certo. 

Mi sentivo in una specie di morsa. Con gli occhi stanchi contemplavo il soffitto bianco della mia stanza e con la mente viaggiavo sempre nell'unica direzione che il cuore mi consentiva: Sofia. Erano milioni le domande che mi offuscavano la mente. Non sapevo nemmeno io se le dovevo riscrivere, se dovevo farmi vivo, se invece dovevo sparire dalla faccia della Terra e cercare di ripulire tutte le orme che avevamo lasciato insieme. 

Quella volta era finita davvero, non riuscivo a trovare una soluzione a niente e nemmeno una decisione che mi facesse muovere da quella sorta di immobilità in cui ero finito. 

'Tu cosa faresti, Marrone...?' 

Spostai di nuovo la mia attenzione su di lei, cercando di intravedere la soluzione a tutto nei suoi occhi. Mi fissava imperterrita, senza muoversi. Poi all'improvviso portò la sua zampa sul mio palmo della mano e la lasciò lì per una decina di secondi per poi abbaiare convinta di quel suo gesto per me inaspettato.

'Hai ragione Marrone! Hai perfettamente ragione!'

Non sapevo esattamente cosa volesse dire quel suo atteggiamento ma era riuscita a farmi capire che nulla era perso per sempre.

Mi tirai su dal letto con una velocità mostruosa. Ancora una volta un segnale. Ancora una volta uno spiffero di luce in quella specie di gabbia nera. Dovevo scendere in campo e combattere, capire se Sofia era ancora innamorata di me e se sentiva ancora tutto quello che sentivo io non appena qualcuno mi pronunciava il suo nome. Avevo paura ma dovevo farmi forza. Avrei preferito nascondermi ma il timore di perderla si faceva senza più grande dentro di me. Dovevo provare a riconquistarla. Dovevo provare a mettere da parte l'orgoglio e amarla, sempre, anche se lei si sforzava di odiarmi. 

Allungai la mano verso il comodino e afferrai il computer portatile, trascinandolo sopra alle mie gambe incrociate. L'attesa mi uccideva dentro, ma mi sarei opposto anche a quella, basta riaverla. 

Ogni volta che mi trovavo di fronte la schermata di FaceBook, un nodo mi si intrappolava nello stomaco. Ci eravamo conosciuti per caso, in un mondo strano, contorto ma comunque reale. Avevamo lì iniziato un percorso insieme, a tratti tortuoso e insignificante ma sempre più vero e irrinunciabile. Avevo imparato a conoscerla e io a mia volta avevo imparato a farmi conoscere. Era l'unica a cui avevo raccontato cose che faticavo persino a raccontare a me stesso. Con lei stavo bene, anche il solo sentirla per pochi minuti mi rendeva felice ma man mano che passavano i giorni, la sua presenza si avvolgeva sempre di più dentro di me, e avevo bisogno di sentirla sempre, costantemente. Volevo si materializzasse davvero davanti a me, che mi parlasse a voce. Quel semplice piacere di sentirla si trasformò in un bisogno quasi vitale per me. Avevo un' assoluta necessità di lei e non mi bastavano più le nostre storie strampalate da scrivere; io volevo scrivere la nostra di storia, volevo che quello che avevo sempre desiderato diventasse realtà. Era come se fossi in un sogno e al mio risveglio di lei non mi rimaneva altro che un ricordo lontano.

Ancora una volta solamente la semplice scritta 'FaceBook' mi si presentava come un uragano di emozioni, dal quale non potevo fuggire. Ero destinato ad essere un suo prigioniero per sempre. 

Entrato nel mio profilo non notai nulla di nuovo. Nessuna richiesta di amicizia, nessuna notizia diversa da tutti i soliti apprezzamenti. Quella volta era sicuro che fosse cambiato qualcosa, ma avevo sbagliato ad affidarmi ad una semplice sensazione, la realtà era ben altra. Stavo per spegnere di nuovo il computer, quando in basso a sinistra una piccola scritta blu attirò la mia attenzione. Qualcuno aveva accettato la mia richiesta di amicizia, ma non feci caso a chi. Portai il cursore sul simbolo delle notifiche e cliccai. Rimasi quasi sconvolto dalla scoperta che avevo appena fatto: 'Sofia Silvestre ha accettato la tua richiesta di amicizia'. 

Dopo precisamente più di due settimane lei aveva accettato. Lei aveva di nuovo abbassato le barriere, e accettando la mia richiesta era come se mi avesse aperto un'altra piccola parte di sè. Avevo il timore di guardare il suo profilo, scoprire qualcosa che potesse darmi fastidio o farmi star male, ma anche quello faceva parte del gioco. Erano passati troppi giorni dal nostro ultimo 'incontro', avevo bisogno di vederla anche se su un' innocua foto profilo di un social network. 

I suoi occhi. Le sue labbra, i suoi capelli. Il suo viso. Mi era mancato tutto di lei. Quanto era bella. Giorno che passava era sempre più splendida; e minuto che passava io ero sempre più incondizionatamente e perdutamente innamorato di lei. La curiosità di guardare il suo profilo si faceva sempre più grande in me, non riuscivo a trattenermi. Notai subito un suo ultimo intervento risalente alla sera precedente: 10 giugno 2012 precisamente alle 21.55 di sera. 

'Notte fuori con la Casta, che da cell non mi fa taggare. Sperando che nessuno debba venirci a recuperare.'

Casta. Simona Casta. Tutto mi fu improvvisamente più chiaro. Aveva ragione Luca, Sofia mi stava spiando attraverso quella sua amica. Il mondo mi crollò di nuovo addosso e con una foga quasi immane, continuai a leggere i vari commenti. 

'Simona Casta: Mamma mia che serata Silvestre. Non ricordo nulla di ieri sera.'

'Sofia Silvestre: Manco io... Tra l'altro come siamo tornate a casa stamattina? Io mi sono ritrovata direttamente sul divano.'

'Simona Casta: Io nel tuo letto e ti rammento che eravamo meno vestite di quando siamo uscite ieri sera.'

Quanto mi facevano male quelle frasi. Mi tagliavano da parte a parte senza nemmeno darmi il tempo di reagire.

'Sofia Silvestre: Si, ci ho decisamente fatto caso... è sul ''come'' che non ricordo nada...'

I commenti erano terminati lasciandomi nel dubbio più totale. Che era successo quella sera? Era tutta una finta per farmi arrabbiare oppure era davvero successo qualcosa? Anche contro la mia volontà non riuscivo a trattenere le dita che come proiettili scrivevano sulla tastiera. Commetai quel suo post come se tra noi non fosse mai successo nulla, come se io non fossi scappato, come se lei non mi avesse mai spezzato le gambe. Ci voleva neutralità, continuavo a ripetermi ma io dovevo comunque sapere assolutamente cosa era successo.

'Dà Il Londinese: Vi date ai festini per ripicca?'

Mi pentii subito del mio commento ma quella volta volevo essere certo di capire cosa stava succedendo intorno a me, intorno a noi. Troppe volte mi ero appeso alla finzione per non guardare la realtà. In quel momento sarei stato disposto a guardare solamente attraverso gli occhi della realtà, tralasciando la finzione.

Simona Casta non tardò a commentare e la sua risposta aprì in me un duplice dubbio, abbattendo tutte le barriere che avevo creato in quelle due ultime settimane.

'Simona Casta: No, ci diamo ai festini perché é estate. Siamo donne, siamo single e siamo giovani. Problemi?'

Quel suo tono minuzioso e pungente mi ricordava a tratti quello di Sofia ma ci fu una cosa che attirò di più la mia attenzione. 

'Dà Il Londinese: Ma sei single, Sò? Non sapevo.' 

Mi aveva mentito, ne ero più che sicuro e tutto perché aveva paura. Perché si sentiva ancora legata a me e voleva farmi soffrire lentamente, ripagarmi con la mia stessa moneta.

'Sofia Silvestre: Grazie Casta, meno male che t'avevo detto di mantenere il riservo.'

Ancora una volta non mi ero sbagliato e se dovevo sentirmi tradito e raggirato, mi percepivo quasi sollevato. Come se la possibilità che avevo di riconquistarla si stesse improvvisamente ingigantendo.

'Simona Casta: D'estate tutti diventano single.' 

Erano uguali. Stesse risposte secche e acide. Stessa capacità di rendere tutto instabile ed immotivato. 

'Dà Il Londinese: Non sono della tua stessa idea.'

'Sofia Silvestre: Tu non sei mai della stessa idea... Sei troppo impegnato a fare il cretino per averne una'

Mi aveva finalmente rivolto la parola anche se così freddamente che quasi potevo sentire il gelo avvolgermi da dietro lo schermo.

'Dà Il Londinese: Cos'è? Hai deciso di investirmi con i tuoi ottimi e dolci complimenti? Ti dico già che non è giornata, quindi piantala. Donna avvisata mezza salvata.'

Riusciva a prendermi a schiaffi anche a chilometri di distanza. Si divertiva a manipolarmi come una marionetta. 

'Sofia Silvestre: Salvata? Salvata da cosa? Da te? Non farmi ridere'

Il nostro era un odio misto ad amore. Il peggior sentimento presente sulla faccia della Terra. Avrei voluto spegnere tutto e andarmene ma così lo scontro lo avrebbe vinto lei e io non potevo tirarmi indietro.

'Dà Il Londinese: Pensala un po' come vuoi. Tanto hai le tue idee malate in testa e nessuno te le può togliere. Divertiti che ora sei single.'

La gelosia mi rodeva dentro. La curiosità di sapere che cosa fosse successo mi aveva intrappolato cuore e testa. La voglia di prenderla e baciarla era sempre più grande. Solo così avrei messo a tacere tutte le accuse che ogni volta ci facevamo a vicenda. 

'Sofia Silvestre: Malato ci sarai te, deficiente... Tranquillo, mi divertirò ma non certo come fai te... Non scendo al tuo livello'

Ogni commento era sempre peggio, la distanza si faceva sempre più ampia.

'Dà Il Londinese: Ma che ne sai te di come mi diverto io, scusa...? Te l'ho detto, a seghe mentali ci facciamo concorrenza.'

'Sofia Silvestre: Giusto, segati anche qualcos'altro già che ci sei'

Quanto mi mandava in bestia quel suo comportamento così perfido e del tutto fuori luogo.

'Dà Il Londinese: Lo farò, tranquilla.' 

Un altro scontro, senza nessuna via d'uscita. Un altro punto cieco. Ma se quello era l'unico modo per averla, mi sarei fatto forza e avrei lottato nel suo stesso modo, non mi sarei tirato indietro di nuovo. Volevo esserci, e ci sarei stato qualsiasi cosa fosse successa. 

 

Passavano i giorni ma nulla cambiava tra di noi, nessun passo avanti, solo decine e decine all'indietro. In quel momento ero io a camminare su un bordo poco illuminato e che oscillava in continuazione. Sofia aveva la situazione tra le mani e manovrava ogni mio gesto. Passavo i pomeriggi a fissare quel pallino verde della chat sperando che mi scrivesse, anche per dirmi la cosa più scontata di tutto il mondo, ma niente. Aspettavo invano qualcosa che non sarebbe mai giunto. Conoscevo a memoria la sua bacheca. Le sue foto erano impresse alla perfezione nella mia mente e ne conoscevo ogni minuscolo dettaglio. Era come se io le vivessi accanto, anche se lei questo non lo avrebbe mai saputo. 

Quel pomeriggio avevo messo su FaceBook una foto mia e di Luca della sera precedente. Eravamo stati invitati ad una festa in uno dei locali più di voga in tutta Brighton: il Funky Buddha Lounge, dove lavorava una nostra amica, Alice, italiana come noi che aveva sfidato il destino e deciso di abbandonare per un tempo abbastanza lungo l'Italia, e si era trasferita nel sud d'Inghilterra. 

Nella foto sembravo felice e spensierato, ma era tutta una scena per non far vedere ai miei amici che stavo male, che quel dolore così pungente mi stava mangiando dentro. Senza Sofia non era la stessa cosa, non lo era mai stata. La sua mancanza era presente in me ventiquattro ore su ventiquattro e più facevo di tutto per cercare di dimenticarla e più tutto ricadeva sempre con più foga su di lei. Luca conosceva la mia situazione, era uno dei pochi che cercava di farmi evadere da quella prigione virtuale tentando di ridicolizzare la cosa. Ma quel pomeriggio qualcosa nell'aria mi fece capire che tutto si stava nuovamente per trasformare. Stava per arrivare un nuovo maremoto nel mio cuore e io era come se fossi impassibile, non potevo muovermi e qualsiasi cosa avessi fatto si sarebbe riavvolta su ste stessa schiacciandomi definitivamente. 

'Filippo Schiva ha commentato la tua foto.' Una notifica che mi aspettavo quella. Fili non tardava mai ad arrivare. Lui era un mio amico, anzi, forse l'amico per eccellenza. Lo avevo abbandonato a Genova un giorno dicendogli che andavo a Brighton per un po' di tempo cercando di trovare un'occupazione stabile e magari anche qualcosa che mi facesse dimenticare di Sofia. Noi eravamo cresciuti insieme, stesso asilo, stesse elementari, stesse medie, stesso liceo. Solamente all'università avevamo scelto due indirizzi diversi ma eravamo comunque sempre in contatto. Lui era un tipo abbastanza distaccato ma sapeva far divertire. Gli volevo bene, il nostro era quasi un affetto fraterno. Avevo gli stessi idoli, gli stessi sogni e le stesse vite. 

'Filippo Schiva: Vi verrò a trovare pure io a Brighton se tutte le sere vi sfasciate in vari festini!'

Quel suo commento mi fece quasi ridere. La mia faccia e quella di Luca nella foto la dicevano lunga su quanto ci fossimo dvertiti quella sera, ma era una festa normale in un pub del centro. Nulla di più di quello che invece poteva sembrare.

Stavo già per rispondere al commento quando qualcuno bruciò le tappe prima di me. 

'Sofia Silvestre: A Filippo, dove te ne vai te che hai la ragazza?'

Lei. Lei aveva commentato una mia foto. Rimasi abbastanza perplesso, non mi sarei mai aspettato una cosa simile. Ma la cosa non mi era dispiaciuta, anzi, voleva dire che mi teneva d'occhio ed osservava in silenzio ogni mio movimento, un po' come io facevo con lei. 

'Dà Il Londinese: Ecco, appunto. I nostri festini a base di alcool e belle donzelle per te sono più che proibiti e non chiederci il perché!' 

Se lei stava giocando, avrei giocato pure io. 

'Luca Russo: Da notare come ha precisato il belle donzelle...ahahah'

Lo avevo scritto apposta per vedere una sua reazione. Era come se stessi ricalcando i contorni di un dipinto. La matita che contornava i lineamenti l'avrei fatta diventare una linea marcata e scura. 

'Dà Il Londinese: Ovvio. Gli occhi sono fatti per ammirare, sennò che piacere è?? :))'

'Sofia Silvestre:  Ammira bene, non sia mai ti perdi qualche pezzetto.'

Io stavo giocando, lei quella volta faceva sul serio. Era quello il prezzo da pagare in un mondo virtuale e lontano dalla realtà. Non si poteva mai capire se le cose dette rispecchiavano la verità delle cose o erano finzione. E tra di noi era sempre stato così. Quando ruolavamo i pensieri e i commenti dei vari personaggi erano veri ma si pensava fossero finti e tramati, mentre quando parlavamo nel mondo reale le frasi erano finte ma si credeva fossero vere. Un livello troppo complicato da capire. Una dimensione troppo apatica da analizzare. Una realtà troppo contorta da pensare di vivere.

'Dà Il Londinese: Ma scusami eh Lù, sono single :)) E poi qualcuno disse che il passato è passato quindi, non serve a nulla starci male se quella se ne sbatte altamente.'

Il gioco si era impossessato troppo di me. Mi ero tagliato le gambe da solo quella volta. Avrei dovuto cercare di essere più malmeabile e invece mi sentivo una corazza di ferro, fermo e statico sulle mie decisioni; questo lei non me lo avrebbe mai perdonato.

'Sofia Silvestre: Quella sarei io? Beh allora divertiti tranquillamente, in fondo lo hai sempre fatto... dov'è la differenza?'

Mi aspettavo una risposta simile e quella volta aveva ragione. Avrei voluto tornare indietro suoi miei passi ma se lo avessi fatto, la mia barriera si sarebbe distrutta davanti ai suoi occhi. Dovevo proseguire quella farsa e farmi coraggio, anche se già sentivo la sua mancanza invadermi le vene. 

'Dà Il Londinese: Stai giocando con il fuoco, l'indifferenza è l'arma migliore. Adesso mi spieghi il motivo per cui la colpa è sempre e solo mia?? Ma porca miseria, avrò fatto i miei sbagli ma te non sei da meno. Sai essere la stronza doc.'

E ogni volta che digitavo quelle parole sulla tastiera me ne pentivo non appena inviavo i commenti. Mi continuavo a chiedere perché ogni nostro incontro doveva essere uno scontro all'ultimo sangue, sapendo benissimo che nessuno vinceva un trofeo alla fine, uscivamo entrambi vinti e con sempre più voglia di allontanarci.

'Luca Russo: Ma guarda un po' quanto casino per una birra tra amici. Che c'è doveva chiudersi in casa e piangersi la morta? Non mi sembra che tu Sofia ti sia fatta monaca, sai.'

Luca sapeva come infilzare il coltello nella piaga. Si basava sui fatti, solo su quelli che i suoi occhi gli permettevano di vedere. E io gli davo corda, anche se avrei voluto spezzarla sul nascere. Ma qualcosa dentro di me mi spingeva a non abbassare la testa ma proseguire in quella direzione, solamente così sarei stato al suo stesso piano.

'Dà Il Londinese: S'è fatta monaca in un convento di frati Lù.'

'Sofia Silvestre: Non mi sono fatta monaca, ma tantomeno me la spasso con il primo che mi capita. Tranquillo l'errore di farmela con un idiota l'ho fatto una volta, non ci ricasco di nuovo. Non voglio più frasi carine, inviti assurdi e stronzate del genere perché giuro Dà che te le faccio ingoiare. Sei un falso e un bugiardo. Ed ora andatevene al diavolo tutti!' 

Un brivido assurdo mi percorse la schiena, le braccia, le gambe, il cuore. Avevo creato una crepa ancora più gigante tra di noi di quella che già c'era. Chiusi di botto lo schermo del computer, stringendo i pugni e i denti. Ogni cosa che facevo era sbagliata. Ogni frase era imperfetta. Ogni mia lacrima lei la vedeva come una bugia, come una sorta di scusa per chiedere compassione. Ma ci stavo male davvero. Amarla in quel modo mi faceva male, ma io continuavo a farlo, perché solo così riuscivo a stare bene. Ed ogni volta la stessa ed identica paura di perderla, di non essere in grado di amarla davvero, di non meritare nemmeno un suo pensiero. Ma lei era semplicemente tutto. Lei mi faceva scorrere il sangue nelle vene, lei mi faceva vivere e non sarei mai stato in grado di immaginare nemmeno per un secondo la mia vita senza di lei, non potevo e non volevo. Oramai era una mia costante fissa, notte e giorno. 

La voglia di scriverle e spiegarmi era tanta ed io ero in bilico, di nuovo. Non sapevo come comportarmi. Se le scrivevo la mia dignità sarebbe finita sotto ai piedi, ma lei era più importante di tutto. Riaprii il computer e le lasciai un messaggio in bacheca mentre il terrore si stava di nuovo impossessando di me. 

'Non so più nemmeno a che gioco stiamo giocando e se questo è l'unico modo per sapere che leggerai quello che scrivo, lo farò senza farmi problemi. Sono un vigliacco e uno stronzo e condivido in pieno quello che dici su di me e sul mio conto. Stavo solamente cercando di dimenticare quello che è successo e cercavo di metterci una pietra sopra ma non ci riesco. Mi manca tutto di noi, anche solo come amici. So di essermi comportato malissimo e fai bene ad avercela con me e ad odiarmi, a reputarmi squallido e infantile ma la paura che ho di perderti è pari all'infinito. Non mi faccio problemi a dirlo qui, a spiattellarlo in bacheca così che tutti i tuoi amici lo vedano. Sono stato un bastardo e ti do ragione ma sto male. Non mi rispondi nemmeno ai messaggi e in quella foto dove ci siamo insultati, se la guardi bene, ho il telefono appoggiato all'orecchia e indovina a chi stavo facendo uno squillo?? Giusto perché ti avevo scritto la buonanotte e tu non mi hai cagato. Non ti sto chiedendo la Luna, ma solo di chiudere un occhio o anche tutti e due e dirmi una volta per tutte quello che davvero senti per me. Se non è nè amicizia, nè nient'altro, fammelo capire ma non tenermi in sospeso, non darmi cieche speranze se non ce ne sono. Ti prego, non illudermi e te lo sto chiedendo con il cuore in mano e non voglio farti pena, voglio solo farti capire come sono io veramente senza più intrighi. Voglio che ci possiamo fidare l'uno dell'altra e voglio farlo con te. Se lo leggerei ti ringrazio per aver sprecato 2 minuti del tuo tempo per me.Se invece non lo farai, fa niente. Capirò che è davvero finita. 

Dà.'

 

Nemmeno io riuscivo a capirmi. Mi sentivo un'altalena. In certi momenti volavo alto e quasi riuscivo a sfiorare le nuvole, altre volte invece inciampavo nel terreno e per rialzarmi avevo bisogno di tempo. Sofia tutto questo non lo meritava. Lei aveva bisogno di qualcuno più maturo che le sapesse davvero stare vicino, non di un'ombra come me. Aveva bisogno di certezze, non di sogni. Tutto mi fu più chiaro nello stesso momento in cui rilessi quel mio messaggio. Tra di noi non avrebbe mai potuto esserci nulla, eravamo troppo simili e troppo diversi allo stesso tempo. Troppo lontani e troppo vicini. Noi eravamo tutto e niente nello stesso momento. Il mio amore per lei continuava ad essere amore, ma percepivo il suo odio dilagare sempre di più. 

'Nulla è perso per sempre...' Quella frase mi rimbombava in testa come una mitragliatrice continua. Lo speravo ma non lo credevo più possibile. E anche se lo avessi voluto, le circostanze dettavano ben altro. Avrei comunque continuato ad amarla e avrei fatto qualsiasi cosa per dimostrarglielo, qualsiasi. 

 

 

Capitolo di Scop'.

  
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