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Autore: Imi    08/06/2007    4 recensioni
Il finale proposto per l'anime tv non mi andava a genio e così ho deciso di ripensarlo dando un po' più spazio all'azione e ai personaggi che ho amato di più!Spero vi piaccia!Buon divertimento!
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci finalmente al tanto sospirato epilogo

Ed eccoci finalmente al tanto sospirato epilogo. Spero che possa ripagarvi della pazienza con cui avete dovuto aspettare i nuovi capitoli e della gentilezza con cui mi avete seguita. Grazie a tutti i lettori e le lettrici e soprattutto a chi ha sempre commentato: capire cosa ne pensate di quello che scrivo mi aiuta tanto.

Spero che nessuno sia rimasto troppo deluso dal fatto che ho preferito evitare spargimenti di sangue e vendette spietate…a me la storia che uno è cattivo di sua natura non è mai andata giù quindi ho preferito dare anche a Mark una seconda possibilità! Questo è il mio finale, ma spero piaccia anche a voi.

Grazie di nuovo e a presto!!

Buona lettura!

^_^ IMI

 

CAPITOLO 12 – Epilogo

 

Kyle osservava dall’alto dell’ampia terrazza la sagoma di Ryan che si stagliava piccola e scura sulla riva del mare. Sospirò rassegnato, poi si voltò, accorgendosi di una presenza alle sue spalle.

-E’ ancora là?- chiese Pam appoggiandosi elegantemente al corrimano in marmo bianco.

Kyle fece segno di sì con la testa.

Alla ragazza sfuggì un sorrisino saputo: se l’era immaginato!

Kyle restò un altro po’ in silenzio continuando a osservare l’amico poi si decise a dirlo.

-Sono preoccupato per lui…- borbottò senza voltarsi.

Pam si scostò una ciocca di capelli dagli occhi.

-Non c’è ragione di esserlo…è solo un po’ nervoso

-Non l’ho mai visto così…

-C’è sempre una prima volta…- replicò lei con saggezza.

-Non è da Ryan! E’ strano!

-Io non vedo cosa ci sia di tanto strano! In fondo sono due settimane che non la vede e…

-Credi che sia per quello?- la interruppe lui.

Lei sorrise di nuovo e lasciò che un suo gesto rispondesse alla domanda di Kyle.

Lui guardò con rinnovato interesse la figura dell’amico immobile sul bagnasciuga: era questo che lo rendeva tanto agitato? Era l’arrivo di Strawberry?

-Credi davvero?- domandò ancora.

-Ma certo che sì!- confermò lei prima di lasciare la terrazza.

Kyle sospirò per l’ennesima volta.

 

Seduta sul sedile posteriore della sua monovolume blu Strawberry osservava il paesaggio scorrere rapido davanti ai suoi occhi. Era già da molto che erano in viaggio, ma lei preferiva non pensare a quanto ormai fosse vicina la sua meta. Preferiva immaginare che fosse così distante e irraggiungibile che il suo viaggio sarebbe durato per sempre.

Il fatto era che si sentiva terribilmente agitata e a disagio al pensiero di trovarsi di nuovo di fronte a Ryan. Aveva pensato a lui e a tutto quello che era successo negli ultimi decisivi giorni per tutto il tempo della sua degenza in ospedale e ogni volta sentiva come un tuffo al cuore quando immaginava il suo futuro.

Cosa sarebbe successo adesso che il pericolo era scongiurato, che la terra era salva? Cosa ne sarebbe stato del progetto mew, di Gish, Pie e Tart, di Profondo blu, del loro gruppo, del caffè, di Kyle? Cosa ne sarebbe stato di Ryan? sarebbe tornato in America dato che il suo compito era stato portato a termine con successo?

E poi come avrebbe reagito al suo arrivo? Si sarebbe comportato con la sua solita indifferenza?

Un nodo le si formò alla gola: voleva tornare a casa, voleva andarsene di lì. Tutti quei bei ricordi che possedeva, tutte quelle sensazioni così vivide che aveva provato tra le braccia del ragazzo o anche solo guardandolo…era meglio che restassero tali. Così sarebbero rimaste lì con lei per sempre, un piccolo angolo di felicità che l’avrebbe aiutata e fatta sorridere. Era meglio fingere un malore e farsi portare indietro, era meglio non vedere Ryan…non voleva vederlo…non voleva…perché se avesse trovato di nuovo quel muro impenetrabile nei suoi occhi era certa che si sarebbe sentita morire.

In fondo loro due non si erano nemmeno parlati ed erano due settimane che non si vedevano né sentivano.

Aprì la bocca per chiedere al padre di fare marcia indietro, ma non un suono uscì dalla sua gola.

Qualcosa la tratteneva, qualcosa le diceva che valeva la pena di rischiare, anche se era possibile che avrebbe sofferto ancora.

Si rammentò dell’espressione di Ryan quando lo aveva pregato di ucciderla, oppure quando aveva creduto che lei fosse morta. Si ricordò della sua mano che l’aveva sostenuta quando era così debole e la forza con cui l’aveva stretta quando ormai tutto era finito. Le tornò in mente la sua prima trasformazione in cavaliere nero, il suo capo biondo adagiato, esanime, sul petto di lei e poi…quella volta…prima dell’attacco di Profondo blu…lui l’aveva guardata così intensamente, si era avvicinato così tanto al suo viso che poteva sentire il suo respiro sulla pelle…

Strawberry chiuse gli occhi mentre un torpore caldo le avvolgeva lo stomaco. Avrebbe desiderato che quel momento non finisse mai.

-Tutto bene, tesoro?- chiese sua madre preoccupata vedendola accoccolarsi su sé stessa.

Lei la fissò per un secondo buono senza dire niente. Sarebbe bastato un no, due misere lettere e tutti quei ricordi sarebbero stati per sempre saldi nel suo cuore e lei non avrebbe dovuto affrontare tutti quei dubbi. Solo un no…un semplice no.

-No- disse infatti.

Ma poi aggiunse –Cioè non ti preoccupare…va tutto bene…

La madre le sorrise.

-Meglio così perché siamo arrivati! Non è quella là in fondo la casa del tuo amico?

Il cuore di Strawberry fece un balzo: la ragazza si attaccò al finestrino scrutando l’imponente costruzione bianca sulla riva del mare.

-Si…- rispose fievolmente –siamo arrivati…

 

Paddy aguzzò la sua vista scrutando la strada: un’automobile blu stava percorrendo gli ultimi metri del viale che conduceva al cancello della villa.

-Ehi ragazze…- chiamò – E’ arrivata!!!!

Lory Mina e Pam scattarono in piedi tutte insieme ridendo di gioia e corsero verso il portone per accogliere la loro amica.

Sfrecciando nel corridoio incrociarono Kyle che andava nella direzione opposta.

-Muoviti Kyle!- gli gridò Mina.

-Ma dove vai!?- rise Paddy –la porta è dall’altra parte!

-Avete per caso visto Ryan?- chiese invece il moro.

Le ragazze scossero la testa senza neppure fermarsi: il portone era ormai vicino.

La prima ad arrivare fu Mina e spalancò le porte con tanta irruenza che la sua povera tata ne sarebbe stata davvero stupita.

-Strawberry!!!!- gridò Paddy correndo a perdifiato giù dalle scale fino allo sportello della macchina che si era appena aperto.

-RAGAZZE!!!- gridò a sua volta Strawberry sentendosi improvvisamente immensamente felice. Si era dimenticata quanto le mancassero le sue amiche, si era dimenticato quanto fosse bello stare tutte assieme!

Paddy le si avvinghiò al collo, Lory la strinse iniziando a piangere, Mina l’abbracciò con trasporto e Pam , la più grande, racchiuse tutto il mew team nel cerchio delle sue braccia.

Per qualche istante fu tutta una confusione di baci, abbracci, saluti, risa e lacrime di gioia, poi le cinque amiche la aiutarono a portare le valigie, salutando i suoi genitori che salirono in macchina per tornarsene a casa.

-Oh, ragazze!- disse Strawberry mentre risalivano assieme le scale –non sapete quanto mi siete mancate!

-Anche tu ci sei mancata dolce Strawberry!- disse una voce maschile dalla soglia del portone.

Lei alzò lo sguardo e i suoi occhi si illuminarono

-Kyle!- esclamò correndo ad abbracciarlo.

Ma un ombra si materializzò all’improvviso a separarli.

-Ehi…guarda che potrei diventare geloso…- disse Gish sogghignando come solo lui sapeva fare.

-Gish!- esultò Strawberry al colmo della gioia abbracciandolo –ma ci sei anche tu!

-Ci siamo tutti!- disse Tart comparendo accanto a Pie –ma non ci sembrava il caso di farci vedere dai tuoi genitori!- Concluse strofinandosi un dito sotto il naso.

-Oh che bello!- disse lei sentendo il cuore che si dilatava a dismisura. Era felice! Tanto felice! Non avrebbe mai pensato che la vista dei tre alieni e delle sue amiche in un così limitato spazio potesse darle tanta sicurezza, non avrebbe mai potuto credere a quanto forte sarebbe stato il legame che li univa, ora che erano divenuti compagni nella più importante delle battaglie. Era tutto così perfetto, così perfetto!

Strawberry avrebbe quasi potuto perdersi in quel tiepido piacere, se il suo cuore non avesse continuato a martellare disperatamente cercando l’unica persona che ancora mancava. Si guardò attorno ansiosa e a Kyle non fu certo difficile capire chi stesse cercando.

-Ehm…- disse leggermente a disagio –Ryan…è andato a fare un giro in moto…non pensava arrivassi così presto!- tentò di giustificarlo.

-Ma se ci hai ripetuto un sacco di volte che sarebbe arrivata adesso!- lo smentì Paddy di riflesso.

Mina le lanciò un’occhiata inceneritrice e Kyle arrossì fino alle orecchie.

-Arriverà presto…in ogni caso…- si scusò grattandosi nervosamente la nuca.

-Non importa…- disse Strawberry sfoggiando il sorriso più convincente che riuscì a trovare.

Ma a tutti fu subito chiaro che c’era rimasta male.

Gish strinse i pugni pensando che quel dannato umano era un idiota. Peggio per lui…

-Vieni- disse poi prendendola per mano –devo mostrarti una cosa!

Kyle restò a guardarli mentre scomparivano in un vortice poi sospirò forte.

Proprio non riusciva a  capire il comportamento di Ryan! L’aveva aspettata tutto il giorno con impazienza e proprio quando lei era arrivata lui era saltato in moto. “Torno più tardi” gli aveva detto abbassando la visiera scura del casco.

Era stato davvero maleducato dovette ammettere, suo malgrado, Kyle.

 

Quando Strawberry poggiò di nuovo i piedi al suolo, si trovò immersa nella luce arancio del tramonto. Si trovavano in una stanza, probabilmente al piano superiore.

-Potevamo anche prendere le scale…- obiettò, ma Gish le fece un immediato e perentorio segno di tacere. Poi restò un attimo in ascolto.

-Vieni…- le sussurrò a voce bassissima prendendola per la mano.

Strawberry lo seguì docile, incuriosita, pensando a quanto odio aveva provato nei confronti di quell’alieno che ora sentiva così vicino.

-Guarda…- riprese lui con lo stesso tono –dorme…

Un sorriso si formò sul suo volto rivelando i canini aguzzi, ma era un sorriso dolce, intenerito.

Strawberry avanzò di un altro passò e poi guardò a sua volta nella culla.

Profondo blu dormiva, respirando tranquillo, muovendo a volte le manine come a volere afferrare quello che stava sognando.

-E’ dolcissimo…- bisbigliò lei socchiudendo gli occhi.

-Andiamo…non vorrei che si svegliasse- replicò l’alieno.

Lei annuì.

Gish sistemò il lenzuolino che era scivolato di lato sulle spalle del piccolo e poi la fece uscire sulla terrazza.

-Sei un papà molto premuroso…- osservò Strawberry appena ebbero l’agio di parlare.

Gish, inaspettatamente arrossì.

-Ma cosa dici! Non è mica mio figlio e poi…io sono un guerriero, non una balia e…

-Calma…- lo fermò Strawberry, arginando quel fiume di parole –non era un’offesa o un modo per prenderti in giro! È una cosa molto bella, invece e…vuoi sapere una cosa? Sono molto fiera di te!

Gish si accoccolò mitemente sul corrimano guardando il mare. Non era stato facile assumersi quella responsabilità, non per un tipo irruento e vendicativo come lui.

Insomma, fino a un attimo prima era pronto a infilare i suoi tridenti nel collo di quel maledetto per ucciderlo senza pietà e l’attimo dopo Strawberry glielo aveva adagiato sulle braccia chiedendogli di prendersene cura! Se non se ne era disfatto subito era stato probabilmente soltanto per il trauma che una richiesta del genere gli aveva provocato!

Come poteva anche solo pensare di potersi occupare di una creatura così mostruosa? Così malvagia? Che aveva un’anima tanto sporca di sangue, violenza e morte?

Certo, Strawberry aveva detto che nessuno poteva essere cattivo fin dalla nascita, che nell’età dell’innocenza tutto è ancora possibile, ma lui come poteva esserne certo?

Forse Profondo blu era un’eccezione. Forse in lui era radicato il male e per questo i saggi del suo popolo lo avevano sigillato per tanti anni.

Aveva passato una notte intera a scrutare quel fagotto, rompendosi la testa con domande simili.

Poi aveva deciso.

Aveva sollevato il lembo della copertina che avvolgeva il neonato e lo aveva guardato per la prima volta.

Dormiva, anche allora. Gish se lo ricordava bene: era così piccolo, così fragile e quieto che tutta la sua rabbia si era come dissolta, svanita.

In quel momento aveva compreso che Strawberry aveva ragione e che Profondo blu non esisteva più. 

-Vuoi saperla anche tu una cosa?- chiese all’improvviso.

Lei annuì mentre i suoi capelli si muovevano alla brezza.

-Gli ho dato un nome…

-Davvero? E come l’hai chiamato?

Lui sorrise enigmatico guardandola negli occhi.

-Mark- rispose.

Lei si morse un labbro abbassando lo sguardo: era incredibile come il solo pronunciare quel nome riuscisse ancora a evocare tante sensazioni.

-E’ un’ottima idea..- disse quando riuscì a parlare di nuovo –è un nome bellissimo…

-Mi dispiace che tu abbia sofferto…è stato anche per causa mia…

-Non importa più…ora…Mark è salvo…in fondo! Lui…- mormorò lei con gli occhi quasi lucidi –adesso sta bene…

 

Strawberry si tirò a sedere bruscamente sul letto afferrando esasperata il lembo delle lenzuola. Per quanto si sforzasse, non c’era verso di dormire!

Era una mezzora buona che si arrotolava inutilmente nelle coperte, senza riuscire a trovare una posizione che le conciliasse il riposo, anche se doveva ammettere che non era tutta colpa di quel letto estraneo se il sonno le sfuggiva di continuo.

Si passò una mano tra i capelli cercando di mettere un briciolo d’ordine in quella massa confusa che si era aggrovigliata sempre più nei suoi continui spostamenti, ma rinunciò presto.

Aveva caldo, pensò.

Forse era tutto quel andirivieni di pensieri che le surriscaldava il cervello e le arrossava le guance.

Forse.

In ogni caso aveva bisogno di aria.

Si, cercò di convincersi: una boccata di salubre aria marina e sarebbe andato tutto meglio.

Appoggiò i piedi nudi sul parquet e si avvicinò alla finestra. Non c’era bisogno di accendere la luce: la luna piena inondava del suo splendore di perla la stanza e la brezza muoveva le tende lunghe e bianche che incorniciavano la finestra.

Strawberry si accoccolò sull’ampio davanzale scrutando il mare.

Era tutto così tranquillo là fuori! Tutto così immutabilmente calmo! Se tendeva l’orecchio poteva persino sentire lo sciabordio delle onde sulla riva.

Chiuse gli occhi e respirò profondamente: forse assieme all’aria sarebbe riuscita a intrappolare nei suoi polmoni un po’ di quella pace cristallina e surreale. Ne aveva tanto bisogno…si sentiva così strana!

Eppure avrebbe dovuto essere felice… Aveva passato giorni terribili ed era riuscita nel compito impossibile di salvare la Terra e tutti i suoi abitanti, uscendone persino illesa! Era stata brava, davvero brava, doveva ammetterlo! Si era ripresa dalle fatiche ed ora era in compagnia delle sue amiche! Andava tutto bene, tutto bene…

Eppure per l’intera serata non aveva potuto fare a meno di sentirsi malinconica. Rideva alle battute, stava allo scherzo, chiacchierava, ma si sentiva distante, la sua mente era concentrata altrove. Aveva cercato di mascherarlo meglio che poteva, ma a volte si ritrovava, senza sapere nemmeno lei bene come, a fissare un punto lontano all’orizzonte.

Alla fine aveva addotto il pretesto di essere molto stanca per il viaggio per potersi rinchiudere in camera e stare un po’ sola: non se la sentiva più di fingere e di ostentare un’allegria falsa: era un po’ come mentire alle sue amiche.

“Sei solo una stupida!” si disse corrucciando le labbra “si può sapere che motivo hai di sentirti così? È tutto perfetto…è andato tutto bene…sei in un posto meraviglioso…con le tue amiche e …i tuoi amici…sei una stupida a comportarti così! stupida!”

Eppure in fondo in fondo sapeva esattamente cos’era che la faceva stare tanto in ansia, sapeva cosa cercava in quel punto lontano che si era trovata a fissare, sapeva che anche se la stanza era piena di gente a cui era molto legata e di risa e di allegria, c’era uno spazio vuoto che lei non poteva ignorare, uno spazio che per quanto si sforzasse non riusciva a riempire…

Kyle aveva detto che Ryan sarebbe tornato presto, ma Strawberry aveva intuito subito che non sarebbe stato così. E purtroppo aveva avuto ragione: il ragazzo non si era fatto vedere per tutta la serata.

E nonostante continuasse ad illudersi e a voltarsi speranzosa verso la porta a ogni minimo rumore esterno, sapeva benissimo che la sola ragione per cui Ryan non si trovava lì, era lei. Semplicemente non voleva vederla. Era dura da ammettere, ma era proprio così…

Non voleva incontrarla, era palese.

“fin troppo…” pensò amareggiata Strawberry.

Ma in fondo che cosa si era aspettata? Cos’era successo tra loro? Niente, assolutamente niente! Se le avessero chiesto allora da cosa derivava quell’ansia che provava, quella speranza che lui provasse qualcosa per lei, non avrebbe saputo cosa rispondere.

“Sei solo una stupida!” si disse di nuovo.

Eppure sapeva benissimo, nel profondo, che qualcosa era successo. Certo non erano cose che si potessero raccontare a parole…sarebbero sembrate così banali e stupide a sentirsele dire! Eppure lei le aveva provate, per quanto cercasse di dimenticarlo. E sapeva che in quei momenti anche lui aveva sentito qualcosa.

E allora perché si era rifiutato di vederla? Forse si era pentito di essersi lasciato andare tanto con lei…

Strawberry si sporse ancora un po’ dalla finestra: l’aria non le bastava più, si sentiva di nuovo soffocare.

Doveva uscire di lì...le pareti le sembravano sempre più strette.

Si, si disse, sarebbe andata in terrazza senza fare rumore: lì sarebbe stata meglio…e chissà, forse i suoi pensieri non l’avrebbero seguita…

Scivolò come un’ombra fuori dalla stanza: dal piano terra sentì le voci delle amiche ancora sveglie che discutevano fra loro. Tanto meglio: non l’avrebbero sentita.

Avanzò per il corridoio e grazie alla luna non le fu necessario accendere le luci, che sarebbero state di certo inopportune. Un movimento per le scale la fece sobbalzare, ma era solo Kyle che portava qualcosa dalla cucina alla sala.

In ogni caso, Strawberry tirò un sospiro di sollievo quando richiuse le porte a vetri scorrevoli della terrazza alle sue spalle. Non voleva che si accorgessero che era lì e che aveva mentito dicendo di avere sonno, anche se non stava facendo niente di male.

Camminò a passi lenti fino al parapetto, assaporando il fresco del pavimento in pietra sotto i suoi piedi nudi e si appoggiò scrutando il mare. Sospirò.

Era tutto molto bello, ma il suo cuore era troppo pesante e gonfio di tristezza perché potesse gustare appieno quel panorama, quel momento.

Nel buio della notte chiuse gli occhi, cercando di svuotare la testa, mentre il vento le muoveva la camicia da notte leggera; era per momenti come quello che aveva tanto duramente lottato, pensò, mentre i pensieri cominciavano finalmente a scivolare via.

Stava iniziando a rilassarsi, quando avvertì all’improvviso una presenza accanto a lei.

Sobbalzò aprendo gli occhi e il suo cuore si fermò per un istante quando riconobbe nella sagoma scura lì accanto proprio Ryan, quasi che il suo pensiero ossessivo lo avesse evocato.

La ragazza boccheggiò paralizzata, ma il ragazzo non parve accorgersi di nulla e restò ostinatamente con lo sguardo fisso all’orizzonte, senza dire una parola.

Strawberry si sentì ancora peggio.

Si voltò di nuovo a sua volta verso il mare per evitare che lui si accorgesse dei suoi occhi lucidi.

“Improbabile che se ne accorga” pensò subito dopo affranta mentre un sorriso amaro le increspava le labbra “visto che si comporta come se non esistessi…”

Deglutì a fatica cercando di controllarsi: faceva male essere così invisibile per lui, faceva male non capirne il perché eppure Strawberry temeva che saperlo sarebbe stato perfino peggio. Così restò in silenzio, immobile, cercando di ricacciare indietro le lacrime. 

Cercò di tranquillizzarsi seguendo il rumore ritmico delle onde, ma la sua mente era affollata da mille pensieri, da mille paure e la presenza di Ryan a un passo da lei era così reale e incombente da bloccarla. E quel silenzio, quel silenzio così lungo la terrorizzava. Era una lunga e dolorosa attesa, un lento stillicidio. Cosa sarebbe successo poi?

Forse era questo che la impauriva di più: scoprire la fine della situazione, quando inevitabilmente qualcosa sarebbe successo e lei avrebbe finalmente trovato conferma a tutte le sue paure.

O forse sarebbero rimasti per sempre in quel limbo di non detto, di vuoto, di dubbio?

-Ascolta…- disse improvvisamente Ryan con voce profonda rompendo quel silenzio di vetro –c’è una cosa…alcune cose che io…vorrei dirti…

Al suono della sua voce un brivido sottile scese lungo la schiena di Strawberry e il suo cuore si arrestò per un istante mentre un senso di panico, di caldo, di soffocamento la prese.

Si voltò di scatto verso di lui con gli occhi sgranati, osservò per un istante quell’espressione grave, quegli occhi persi lontano da li, lontano da lei, quel cipiglio severo sul viso: non si era neppure voltato, non stava sorridendo, non poteva avere in mente nulla di buono.

-NON DIRLO!- gridò premendosi forte le mani sulle orecchie –NON DIRLO! NON POSSO SENTIRTELO DIRE! 

Chiuse gli occhi ripiegandosi su sé stessa e una lacrima le sfuggì dal ciglio brillando alla luna.

Ryan rimase sconcertato per alcuni attimi, poi allungò una mano verso di lei, ma avvertendo il movimento Strawberry si tirò indietro: non voleva la sua pietà, non era di quello che aveva bisogno.

-non dirlo…- ripetè ancora ormai in un sussurro sentendosi ferita, debole, stanca e stupida allo stesso tempo.

Corse verso la porta della terrazza per andarsene di lì, per mettere quanta più distanza possibile fra lei e Ryan, decisa a lasciare immediatamente quella maledetta casa dove tutti i suoi sogni si erano infranti.

-Aspetta!- gridò lui.

E lei si fermò. Non voleva, ma si fermò lo stesso, esitante.

Qualcosa nella voce di Ryan le aveva imposto di arrestarsi, di starlo ad ascoltare. Non sapeva cosa fosse: forse quel timbro che sembrava così caldo e lontano dalla freddezza con cui lui si rivolgeva a lei di solito, forse quella nota di supplica e debolezza che ne aveva incrinato il tono o forse semplicemente l’illusione di poter sperare ancora.

Strawberry avvertì alla sue spalle il ragazzo che si avvicinava e appoggiò una mano alla vetrata per trovare sostegno.

-Mi dispiace se sono andato via- sussurrò Ryan fermandosi a un passo da lei.

Le parole le rimbombarono nella mente.

Capì che erano sincere: a Ryan non piaceva chiedere scusa e lei questo lo sapeva bene.

Alzò lo sguardo, scrutando la sagoma irregolare del ragazzo riflessa nel vetro: aveva la testa china, i bellissimi occhi azzurri dischiusi con espressione addolorata.

Il cuore di Strawberry ricominciò a battere all’impazzata. Non capiva ancora dove il ragazzo volesse andare a parare, dove li avrebbe portati la fine di quel discorso, ma Ryan era così vicino e così…bello…

Come aveva potuto non capire prima quello che provava? O meglio: come aveva potuto non accettarlo? Come aveva potuto soffocarlo? Metterlo a tacere?

Persino dopo la battaglia finale la sua parte razionale si era opposta con una resistenza strenua all’evidenza dei suoi sentimenti. Ma alla fine aveva dovuto cedere e capitolare, sconfitta.

Non poteva esserci un’altra ragione che spiegasse quel tormento, quel continuo pensare a Ryan, quel continuo vederlo dietro gli occhi chiusi e nei sogni, quella continua paura di incontrarlo e restare sola con lui, quel rossore e quell’imbarazzo che la prendevano quando parlava con lui di Mark.

Già, Mark! Con Ryan era tutta un’altra cosa.

E poi c’erano gli ultimi avvenimenti a cui lei non faceva altro che pensare quasi morbosamente. A quello che era accaduto e a come si era sentita…

E adesso era lì, sulla quella terrazza, sotto un cielo terso e stellato, a un passo da quel ragazzo che tanto le faceva battere il cuore, in bilico tra la speranza che si era riaccesa e la paura che la scuoteva con tremiti leggeri.

-Io…- disse Ryan senza riuscire a continuare.

Era difficile, dannatamente difficile per uno come lui proseguire quella conversazione. Eppure, dopo averci pensato per giorni e averne dovuto cercare il coraggio per svariate ore, aveva deciso che doveva andare fino in fondo anche se era un rischio enorme, anche se doveva ammettere di avere una dannata paura.

Era incredibile, a pensarci! Dopo tutti i pericoli che aveva passato…aveva paura di quello!

Si inumidì le labbra. Sentiva il cuore che gli batteva in petto così forte che si chiese se lei potesse sentirlo.

Cercò di convincersi che non c’era niente di pericoloso in quello che stava per fare, che tutto sommato, comunque fosse andata, per lui non sarebbe stato troppo difficile o doloroso…ma sapeva bene che erano solo storie.

Dalla morte dei suoi genitori il cuore di Ryan e i sentimenti che provava erano stati tenuti accuratamente sotto controllo dalla sua mente razionale: niente legami, niente confidenti, niente esteriorizzazioni. Quando aveva bisogno di emozioni forti saltava in moto e sfrecciava come un pazzo per la città. Niente crolli, niente cedimenti.

Aveva tutto quello di cui aveva bisogno: uno scopo e i mezzi per realizzarlo, un valido collaboratore che sapeva essere discreto e un motivo che lo spingeva sempre avanti. Non aveva mai voluto complicazioni, non aveva mai cercato nuovi affetti una volta che quelli più cari gli erano stati così brutalmente strappati.

Ma la vita è piena di imprevisti e di novità: qualcosa o meglio qualcuno, aveva smosso quest’equilibrio perfetto mandando in cortocircuito il sistema. E Ryan l’aveva capito subito e aveva cercato in tutti i modi di allontanare Strawberry rendendosi insopportabile.

Ma la strategia non aveva funzionato. E, ora soltanto lo capiva, non aveva funzionato perché lui non lo voleva davvero, anche se ancora non ne era consapevole.

Era come se dopo anni di silenzio il suo cuore avesse ricominciato a vivere: a battere forte e a soffrire. 

E adesso lo aspettava la prova più dura.

-Io…- riprese un poco più deciso -…avevo paura di incontrarti…- riuscì poi a dire sentendosi subito più leggero.

Strawberry spalancò gli occhi stupita da una simile affermazione così vicina alle sensazioni che lei stessa aveva provato solo poche ore prima.

-Il fatto è che…io…ecco- fece una pausa: l’ultimo passo, poi il vuoto di un salto da un baratro –è la prima volta- disse –non so come si fa…non so cosa bisognerebbe fare in questi casi…non so cosa bisognerebbe dire…quando…quando ci si accorge di essere innamorati…

Un rossore irresistibile invase le guance di Strawberry mentre il suo cuore si fermò per un istante. Sobbalzò staccandosi dalla parete mentre le parole di Ryan le risuonavano nelle orecchie e la invadevano mescolate al ribollire del sangue. Guardandosi allo specchio si accorse che stava sorridendo e piangendo allo stesso tempo.

-Forse…- disse rompendo quel silenzio che era tanto angoscioso per Ryan –si dovrebbe iniziare…dalle cose…semplici…

Strawberry si voltò verso di lui, lentamente.

Sentiva i suoi occhi scrutarla nel buio e il ritmo spezzato del suo respiro.

Avanzò di quell’unico passo che li separava e appoggiò le mani sulla sua camicia avvicinando il viso mentre il profumo di lui la avvolgeva.

Un brivido di paura e adrenalina scosse il suo corpo magro quando sentì le braccia di Ryan stringerla a sé con forza e dolcezza e il peso della sua testa bionda che si adagiava sulla sua.

Caldo, benessere, completezza, pace.

Finalmente.

Chiusero gli occhi, isolandosi in una dimensione parallela, inaccessibile, dove le stelle brillavano più intense: per quella notte la Terra poteva fare a meno di loro.

 

FINE

 

  
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