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Autore: Volleydork    21/11/2012    6 recensioni
Avevo sempre cercato di avere tre certezze nella vita, tutte irrimediabilmente distrutte.
La prima era che le fette di pane imburrato cadono, sui vestiti, dalla parte del burro. Abigail mi aveva dimostrato il contrario. Forse aveva a che fare con l'essere figlia della dea dell'amore.
La seconda era che nessuno dormiva con tanto gusto con quanto lo facevano i gatti. Tristan si era dato da fare a disilludermi anche su questo, addormentandosi sotto i miei occhi durante una lezione di traduzione.
La terza era che non c'erano altri campi per semidei oltre al mio. Ma, stando alle parole di Elliott, mio padre e compagnia non erano gli unici a essersi impegnati sotto questo aspetto.
Perché, va bene tutto, va bene che arriva la fine del mondo e tutto il resto, ma preferirei che non dovessimo chiedere aiuto a quei fricchettoni degli dei greci...
Ah, scusate! Non mi sono presentata: io sono Selina Potter, figlia di Odino.
***
E io non ho ancora finito di ammorbarvi con le mie long su Percy Jackson.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di brutti risvegli e spiacevoli notizie (ovvero, arriva la fine del mondo)

 

 

Il giorno in cui incomincia la storia è il nove giugno, sabato, ore otto e cinquantatré. Il sole filtrava dalle tende della Capanna 1, quella di Odino. Io ero la sua unica occupante. Non so perché mio padre non avesse più di un figlio, ma Odino è un dio abbastanza particolare. Basti dire che gli piace girare il mondo nei panni di un vecchietto. Mi rigirai nel letto beatamente, assaporando la tranquillità della casa vuota.
Poi entrò Luna.
Avete mai provato ad essere svegliate dalla figlia del dio della guerra? Non è una bella esperienza, ve lo garantisco. Luna Cox, figlia di Tyr, cominciò a saltare sul mio letto, provocandomi una certa quantità di contusioni.
“Sel! Svegliati!”
Gettai uno sguardo alla sveglia e mi rintanai sotto il lenzuolo.
“Luna, non sono nemmeno le nove!”, mi lamentai.
“E allora? Il campo estivo è cominciato!”
Mugugnai qualcosa sulle stupide figlie di Tyr e le tirai un cuscino, che lei schivò con facilità. Dopodiché sradicò le coperte in fondo al letto e diede uno strattone, lasciandomi scoperta. Protestai debolmente, ma alla fine mi alzai.
“Dai, alzati! Con me è arrivato anche Adam, se fai in fretta lo vedi senza quel koala di Abby attaccata”.
Aveva detto la parolina magica. Schizzai in piedi, afferrai i vestiti e, dopo essermi chiusa in bagno e vestita, corsi fuori dalla casa. Ed eccolo lì, all'entrata del campo: Adam Harris.
“Ciao, Adam!”, gridai sventolando un braccio nella sua direzione.
Lui mi sorrise in risposta. Cribbio, perché era così bello? Alto, atletico, capelli rossi e occhi verdi. C'era solo una pecca in lui: era fidanzato. Con una delle mie migliori amiche.
“Adam!”, gridò una ragazza alle mie spalle.
Questa mi superò e gli volò tra le braccia, stampandogli un bacio sulle labbra. Abigail Lamper, figlia di Freya. Era difficile competere con lei: fisico da fotomodella, capelli ricci biondi, occhi blu e un carattere solare che piaceva a tutti, che infatti si chiedevano come facesse ad essere mia amica, essendo io il suo esatto contrario: ero scontrosa, diffidente e sempre pronta ad attaccare briga. Come se non bastasse, a darmi l'aspetto di una teppista ci si metteva anche una cicatrice che mi attraversava la parte destra della faccia, dalla fronte al mento, un ricordino che mi aveva lasciato Fenrir a sei anni, quando uccise mia madre sulla strada verso Campo Nord.
“Scusa, Selina, non ti ho neanche salutata”, disse Abigail con aria mortificata, dopo essersi staccata dal fidanzato.
“Non stare a scusarti. Vedi la mia faccia tutti i giorni, la sua no”.
Luna ci raggiunse.
“Allora? Per quanto è rimasto al Campo Nord senza Abby attaccata?”
“Appena trenta secondi”.
I due fidanzati risero.
“Accidenti. Ehi, guarda, è arrivato anche Tristan! Ciao, Tristan!”, esclamò Luna.
Il ragazzo ci vide e sorrise. Era il migliore amico di Adam, aveva un anno in più di me, ed era figlio di Loki, di conseguenza un gran combina guai. Non era un cattivo ragazzo, intendiamoci. Solo non potevi fidarti di lui quando aveva un petardo in mano: non si sapeva mai dove avesse intenzione di metterlo. E aveva un senso dell'umorismo tutto suo. Lo salutai con un cenno di una mano e lui, ricambiando il saluto, si diresse verso il suo capanno. Vedendo Adam ed Abby avvicinarsi, il mio cuore accelerò i battiti e pregai di non stare arrossendo.
“Allora, oggi cosa si fa?”, chiese Adam.
“Prima di tutto vai a sistemarti nel tuo capanno, poi vediamo”, risposi.
Abby accompagnò Adam, ma io non li seguii. Andai invece nella casa di Odino a cambiarmi la maglietta del campo, una t-shirt verde con la scritta Campo Nord in grassetto, perché quella che avevo indossato era sporca di terra: una piccola rissa in cui mi ero infilata il giorno prima con un figlio di Thor. Purtroppo fu poco saggio non controllare l'armadio, prima di aprirlo completamente: non appena spalancai l'anta, un ragazzo saltò fuori, mi caricò in spalla e mi gettò sul letto, facendomi il solletico. Mi rotolai di lato e finimmo entrambi sul pavimento. In qualche modo riuscii a scrollarmelo di dosso e ad alzarmi in piedi, mentre il ragazzo rimase sulle assi di legno, seduto a gambe incrociate. Tristan Morris.
“Tu-tu.... maledetto!”
Lui rise.
“Lo sai perché mi piace tanto farti questo genere di scherzi”. Si alzò in piedi, chiaramente godendo del fatto di essere quasi venti centimetri più alto di me.
“Perché ti piace farti picchiare?”, ringhiai.
“No - piantò i suoi occhi grigi nei miei - Perché non li sai ricevere. E questo rende tutto più divertente”.
I suoi capelli neri formavano una tenda sottile tra noi due, quasi l'unica cosa che mi divideva da quel sogghigno. Ero tentata di dargli un pugno, ma lasciai perdere: avevo tutta l'estate per dargliele. Mi limitai a scostarlo di lato.
“Ti dispiace uscire? Dovrei cambiarmi”.
“In effetti mi dispiacerebbe un po'”, rispose sdraiandosi sul mio letto.
Lo guardai storto.
“Ma di che ti preoccupi? Non c'è mica così tanto da vedere”, sottolineò in tono tranquillo.
Alla fine dovetti cacciarlo fuori a calci. Quando uscii dal capanno, trovai Luna ad aspettarmi.
“Non fai colazione con i tuoi fratelli?”
“Preferisco tenerti compagnia”.
Luna era... lunga. Non c'era altro modo per descriverla. Sembrava avessero preso una persona normale e l'avessero passata sotto un rullo compressore: alta quasi uno e ottanta, lungo naso dritto, lunghe dita affusolate, braccia e gambe muscolose e lunghe, capelli lunghi, biondo platino. Gli occhi no, erano tondi e grandi, con le sopracciglia che le davano un'espressione sempre un po' malinconica.
Ai pasti non eravamo divisi in base ai capanni, ma ci potevamo sistemare a qualsiasi tavolo volessimo. Di solito io e Luna arrivavamo per prime e ci mettevamo in un angolo, poi ci raggiungevano Adam, Abigail e Tristan. Si mangiava rigorosamente all'aperto, tranne quando c'era brutto tempo. In quel caso ci spostavamo in un grosso tendone chiuso. In quanto ai capanni, eravamo divisi in base a chi fosse il tuo genitore divino. Quando venni riconosciuta, alcuni mi chiesero se non mi sarei sentita sola, e allora avevo sofferto un po' per la solitudine, ma adesso ringraziavo di avere un angolo tutto mio, soprattutto quando sentivo Adam o Tristan che urlavano nel tentativo di tenere in riga i fratelli.
Stavo pensando a cosa avremmo potuto fare quel giorno, masticando sovrappensiero un toast, quando un vassoio venne pesantemente appoggiato davanti al mio.
“Posso?”, chiese una voce ben nota.
“No, non puoi”, replicai girandomi verso Tristan.
“D'accordo”, rispose, e si sedette.
“Tristan! – Luna soffocò una risatina – Dai, lasciala in pace. L'estate è appena cominciata”.
“Non posso rimanere mica indietro con il lavoro. Sono almeno nove mesi che non ci vediamo”.
“Nove bellissimi mesi”, mormorai.
“Ehi, è libero qui?”
“Certo!”, esclamai facendo spazio ad Adam e Abby.
“Per me non ti sei spostata”, brontolò Tristan.
“Tu non te lo meriti”.
Allora, oggi cosa facciamo? È sabato, siamo liberi di fare quello che ci pare”. Adam era sempre entusiasta quando si trattava di fare qualche attività. Dopotutto era quasi un metro e novanta di muscoli, ci sarebbe mancato che non avesse voglia di usarli.
“Io voglio fare un tuffo nel lago”.
“Tu non hai voce in capitolo, Tris”.
“Da quando?”, disse il ragazzo, inarcando un sopracciglio.
“Da quando sei saltato fuori dal mio armadio”, risposi.
Ad Abigail andò di traverso il pancake per le risate.
“Questa è nuova!”, esclamò dopo aver bevuto qualche sorso d'acqua.
“Già, fresca di stamattina”, dissi con aria cupa.
“Un momento indimenticabile”, sospirò Tristan. Gli tirai un calcio sotto al tavolo.
La colazione andò avanti più o meno così.
“Ragazzi, – ci chiese Luna, mentre portavamo i vassoi alle cucine, – qualcuno di voi ha intenzione di partecipare al primo torneo della stagione?”
“Ma neanche per sogno, – Tristan la guardò come se gli avesse chiesto se si sentiva sessulamente attratto da una mucca. – Per farci battere da quelli che passano qui tutto l'anno? Datemi almeno una settimana per ripassare”.
“Sel? Tu e Abby state qui tutto l'anno”.
Scossi la testa.
“Dai! Hai più esperienza chi chiunque altro in questo campo! Nessuno è qui da più tempo di te”.
“Scusate, ragazzi”.
Aveva parlato Elliott, il capo del campo. Teneva la mano sulla spalla di una bambina minuta di circa nove anni con i capelli castano chiaro e gli occhi a metà tra il verde e il castano.
“Lei è nuova, si chiama Philippa. Potete mostrarle il campo?”
“Certamente! – disse Abigail – Vieni, Philippa!”
“Elliott, – intervenne Luna, – non puoi dire qualcosa a Selina? É qui da dieci anni e non ha ancora partecipato a un torneo!”
Elliott mi squadrò con i suoi occhi castano-dorati. Elliott era figlio di Heimdall, il guardiano del ponte Bifrost. Era un uomo sulla cinquantina con la pelle color cioccolato che aveva ricevuto il dono dell'immortalità dal padre perché si prendesse cura del campo. Ovviamente non era stata una cosa facile, aveva dovuto portare a termine più missioni per guadagnarsela, ma alla fine ci era riuscito.
“Devi provare, – disse. – Non è possibile non ti sia ancora iscritta a uno”. Il suo tono era morbido, ma autoritario.
“E va bene! – sbottai – Parteciperò al torneo di questa sera!”
Elliott si allontanò con l'aria soddisfatta. Abigail la prese per mano. Portammo la piccola Philippa a vedere le case per prima cosa. Erano un'infinità, ognuna dedicata ad un dio diverso. Per esempio, la prima era per Odino, la seconda a Frigg, la terza a Thor e così via. Poi passammo di fianco ai tavoli del pranzo, l'armeria e infine le mostrammo le attività che si svolgevano al Campo.
“Là c'è l'ippodromo e l'arena per la scherma, lì il tiro con l'arco, l'arrampicata e i percorsi sugli alberi, e più in là puoi vedere le stalle e la voliera”, elencò Abigail, indicando le varie costruzioni.
Philippa, subito soprannominata Pip, guardava tutto con occhi meravigliati. Per concludere il giro, la portammo a passeggiare nella foresta ai confini del Campo.
“E... e voi di chi siete figli?”, ci chiese con voce emozionata.
“Io di Odino, – le spiegai, – Abigail invece di Freya, Tristan di Loki, Luna di Tyr e Adam di Thor”.
Pip, se era possibile, spalancò gli occhi ancora di più.
“Thor? E hai il martello come il supereroe?”
Adam rise.
“Io combatto con un martello, anche se non è quello magico di mio padre”.
Detto questo, staccò il martello, che si portava sempre dietro, dalla cintura e lo fece vedere a Pip, che prese l'arma tra le mani tremanti per l'emozione e la sventolò un po' in giro al grido di "PER ASGARD!".
Intanto si era fatto mezzogiorno. Tornammo al campo, per lasciare Pip in custodia ai rappresentanti del capanno per i ragazzi non ancora riconosciuti. Passando di fianco all'arena, andai a scrivere il mio nome sul tabellone dei partecipanti. Ero l'ultima a iscrivermi dei dieci che potevano partecipare. Prima di andarmene diedi un'occhiata ai nomi e imprecai: si erano iscritti anche Joseph e Alyssa, fratello e sorella, figli di Thor. Erano grandi e grossi e avevano la fama di andare pesanti nei duelli. Ed era una fama del tutto meritata. Li avevo visti più volte nell'arena.
Pip venne riconosciuta quella sera a cena. Le germogliarono i piselli che aveva preso come contorno e così la misero nel capanno dodici, quello di Jord, dea della terra. Ricordai quando ero stata riconosciuta io: era accaduto circa una settimana dopo il mio arrivo al Campo, la cicatrice era ancora ben visibile nonostante l'idromele. Stavamo assistendo a un torneo, quando vennero a posarsi sulle mie spalle due corvi. Così fu chiaro che mio padre era Odino.
Appena ebbi finito di mangiare andai nell'armeria a prendere l'ascia, con cui combattevo da una vita, scudo, elmo e un pettorale. Entrando trovai Alyssa che si infilava il pettorale. Mi rivolse un sorriso di scherno.
“Finalmente ti degni di partecipare, Potter?”
Non risposi.
“Se sarò contro di te, sappi che non sarò gentile”.
“Lo sei mai stata?”, borbottai mentre se ne andava.
Dopodiché corsi all'arena. Stavano già iniziando i duelli quando arrivai. Mi sedetti su una panchina negli spogliatoi, insieme agli altri partecipanti. Mi sistemai nervosamente l'elmo mentre aspettavo il mio turno.
“Selina Potter e Bobby Stewart!”
Eccoci”, pensai.
Bobby era un ragazzino di tredici anni che sconfissi con facilità. Passai tutti i turni successivi, fino a quando non arrivai al duello conclusivo della serata, che avrebbe decretato il vincitore di quella serata.
“Selina Potter e Alyssa May!”
Entrai nell'arena, prendendo una lancia appoggiata alla parete. Ero sudata e stanca, ma sapevo che Alyssa non doveva essere in condizioni migliori delle mie.
“Preparati, Potter, – mi bisbigliò Alyssa in un orecchio. – Non credo che la polvere abbia un buon sapore, ma ne mangerai parecchia quando ti scaraventerò giù da cavallo”.
Non dissi niente, altrimenti mi sarebbero usciti insulti. E questo poteva costarmi un'ammonizione. Lei si soffiò via dalla faccia una ciocca di capelli rossi e montò in sella. Dalla parte opposta dell'arena mi aspettava il mio cavallo. Mi avvicinai a passi lunghi e gli salii in groppa, imbracciando la lancia. Non appena partì il fischio d'inizio, spronai il cavallo verso la mia avversaria, mirando al suo scudo: era vietato colpire il corpo del cavaliere con la lancia.
Ero assolutamente decisa a non lasciare che Alyssa vincesse per l'ennesima volta. A un paio di metri di distanza da lei, deviai la punta della sua lancia con lo scudo e lasciai che la mia si infrangesse sul suo. Lo scontro fu tale che Alyssa volò giù dalla sella. Se non avessi deviato la lancia sarei finita io a terra. Scesi velocemente da cavallo e staccai l'ascia dalla cintura. Alyssa intanto si era rialzata in piedi e, con gli occhi ardenti di rabbia e umiliazione, sguainò la spada. Abbattei la mia arma sul suo scudo con tutta la forza che avevo e lei rispose con un affondo che parai facilmente. Dovevo disarmarla per vincere, ma, purtroppo, non riuscii nel mio scopo. Incastrando con la sua spada la mia ascia, me la fece saltare via dalle mani.
“Alyssa May è la vincitrice del torneo!”, annunciò Elliott.


Il mattino dopo il risveglio fu più piacevole di quello del giorno prima. Mi vestii con tutta calma e andai a colazione verso le nove e mezza. Trovai già al tavolo Luna e Abigail.
“Come mai tutta sola?”, chiesi ad Abigail.
“Adam dorme ancora, non mi va di svegliarlo se è stanco. In fondo è in vacanza. Tu, piuttosto, complimenti per ieri sera, anche se non sei riuscita a vincere!”
“Grazie, Abby. Però la prossima settimana tocca a te”.
"Vedi che sei perfettamente in grado di partecipare ai tornei? Devi smettere di fare la modesta!", mi rimproverò.
"Abby, io non faccio la modesta: non avevo nessuna voglia di partecipare al torneo, tutto qui".
Lei sospirò esasperata, mentre io mi guardavo in giro alla ricerca di Philippa, che vidi in compagnia di un paio di suoi fratelli. Incrociai anche lo sguardo di Alyssa che era a un tavolo con Joseph e qualche altro ragazzo. L'occhiata che mi lanciò era così carica di soddisfazione e disprezzo che potei sentirla bruciare tra le mie sopracciglia.
“Oggi ho voglia di andare un po' ad assiderarmi nel lago, chi è con me?”, disse Luna.
“Io ci sto”, risposi. Se l'avesse proposto Tristan avrei rifiutato di nuovo.
“Anch'io”, aggiunse Abigail.
Aspettammo i ragazzi per andare al lago. Adam e Tristan arrivarono poco dopo insieme, confabulando sottovoce. Tristan sembrava prestare particolare attenzione a quello che gli diceva l'amico, annuendo di tanto in tanto.
“Forza, pigroni! Non ho intenzione di sprecare una giornata ad aspettarvi”, esclamò Luna appena furono più vicini. Tristan fece una smorfia e andò a fare colazione seguito da Adam. Quando finalmente ebbero finito, tornammo ai capanni per metterci i costumi e prendere gli asciugamani.
“Chi si tuffa per primo? L'acqua è gelata”, chiese Abigail, che, seduta sul pontile, dondolava i piedi con indecisione.
“Oh, che frignoni! Vado io per primo!”
Detto questo Tristan si tuffò. Fu subito seguito da Luna e Adam. Io e Abigail rimanemmo sedute sul pontile. Con la coda dell'occhio guardai Abigail. Cavolo, era perfetta: gambe magre, pancia piatta, collo sottile... I suoi sette anni di allenamento al campo non avevano portato troppi cambiamenti sul suo fisico, a differenza di me. Ero un incrocio tra uno stambecco e un culturista. No, sto esagerando. Però era vero che l'unica cosa notevole che si poteva osservare sul mio torace erano gli addominali.
“Sempre tutto bene tra te e Adam?”. Cercai di mantenere un tono più noncurante possibile.
“Tutto a posto. Sono così felice quando lo rivedo. É triste potersi sentire solo per telefono nove mesi l'anno”. Accompagnò la risposta con un sorriso a trentadue denti. Io gettai sovrappensiero un'occhiata a Tristan e Adam. Erano quella che si dice una strana coppia: Adam era alto e muscoloso, a volte un po' impulsivo e poco sveglio, mentre Tristan era magro e asciutto, con gli occhi grandi e il mento affilato, sempre riflessivo e quasi crudele nel fare scherzi.
“Hai ragione. Hai più sentito tuo padre?”
“Sì, qualche volta. É ancora in Kazakistan per lavoro. Dice che tornerà tra un paio di mesi e rimarrà per qualche settimana”.
“Allora l'anno prossimo torni a casa?”
“No, non penso. Al massimo chiedo di allontanarmi per una settimana o due, per passare un po' di tempo insieme... Dov'è Tristan?” La voce di Abigail tradiva un certo allarme, e non potevo darle torto. Non ero l'unica vittima degli scherzi di Tristan, che dopo aver scoperto che Abigail era terrorizzata dagli insetti di ogni tipo, le aveva fatto trovare una decina di ragni nel letto.
Guardai in acqua, ma Tristan non si vedeva da nessuna parte. Stavo per alzarmi, quando delle mani gelate si appoggiarono sulla mia schiena e su quella di Abigail e ci spinsero in acqua. Riemersi rabbrividendo.
“Tristan!”, gridai vedendolo seduto sulle assi del pontile che rideva come un pazzo. Mi dimenticavo sempre di come fosse silenzioso.
“Tristan, sei un vero bastardo!”, disse Abigail, ma stava ridendo anche lei, sollevata del fatto che non si era trovata un lombrico sulla schiena.
“Degno di suo padre”, rincarò la dose Adam.
“Adesso però torni in acqua!” Lo afferrai per una caviglia e lui si lasciò trascinare, cadendomi pesantemente addosso. Tornai in superficie fissandolo con aria truce.
“Ragazzi, – disse Luna mezz'ora e una ventina di tentativi di affogamenti di Tristan dopo, – possiamo uscire? Sto andando in ipotermia”.
Ci salutammo e tornammo ai nostri capanni. Mi vestii e mi infilai sotto le coperte per riscaldarmi. Il lago era così freddo che i piedi mi erano diventati rossi. Chiusi gli occhi qualche minuto e quando li riaprii Tristan era sdraiato accanto a me.
“Cosa ci fai qui!?”
“Non gridare, ti prego”, si lamentò lui.
“Esci dal mio letto!” Ero a dir poco furiosa e anche parecchio imbarazzata: voi come vi sentireste se vi trovaste un ragazzo nel letto?
“Calmati, sono venuto qui perché i miei fratelli mi hanno riempito di miele il cuscino”.
“Niente che tu non ti sia meritato”, osservai cercando di spingerlo giù dal materasso.
“Mamma mia, come sei permalosa”.
“Un tizio si infila nel mio letto e tu dici che sono permalosa?”, esclamai.
“Io non sono un tizio”.
Ricaddi sul cuscino.
“Sai una cosa? Chi se ne frega. Puoi stare qui. Ma se mi tocchi ti tiro un pugno”.


Lunedì iniziarono ufficialmente le attività del campo. A colazione vennero distribuite le liste delle attività della settimana alle varie case. Notai, molto sollevata, che per prima cosa avevo il turno in lavanderia: si trattava solo di riempire e svuotare lavatrici. Essere l'unica occupante di un capanno non ti sollevava dalle attività più pesanti come pulire le stalle o lavare i piatti dopo i pasti.
"Ciao, Aurvandil", salutai un elfo entrando nell'ambiente umido e caldo.
L'elfo mi sorrise di rimando. Piccola precisazione: al campo vivevano gli elfi chiari, creature protettrici della natura, che ci davano una mano a gestire tutte le attività.
“Oggi ti tocca la lavanderia”.
Detto questo mi mise tra le braccia un cesto di vestiti bagnati.
“Questi vanno nell'asciugatrice”.
Stavo aspettando che gli abiti finissero di asciugare, quando arrivò di corsa Sarah, rappresentante della capanna due, quella di Frigg, la moglie di Odino.
“Potter? Elliott ha convocato un'assemblea urgente. Devi venire subito”.
“Cosa succede?”
La seguii attraverso il campo.
“Stanotte ho fatto un sogno”.
La sua affermazione mi innervosì: Frigg è una dea in grado di vedere nel futuro e non c'è da scherzare con i sogni dei suoi figli.
“E che sogno era?”
“Balder moriva di nuovo, – disse con voce grave. – E Ragnarok ricominciava prima del tempo”.











***

Angolo dell'autrice:

Eccomi qua!
Non aspettatevi che aggiorni tutti i capitoli così in fretta, ok? Era solo per mettere un po' di sostanza dopo il prologo. E se a qualcuno interessa, la piccola Pip era una scusa per presentare un po' il campo e le sue attività, quindi non comparirà più nei prossimi capitoli.
Per Tristan in particolare ho cercato di essere coerente con la personalità del padre che si ritrova, un po' mitigata però dalla sua parte umana.
Nel caso qualcuno non conoscesse tutti gli dei citati nel capitolo e non avesse voglia di andare a consultare Wikipedia, ecco una scheda sui sopracitati dei:

- Odino: il padre degli dei e dio della magia, della poesia e dei viandanti. Gli piaceva viaggiare per il mondo sotto mentite spoglie mettendo a prova i re e gli uomini. Gli manca un occhio perché l'ha donato alla fonte della conoscenza per accrescere il proprio sapere. Si porta sulle spalle due corvi (Huginn e Muninn) che lo tengono informato su tutto ciò che accade nel mondo e ha con sé la testa del gigante Mimir che gli rivela molte cose degli altri mondi. Ha appreso la conoscenza delle rune magiche stando appeso all'albero dei Nove Mondi, Yggdrasill, per nove giorni

- Frigg: la moglie di Odino, dea del matrimonio e della famiglia. Aveva poteri divinatori, sembra, caratteristica che trasmise al figlio Balder, che vide più volte la propria morte in sogno. Per impedire che questo accadesse, fece giurare a tutti gli oggetti, inanimati e animati, di non far del male a Balder, tranne una pianta di vischio, con il quale Loki uccise Balder. La conseguenza della sua morte sarà Ragnarok, la fine del mondo degli dei

- Thor: direi che è il dio che ha bisogno di meno spiegazioni. Figlio di Odino e Frigg, era il dio del tuono, e girava il mondo con un carro trainato da due capre. Combatteva con il famoso martello Mjollnir e aveva un paio di guanti di ferro e una cintura che accrescevano la sua forza

- Loki: figlio di un gigante dei ghiacci, era il dio dell'inganno malvagio e crudele, padre del lupo Fenrir, del serpente Midgardr, e del cavallo a otto zampe di Odino, Sleipnir. Spesso, però, era compagno delle avventure di Thor e in più occasioni ha aiutato gli dei con la sua astuzia

- Freya: era una divinità guerriera e dea dell'amore e della fertilità. Viaggiava su un carro trainato da grossi gatti blu

- Tyr: era dio della guerra, della giustizia e del diritto. Incarnava la figura di un guerriero maturo ed esperto, riflessivo e pronto al sacrificio personale. Infatti perde il braccio per catturare Fenrir con l'inganno: il lupo si sarebbe lasciato legare da delle corde magiche solo se un dio gli avesse donato un braccio

- Heimdall: è il guardiano del Bifrost, il ponte arcobaleno, che collega i mondi tra loro. Ha i sensi così fini che anche di notte vede come se fosse giorno e sente l'erba crescere. Ha un corno che suonerà all'inizio di Ragnarok e che è così potente che si sentirà in tutti i nove mondi

- Balder: dio buono e bellissimo, rappresentava il sole. Muore ucciso da Loki, ma tornerà dal regno dei morti quando inizierà la fine del mondo.

Un ultima cosa: l'idromele in realtà era una bevanda magica che dava ispirazione ai poeti, ma qui mi sono permessa di rimaneggiare un po' la storia, giusto per fare qualcosa di diverso dal solito nettare e ambrosia.

Al prossimo capitolo!

  
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