Ronza più che mai in queste giornate di primavera, operosa come un’ape, la sega affaccendata a risanare, ridimensionare il verde pubblico e privato.
L’uomo nel suo gabbiotto è sollevato meccanicamente fino all’altezza occorrente. Accosta la sua sega al ramo basso, preme il pulsante. Velocemente il metallo incide, rode; la segatura dorata vola nell’aria senza vento. Il ramo si stacca dal tronco, divisi per sempre. Le fronde fremono nella caduta. L’albero non grida, non fugge, non agita gli altri rami.
È lì da 50 100 anni: un essere vivente, la linfa scorre.
Un ramo dopo l’altro la sega arriva alla cima del pino nigra: la testa verde scura svettante sul tronco nudo.
- Sono qui ancora, nella luce, nell’aria, nel vento - grida - lasciatemi vivere! - ma nessuno lo sente!
La gloria, la vita…
La cima cade lenta, trattenuta dalle fronde come da un paracadute - Per un momento è affiancata al tronco nudo - addio addio - non c’è più - in terra - i rami ammucchiati, il tronco tagliato a fette presto macinati e portati via.
La potenza dell’uomo sedente nell’ufficio.
La potenza dell’uomo sedente nella sua scatola di metallo che corre veloce per le strade o di quello sedente sul divano davanti il televisore.
Sono indifferenti all’albero che cade. Era un albero, un pino nigra indisponente e inutile?
Chi insegna la storia della fotosintesi clorofilliana ai bambini?
Presto i mass media introdurranno sul mercato le bombole per respirare l’aria balsamica. Chiusi nelle nostre stanze guarderemo il sole finto della TV respirando aria di montagna o di foresta canadese o di ulivo mediterraneo.
Oh la scelta non mancherà.
Basterà qualche euro.