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Autore: Robene    20/11/2012    3 recensioni
«Ho capito, sto arrivando!», disse al limite dell’esasperazione; prese il cellulare dal letto e scese di corsa le scale, pronto ad essere trattato da schiavo per l’ennesima volta.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Disney's and Tales.'
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Cinderella.



1/2.


«Niall! Devi portare i nostri vestiti in sartoria!»

Niall storse il naso e si passò una mano fra i capelli: quante volte aveva già sentito quella frase? Si alzò con la chitarra ancora in braccio, suonò una nota bassa e sgraziata e poggiò lo strumento accanto al borsone dove teneva i vestiti, vicino alla porta.

«Niall!»

«Ho capito, sto arrivando!», disse al limite dell’esasperazione; prese il cellulare dal letto e scese di corsa le scale, pronto ad essere trattato da schiavo per l’ennesima volta.

Appena arrivato in sala, le due cugine si voltarono furiose verso di lui.

«Ti abbiamo chiamato un quarto d’ora fa!», disse la prima, Jennifer.

«Azzardati a farlo di nuovo e ti ritrovi per strada! Tu e quell’odiosa chitarra che ti porti dietro!», concluse la seconda, Annie.

Niall sbuffò impercettibilmente, prese la confezione che la più piccola gli porgeva e osservò per un attimo le iniziali incise persino sul velo che lo copriva.

«Muoviti, devono venire le nostre amiche e tu non dovrai essere in giro», ordinò la più grande.

«’Fanculo», borbottò tra i denti. Andò verso la porta con passo spedito e spalle incurvate, prese le chiavi della macchina dalla tasca e si fermò per un attimo sulla soglia. Pioveva. Ma lasciargliene una buona no, eh?

«Dove credi di andare col mio vestito? Non vorrai far entrare il mio tesoro in quella pattumiera!», sbottò Annie.

Perché, cos’aveva la sua auto che non andava? Certo, era vecchia e un po’ rumorosa, ma non era mica così sudicia; forse avrebbe dovuto togliere i vecchi cartoni di pizza e le lattine vuote di birra, ma di sicuro il suo vestito non si sarebbe rovinato sul sedile di davanti. Al massimo avrebbe spostato le scatole di cibo cinese che gli aveva offerto Josh la settima prima.

«Cosa dovrei fare?», sbottò voltandosi a mezzo busto verso di loro.

«Andrai a piedi, no?», disse Jennifer muovendo una mano per aria con espressione ovvia.

Niall sibilò un «Vacci tu a piedi per tre isolati», ma prese lo stesso il vecchio ombrello da accanto all’ingresso, l’unico blu e accartocciato nell’angolo che stonava decisamente con l’ambiente.

«Hai trenta minuti! E usa quel coso per coprire i vestiti!», urlò Annie prima che si sbattesse la porta alle spalle.


Camminava sotto quello che sembrava il diluvio universale da quindici minuti, la felpa pesante ormai appiccicata contro la pelle e i capelli fradici schiacciati dal cappuccio.

Vide a pochi metri l’insegna del negozio di fiducia dello zio, lo stesso che confezionava loro i vestiti e faceva arrivare le grandi marche dall’estero, e si affrettò verso il locale, schizzandosi ancora di più i jeans con l’acqua delle pozzanghere.

«Non hai una macchina, tu? Non puoi entrare conciato in quel modo!», lo rimproverò la sarta, una donna corpulenta e agghindata a festa che appuntava degli spilli su una biondina impaziente.

Niall ringhiò qualcosa tra i denti col cellulare che squillava nella tasca dei pantaloni e sempre meno minuti per correre a casa, ma non fece in tempo a rispondere. Alla sua sinistra, nascosto dal pilastro che gli impediva di vedere, qualcuno aveva appena smesso di ridere.

«Li porto io», disse una voce calda, appartenente al ragazzo moro che ora stava proprio di fronte alla soglia. Alzò la testa di scatto verso di lui, ma la riabbassò subito dopo e il cappuccio gli ricadde sul viso, coprendo gli occhi celesti.

«Grazie», balbettò porgendogli gli abiti con braccia tese. Il ragazzo ridacchiò appena con espressione confusa e li prese; li portò verso il bancone, tastando la plastica completamente asciutta con cipiglio sorpreso, ma Niall non gli diede il tempo di voltarsi e chiedergli come fosse possibile.

Riprese a correre verso casa sotto la pioggia, con l’ombrello non del tutto chiuso che gli colpiva la gamba ad ogni passo e il cuore che batteva a mille.

Sapeva chi era quel ragazzo, l’aveva visto più volte e ne aveva sentito parlare altrettante: Zayn Malik, il figlio di un ricco imprenditore impiantato in Inghilterra, etero e bellissimo.

«Sei in ritardo di tre minuti!», strillò Jennifer, una volta entrato in casa.

Niall la guardò soltanto, ancora scosso dal fiatone dovuto alla corsa e al sorriso di quel ragazzo.


«Quindi hai visto Malik?», chiese Louis, uno dei suoi migliori amici. Erano in piedi sotto la tettoia che dava sulla città, il portico poco lontano dalla casa delle cugine.

Josh, accanto a lui, prese velocemente una patatina dal pacchetto che quello teneva in mano, meritandosi una pacca sulla nuca.

Annuì lentamente, fissandosi le scarpe logore, e Josh scrollò le spalle.

«Ho sentito dire da Andy, un amico di Payne, che darà una festa. Magari era lì per decidere cosa indossare e le tue cugine hanno mandato i vestiti lì per lo stesso motivo», biascicò osservando attentamente le protuberanze della piccola sfoglia che aveva in mano; Niall lo guardò di sottecchi, poggiato al muretto.

«Dici che ci sarà anche quel suo amico, il riccio?» chiese Louis; lui e Josh risero nel vedere il luccichio di speranza nei suoi occhi, facendolo arrossire e stringere il pacchetto verde tra le dita.

«E’ probabile, sono sempre insieme!», ridacchiò l’amico.

«Ancora non capisco come fai ad avere una cotta per quello lì. Insomma, è... snob!», disse Niall con una piccola smorfia sul viso pallido.

«E etero», aggiunse Josh, ricevendo il secondo colpo.

«Vi ho già detto che non è etero, gli etero non hanno quelle labbra. E poi non ho una cotta, è carino», sbottò dando il pacchetto con solo le briciole a Niall.

«Simpatico», farfugliò lui scuotendo la bustina di plastica. «Ti piace un casino, ammettilo!», disse poi, allungando il pacchetto verso Josh.

«Lo trovo bello, questo non vuol dire avere una cotta!», esclamò muovendo le mani per aria.

Niall fece per dire qualcosa, ma si interruppe per uno starnuto.

«Quanta acqua hai preso?», lo prese dolcemente in giro Josh.

«Almeno quell’acqua era gratis, non come nel bagno di quelle lì», disse amaramente.

«Sicuro di non voler venire a casa? Le mie sorelle possono stringersi, non è un problema!», disse Louis poggiandogli una mano sulla spalla.

«Anche da me! Tanto Ben è sempre in giro!», disse Josh accartocciando tra le mani tozze la busta colorata ormai vuota.

«Grazie, ma non dovete preoccuparvi», sorrise lui. Gli dava fastidio essere un peso, e poi non gli andava molto a genio l’idea di vivere in mezzo a delle adolescenti o con il frastuono di una batteria sempre in testa.

«Io devo andare», disse Louis guardando lo schermo del suo cellulare. «Prenditi qualcosa per il raffreddore, e vieni a casa quando vuoi» sorrise.

«Vado anche io, e vale lo stesso per me», disse Josh stritolandolo in un abbraccio.

Niall rise e salutò entrambi, poi risollevò il cappuccio e si incamminò verso il retro della casa, pronto a scalare la parete fino al secondo piano, dove aveva lasciato la finestra aperta di proposito per non farsi beccare da Jordan, il maggiordomo.


«Sai, se tu non fossi frocio e avessi ancora i soldi di zio, a quest’ora potresti prepararti per venire alla festa di Zayn», lo prese in giro Jennifer due giorni dopo.

«Ma che dici, Jen! Non potrebbe mai venire, guarda com’è! Non è una festa di Halloween, è il party di Dj Malik!», disse Annie con la sua vocina stridula e fastidiosa. Niall, con il cappuccio tirato sopra la testa e il corpo rannicchiato sulle scale, finse di non sentirle mentre ascoltava la musica dal vecchio mp3 mal ridotto.

«Ci vediamo dopo, frocio!», ridacchiarono prima di uscire insieme all’autista che le avrebbe accompagnate; Niall le guardò andare via nei loro vestitini striminziti, chiedendosi se pesassero più quelli o le grucce che li avevano sostenuti fino a quel momento.

«Se vuoi uscire, ricordati che devi tornare prima di mezzanotte», disse Jordan dal piano sotto di lui; Niall si sporse dalla ringhiera e alzò un sopracciglio.

«Perché non mi dai del lei?», chiese in un borbottio infastidito.

«Perché le signorine hanno deciso così», ribatté freddamente quello; lui sbuffò e si sdraiò scomodamente con la testa sul gradino.

In quel momento, chissà in quale locale, il ragazzo del negozio stava ballando qualcosa di commerciale e rimbombante attorniato da ragazzine innamorate. Se lo immaginò con una maglia chiara, o magari con una camicia, dei jeans stretti e quel ciuffo che sfidava la forza di gravità.

Avrebbe dovuto pensare alle ragazze che ballavano accanto a lui, non il contrario; era per questo che aveva perso tutto, perché era solo un errore di genetica, una macchia sul cognome d’oro di cui la sua famiglia si vantava. La vibrazione del suo telefono interruppe quel filo di pensieri deprimenti che la sua mente stava seguendo.

Si alzò di scatto e corse alla finestra del secondo piano, vedendo Josh e Louis che discutevano di qualcosa nel guardino sottostante.

«Che cazzo ci fate qui?», chiese dopo essersi assicurato che Jordan non fosse nei paraggi.

Josh gli sorrise calorosamente e Louis mise su un’espressione altezzosa e ovvia.

«Pare che Andy abbia chiesto a questo qui», disse indicando Josh, «di invitare il ragazzo “grondante della lavanderia” alla festa».

«Andy?» chiese mentre il batticuore scemava piano.

«Da parte di Malik», chiarì Josh annuendo vigorosamente. Niall sgranò gli occhi e strinse tra le dita il cornicione.

Nemmeno l’aveva visto in viso, come poteva ricordarsi di lui?

«Non si può entrare senza vestiti eleganti o una macchina costosa», borbottò alla fine.

Louis ghignò e disse «E secondo te io a che servo?», prima di fare cenno a qualcuno oltre la siepe.

Un uomo dalle spalle enormi e il volto bonario spuntò dalla penombra, sorridendogli gentilmente a labbra strette.

«Paul!», si lasciò sfuggire. Il suo padrino di battesimo, lo stesso che in Irlanda gli accarezzava i capelli da bambino, ora rideva nel vedere Josh che si guardava indispettito i bicipiti troppo piccoli rispetto ai suoi. Si calò velocemente dalla parete e si lanciò addosso all’omaccione, che lo prese al volo e lo tenne come se fosse stato un peso piuma.

«Muovetevi, non vorrai arrivare tardi a quella festa», rise facendolo scendere ed avviandosi verso il fuoristrada enorme.

«Nemmeno mi riconoscerà!», sussurrò ai due amici.

«E chi se ne importa? Gli basterà vederti e capirà di essere meno etero di me», sbottò Louis spingendolo verso l’auto.

«Non credo che esista qualcuno meno etero di te, Lou.»

«Zitto, Devine.»


Quaranta minuti e una scoperta sconvolgente dopo, Niall era nel negozio di grandi firme, con addosso una camicia a quadri blu e un paio di pantaloni di pelle.

«Cosa ne pensi, Paul caro?», civettò la stessa donna che gli aveva impedito di entrare nel suo negozio.

«Non sono io l’esperto, mia bella Claire», sorrise circondandola con un braccio enorme. Niall fece una smorfia, imitato da Josh, e Louis ridacchiò.

«Credo che Malik apprezzerebbe molto quei pantaloni», disse quest’ultimo, «ma sei troppo evidente. Sembri Payne strizzato in un paio di pantaloni di George Michael».

«Non credo che ti dispiacerebbe avere davanti una cosa del genere», lo prese in giro Josh.

«Non dispiacerebbe nemmeno a te, se solo smettessi di vederti con quella Bee.»

«Mai. Sa cucinare meglio di lui», disse risoluto, con un dito ad indicare Niall.

«Posso cambiarmi?», chiese il biondo con una smorfia imbarazzata.

Louis lanciò un’ultima occhiata seccata a Josh, si alzò e prese dal bancone una camicia bianca con dei pantaloni grigi. «Provali», ordinò spingendolo verso il camerino.

Niall entrò nel cubicolo con un sospiro di sollievo, si sbottonò la camicia con attenzione e si levò i jeans attillati con espressione disgustata ed intimorita.

«Hai fatto?», chiese Louis con tono impaziente.

«Fretta di vedere Styles?», rise Josh.

«Giuro che quella ragazza con cui esci si ritroverà un fidanzato impotente», lo sentì sibilare.

Se non fosse stato così agitato e paranoico, probabilmente avrebbe riso e si sarebbe unito alle prese in giro dell’amico, ma proprio non ci riusciva. Finì di abbottonarsi la camicia bianca e si stirò meglio una piega del pantalone, guardandosi poi allo specchio.

«Così non è male!», disse Louis da sopra di lui. Sobbalzò e alzò la testa, spaventato. Il castano, da sopra la piccola porta del cubicolo, lo guardava attentamente.

«Non potevi aspettare che uscissi?», sbottò incrociando le braccia e soffiando via un ciuffo biondo dalla fronte.

«La prossima volta non chiuderti a chiave», disse invece lui, dando un colpo a qualcosa sotto di sé.

«Stronzo», si lamentò Josh.

Niall rise e fece un giro su se stesso. «Come sto?», chiese con un sorriso contento.

«Io dico che va bene. Indietreggia lentamente, così apre» disse poi, rivolto a Josh.

Niall aprì subito dopo e sentì un gridolino arrabbiato seguito da un tonfo.

«Cosa non capisci della parola lentamente?», sibilò Louis.

«Se tu dimagrissi un po’ non sarebbe così difficile tenerti sulle spalle!», borbottò l’amico.

«Parla quello che rotola», ribatté offeso.

«Piantatela. Sei perfetto, ragazzo!», disse Paul dandogli una pacca sulla spalla che quasi lo fece cadere in avanti. «Manca solo l’auto.»

Niall si passò una mano sulla nuca, sconsolato, e sbuffò piano. Non aveva i soldi per comprare delle nuove corde alla propria chitarra, figurarsi per una macchina di lusso.

«Dove la troviamo?», chiese con le labbra arricciate.

Ma in risposta ricevette solo dei sorrisi ambigui e una risatina maliziosa da parte di Louis.


«Voi siete pazzi!», ripeté per l’ennesima volta.

Louis, seduto comodamente al volante, gli mormorò un «E piantala» giusto prima di superare l’ennesima limousine diretta verso il locale di lusso.

«L’abbiamo solo presa in prestito, non fare così!», disse Josh con tono esasperato.

Niall, guardandosi ansiosamente attorno per vedere se qualcuno riconosceva l’auto, si mordicchiava il labbro con un piede che tamburellava nervosamente sul tappetino lindo del sedile posteriore.

«Paul sapeva quello che faceva, va bene? Non è mica la prima Ferrari arancione che si vede in giro!», sbottò Louis tenendo il volante con una mano e sistemandosi la bretella destra con l’altra.

«E’ una Ferrari, non una Smart, Louis!», gemette lui.

«Chi ha soldi per questa», ribatté il più grande guardandolo dallo specchietto retrovisore, «non ha problemi a prendere un’altra macchina per una sera. E poi nella Smart stavamo stretti».

«Non sappiamo neanche di chi è!», si lamentò Niall.

Paul era corso in macchina seguito dai ragazzi, dopo che Louis e Josh avevano svaligiato i reparti del negozio coi vestiti poi indossati di fretta, e poco tempo dopo Niall si era ritrovato nell’officina del padrino, di fronte a quella che ricordava più una zucca fatta di cristallo, che un’auto da guidare per le strade trafficate di Londra.

Chiuse gli occhi e si passò le mani sul viso, cercando di placare almeno un poco il battito accelerato. Era in una macchina da milioni di sterline appartenente ad un’altra persona, con dei vestiti che costavano quanto il suo intero guardaroba e l’immagine del sorriso di un ragazzo impressa nella mente.

«Quello era Harry?», strillò Louis, perdendo la concentrazione e sterzando bruscamente.

«Pensa a guidare, idiota!», lo rimbeccò Josh, prendendo il volante tra le mani e guidando al posto suo.

«Finirà malissimo», sospirò Niall sbirciando i due amici da una fessura tra il medio e l’indice.

«Dici che se diamo la macchina al tizio dei parcheggi ci chiede se è nostra?», chiese Josh. Louis scrollò le spalle ed inchiodò davanti ad un uomo con la pancia pronunciata e un paio di buffi occhiali sul naso.

«Scendete e siate snob!», disse Louis con la voce piena di entusiasmo.

Niall annuì con le gambe tremanti e affiancò gli amici, sperando di non risultare troppo teso.

«Sicuro che non siamo finiti dentro un suo sogno?», mormorò Josh al suo orecchio.

«Tu preoccupati del viaggio di ritorno. Sei sicuro che abbia la patente?», gemette Niall sbirciando Louis con la coda dell’occhio, proprio quando lanciava le chiavi tra le mani dell’uomo e pronunciava «Trattamela bene, tu!» in tono altezzoso. Josh scrollò le spalle con aria insicura e preoccupata.

«Pronti?», esultò il castano andando fra loro.

«No», dissero lui e Josh in sincrono; Louis rise e li superò.

«Questo è lo spirito giusto!», disse entrando nel locale.

«Ricorda che dobbiamo ritrovarci a mezzanotte!», urlò Niall nel chiasso assordante; Louis alzò una mano senza voltarsi e scomparve tra la folla.

Niall rimase senza fiato e si guardò attorno: la musica era assordante, la gente ballava e si accalcava, nessuno sembrava curarsi di loro. Si voltò verso Josh, ma non c’era più nemmeno lui. Borbottò un insulto rivolto ad entrambi i suoi amici e si addentrò tra le persone, coprendosi o scostandosi istintivamente ogni volta che qualcuno si muoveva troppo vicino a lui. Idea geniale andare ad una festa del genere quando si soffre di claustrofobia, doveva ammetterlo. Man mano che andava avanti, riusciva a distinguere una voce sopra la musica, proprio di fronte a lui. Alzò un poco la testa e il respiro gli si mozzò. La gente continuava a ballare e dimenarsi, indisturbata, ma lui rimaneva immobile, indifferente anche alle gomitate e a chi lo strattonava.

Zayn, in una giacca di pelle e solo una canottiera bianca sotto di essa, stava alla stazione del Dj con le cuffie al collo e il corpo che si muoveva a ritmo; le luci psichedeliche disegnavano strane forme sulla sua pelle scura e gli illuminavano il sorriso, facendo anche brillare la catenina d’argento che portava.

Poco lontano dal palco rialzato, scorse Liam Payne con una camicia a quadri abbottonata fino all’ultima asola e dei jeans chiari. Si avvicinò maggiormente e vide una ragazza riccia al suo fianco, con le dita intrecciate alle sue e un sorriso che invidiava, insieme ad una bionda che osservava Zayn con un’espressione fiera sul volto bianchissimo. Dal vestito capì che era la ragazza della lavanderia, quella a cui la sarta orlava l’abito con degli spilli argentati.

Una fitta allo stomaco lo sorprese. Come aveva anche solo potuto pensare di avere qualche possibilità? Zayn Malik era etero ed innamorato, come quel Payne che ora abbracciava teneramente la sua fidanzata e le sorrideva guardandola negli occhi. Sentì la vista appannarsi e si diresse verso il bancone del bar, deciso a bere per lenire almeno un poco la delusione che quella follia aveva portato.

Non notò nemmeno Louis, poco lontano da lui, con le labbra incollate a quelle di Styles e il corpo stretto contro il suo.


«Ehi, Calvin!», disse una voce alla sua destra; il barman si girò verso di lui con un sorriso e annuì.

Non si voltò a vedere chi fosse, anche se la sua voce gli suggeriva qualcosa; continuò a fissare il contenuto del suo bicchiere con aria assorta, una buona dose d’alcol già in circolo nel sangue.

Quando lo sconosciuto al suo fianco si sporse per prendere il cocktail, sentì il gomito sfiorare qualcosa di caldo e morbido. Girò la testa di scatto e il profilo delineato del ragazzo gli procurò un colpo al cuore. Zayn Malik, sudato, sorridente e bello come non mai, era a pochi centimetri da lui.

«Ciao! Ci conosciamo?», si sentì chiedere. Non riusciva a rispondere, immobile davanti ai suoi occhi scuri e lucidi.

«Non credo», balbettò dopo qualche secondo. Zayn rise piano, sedendosi sullo sgabello accanto al suo, e lo guardò ancora.

«Non credo nemmeno io, mi ricorderei delle tue guance rosse.»

«Ho le guance rosse?», borbottò imbarazzato; il moro annuì guardandolo di sottecchi con un sorriso divertito sulle labbra carnose.

«Non ho mai visto un ragazzo con le guance più rosse delle tue», ridacchiò prendendo un sorso dal suo bicchiere; Niall lo guardò negli occhi senza rispondere e vide la sua espressione cambiare leggermente. «Nemmeno con quegli occhi, a dirla tutta», disse con un altro mezzo sorriso.

Niall chinò il capo, colto di sorpresa e «Grazie», mormorò tamburellando le dita sul vetro del bicchiere, non preoccupandosi nemmeno che quello lo sentisse.

«Sono Zayn.» Il moro gli porse la mano con un sorriso e lui l’afferrò timidamente. «Ora dovresti dirmi il tuo nome», ridacchiò stringendo le dita calde attorno al suo palmo.

«Niall», disse a voce alta. Zayn gli dedicò un altro sorriso disarmante e annuì.

«Non sei di Londra, vero?»

«Nemmeno tu», riuscì a dire con la mano ancora stretta alla sua.

«No, nemmeno io», concesse muovendo impercettibilmente il pollice sulla sua pelle bianca.

Niall deglutì e tentò di reprimere un brivido di incredulità e felicità, invano.

Le loro mani si separarono e nessuno dei due parlò per quelli che a lui sembravano anni, fino a che la ragazza bionda che aveva visto prima sotto il palco si avvicinò a loro, o meglio, si lanciò contro la schiena di Zayn.

«Ti sto cercando da un sacco di tempo», urlò per farsi sentire sopra la musica; Zayn le sorrise con solo le labbra e si lasciò abbracciare, torcendo il busto per farlo.

Niall osservava la scena con labbra strette, cercando di non rompere il bicchiere con la forza che imprimeva alla superficie, il cuore che gli riempiva i timpani peggio della musica e lo stomaco chiuso.

«Ti dispiace se vado a fumare?», disse Zayn rivolto alla bionda. Niall distolse lo sguardo dalle braccia stretta attorno alla sua vita da modella e lo rivolse al viso del moro, trovando i suoi occhi fissi su di sé.

«Va bene, ma torna presto!», si lamentò lei.

«Mi accompagni?», gli chiese con tono indecifrabile; lui annuì e si alzò, abbandonando il bicchiere con l’impronta delle dita ancora segnata sulla condensa.

Zayn lo guardava attentamente, ma Niall non riusciva a capire come reagire. Gli aveva appena chiesto di accompagnarlo fuori, solo loro due, non poteva preoccuparsi del perché.

Si addentrarono di nuovo in mezzo alla folla, con la gente decisamente più ubriaca e scatenata di prima. Niall si sentì soffocare per le persone che si dimenavano e lo circondavano, l’odore acre e nessuna via d’uscita a disposizione. Il panico cominciò a formarsi nel suo stomaco e si bloccò proprio in mezzo alla pista, con gli occhi sgranati dalla paura e le spalle incurvate. Vide Zayn voltarsi e guardarlo confuso, poi sentì il suo corpo vicino al proprio e la sua voce contro l’orecchio, per farsi sentire.

«Sei claustrofobico?», chiese sfiorandogli la mano sinistra con le dita. Niall le strinse tra le sue e strizzò le palpebre, cercando di calmarsi e non fare una figura eccessivamente imbarazzante, ma il cuore gli martellava nel petto e la voce si rifiutava di uscire. «Stai dietro di me, ti porto fuori», si sentì dire sulla tempia. Annuì brevemente e aumentò la presa nella sua mano.

Camminavano in mezzo alla gente a stento, con le mani ancora strette e il viso di Niall vicino all’incavo tra le sue spalle. Gli invitati cercavano di fermarli e li ostacolavano, ma Zayn li congedava con un cenno della mano libera o con un sorriso, tirandosi Niall ancora più vicino come ad infondergli coraggio. Notò che stavano salendo delle scale a chiocciola, andando contro corrente ed incrociando diverse persone che si baciavano o barcollavano sugli scalini, poi Zayn si diresse verso una porta d’emergenza e spinse con la spalla per aprirla e richiuderla alle loro spalle subito dopo.

Erano sul retro del locale, in un piccolo balcone che dava sull’altra parte della città.

«L’ultima volta che sono stato in questo locale con Liam ho visto che Andy veniva qui a fumare», disse Zayn voltandosi verso di lui. «Non c’ero mai stato, ma credo sia l’unico posto dove non c’è nessuno.»

Niall annuì, chiedendosi cosa sarebbe successo una volta che le loro dita si fossero allontanate, ma Zayn parve capirlo e strinse più forte la sua mano.

«Stai meglio?», gli chiese, di nuovo troppo vicino al suo viso; Niall annuì di nuovo e alzò impercettibilmente la testa, senza davvero pensarci.

Il suo sorriso gli toglieva il respiro, ma i suoi occhi lo uccidevano.

«Non dovevi fumare?», si lasciò sfuggire. Zayn sembrò ridestarsi e rise nervosamente, lasciò la sua mano e prese una sigaretta artigianale dalla tasca della giacca; Niall maledisse se stesso, stringendo il pugno con la sensazione di freddo a pungergli il costato, e lo osservò mentre metteva le mani davanti alla sigaretta per riuscire ad accenderla. La fronte aggrottata, lo sguardo rivolto verso la punta e le labbra strette attorno al piccolo filtro bianco lo mandarono in estasi.

Svegliati!, si disse, lui non è gay!

«Sicuro di non volerne una?», gli chiese soffiando via il fumo dalle labbra.

«No, grazie lo stesso», disse con la voce strozzata. Zayn sgranò impercettibilmente gli occhi e socchiuse le labbra, fissando le sue.

«Ancora non capisco perché sei venuto, se soffri così tanto», mormorò scrutandolo.

Niall si sentì arrossire nuovamente e negò col capo. «I miei amici dovevano venire e mi hanno trascinato qui», balbettò con la delusione nel tono di voce. Zayn non si ricordava di lui, magari nemmeno aveva chiesto ad Andy di invitarlo ed era tutta una menzogna di Louis e Josh.

Vide la mano che non stringeva la sigaretta avvicinarsi al suo polso e si sentì tirare dolcemente, fino ad arrivargli più vicino.

«Sei il ragazzo della lavanderia?», domandò Zayn con voce incerta ed improvvisamente timida. Niall perse un battito e annuì con aria imbarazzata. «Hai una voce inconfondibile, anche quando balbetti cose senza senso», lo sentì dire velocemente, come se si vergognasse.

«Io-», cominciò Niall senza fiato.

Zayn lo interruppe e si scansò velocemente. «Scusami, non so cosa mi prenda. Non sono gay, non volevo spaventarti, non so cosa mi stia succedendo», disse senza guardarlo.

«Non preoccuparti», disse Niall con un sorriso spento. Il suo cuore era in bilico, spinto da una parte all’altra, in preda agli sbalzi del ragazzo davanti a lui che ora si passava la mano sul viso. Zayn lo guardò con espressione pensierosa e si riavvicinò lentamente, poggiandosi alla ringhiera.

«La ragazza bionda, quella del bar, è la tua ragazza?», chiese dopo qualche secondo di silenzio; il moro si lasciò sfuggire una risata amara e scrollò le spalle.

«Stiamo insieme da quando sono arrivato qui, ma non ci siamo mai detti qualcosa di ufficiale. Credo che lei pensi di esserlo, ma non lo è», mormorò buttando la sigaretta finita a terra e spegnendola con la punta della scarpa.

«E perché ora non sei giù con gli altri tuoi amici?», chiese ancora. Era in ballo ormai, tanto valeva sfruttare l’occasione per conoscerlo, anche se non poteva averlo.

«Non conosco nemmeno la metà di quelle persone!», esclamò indicando la porta. «E’ stato Harry ad organizzare la festa, io mi sento un po’ la sua scusa», ridacchiò poggiandosi con i gomiti al ferro battuto; Niall lo affiancò e annuì, pensieroso.

«Londra mi piace», sussurrò per interrompere quello strano silenzio sospeso tra loro.

«Anche a me», rispose Zayn con un sospiro. «Sebbene a volte sia un tantino troppo caotica.»

Niall sorrise e «Già», commentò osservando le luci notturne della città.

Zayn si voltò a guardarlo e Niall fece lo stesso.

«Tu hai una ragazza?», gli domandò a bassa voce.

Pensò per qualche secondo alla risposta da dare e «Non credo che le ragazze facciano per me», disse in un tono fin troppo risoluto. Vide Zayn trattenere il fiato e si diede dello stupido; si staccò dalla ringhiera e si spettinò i capelli, per poi avviarsi lentamente verso la porta con la musica che aumentava ad ogni passo.

«E quei vestiti che hai portato da Madama Claire?», domandò confuso Zayn, voltandosi verso di lui con la fronte corrugata e le parole che uscivano troppo in fretta.

«Sono per delle invitate, mi hanno chiesto di farlo», borbottò pronunciando le ultime parole con una smorfia.

«Dove vai?», chiese Zayn, preoccupato e forse un po’ ansioso, alle sue spalle; Niall si voltò verso di lui e fece per dire qualcosa, ma rinunciò e scrollò le spalle. «Rimani.»

Lo vide venire verso di lui e deglutire appena. «I tuoi occhi sono davvero belli», sussurrò alzando una mano fino a sfiorargli una guancia. Quanto mancava alla mezzanotte? Non era pronto a rinunciare a quel tocco gentile, sapeva che una volta tornato a casa delle cugine quello sarebbe stato solo un episodio sbiadito nella mente del moro.

«Preferisco i tuoi», sussurrò poggiando il viso sul suo palmo. Zayn ricambiò il suo sguardo ad una spanna dalle sue labbra, i loro petti un po’ affannati si sfioravano di tanto in tanto e Niall aveva paura che persino lui sentisse il tamburellare insistente del suo cuore.

«Non dovresti» disse Zayn con voce appena udibile. Poggiò la fronte sulla sua e chiuse gli occhi, inspirando piano. «Cosa succederebbe se ti baciassi?», mormorò poi intimorito.

«Probabilmente avrei un infarto», si lasciò sfuggire Niall, arrossendo ancora di più.

Zayn sorrise, già più calmo, e «Adoro le tue guance calde», sussurrò prima di poggiare le labbra sulle sue.

Niall spalancò gli occhi per un istante, si sentiva incandescente; la mano di Zayn che non era sul suo viso andò alla base della sua schiena, stringendoselo contro, mentre lui portava timidamente le dita sul tessuto della sua canottiera, tirandolo leggermente più vicino.

«Hai avuto un infarto?», biascicò sfiorando la sua bocca con le labbra.

«Credo sia stato solo un accenno di iperventilazione», gemette senza voce. Zayn rise di nuovo, portò l’altra mano sulla sua nuca e lo baciò di nuovo, con decisione.

Si rilassò contro il suo corpo e socchiuse gli occhi inconsapevolmente, avvolgendo entrambe le braccia attorno al suo collo e socchiudendo le labbra, completamente in estasi. Il moro vi infilò lentamente la lingua, saggiandone prima il contorno e la consistenza, e successivamente lo strinse ancora più forte dalla vita e lo spinse un poco verso il muro, aderendo al suo corpo.

Niall voleva ridere, urlare e piangere. Quanto mancava alla fine di quel sogno? Prese i capelli neri di Zayn fra le dita e se lo tirò contro baciandolo con labbra fameliche. Non gli importava di sembrare un esaltato, quella era l’unica possibilità che aveva per godersi il suo sapore, non ci avrebbe rinunciato.

Quando sciolse l’intreccio sulle sue spalle e portò le mani a sollevargli i lembi della canottiera, Zayn si sciolse in un verso d’apprezzamento e Niall sentì le sue dita spostarsi leggermente, fino a sfiorare la sua natica sinistra.

La pelle dei suoi fianchi era liscia, tesa, bollente; lo baciò ancora più a fondo, facendolo gemere al contatto delle erezioni che si stavano formando, gli succhiò e morse la lingua.

«Niall», gemette Zayn poggiandosi alla parete dietro di lui con un braccio, senza fiato.

«Scusa», balbettò arrossendo; lui negò brevemente col capo e lo guardò con espressione persa.

Si baciarono di nuovo ma il telefono nella sua tasca vibrò prima che il loro gioco potesse cominciare di nuovo; chinò la testa sulla sua coscia, spaventato e deluso.

«Lascialo squillare, finirà», ansimò Zayn riportando le labbra sulle sue. Niall ricambiò per un istante ma la vibrazione sembrava aumentare, anziché smettere.

«Aspetta», riuscì a mugolare mentre era il turno delle sue mani per viaggiare sul suo ventre nudo. Zayn sbuffò leggermente, si tenne ai suoi fianchi e poggiò la testa sulla sua.

«Si può sapere chi è?», mormorò mentre lui leggeva il nome di Josh sul display.

Proprio sopra il simbolo della chiamata in arrivo, l’ora spiccava in caratteri bianchi e netti.

«Merda», sbottò guardandolo negli occhi.

Zayn lo guardò confuso e tolse le mani da sotto la sua camicia. «E’ il tuo ragazzo?» sbottò con un lampo di delusione.

«No! Assolutamente no, è uno degli amici con cui sono venuto, quello che ha parlato con Andy!», si affrettò a rispondere mentre rimetteva nelle asole i pochi bottoni che era riuscito a sbottonare.

Zayn alzò un sopracciglio e lo guardò senza capire. «E allora?»

Lui si mordicchiò il labbro e si tirò su i pantaloni, guardandosi attorno. «Devo andare, Zayn», sussurrò prima di correre verso la porta col cuore che batteva frenetico.

La spalancò senza pensare e fece un passo indietro, spaventato: il volume della musica era assordante, la gente che non era appartata si muoveva senza nessun senso logico, accalcandosi. Sentì una mano prendere saldamente la sua e tirarlo in mezzo alla calca.

«Zayn!», urlò sorpreso; il moro non si voltò, lo tirò a sé con la mascella tesa e lo aiutò ad attraversare la folla. Sembrava arrabbiato, ma Niall non riusciva a vedere la sua espressione.

Arrivarono vicino a al bancone del bar e Josh spuntò da un gruppo di giovani ubriache che si strusciavano l’una sull’altra, tenendo per mano una ragazza non molto alta, con occhi castani, capelli scuri e un vestito a fiori rossi che svolazzava attorno al suo corpo.

«Ti cerco da un’ora!», gridò prendendogli la mano che non era stretta a quella di Zayn. Lo trascinò verso di loro e sentì Zayn urlare qualcosa dietro di lui, stringendogli il suo polso con entrambe le mani, ma erano sudati e la gente si metteva in mezzo separandoli senza che Niall avesse il tempo di voltarsi e recuperare il contatto col suo corpo.

«Zayn!», urlò cercando di sfuggire alla presa di Josh.

«Quanto è ubriaco?», sentì chiedere da Bee. Si voltò verso di lei con l’espressione sconvolta e il panico gli attanagliò lo stomaco mentre lo tiravano verso una delle piccole zone private.

Nessuno sembrava aver visto le dita di Zayn intrecciate alle sue, nessuno sapeva che l’aveva baciato, che gli aveva detto dolcemente di adorare le sue guance e i suoi occhi. Nessuno gli avrebbe creduto.

Vide di sfuggita, troppo preso da un giramento di testa, Louis alzarsi i pantaloni e Harry pulirsi le labbra con una mano, mentre li guardava andare via con espressione sgomenta, ancora inginocchiato sul pavimento di fronte ad un divanetto rosso.

Poi tutto divenne buio.


«Dovrebbe dimagrire un po’», sentì sbottare da una voce.

«Ora è lui quello grasso? Chi sarà il prossimo? Jordan?», ribatté un’altra, in tono forzatamente basso.

Cercò di aprire gli occhi e si rese conto di essere trasportato da Louis e Josh, che cercavano di portarlo su per le scale tenendolo sospeso uno dalla testa e uno dalle gambe.

Josh imprecò e Louis lo rimproverò di qualcosa.

«Lasciatemi», mugugnò stropicciandosi un occhio col pugno chiuso. Louis si spaventò e lo lasciò cadere, facendogli sbattere la schiena sui gradini. «Ma sei fuori?» gridò contorcendosi per il dolore.

«Scusa, ma se tu parli a voce alta che colpa ne ho io?», si lamentò quello aiutandolo ad alzarsi.

«Che stai dicendo?», mugugnò stirando i muscoli con un braccio piegato a toccarsi il punto che aveva preso il colpo.

«Amico, mancano due minuti alla mezzanotte: se Jordan ci scopre, tu finisci fuori di casa. Ti conviene correre su per queste cazzo di scale e farci uscire, non voglio i cani delle tue cugine a mordermi il culo», sibilò Josh indicando il piano di sotto.

«Quella Bee ti rende più scurrile, oltre che più sveglio», disse Louis inarcando un sopracciglio.

«E tu smettila di parlare di lei!», aggiunse lui superandoli. Niall guardò entrambi con una smorfia di dolore e fastidio e salì le scale torcendo il busto; aprì la porta della sua camera senza fare rumore, li fece entrare ed indicò la finestra.

«Grazie», disse mentre ormai i due si erano già calati.

«Sei ubriaco, ci ringrazierai domani!», ridacchiò Louis sistemandosi una bretella rossa. Josh gli sorrise e annuì.

Ma lui non era ubriaco, era fin troppo lucido. Chiuse la finestra e corse nel suo letto, giusto qualche secondo prima di sentire la porta aprirsi e le ciabatte di Jordan risuonare sul parquet consumato. Sospirò di sollievo sentendo la porta richiudersi e si massaggiò un polso, trovando al posto del suo bracciale solo un graffietto.







Here we are again, ragazzuoli! Sono sempre Roberta, perché Irene è occupata con la scuola, e visto che è il mio compleanno (fatemi gli auguri, su! ) abbiamo deciso di regalarvi la seconda fanfic della nostra super-extra-mega-straffiga raccolta; la prima parte, per lo meno. :D Nei giorni seguenti avrete la seconda e ultima, non sappiamo quando ma aspettate con trepidazione (?).
Queste note sono stupide, mamma mia, e dire che oggi non ho toccato un goccio d'alcol.. vabbè. Speriamo davvero che questa prima parte vi sia piaciuta e che siate impazienti di leggere quella successiva.
Baci e coccole a tutti!

(Una chicca perché è il mio compleanno e sono una stronza e Irene non sa niente, lololol: link. Giusto per farvi capire quanto siamo serie, ah!)

   
 
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