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Autore: Niniane_88    21/11/2012    3 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo VII


Jeannette non era sicura che quella di sua madre fosse stata una buona idea: comprendeva il desiderio della contessa di riaprire la casa agli amici, dopo il lungo periodo di silenzio e solitudine, ma dare addirittura un ricevimento in grande stile le sembrava eccessivo. Per giunta, il ricevimento sarebbe consistito in un ballo in maschera il cui tema erano… i pennuti! A Jeannette veniva da ridere al pensiero degli invitati che si affannavano a spendere un mucchio di soldi in cappelli piumati e cose simili, nel tentativo di somigliare a qualche rara specie di uccelli. Quanto a lei, era la prima a voler fare le cose in grande, non intendeva farsi riconoscere da nessuno: ecco, l’unica cosa positiva di quel ballo era proprio questa, che avrebbe potuto nascondersi dagli sguardi altrui, grazie a un costume. 
Non sapeva di preciso quante persone avesse invitato sua madre: la contessa aveva insistito nel dirle che il ballo doveva essere una bella sorpresa per lei e che senza dubbio, quando alla fine della serata tutti si fossero tolti la maschera, sarebbe stata molto felice di rivedere i suoi vecchi amici. Poteva anche essere vero, pensava Jeannette, ma non era sicura che lei e sua madre considerassero “vecchi amici” le stesse persone.
La contessa aveva spedito gli inviti per il ballo ben due settimane prima, in modo da assicurarsi l’adesione di tutti gli ospiti: la risposta era stata entusiastica e in casa de Meunier erano ben presto iniziati i preparativi. Dato che per tanto tempo non vi era entrato nessuno, ad eccezione dei proprietari, dei domestici e del dottor Gaillard, c’era bisogno di ripulirla a fondo, di lucidare i pavimenti, le porte, tutti i mobili, l’argenteria…
Jeannette trovava divertente l’andirivieni dei domestici e si sarebbe perfino unita a loro se non fosse stata una cosa disdicevole per una signorina del suo rango: anche se l’idea del ballo non la convinceva, doveva ammettere che tutta quell’operosità rendeva allegri e dava l’impressione che nella grande e lussuosa casa ci fosse di nuovo tanta vita, come un tmepo.
La sera del 15 novembre impiegò molto tempo a vestirsi e a pettinarsi: aveva fatto venire in casa la sua parrucchiera, apposta per il ballo e osservava attentamente nello specchio il lavoro di madmoiselle Fanny, intenta a raccogliere i suoi capelli e a imprigionarli in una reticella. Jeannette si sarebbe vestita da cigno, ossia con un lungo abito bianco molto lineare, ma con maniche molto ampie, simili ad ali e delle piume candide sulla schiena, a mo’ di coda. La maschera che avrebbe indossato portava sulla sommità la testa di un cigno: era piuttosto pesante e Jeannette si disse che forse ogni tanto avrebbe fatto meglio a lasciare la festa per togliersela e riposare.
Fece il suo ingresso in ritardo, quando già erano presenti parecchi invitati e per non farsi riconoscere subito come un membro della famiglia, finse di entrare da uno degli ingressi laterali (dopo aver fatto il giro della casa uscendo da una delle porte di servizio).
Riconobbe subito suo padre, che per l’occasione si era vestito da gufo e sembrava dotato di due occhi enormi, grazie alla forma della maschera. Sua madre era a poca distanza da lui ed esibiva un inquietante abito rosa, che nelle sue intenzioni doveva essere da fenicottero, ma che secondo Jeannette la faceva somigliare piuttosto a una torta glassata.
La fanciulla soffocò una risatina e si mescolò agli ospiti, che già ridevano e ballavano. Riconobbe travestimenti di vario tipo: alcuni avevano scelto di somigliare a uccelli molto comuni, altri invece esibivano costumi variopinti che ricordavano, a dire il vero, i pesci tropicali, più che dei pennuti...
La sua attenzione fu attirata da una ragazza molto minuta, con un abito vaporoso ed elegante, ma di un colore triste, tra il grigio e il marrone, e con una coda piccina, fatta di poche piume. Jeannette intuì che quello che la fanciulla indossava era un costume da passerotto e senza sapere bene il perché, fu quasi certa che si trattasse di Jacqueline. Sarebbe stato tipico della sua amica scegliere un animale piccolo, modesto,  schivo e timido. Chissà se era proprio lei… e quella al suo fianco, vestita da pettirosso poteva essere Elenoire?
Continuò ad aggirarsi per la grande sala da ballo, rifiutando cortesemente e in silenzio gli inviti di diversi cavalieri. Voleva cercare di riconoscere almeno qualcuno.
D’un tratto le venne in mente Julien: sua madre l’aveva invitato? Sarebbe stato doveroso, si disse la giovane, dopo tutto quello che lui aveva fatto per curarla e starle vicino.
Era probabile che fosse presente: chissà da che uccello avrebbe potuto travestirsi? Jeannette scrutò attentamente i volti degli uomini presenti, sperando di riconoscere in uno di loro quello che per lei era ormai diventato un caro amico, ma non lo vide. Forse però non era ancora arrivato, dopotutto.
La festa si animò sempre più: Jeannette si decise a ballare con alcuni invitati e fu piacevolmente stupita quando scoprì di non aver perso la sua agilità e di essere ancora una ballerina eccellente. Aveva sempre amato la danza, in effetti: ora capiva perché sua madre aveva deciso di dare proprio un ballo, l’aveva fatto per lei, per farla divertire e ricordarle una delle cose che più le piacevano fare in passato, prima che… ma a quello Jeannette non voleva pensare.
A poco a poco una gioia infantile si fece strada in lei e la contessina rise e danzò senza posa, suscitando l’ammirazione dei presenti che si chiedevano, sempre più incuriositi se potesse essere proprio lei la contessina Jeannette de Meunier, che si diceva essere malata, traumatizzata, addirittura pazza.
Dovevano essere circa le undici, quando Jeannette fu invitata a ballare da un cavaliere che indossava un vistoso e variopinto costume da pavone. Jeannette lo trovò molto bello, benché di lui riuscisse a scorgere ben poco, a causa di tutte quelle piume e mentre danzava con lui non poté evitare di guardarlo con curiosità per tutto il tempo. 
Chi era? Jeannette era convinta di aver riconosciuto alcune persone, ma quel bellissimo giovane non le diceva nulla.
Dopo il ballo si separarono e il suo cavaliere non le disse nulla, si limitò a un rispettoso inchino e si allontanò.
Mentre lo seguiva con lo sguardo, tuttavia, Jeannette vide la ragazza travestita da passerotto portarsi una mano alla bocca e scappare via dalla sala, seguita a ruota dalla sua amica pettirosso. Un po’ allarmata, Jeannette si affrettò a seguirle, mentre un sospetto prendeva forma nella sua mente.
Le due ragazze si erano rifugiate in un salottino attiguo e il passerotto piangeva a dirotto, mentre il pettirosso tentava di consolarla.
- Che cosa succede, signorine? – chiese Jeannette, rivolta alle sue ospiti – Posso aiutarvi?
Il passerotto alzò su di lei i suoi occhini lacrimosi e allora tutti i sospetti della contessina trovarono conferma.
- Jacqueline, mia cara! – esclamò, correndo ad abbracciare la sua vecchia amica – Sono io, sono Jeannette!
Il passerotto ricambiò subito l’abbraccio:
- Jeannette, sei davvero tu? Che bello rivederti! Speravo proprio di incontrarti! Come stai?
- Meglio, tesoro, molto meglio. – rispose Jeannette commossa, dandosi da fare ad asciugare il pianto del passerotto con il suo fazzoletto – Non ho dimenticato, naturalmente, ma cerco di andare avanti. Tu non provare a nasconderti, - scherzò, rivolta invece al pettirosso – Lo so che sei Elenoire!
La sorellina di Jacqueline rise:
- Ciao Jeannette! Grazie dell’invito, a proposito.
- Oh, il ballo l’ha organizzato mia madre, io non ho fatto nulla! Sono felicissima che vi abbia invitato, mi sarebbe sembrato strano il contrario. E adesso dimmi, Jacqueline: perché piangi?
Jacqueline abbassò il capo: - Oh… è… perché… - cominciò.
- Perché ha visto Claude Renard! – spiegò Elenoire, che aggiunse, indignata – Perché è stato invitato? Tua madre non sa che ha ingannato mia sorella?
- Quello era Claude?! – proruppe Jeannette, turbata – Non capisco… davvero non capisco! Sì, mia madre sa tutto e anch’io… mi è dispiaciuto così tanto per te, Jacqueline… e pensare che vi siete conosciuti proprio grazie a me! Se avessi immaginato che tipo di uomo era, non avrei mai favorito la vostra relazione. Ero convinta che fosse onesto e che ti amasse davvero. Perdonami, Jacqueline, mi sento in colpa.
Il passerotto sorrise mestamente: - Non preoccuparti, cara, non è stata colpa tua. Avrei dovuto essere più cauta. Oh, mi sento ridicola! Appena lo vedo scoppio a piangere come una fontana! Che vergogna, e io che vorrei essere forte…
- Adesso non pensare a questo. – l’interruppe Jeannette, seria – Prima di tutto dobbiamo scoprire perché quello scaltro si trova qui. Aspettatemi, vado a parlare con mia madre.
Jeannette lasciò le due duchessine nel salottino e si diresse a passi rapidi verso sua madre. Nell’attraversare di nuovo la sala rivide il giovanotto vestito da pavone e si diede automaticamente della stupida: come aveva fatto a non riconoscerlo? Quella figura snella era inconfondibile!
La contessa sua madre sorseggiava dello champagne accanto a una finestra, insieme a un’altra signora.
- Mamma, - disse Jeannette a mezza voce, quando le fu accanto – Devo parlarti.
- Perché hai invitato Claude Renard? – chiese poi a bruciapelo, non appena l’amica della contessa non fu più a portata d’orecchi.
Danielle de Meunier parve sinceramente stupita.
- Claude Renard? Ma cara, ti sbagli, io non l’ho invitato! Come avrei potuto? Vedi, non dovrei dirtelo, ma sono presenti le duchessine de Chalange! Pensa che avevo invitato anche il cugino, il duca Jean Michael, ma non è potuto venire. Figurati se uno di loro l’avesse visto e riconosciuto… si sarebbe scatenato il putiferio! Devi esserti sbagliata, cara.
Jeannette guardò negli occhi sua madre e decise che era sincera.
- Probabilmente hai ragione, mamma. Scusami tanto.
- Ti assicuro che Claude Renard non ha ricevuto alcun invito da parte mia e poiché tutti gli ospiti sono stati tenuti ad esibire il loro, prima di entrare, non vi è alcun dubbio sul fatto che questo giovanotto non può trovarsi qui.
Jeannette sorrise, conciliante.
- D’accordo, mamma, hai ragione. A più tardi.


 
Claude non sentì nemmeno Jeannette arrivare alle sue spalle, avvertì solo una mano che stringeva con forza il suo braccio, poi la voce sibilante della contessina:
- Che cosa ci fate voi qui? Vi ho riconosciuto, sapete? Avanti, chi vi ha invitato, ditemelo!
Oh, accidenti! Non era possibile, ancora una volta i suoi piani erano stati disfatti. Claude si voltò verso Jeannette e la guardò negli occhi: sembrava davvero infuriata. Non gli restava che sfoderare la sua arma migliore: il suo fascino...
- Mi dispiace, contessina, la verità è che desideravo tanto rivedervi. – confessò, modulando la voce.
- E così avete pensato di intrufolarvi in casa mia? A chi avete sottratto l’invito?
- A nessuno, lo giuro! Ne ho semplicemente fatto fare una copia da un amico, uno dei vostri ospiti, al quale avevo confidato i miei desideri.
Jeannette lo guardò scettica.
- Balliamo, – disse, avanzando verso il centro del salone – non voglio che nessuno si accorga di nulla.
Claude si disse che la cosa migliore in quel momento era stare al gioco.
- Come avete fatto a riconoscermi? – non poté fare a meno di chiederle, mentre volteggiavano insieme.
- Non vi ho riconosciuto io, - sussurrò Jeannette – è stato qualcun altro, qualcuno a cui avete recato molto dolore.
- Volete dire…?
- Sì, voglio dire Jacqueline! Lei e sua sorella sono qui.
- E da cosa sono vestite? – chiese Claude agitato, guardandosi intorno.
- Non ve lo dirò! – sibilò la contessina – Se decideranno di parlarvi, ve la vedrete da solo con loro.
- Oh, Jeannette, non siate crudele! Se sapeste quanto sono pentito di aver fatto soffrire Jacqueline... 
- Non fatemi ridere! Io vi conosco meglio di quanto pensiate, Claude. Peccato che non mi fossi resa conto prima di quanto siete subdolo e opportunista.
Continuarono a ballare e Jeannette non perse d’occhio la porta del salottino nel quale dovevano essere ancora rintanate le sue amiche.
- Potete dirmi almeno chi è l’amico che vi ha procurato la copia dell’invito?
Il giovane sorrise: - Meglio di no. Mi ha pregato di non metterlo in mezzo se ci fossero state complicazioni. Mia cara, credetemi se vi dico che ho deciso di cambiare vita. Ho detto addio alla mia amante, dopo il dolore che la sua presenza ha causato a Jacqueline e anche a me stesso, di conseguenza. 
- E intendete riconquistare Jacqueline? – chiese Jeannette, incuriosita suo malgrado.
Claude esitò: - Non credo di potervi riuscire. E in ogni caso, temo che quell’uccellino sia definitivamente volato via dal mio cuore… diciamo così, tanto per restare in tema. – e strizzò l’occhio alla sua dama.
- Adesso il mio cuore batte per un bellissimo cigno bianco. – continuò romanticamente, accostando il volto a quello della contessina de Meunier.
- Non vi conviene, signor Pavone, i cigni possono essere molto cattivi, sapete? – rispose lei, ironica.
- Lo so, ma sono pronto a rischiare. Mi ero ripromesso di non avere fretta, ma non posso fare a meno di dirvi che da quando vi ho vista in chiesa non faccio che pensare a voi.
Jeannette non seppe che cosa dire. Era passato tanto tempo dall’ultima volta che qualcuno aveva osato corteggiarla. Era successo spesso, in passato, anche quando era fidanzata con Maximillen: all’epoca sapeva sempre come mettere al loro posto i suoi ammiratori, con qualche risposta salace, ma adesso… era confusa. Non voleva credere che Claude dicesse la verità, probabilmente aveva detto a Jacqueline le stesse parole. Eppure la parte più femminile di lei, quella che voleva ancora sentirsi ammirata e amata, si ribellava.
- Dirò a mio padre che siete venuto qui con l’inganno. – svicolò.
- D’accordo, vi comprendo. – sospirò Claude – Credo che me ne andrò subito.
- Ve ne andate? – chiese lei, confusa. E adesso che cosa stava tramando quel serpente a sonagli?
- Sì, credo sia meglio. – Claude la lasciò andare, con delicatezza – Non voglio incorrere nell’ira di vostro padre. Addio, Jeannette, vi sognerò questa notte, e anche la prossima, e quella dopo…
- Sì sì, va bene. – tagliò corto lei – Ma ricordate: i cigni sono cattivi!
- Lo terrò a mente. – disse Claude e con un ultimo sorriso pieno di fascino si allontanò a rapidi passi, seguito dagli sguardi curiosi di tutte le invitate.
Stava andando bene, dopotutto: Jeannette era confusa, lui l’aveva capito e questo era un bene. Non si sarebbe liberata tanto presto di lui.


 
- Se n’è andato. – annunciò Jeannette, entrando nel salottino.
- L’hai mandato via? – chiese Elenoire esultante.
- Non proprio, se n’è andato da solo. Comunque non è stata mia madre a invitarlo, si è intrufolato qui, come immaginavo. Qualcuno gli ha fatto una copia dell’invito, dice… ma chi può essere stato?
- Non saprei… - disse Jacqueline – Ma di cosa avete parlato?
Jeannette rise di gusto, ricordando la scena appena vissuta: - Mi ha fatto un’appassionata dichiarazione d’amore! – sospirò.
Poi, vedendo che Jacqueline sbiancava, spiegò: - Ma no, tesoro! Non c’era mezza parola di vero in quello che ha detto, ne sono certa! Non hai ancora capito qual è il suo modo di agire? E’ un cacciatore di dote, né più, né meno. Con te gli è andata male e adesso ci sta provando con me, ma non ci riuscirà.
- Jacqueline, devi smetterla di cercare di vedere qualcosa di buono in quell’uomo! – sbottò Elenoire – Te l’ho detto mille volte, devi dimenticarlo e basta!
- Sono assolutamente d’accordo. – aggiunse Jeannette – Non merita le tue attenzioni. Coraggio, mie care, torniamo a ballare o si chiederanno che fine abbiamo fatto. Venite, tra poco sarà l'ora di togliersi la maschera!
E così le tre signorine tornarono alla festa e ballarono ancora, in attesa della mezzanotte.
Jeannette si trovò ben presto tra le braccia di un ballerino eccellente, vestito di bianco come lei: il suo, sembrava un costume da pellicano, anche se Jeannette non ne era certa. Incuriosita, lo guardò negli occhi e allora riconobbe in lui Julien. Stava già per salutarlo e dirgli chi era, quando, improvvisa, le venne l'idea di tacere: voleva fargli una sorpresa.
Ballarono insieme fino a mezzanotte, poi quando si fece silenzio e tra applausi e grida tutti gli ospiti si tolsero la maschera, si liberò della sua testa di cigno con un gran sorriso.
- Buonasera, Julien! – gli disse allegramente.
Il suo cavaliere ricambiò il sorriso con evidente gioia:
- Buonasera Jeannette. Sono felice di vedervi.
- Anch'io! Ero certa che foste tra gli invitati.
Jeannette prese per mano l'amico e lo condusse nello stesso salottino dove prima era stata inseme alle duchesisne de Chalange. Gli raccontò l'accaduto e i suoi sospetti su monsieur Renard.
- Non so se dire tutto a mio padre. - confessò quindi - Pensate che debba farlo?
Julien rimase pensieroso per un istante, poi disse: - Non credo. Aspettiamo e vediamo cos'altro si inventa questo giovanotto per rivedervi. Prima o poi dovrà affrontare anche la presenza dei vostri genitori e loro si accorgeranno sicuramente di che pasta e fatto, se non l'hanno già capito da tempo, e lo rimetteranno al suo posto.
- Forse avete ragione voi. - convenne Jeannette - E poi ormai se n'è andato.
In quel momento bussarono alla porta: erano Jacqueline ed Elenoire.
- Siamo venute a salutarti, Jeannette, andiamo a casa. - disse Jacqueline - Grazie della festa e... di tutto... Ah, buonasera dottor Gaillard, non vi avevo visto.
- Buonasera, signorine.
- A presto, Jacqueline, Elenoire! - esclamò Jeannette andando loro incontro e baciandole entrambe sulle guance - E non pensate più a quello che è successo. Prima o poi il nostro caro pavone pagherà per quello che ha fatto.
Jacqueline annuì con scarsa convinzione, ma Elenoire rise. Si salutarono con affetto e Jeannette rimase di nuovo sola con Julien.
- Torniamo a ballare. - gli disse - la festa non è ancora finita!








Buonasera a tutti!!! Eccomi tornata con un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto! Ormai siamo nel pieno della narrazione: vi anticipo già che questa storia non sarà lunga, dovrebbe durare dieci o dodici capitoli al massimo. Come sempre ringrazio chi la sta leggendo e anche chi fosse capitato qui per caso e avesse trovato il capitolo appena pubblicato!
A presto e buona serata a tutti!
Niniane

 
   
 
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