Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Moon9292    21/11/2012    4 recensioni
Una professoressa colpita duramente dalla vita. Un ragazzo che piano piano sta diventando un teppista perchè non ha il coraggio di affrontare i suoi demoni. Un giovane con dubbi sul suo orientamento sessuale. E un altro con problemi economici costretto a sacrificare tutto e tutti, anche chi ama. Ed un'intera classe con le sue difficoltà da sistemare. Tutto da risolvere entro un anno. Perchè? Come mai un solo anno? E chi aiuterà tutti loro? Questa è la storia di chi in un'istante perde tutto, e in quello successivo guadagna qualcosa di prezioso. Perchè la vita non è mai come te l'aspetti, e solo il tempo aiuta a guarire. Il tempo, l'amore, e un bicchiere di caffè...
Spero di avervi incuriosito con questa storia. Lasciate un commentino, anche per farmi sapere com'è...un bacio
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Live and Love...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

  Image and video hosting by TinyPic


Capitolo 13 - Nuovi guai all'orizzonte


10 dicembre. Ormai mancavano pochi giorni all’inizio delle vacanze invernali. In quel momento, non facevo altro che ripensare a quanto la mia vita fosse cambiata. In quei pochi mesi, tutto il mio mondo era stato rivoluzionato. Ero scappata da casa mia, incapace di sostenere ancora quella situazione a dir poco pazzesca. La morte di mio marito aveva profondamente minato la mia psiche. Andarmene era stata la scelta giusta. Non sempre scappare è sinonimo di debolezza. A volte, andare via significa proprio essere forti, essere capaci di ricominciare di nuovo, prendendo in mano le redini della nostra vita. Sapevo che non ero ancora stata in grado di risolvere tutti i miei problemi, eppure quei mesi mi avevano cambiato profondamente. Avevo conosciuto, toccato con mano, nuove realtà, nuovi mondi. Situazioni difficili, e persone meravigliose. Avevo conosciuto la dolcezza di Paolo, e il suo modo di prendersi cura delle persone che amava. Sperimentare la sua bontà d’animo, aveva in qualche modo reso più limpida la mia anima. E constatare anche quanto questa sua sensibilità lo rendesse fragile, come vetro. Bastava una semplice folata di vento, per poterlo spazzare via. Avevo potuto appurare con orrore, quanto la vita di una persona possa essere influenzata da un solo singolo attimo. E come per colpa di questo momento, la propria esistenza possa essere spezzata. Ancora oggi, dopo molto tempo, sognavo quel giorno in cui il ragazzo aveva provato a suicidarsi. I brividi lungo la mia schiena non mi lasciavano tregua per tutta la notte. Speravo davvero di non dover mai più assistere ad uno spettacolo simile.
In quei mesi avevo conosciuto Roberto, il ragazzo più forte ed eroico che possa esistere sulla terra. il suo gesto di altruismo e di protezione nei confronti dei sue due amici, e il profondo amore che lo legava al giovane dagli occhi nocciola. Era stato davvero bellissimo assistere a quel bacio. Non lo avrei mai dimenticato. Perché nell’aria potevo percepire tutto l’amore che essi provavano l’uno per l’altro. Avevo potuto assistere alla rinascita di una fenice, che brucia nelle fiamme ardenti della vita, e che dalle sue ceneri rinasce più forte e maestosa di prima. Roberto era questo, una fenice. Lui rinasceva costantemente, ogni giorno, affrontando tutto i suoi dispiaceri. Lo vedevo lottare, e al tempo stesso essere felice finalmente. Non importava che fosse malato, o che avesse sul collo il fiato putrido della mafia, o il corpo marchiato a vita da quei giorni da prostituto. Lui era nato per combattere, per proteggere e per vivere la sua vita nel modo migliore che conosceva: passare i suoi giorni accanto al suo amore. Una manifestazione di tanto affetto io non la conoscevo. Era veramente bello partecipare a questo spettacolo, e sapere che una piccola parte della loro felicità era dovuta anche al mio intervento. Mi sentivo bene con me stessa, sapendo di aver potuto fare in modo che i due giovani potessero riunirsi nuovamente.
Avevo conosciuto un uomo che agiva nell’ombra, indiscreta, nascosta agli occhi di tutti. Che nonostante tutto, si prodigava per dare a tutti i suoi collaboratori, un po’ di felicità. Sapevo che il preside Martino ci osservava sempre, pronto ad intervenire per tenderci una mano. Lo avevo capito quando, durante le mie difficoltà, lui compariva sempre strappandomi un sorriso o dandomi un consiglio. Lui era una semplice persona che faceva del bene a chiunque entrasse nel suo campo visivo. Era una di quelle persone la cui assenza si nota, come se il mondo diventasse un po’ più freddo senza la sua immensa persona. E sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui. Lo dimostrava anche il fatto che avesse permesso a Roberto di assistermi, e lavorare al mio fianco. Lui, semplicemente, era una persona buona.
E poi avevo conosciuto Ianto. Oh, Ianto. Lui era il mio punto di forza, la mia luce nei momenti di buio, la mia casa, e anche il mio eterno punto interrogativo. Affrontare il suo dramma, sostenerlo nei momenti di sconforto e di dolore, mi aveva aiutato anche ad affrontare quella che era la mia situazione. Con la sua mano, mi aveva condotto in un mondo in cui le cose andavano bene. Mi aveva fatto capire che c’era speranza ancora per tutti. E che era concessa sempre una seconda occasione per essere felici. E lui ne era la prova vivente. Aveva passato tanti anni in preda al dolore, mentre adesso rideva sempre. Guardava il mondo con gioia, e le nuvole erano ormai solo un lontano ricordo. Averlo al mio fianco, aveva fatto si che in me nascesse la speranza e la voglia di ricominciare. Ecco perché io ero debitrice a questo ragazzo di soli diciassette anni. E quei suoi occhi. Dio, quei meravigliosi occhi di ghiaccio. Erano la cosa più bella, e totalizzante che avessi mai visto. Di occhi chiari il mondo ne era pieno, ma mai nessuno di essi brillava di quella luce propria, di quella gaiezza e vitalità. Nessuno di loro ardeva al fuoco. Ed io mi sentivo sempre più ingabbiata in essi. Ma non avrei ceduto. Per quanto lui portasse gioia e speranza nella mia vita, io non potevo cedere. Lo avevo promesso a mio marito e a me stessa. Perché anche se lui non c’era più, io percepivo ancora sulla mia pelle tutto l’amore che provava per me. Perché lui non se n’era mai andato via. Era ancora qui con me, ed io non lo avrei mai tradito. Neanche se questo avesse dannato la mia anima per l’eternità. Mio marito era ancora con me.
Riflettevo su queste cose, quel giorno. Ero in laboratorio di genetica. Stavo tenendo la mia lezione pomeridiana con i ragazzi di tutte le sezioni. Ancora non capivo come era possibile che ragazzi di prima stessero nella stessa classe di quelli di quinta. Quando avevo dato la mia disponibilità per insegnare quella materia, mi dissero in segreteria che non dovevo preoccuparmi della classe affidatami. Ci avrebbero pensato loro. Si certo, gran bel lavoro avevano svolto. Quella non era una classe omogena, ma un’accozzaglia di ragazzi selezionati a caso da un’idiota che lavorava dietro ad una scrivania. Veramente geniali quelle persone. Sul serio. Per fortuna c’era Roberto al mio fianco, che mi sosteneva nei momenti di stress totale. Quel ragazzo era davvero intelligente. Con un cervello come il suo, avrebbe sicuramente compiuto grandi imprese. Da quando il trio si era riunito, eravamo tornati tutti e quattro a mangiare nell’aula 213. Alla fine si era scoperto il perché di tanta reticenza da parte di Paolo nei giorni precedenti. Stando in mensa, sperava di poter vedere il suo ragazzo, perché si, il loro rapporto ormai era ufficiale, o almeno lo era per noi. Comunque, sperava di poterlo incontrare e provare a riallacciare i rapporti. Ricordo che io e Ianto abbiamo riso per parecchi minuti a quell’affermazione. Davvero, quel ragazzino era troppo dolce. Roberto, invece, intenerito, gli aveva accarezzato teneramente una guancia, facendolo arrossire. Nel vederli così uniti ed innamorati, non avevo potuto trattenere un moto di dolcezza nei loro confronti. Ianto, invece, da troglodita qual era, aveva cominciato a lanciare addosso ai due amici, pezzettini di pane, solo per il gusto di disturbarli. Da li la situazione era degenerata. Ancora adesso devo togliere rimasugli di cibo dai capelli.
Ritornando a noi. La presenza di Roberto era necessaria per mantenere buona la classe in cui tenevo lezione. I bidelli si erano spesso lamentati con me per i pezzetti di gesso che erano costretti a togliere ogni pomeriggio dal pavimento. Diciamo solo che non ero una persona molto paziente. Se qualcuno mi faceva innervosire, gli lanciavo contro qualsiasi cosa. Non era un comportamento molto maturo e posato, ma almeno rispecchiava la mia personalità. Anche col professore Gallo ogni tanto mi lasciavo andare a questi piccoli sfoghi bambineschi. Per fortuna non ero mai stata licenziata. Grazie a Roberto, però, adesso il gesso restava nell’apposito contenitore. E per gli alunni più indisciplinati, la soluzione era molto semplice. Roberto era più pericoloso di me. Il suo sguardo intimidatore, accompagnato anche dal suo fisico importante, riuscivano in qualche modo a sedare gli atteggiamenti dei ragazzi. Quel pomeriggio la situazione non era troppo differente dagli altri. Tenevo la lezione, spiegavo qualche nozione basilare della materia, e spaziavo anche in altri campi.
<< Prof posso andare in bagno? >>, mi domandò un ragazzo.
Quando mi voltai, notai che a parlare era stato uno della mia classe mattutina. Faceva parte del gruppo degli emo, con strane cicatrici sul polso. Capelli a caschetto liscissimi e neri. Pallido come la morte, labbra rosse sicuramente truccate, matita nera pesante intorno agli occhi. Piercing al naso e sul sopracciglio sinistro. Nicola Ferrara si presentava in tutto il suo splendore di ragazzo tormentato interiormente. Il suo fisico, talmente mingherlino da sembrare inesistente, lo reggeva con fatica. Non ci voleva molto per capire quanto fossero profondi i suoi disturbi interni. Avevo notato, però, da qualche tempo a questa parte uno strano atteggiamento da parte del ragazzo. O meglio, più strano del solito. Era sempre agitato, i suoi occhi spesso viaggiavano da un punto all’altro, senza trovare pace. Era perennemente depresso, poi ad un tratto diventava felice, oppure aveva scatti d’ira pesanti. Insomma, la situazione non mi piaceva per niente.
<< Certo, vai pure >>, acconsentii un po’ titubante. Non sapevo perché, ma avevo una strana sensazione.
Sensazione che si confermò dieci minuti dopo, quando il ragazzo non era ancora rientrato dal bagno. Sbuffai spazientita, pronta a fare una sfuriata contro il mal capitato.
<< Roberto, pensaci tu alla classe. Io vado a recuperare quel cretino di Ferrara >>, esclamai infuriata.
<< Ok, prof >>, annuì il giovane.
Mi avvia a passo di carica nel corridoio, verso il bagno. Tenevo lo sguardo basso, tentando di calmarmi. Ovviamente fallii miseramente. Ma che diavolo aveva nella vescica quel cretino? Il Tamigi? Sbuffai spazientita per l’ennesima volta, quando andai a sbattere contro qualcosa. Anzi, contro qualcuno.
<< Prof, ti sei fatta male? >>, mi chiese una voce preoccupata e al tempo stesso divertita. Una voce che avrei riconosciuto ovunque, anche in mezzo a mille persone. Alzai lo sguardo e trovai davanti a me due occhi di ghiaccio fissarmi intensamente.
<< Ianto >>, lo chiamai esasperata.
<< Ehilà prof >>, mi salutò divertito Ianto.
<< Dannazione, Ianto, ma che fai, mi segui? Sei una specie di stalker, che attende il momento opportuno per aggredirmi? >>, sbuffai indispettita. Il ragazzo si stava divertendo un mondo. Anche perché ero finita a gambe all’aria. Mi porse una mano, sorridendomi dolcemente.
<< Forza, ti aiuto io >>
Afferrai la mano, che prontamente mi trascinò verso l’alto con una presa ferrea. Mi stupivo ancora per la morbidezza di quelle mani, o per la forza del ragazzo. Mi sentivo una piuma, quando ero tra le sue braccia.
<< Comunque prof, mi stai diventando paranoica >>, sentenziò divertito il giovane,
<< Ah si? E di grazia perché sono paranoica? >>, domandai incrociando le braccia al petto.
<< Credere che ti sto spiando, è sinonimo di persona megalomane con piccoli spruzzi di follia >>, affermò sempre più gioioso il ragazzo. Non avevo la minima idea di cosa ci trovasse di tanto buffo in quella situazione.
<< Penso di aver già provveduto a spiegarti che non sono schizzata. Sono obiettiva e realista. E tu mi stai sempre tra i piedi >>, sbottai inferocita. Odiavo quando mi si dava della pazza.
<< Vero, è successo spesso che fossi presente al momento giusto nel posto giusto. Questo non significa che sono uno stalker >>, spiegò pacatamente Ianto.
<< E allora che ci fai qui? >>, domandai esasperata.
<< Andavo al bagno >>, rispose con un’alzata di spalle.
<< Al bagno? >>, chiesi perplessa.
<< Si >>
<< Lo stesso bagno che si trova dalla parte opposta? >>, dissi sarcastica. << Stai offendendo la mia intelligenza, moccioso >>
<< Non sto mentendo >>, affermò punto sul vivo Ianto.
<< Non ti credo. E poi non dovresti essere a nuotare, sirenotto? >>, lo presi in giro, sapendo quanto gli desse fastidio essere chiamato così.
<< Questa me la paghi, prof. Oh si >>, sussurrò minaccioso.
<< Certo come no. Allora, mi spieghi che ci fai qui? >>
<< E’ molto semplice, donna di poca fede. Il nuoto è stato spostato di un’ora per problemi dell’allenatore. E sono qui perché davvero devo andare in bagno >>, spiegò con tranquillità il giovane.
<< Ribadisco. Il bagno è dall’altro lato. Che ci fai qui? >>
<< Quello lì è bloccato. Stavo andando in quelli dei professori. Dio, certo che tu la parola fiducia neanche la conosci >>, esclamò infastidito Ianto.
Ma non lo sentii nemmeno. Il mio cervello aveva registrato solo una cosa: bagno bloccato. Lo stesso bagno nel quale Ferrara era stato risucchiato più di dieci minuti fa.
<< Merda! >>, sbottai irritata e preoccupata al tempo stesso.
Scansai Ianto, e mi diressi a passo spedito vero il bagno alla fine del corridoio. Ovviamente il rumore dei passi raddoppiò, segno che non ero più sola.
<< Dove corri, prof? >>, domandò interessato Ianto.
<< Al bagno >>, risposi prontamente.
<< In che guaio ti sei cacciata stavolta, prof? >>, chiese spazientito il ragazzo.
<< Io non mi caccio nei guai. Sono loro che vengono da me >>, spiegai infastidita.
<< Certo come no. Ed io indosso le lenti a contatto colorate >>, sbuffò Ianto.
<< Indossi le lentine colorate? >>, domandai sorpresa.
<< No! Ovvio che no >>, affermò indignato il giovane.
<< Ah mi sembrava strano >>, commentai tranquilla.
Finalmente arrivammo davanti alla porta del bagno. Provai ad aprirla, ma come aveva già detto Ianto, era bloccata. Così presi a bussare con forza.
<< Nicola? Ehi apri >>, urlai preda di una pessima sensazione.
Nessuno rispose. Il totale silenzio. Ormai la sensazione era certezza. Qualcosa dietro quella porta era successa.
<< Prof >>, mi richiamò il giovane al mio fianco, mettendomi una mano sulla spalla. Mi fissò intensamente negli occhi, poi guardò la porta ed infine sorrise. << Questo farà male >>
Senza neanche darmi il tempo di capire quelle parole, lo vidi scagliarsi con forza verso la porta. Una potente spallata, con rumore annesso, riecheggiò per quel corridoio solitario.
<< Santi numi! >>, esclamai sorpresa da quel gesto.
Ianto si allontanò dalla porta trattenendo la spalla. Doveva essersi fatto un male cane.
<< Cazzo, ma che fai? Ti vuoi far saltare i legamenti? >>, affermai toccando prontamente la zona lesa. Involontariamente cominciai a massaggiare quella parte, come fosse stato un gesto abituale. Non me ne resi neanche conto, finché non incontrai gli occhi del giovane. Sorpresi e anche felici. Mi fissava con una tale intensità, da sentire piccole scosse elettriche nell’aria e sulla nostra pelle. Allontanai di scatto le mani, arrossendo velocemente. Odiavo quando sentivo le gote imporporarsi. Mi sentivo un’adolescente in crisi ormonale preda della sua prima cotta. Ianto sorrise divertito, ma non parlò. Non emise alcun suono, facendomi comprendere quanto fosse maturo. Aveva capito quanto fossi a disagio in quel momento, ed infierire non avrebbe migliorato la situazione. Anzi avrebbe solo peggiorato le cose. Poi il giovane tornò a fissare la porta, con ostilità. Nuovamente non ebbi il tempo di parlare, che vi si scagliò nuovamente contro. Questa volta il colpo fu talmente forte, da riuscire a sbloccare quella dannata porta. Ovviamente la spalla doleva ancora di più.
<< Ahi, ahi, ahi >>, gemette il ragazzo saltellando sul posto e massaggiandosi la zona.
<< La prossima volta impari ad atteggiarti a  macho man >>, lo apostrofai.
<< Ehi, almeno ho aperto la porta >>, si lamentò il giovane.
Lo ignorai ed entrai nel bagno, nuovamente preda di una brutta sensazione. Che andò ad avverarsi nel momento in cui i miei occhi si posarono su di una figura stesa per terra, in preda a dei piccoli spasmi muscolari. Mi precipitai vicino al corpo, costatando che fosse Nicola Ferrara. Mi inginocchiai alla sua destra, mentre Ianto prendeva posto alla sua sinistra. Ci lanciammo uno sguardo complice e preoccupato.
 << Nicola! >>, lo chiamai nel panico. << Nicola, cazzo, rispondimi >>
Il ragazzo però sembrava non sentirmi. Aveva gli occhi sbarrati, fissi e spenti. Un brivido corse lungo la mia schiena.
<< Prof >>, sussurrò terrorizzato Ianto. I suoi occhi fissavano un punto preciso dietro la mia schiena.
Mi voltai di scatto, osservando il pavimento, e notando subito l’oggetto interessato. Una siringa, con alcune gocce ancora, e sporca di sangue. Ritornai a fissare il ragazzo steso sul pavimento.
<<  Merda, è in overdose >>, esclamai spaventata.
E adesso? Che diavolo mi inventavo? Cominciai a pizzicargli le guance, sperando di ricevere una qualche reazione. Che non avvenne. Controllai il battito e se respirava ancora, e per fortuna ad entrambi i miei controlli ci fu una risposta positiva.
<< Che facciamo prof? >>, domandò agitato il giovane dagli occhi di ghiaccio.
In quel momento mi venne in mente un’unica cosa.
<< Aiutami ad alzarlo. Dobbiamo fargli vomitare anche l’anima >>, esclamai afferrando un braccio di Nicola.
Ianto non se lo fece ripetere due volte, e mi aiutò a trascinarlo in piedi. In quel momento mi resi conto di una cosa: quando un corpo era quasi morto, il suo peso aumentava a dismisura. Quel ragazzo di forse neanche sessanta chili, adesso era più pesante di un macigno. Lo trascinammo con fatica vicino al water. Stavo per staccarmi, ed infilare due dita in gola al ragazzo, quando la voce di Ianto mi trattenne.
<< Non ti azzardare a lasciarlo, capito? >>, minacciò tesissimo e anche provato per lo sforzo di tenere in piedi il giovane.
<< Come sarebbe? >>, esclamai perplessa.
<< Ti avverto che se lo lasci, questo cade. Non lo riesco a tenere >>
<< E io come faccio a farlo vomitare, se non mi stacco, me lo spieghi? >>, domandai furiosa.
<< Non ne ho la minima idea. Ficcagli un piede in gola >>, suggerì il giovane.
<< Un piede? Ma ti sei fatto anche tu? >>, affermai esagitata.
<< Prof, ma che sta combinando qui dentro? >>, domandò una terza voce.
Alla porta poi, si affacciò Roberto. Appena focalizzò la scena, il suo volto impallidì. Aprì e chiuse la bocca più volte, in preda alla confusione.
<< Robi! >>, urlò Ianto.
<< Roberto >>, mi unii all’urlo. << Muoviti, e vieni qui a darci una mano >>
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Corse al mio fianco ed afferrò il braccio del giovane. Io mi spostai in avanti, afferrandogli il viso. Notai una piccola reazione della pupilla. Sembrava stesse riprendendosi.
<< Tenetelo fermo. Io gli ficco due dita in gola >>, affermai decisa.
Presi coraggio, e infilai le mie dita giù, lungo la sua gola, spingendo sempre più in fondo. Mi sembrava quasi di toccare il suo esofago. Vidi il viso del giovane contrarsi, e lo stomaco preda di piccoli spasmi. Stava per vomitare. Neanche il tempo di formulare questo pensiero, che dalla bocca, passando tra le mie dita e scivolando lungo la mano, fuoriuscì il vomito. Vidi la sua intera colazione uscire, insieme a della sbobba gialla. Insieme al ragazzo, stavo per vomitare anche io. La puzza era stomachevole, e la sensazione al tatto era veramente disgustosa.
<< Bleah >>, esclamò schifato Roberto.
<< Prof, io ho una cotta per te, ma davvero ti prego dopo lavati le mani. È repellente >>, affermò Ianto, con il volto contratto in una smorfia orripilata.
<< Ma dai? Ed io che pensavo di mangiarci con queste dita, poi leccarle e farle assaporare anche a te >>, commentai sarcastica.
<< Grazie, stavo frenando il vomito. Ma dopo questa sua affermazione, adesso mi unisco anche io a Nicola >>, dichiarò sempre più nauseato Roberto.
<< Ti prego non ti ci mettere pure tu >>, sbuffai stancamente.
<< Prof si può sapere in che casino si è ficcata stavolta? >>, domandò Roberto.
Lo guardai, spalancando gli occhi. Com’era possibile che anche lui avesse detto la stessa cosa di Ianto? Vidi il giovane dagli occhi di ghiaccio ridacchiare sotto i baffi. In quel momento la mia ira raggiunse livelli pericolosi.
<< IO? Che diavolo centro io stavolta? Mica ce l’ho ficcata io la siringa nel braccio a questo cretino >>, urlai esasperata.
Finito di farlo vomitare, lo adagiammo nuovamente a terra. Adesso aveva ripreso un colore più normale, e gli spasmi erano finiti. Ma doveva essere soccorso da dei medici immediatamente.
<< Dobbiamo andare in ospedale. Subito >>, affermai convinta.
<< Chiamo l’ambulanza? >>, domandò Roberto.
<< No, assolutamente no. Se lo fai, questo coglione verrà espulso seduta stante. Non lo voglio sulla coscienza >>, dichiarai con fermezza.
<< E allora che facciamo? >>, chiese Ianto.
<< Ce lo portiamo noi >>
<< E come? L’ha detto lei che se questo tipo si fa vedere, viene espulso immediatamente >>, sbuffò Roberto, contrariato per quella situazione del cavolo.
<< Già. Neanche due passi, che ci ritroviamo tutti fuori ai cancelli della scuola >>, diede manforte Ianto.
<< Ma voi due sapete solo fare l’uccello del malaugurio? >> sbuffai infastidita. Poi mi venne in mente una cosa. << Roberto, chiama Paolo. Digli di raggiungerci >>
Il ragazzo mi fissò perplesso, poi fece come dissi. Tempo cinque minuti, che arrivò Paolo di corso, trafelato e visibilmente preoccupato. Guardò noi, poi il ragazzo a terra, e di nuovo noi.
<< Che diavolo avete combinato? >>, domandò perplesso.
<< Idiota >>, esclamammo contemporaneamente sia io, Ianto e Roberto.
Il nuovo arrivato ci fissò, contrariato per quell’offesa.
<< Forza dacci una mano >>, lo incoraggiai cominciando a tirare su il giovane Ferrara.
Ianto e Roberto afferrarono il ragazzo per le braccia, mentre io e Paolo per le gambe.
<< Qualcuno mi vuole spiegare che sta succedendo qui? Che ci fa Nicola svenuto? E cos’è questa puzza nauseabonda? E professoressa perché la sua mano e ricoperta di roba viscida? >>, domandò Paolo osservando la mia mano, e facendo una smorfia schifata. Poi guardò i sue due amici con fare insistente.
<< Noi non centriamo nulla >>, si discolpò Roberto.
<< Si, chiedi a lei >>, diede manforte Ianto.
Io nel frattempo li fissavo allibita. Non solo si facevano sottomettere da un ragazzino più basso e mingherlino di loro, ma davano l’intera responsabilità della faccenda a me! Che razza di traditori.
<< Professoressa, in che guaio si è cacciata stavolta? >>, domandò esasperato Paolo.
Li non ci vidi più. Diventai rossa per la rabbia. Possibile che non ispiravo fiducia? Che ero una che dava l’impressione di andarsi a cacciare costantemente nei guai? Una piccola vocina nella mia testa mi suggerii la risposta a queste domande, ma la zittii, consapevole che non fossero rispose a me gradite.
<< Ma dico siete impazziti? Finitela tutti e tre di fare le comare e accusarmi di cacciarmi nei guai. Io non me li vado a cercare, sono i guai che vengono da me >>, urlai esasperata e in preda alla collera.
Mollai malamente la gamba che avevo in mano tra le braccia di Paolo, e mi avviai verso la porta.
<< Prof dove cavolo vai? >>, mi gridò dietro Ianto.
<< A prendere la macchina, imbecille. Qualcuno deve portare questo emerito coglione in ospedale, e l’unica munita di mezzo di trasporto sono io. Quindi spetta a me. Voi seguitemi >>, spiegai infastidita.
Ci dirigemmo silenziosi e guardinghi verso il cortile. In mente pregavo tutti i Santi per far si che non ci beccassero. Per una volta la fortuna mi ascoltò. Non c’era anima viva in quel posto. Ogni alunno o professore era impegnato in un’attività pomeridiana, lasciando a noi il campo libero. Entrai in fretta in macchina, abbassai il finestrino e guardai i tre ragazzi, che nel frattempo avevano sistemato nei sedili posteriori, Nicola.
<< Io vado in ospedale. Appena so qualcosa, vi informo. Tu Roberto finisci la lezione al posto mio, e inventati una palla per giustificare la mia assenza >>, esclamai ancora imbestialita. Stavo per mettere in moto e partire, quando mi bloccai. Mi voltai, e squadrai i tre ancora fermi a fissarmi. << Ovviamente mi aspetto che manteniate il silenzio su questa faccenda. E soprattutto, mantenete nascosta l’assenza di Ferrara, mi sono spiegata? >>, li minacciai. Poi misi il piede sull’acceleratore, e partii senza neanche aspettare una loro risposta.
I tre giovani fissarono la macchina andare via, poi Paolo, ripresosi dallo shock iniziale, cominciò ad agitarsi.
<< O cazzo >>, sussurrò.
<< Cosa? >>, chiese preoccupato Roberto. Quando si trattava del fidanzato, era sempre sull’attenti.
<< Quello era Nicola Ferrara >>, mormorò nuovamente Paolo.
<< Bella scoperta, Pa. Non ce n’eravamo accorti >>, sbuffò Ianto.
<< No, forse tu non capisci >>, negò con la testa vistosamente. Poi puntò un dito contro un punto in lontananza, proprio dove era scomparsa la macchina. << Quello è Nicola Ferrara. Quel Nicola Ferrara >>, urlò agitato.
<< O merda >>, sussurrò Roberto come risvegliatosi da un momentaneo blackout mentale.
<< Vi dispiacerebbe spiegare anche a me, il motivo di tutta questa ansia >>, esclamò esasperato Ianto.
<< Quel tipo, è il rappresentante degli studenti >>, spiegò Roberto.
<< E quindi? >>, chiese confuso Ianto.
<< E quindi si dia il caso che lui i pomeriggi li passi qui con il preside o col vice preside, per cercare di sistemare i casini di questa scuola >>, continuò nella delucidazione Paolo.
A quel punto anche il giovane dagli occhi di ghiaccio capì. Come avrebbero nascosto l’assenza di un personaggio di questo rilievo?
<< O porca puttana >>, esclamò Ianto. A quell’affermazione, Roberto gli lanciò un’occhiataccia contro. Occhiata che non sfuggì all’amico. << Senza offesa, Robi >>, sorrise fintamente innocente il giovane.
<< E ora come lo teniamo nascosto uno dei personaggi più famosi di questo istituto? >>, domandò sconsolato Paolo.
I tre non risposero. Si guardarono negli occhi. Qui ci voleva un piano.
 
<< Allora siete pronti ad attivare il piano “Bomba scaccia pensieri”? >>, domandò eccitato Ianto.
<< Bomba scaccia pensieri? Ma che razza di nome è? >>, chiese perplesso Roberto.
<< Ragazzi, non mi piace questa cosa. Non mi piace proprio per niente >>, esclamò in preda all’ansia Paolo.
<< Tranquillo amore, ci sono qui io a proteggerti >>, sussurrò dolcemente Roberto nell’orecchio del fidanzato.
Questi prontamente arrossì. Sentire sulla pelle quel respiro, e sentirsi chiamare amore per Paolo era sempre destabilizzante. Ancora non aveva metabolizzato di essere diventato il ragazzo di Roberto. L’amore  e la felicità di saperlo ricambiare nei sentimenti, aveva offuscato tutto il resto.
<< Santi numi, mi farete venire il diabete >>, sbuffò spazientito Ianto.
Fintamente spazientito. Perché non c’era nessun essere umano al mondo più felice di lui, nel sapere i suoi due migliori amici felici ed insieme.
<< Allora, Ianto. Ripetimi il piano >>, disse Roberto.
<< Dunque, le lezioni pomeridiane sono quasi giunte al termine >>, cominciò a spiegare il giovane dagli occhi di ghiaccio con fare cospiratorio. << Quando suonerà la campana, Nicola dovrà in teoria raggiungere il preside. Ma è qui che entra in ballo il nostro piano. Noi attiveremo questa bomba, cosicché il preside sia costretto a venire qui e risolvere il problema. I miei calcoli prevedono che, per risolvere la situazione,  ci impiegherà dalle due ore e mezza alle tre ore >>
<< Calcoli basati su quale ragionamento logico, genio? >>, domandò agitato Paolo.
<< Ho controllato per bene gli effetti della bomba. Credetemi, ci vuole tutto questo tempo, per sistemare la faccenda >>, affermò convinto Ianto.
<< Ok, e poi? Quando la storia sarà finita? Che facciamo? >>, domandò Roberto.
<< Niente più. Alla fine si sarà fatto troppo tardi, e il preside non vorrà di certo più vedere Nicola >>, confermò tranquillo il giovane dagli occhi di ghiaccio. Poi sul suo viso apparve un sorriso divertito e colpevole.
<< Cosa? >>, chiese sempre più agitato Paolo. Conosceva quel sorriso. E prevedeva solo guai.
<< Ecco, ho elaborato anche un piano B. E non ti piacerà >>, affermò indeciso Ianto.
<< Sia chiaro, io non rubo e non faccio nulla di illegale >>, esclamò deciso Paolo.
<< Tecnicamente, amore, tu stai per fare già qualcosa di illegale >>, puntualizzò Roberto.
<< Zitto tu >>, lo apostrofò Paolo.
<< Uff. Comunque Ianto, che prevede questo piano B >>, lo esortò il giovane dagli occhi verdi.
<< Ehm ecco… >>, ed indicò una sacca ai suoi piedi.
Dieci minuti dopo, un Paolo sempre più arrabbiato ed agitato si voltò completamente vestito.
<< Dannazione Ianto, ti odio >>, esclamò guardando con pura rabbia l’amico.
<< Ma no dai perché…stai…stai bene >>, cercò di contenersi dal ridere Ianto.
<< Si amore…questo è un look che…ti si addice molto >>, gli diede man forte Roberto.
<< Vi odio. Vi odio, vi odio dal profondo del cuore. Perché devo farmi coinvolgere sempre nei vostri assurdi piani^ >>, esclamò esasperato Paolo.
<< Dai, amico. Vedrai che andrà bene. Forza mettiamoci a preparare la boma >>, affermò Ianto, per poi voltarsi sul bancone da laboratorio intento a preparare la bomba.
Il piano A, prevedeva questa bomba a gas, creata con sostanze in laboratorio. C’avrebbe impiegato poco per reagire, e nel momento in cui questa reazione fosse avvenuta, ci sarebbe stata una grossa fuoriuscita di fumo pestilenziale, talmente potente da fare evacuare l’intero piano.
Il piano B consisteva nel far travestire Paolo da Nicola. Appena la professoressa era sparita con il ragazzo a bordo, Ianto aveva elaborato questo piano. Perciò, dopo aver dato appuntamento agli amici nel laboratorio, era corso in camera sua, ed aveva recuperato i suoi vestiti per le serate emo  a cui ogni tanto si concedeva. Aveva preso il colorante per capelli nero, ed era corso nel laboratorio. Di corporatura, Paolo e Nicola si somigliavano, sebbene il primo fosse un po’ più alto e un po’ più robusto. Perciò se qualcosa fosse andato storto, Paolo avrebbe finto di essere Nicola, e avrebbero cercato di risolvere il problema.
Passarono vari minuti, in cui nessuno fiatò. Poi finalmente la bomba fu pronta. Mancavano cinque minuti alle sei, dopodiché sarebbe suonata la campanella, annunciando la fine delle lezioni pomeridiane. La bomba aveva già cominciato a reagire. I tre si allontanarono cautamente dal bancone, terrorizzati che qualcosa potesse essere andato storto. La puzza cominciò a farsi sentire.
<< Cristo, che schifo >>, esclamò disgustato Ianto.
<< Mamma mia è repellente >>, affermò Roberto tappandosi il naso.
<< Io odio questo piano >>, sbuffò Paolo, nauseato dalla puzza.
Poi la bomba esplose. Un potente fiotto di fumo cominciò ad uscire, invadendo la stanza in pochi minuti. I tre ragazzi entrarono nel pallone, e scapparono velocemente dalla porta.
<< Via! >>, urlò Ianto.
<< Di corsa! >>, urlò Paolo.
<< Gambe in spalla! >>, urlò Roberto.
Un gran numero di persone era uscito sul piano, per cercare di capire cosa fosse quel caos. Videro una strana nebbiolina invadere il pavimento, ed una puzza sempre più nauseante farsi forte. Le persone cominciarono a scappare, troppo disgustate, o spaventate per quello che stava accadendo. I tre ragazzi, nel frattempo si erano fermati ad assistere alla scena. Come previsto, pochi minuti dopo, giunse il preside, preoccupato per la situazione. I tre sorrisero e si voltarono, consci che il piano fosse andato a buon fine.
<< Ferrara >>, esclamò un uomo alle loro spalle, facendoli gelare sul posto.
Ianto e Roberto si fissarono un  momento, poi si voltarono lentamente, per osservare il preside che in lontananza aveva chiamato quello che credeva fosse Nicola. Poalo, invece era come paralizzato.
<< Ferrara, sai dirmi che sta succedendo? >>, chiese agitato l’uomo.
Paolo, ripresosi dallo shock iniziale, negò con la testa, senza emettere alcun suono.
<< Dannazione! >>, sbottò il preside infastidito. << Va bene, puoi andare, la riunione di oggi salta. Se vieni a conoscenza dei fatti, e risolvi il quesito su cosa sia successo qui, gradirei che tu me lo facessi sapere subito. Intesi? >>
Paolo annuì silenziosamente. Poi i tre si allontanarono furtivamente, sperando davvero di non essere più in pericolo. Quando arrivarono nella stanza del dormitorio di Ianto e Paolo, si lasciarono andare. Tre risate fragorose ruppero il silenzio della camera. I ragazzi non riuscivano più a trattenersi. Ianto era arrivato a rotolarsi tra le coperte del suo letto. Paolo invece si era appoggiato a Roberto, il quale lo stringeva convulsamente, in preda ad un attacco potente di ridarella.
<< Ah ragazzi è stato davvero forte >>, commentò Ianto.
<< Già. Non credevo che il lato oscuro, fosse così piacevole >>, confermò Paolo.
<< Uhm, il mio piccolo diavoletto >>, sussurrò eccitato Roberto nell’orecchio del fidanzato.
Questi gli sorrise, voltò il viso verso il giovane, e gli depositò un casto bacio a fior di labbra, come dimostrazione di tutto il suo amore. Poi i due si fissarono innamorati negli occhi. Passarono pochi secondi, ed infine tornarono entrambi contemporaneamente a fissare l’amico, ancora stravaccato sul letto. Ianto dal canto suo aveva assistito felice come mai lo ero stato a quella scena. Gli piaceva vedere i due amici così uniti, intenti a scambiarsi effusioni. A differenza della maggior parte della gente, a lui non dispiaceva o disgustava vedere due ragazzi dello stesso sesso amarsi.
<< Ragazzi siamo stati grandi >>, affermò ancora divertito.
Paolo e Roberto si lanciarono uno sguardo complice, poi si lanciarono sul letto dell’amico, con l’intenzione di ingaggiare una guerra tra di loro. Altre risate di gioia riempirono la stanza. Quel momento era perfetto
 
<< Posso entrare per vederlo? >>, domandai ad un’infermiera.
<< Beh, lui ha chiesto della persona che lo ha portato qui. Ma non so se posso >>, rispose titubante la donna.
<< La prego >>, la supplicai con gli occhi lucidi.
Non ce la facevo più. Erano tre ore che stavo chiusa in quel dannato ospedale. Appena arrivata, i medici avevano subito portato Nicola a fare delle analisi. Dopo non so quanti e quali trattamenti, dopo tre ore finalmente era fuori pericolo. In più era sveglio e chiedeva continuamente della persona che lo aveva portato lì. Alla fine l’infermiera, commossa dai miei occhi lucidi, mi accompagnò alla porta del ragazzo. Attraversato tutto il corridoio, finalmente giunsi alla camera di Nicola. Bussai lentamente.
<< Prego >>, disse una voce flebile e stanca.
Entrai, e notai subito il letto in cui era disteso il ragazzo, e quello al suo fianco vuoto. Odiavo gli ospedali, specie nel ricordare in quale occasione c’ero stata l’ultima volta. La morte di mio marito. Scacciai via quel pensiero, e non badai molto alla stanza. Sapevo che era la tipica stanza da ospedale, uguale a tutte le altre. E proprio per questo volevo farci il meno caso possibile. Volevo evitare che nuovi ricordi spiacevoli riaffiorassero alla memoria. Molte volte, per sopravvivere, era meglio non ricordare. E questo era uno di quei casi. Mi avvicinai ai piedi del letto. Quando fui abbastanza vicina da essere scrutata per bene in viso, notai che il giovane disteso impallidì se possibile ancora di più. I suoi occhi erano terrorizzati. Non si aspettava la mia presenza lì.
<< Professoressa >>, sussurrò in preda al panico.
Lo guardai per un secondo silenziosa. Lo scurati dall’alto verso il basso, notando la flebo al suo braccio sinistro. Mi domandai come poteva una persona cadere così in basso. Poi sospirai.
<< Ciao Nicola >>




Buonasera gente...eccoci giunti al tredicesimo capitolo di "Eppure mi hai cambiato la vita"...qui verrà presentato un nuovo caso umano...a quanto pare per Lisa non c'è mai un attimo di pace...dopo aver affrontato la morte dei genitori di ianto, il tentato suicidio di paolo, e tutti i casini di roberto (e di casini ce ne sono stati tanti U.U), eccoci piombare nel mondo della droga...tengo a precisare che queste cose sono state tutte partorite dalla mia fantasia, perciò non avendo mai affrontato problemi simili, non so bene se li sto trattando nel modo giusto...perciò se qualcuno che magari ha affrontati simili situazioni, dovesse infastidirsi nel leggere queste cose, chiedo subito scusa...non era mia intenzione turbare nessuno...
passiamo ai ringraziamenti...
come sempre ringrazio chi legge la mia storia e chi l'ha messa nelle preferite e seguite...
un ringraziamente speciale va come sempre a: Deilantha, _rain_, Allegra_, Loreena McKenzie e SpinellaTappo98...grazie a voi e alle vostre recensioni che mi danno la forza e la voglia di continuare a scrivere questa storia...
beh che altri dire...recensite e fatemi sapere che ne pensate del nuovo capitolo XD
ci vediamo martedi prossimo con un  nuovo aggiornamento 
un bacio
Moon9292


"Pronto?", rispose una voce divertita.
"Ianto? Hai da fare stasera?"
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Moon9292