L’ultimatum alla Terra da
parte di Thanos aveva fatto in poche ore il giro del
mondo. Ogni uomo, donna, bambino del pianeta sapeva cosa stava accadendo a
Manhattan, e che quella Fortezza apparentemente impenetrabile caduta giù dal
cielo, non era il nuovo trailer di un qualche film di Spielberg.
Tavole rotonde si rincorrevano sugli schermi televisivi.
Scienziati contro militari.
Pessimisti contro ottimisti.
Chi predicava l’attacco preventivo, e chi il bisogno di conoscere il proprio
nemico prima di caricarlo a testa bassa con il rischio di infilare da soli la
testa nel cappio del boia. L’isteria serpeggiava fra le strade.
La conta dei suicidi, in quella prima settimana fu impressionante.
La guerra non era ancora iniziata, e già
si contavano i cadaveri.
La
prima settimana.
Manhattan era un immensa
città fantasma.
La gente era fuggita nella notte, come aveva potuto, intasando i ponti.
Prendendo d’assolto i traghetti. Trascinando nelle valige i ricordi di una
vita.
Steve Rogers
sollevò da terra il volantino di una palestra e sospirò appallottolandolo fra
le mani intirizzite dal freddo nonostante i guanti.
C’era qualcosa di malvagio in quell’enorme Palazzo immerso nel silenzio.
L’aria sembrava ispessirsi ad ogni passo verso quel profilo metallico che sbarrava la strada che Steve
stava percorrendo , vibrare satura di elettricità. Si fermò, portando gli occhi
al cielo. Il buco che l’aveva lasciata cadere era chiuso, ma spessi nuvoloni
gravano su di essa oscurando il sole.
-Sembra il set di Io sono Leggenda.-
Steve volse il capo verso Sharon.
-Oh lascia stare.- sbuffò la ragazza scrollando il capo riccioluto - Tendo a
dimenticare che non sai un accidente di film.-
Steve sospirò riprendendo a camminare, svoltando per imboccare una traversa
. Sharon lo seguì dopo un ultimo sguardo
alla Fortezza. Si strofinò le braccia da sopra le maniche della giacca e tornò
a puntare gli occhi scuri su Steve che camminava di fronte a lei reggendo lo
scudo col braccio sinistro. - Conoscevi mia nonna.-
Steve la guardò da sopra una spalla.
Sharon si chiese se per caso fosse priva di filtri mentali.
Si fissarono, per un momento, nel bel mezzo della strada deserta.
-Come?- le chiese l’uomo.
-Peggy. Peggy Carter.-
Sharon vide il sangue sparire dalla parte del
viso di Steve privo della maschera di Capitan America - Ho letto i suoi
diari.-
Se possibile, Steve divenne ancora più bianco.
-Volevo sapere se…-
Si bloccò, attirata da un movimento oltre la testa del Capitano.
Alzò gli occhi, inclinando il capo, puntandoli sul terrazzo di una palazzina, una delle poche adibite ad abitazioni
di quel quartiere, alla loro destra.
Era una donna, anziana.
Il vento che si incanalava nella stradina le schiacciava addosso la camicia da
notte candida .
Sharon aggrottò la fronte mentre Steve si voltava come lei e alzava gli occhi.
La vecchia puntò le mani alla ringhiera del terrazzino e poi sollevò a fatica
una gamba corta e tozza. Sharon, nonostante la lontananza, riuscì a distinguere
il reticolato di vene bluastre sulla pelle chiara lasciata scoperta dalla
camicia da notte con colletto di pizzo.
La osservò confusa, prima di capire che cosa stava accadendo.
-NO SIGNORA.- urlò mentre Steve scattava in avanti.
Troppo tardi.
La donna cadde come un manichino ai
piedi del Capitano che saltò all’indietro quasi lasciando cadere lo scudo. Si girò verso Sharon ansimando per lo shock .
La ragazza si era coperta il viso con le mani e respirava a fatica alzando e
abbassando le spalle a scatti.
-Sharon.-
-Mio Dio. Mio Dio.-
Steve, deglutì a vuoto avvicinandosi
alla vecchietta, aggirò la pozza di sangue che le si allargava sotto la testa e
la volse. Aggrottò la fronte e poi alzò
gli occhi verso il terrazzino dalla quale la donna si era lanciata.
-Oh santo Cielo.- sussurrò.
Aveva il davanti della camicia da notte completamente imbrattato di sangue.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Una vecchietta si è lanciata nel vuoto nella zona di Inwood .- mormorò Natasha, due dita all’auricolare
che teneva all’orecchio destro. Clint la
guardò da sopra una spalla, prima di riportare l’attenzione al Palazzo che li sovrastava e dalla cui
ombra immensa erano coperti.
-Un altro suicidio?- chiese senza togliere le mani dalle tasche -Maledizione.-
Si guardò attorno. Ricordava di essere già stato in quella zona, una sera, alla
ricerca di una pizzeria retta davvero da un vero italiano e non da qualche afgano
con il nome scritto sbagliato sul grembiule. Ricordava di aver
girato in auto come una trottola fino a notte fonda, in compagnia di Tony che
continuava a giocare con l’autoradio.
-Guarda che casino.- mormorò Natasha dietro di lui. Le auto ammucchiate e lasciate
lì per evitare di dover attendere lo
sciogliersi della fila, i portoni spalancati, tutto parlava dell’isteria che
aveva colto la popolazione alla vista della Fortezza.
Clint si soffermò sulle vetrine sfondate dei negozi, le saracinesche divelte e
gli allarmi distrutti e lasciati a pezzi davanti agli ingressi. Sorrise ad una scritta a spray ancora gocciolante.
-E’ la fine del mondo…- lesse a
bassa voce.
-Non hanno tutti i torti.- sospirò Natasha.
Sembrava davvero la fine del mondo, l’inizio di un brutto film della domenica sera, con l’astronave madre
che oscura il sole di una giornata
qualunque senza il minimo preavviso.
Arrivati infondo alla strada, svoltarono
a destra per tornare verso il jet.
-Ehi.-
Erano in cinque,
sicuramente biker,sicuramente una banda.
Tutti vestiti di pelle, con lo stesso giubbotto di pelle .
Clint si rese conto di essere letteralmente invisibile per il gruppetto armato
di catene e spranghe di ferro. Due di loro stavano caricando in macchina la
refurtiva trovata nella strada che i due agenti avevano appena passato, ma gli altri tre
stavano puntando Natasha quasi con la bava alla
bocca.
Si volse verso la compagna che osservava la scena passiva - Non fargli troppo male.-
La ragazza sollevò gli occhi verdi al cielo con un sospiro -Tenterò.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Omicidio suicidio.-
-Il settimo cadavere della giornata.-
Tony si massaggiò la testa con una mano mentre Steve copriva con un lenzuolo il vecchio che, sfondando la porta dell’abitazione
corrispondente al punto di volo della nonnina, aveva trovato cadavere nel suo
letto con un coltello da cucina ancora piantato nel petto. Vide i macchinari
per la respirazione e le aluccie che gli sbucavano dal naso - Probabilmente
aveva avuto un ictus, era immobilizzato e lei si prendeva cura di lui.-
-Lei si chiamava Glory.- disse Thor poggiando il portafoto che aveva preso dal comodino - Glory e Julian .- spostò la
foto. Ritraeva i due vecchietti davanti ad una torta il numero 50
a candeline. Dietro di loro un festone con la scritta “Buon Anniversario Julian e Glory”
Tony premette le labbra una contro l’altra.
Quell’uscita di pattuglia per l’isola si era tramutata in un scampagnata in un libro di Stephen King.
Scosse il capo e distolse lo sguardo dalla sagoma del vecchio visibile sotto
al lenzuolo macchiato di sangue.
-Facciamoli portare via perdio.- sbottò uscendo dalla stanza in un clangore di
ferro, visto che camminando sbatteva gli
stivali dell’armatura contro il pavimento come se l’odiasse a morte. Si
fermò in mezzo al piccolo corridoio con
la carta da parati a rampicanti alla vista di Sharon, bianca come un fantasma -
Esci da qui. - le ordinò perentorio indicandole il pianerottolo dietro di lei -Subito.-
-Tony.- cercò di protestare.
-Esci.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Nat, per fortuna ti avevo detto di non fargli troppo male.-
Natasha sbuffò, le mani ai fianchi disegnati, valorizzati ancora di più
dalla tuta aderente che indossava -Non è colpa mia se più sono grossi, più cadono facilmente.-
Clint si chinò ad afferrare il bikers più vicino
a lui, agguantandolo per il colletto del gilet
e tirandolo su. Aveva sicuramente il naso rotto, assieme ad un'altra decina di lividi sparsi e sangue a
fiumi da una ferita all’attaccatura di capelli - Mi pare che questo sia caduto
sulla faccia più di una volta sulla faccia.-
Natasha non riuscì a nascondere un sorrisetto - Mi ha
toccato il sedere.-
-Quale crimine.- sbuffò Clint mollando malamente la presa al poveretto
massacrato, raddrizzandosi e pulendosi le mani sul davanti dei pantaloni.
-Rientiamo?- gli chiese Natasha
inclinando il capo.
-Sì, prima che ammazzi qualcun altro.-
-Non li ho ammazzati no…- Non fece a tempo a finire la frase che vide uno dei bikers alzarsi aggrappandosi alla macchina colma di
refurtiva e lanciarsi come un animale verso Clint di spalle. Lo colse in un lampo confuso in cui vide
spiccare il coltello a serramanico che teneva in mano.
Clint si volse, piegandosi in avanti per incassare la carica, ma qualcosa sibilò oltre la sua testa e il bikers cadde all’indietro urlando.
-Che diavolo?- chiese Clint allungando il collo.
Si volse in direzione dello scocco della freccia che aveva colpito il suo aggressore, portando lo sguardo verso l’alto.
Vide un ombra ritirarsi dal cornicione
del palazzo che faceva angolo con la strada saccheggiata dalla banda di
motociclisti. Qualcuno che imbracciava una balestra?
-Buck.- mormorò.
-Io pensavo che tu fossi l’unico a saperlo fare.- Clint volse il capo verso Natasha che pareva sbalordita almeno quanto lui - Quanto
saranno? Quaranta metri in linea d’aria?-
-Anche di più.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Tony non era abituato a
sentirsi responsabile verso qualcuno.
Era una sensazione nuova.
Prima di Pepper.
Prima di Howard.
Aveva sempre vissuto per sé stesso, per Tony e basta.
Ora che sentiva oltre alla sua famiglia, il peso anche di chi aveva attorno, un
pensiero lo martellava. Chi diavolo me lo fa fare?
Combattere per … Affezionarsi a…
Non era da lui, maledizione.
Si fermò, prendendosi la testa fra le
mani.
“Questo significa diventare grandi Tony.”
Tony inchiodò davanti alla camera
occupata dal Professor Xavier, aggrottò la fronte e
volse il capo verso la porta automatica. Sbuffò, dalle labbra e si volse verso
di essa, infilandosi nella stanza in penombra -Sei stato tu?- chiese alla
persona immobile sotto alle coperte.
Gli avevano detto delle capacità di Charles, ma
fra il sentirlo dire e ascoltare
una voce estranea in testa correva un mare.
Il mutante, sotto le coperte, si mosse appena.
-…Non è stata una bella uscita, vero?-
-Abbiamo trovati sette cadaveri, due omicidi suicidi.-
Charles chiuse gli occhi, sospirando - La paura fa brutti scherzi.-
-Se continua così, Thanos non avrà una popolazione da
conquistare.-
Si sedette sul bordo del letto, di spalle rispetto al professore, voltato su un fianco per non poggiare le
spalle scorticate dai colpi di frusta sul materasso - Ho un bruttissimo
presentimento.-
-E’ un nemico Tony, non farti intimorire perché viene da un altro pianeta.
Anche Loki veniva da un altro mondo, eppure l’hai affrontato.-
Tony lanciò uno sguardo all’indietro verso Charles .
-I dubbi e i timori sulle nostre capacità e su quello che stiamo facendo, è
l’ultima cosa che ci serve Tony. Dobbiamo rimanere saldi, in attesa
dell’alzarsi della marea.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Non riesci proprio a non
fare il saggio della situazione vero?-
Charles sussultò , voltando il capo
verso l’ombra scura che occupava il secondo letto della stanza.
Tony , entrando spinto dalla sorpresa di averlo sentito nei suoi pensieri, non
si era accorto di non essere solo con lui. Che c’era qualcun altro sdraiato
mollemente sul secondo letto, le braccia dietro la testa e le gambe incrociate
ad altezza delle caviglie.
-Non fare l’acido Erik.- sospirò chiudendo gli occhi.
Il mutante volse il capo che teneva sulle braccia raccolte dietro la testa a
mo’ di cuscino, verso l’amico. Nella penombra riusciva solo a distinguere il
braccio che teneva sporto il bordo del materasso.
-…E tu non fare il Gandalf il Bianco della situazione.-
Charles soffocò una risata -E tu non fare Saruman.-
Erik si passò una mano sul viso soffocando una risata -Siamo tornati giovani.-
-Così sembra.-
-Non intendevo per l’età.-
Charles non cambiò tono di voce - Io
nemmeno.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Che è successo?-
Diane
spostò gli occhi dalla porta imboccata da Clint , verso Loki che la osservava
dalla terrazza panoramica del salotto , quella che di solito
Tony usava come punto di volo e
di atterraggio. Si chiuse nelle spalle, afferrando il telecomando dal divano e spegnendo il
televisore sulla pubblicità di un potente smacchiatore.
-Non lo so, mi ha chiesto dove tengo le foto, quelle che gli assistenti sociali gli hanno permesso di
portare via da casa. - sollevò le mani oltre la testa e poi le lasciò
cadere -… E quando glie l’ho detto, ha
imboccato la porta a razzo.-
Loki sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso.
-Sai qualcosa che io non so?-
-Diciamo che ho un buono spirito di osservazione.-
Le si avvicinò mantenendo l’espressione sorridente e le prese fra due dita un ricciolo color miele.
Lo allungo leggermente prima di portarglielo dietro l’orecchio. Possibile che
non s fosse accorta di quanto Buck e Clint si
somigliassero?
Però era anche vero, che non vai a pensare di trovarti davanti qualcuno che sai
che è morto da più di venticinque anni.
Aveva ancora la mano accanto al viso della ragazza e allungò il pollice per
sfiorarle una guancia calda -Hai le lentiggini.-
Diane sgranò gli occhi.
-Si , hai le lentiggini sul naso.-
La ragazza socchiuse gli occhi a sentirsi accarezzare il nasino - Già, devi
vedermi appena un po’ di sole.-
Loki chinò il capo in avanti sussurrando dolce - Se
andrà bene ti vedrò quest’esta…Ehi.-
Diane aveva girato la testa un secondo prima che riuscisse a baciarla - Beh?-
-Pff…-
Loki rise - Cos’è una ripicca per non averti baciato
l’altro giorno?-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Che stai facendo?- chiese
Diane intanto che rigirava fra le mani
il caschetto giallo di plastica rinforzata che Tony le aveva allungato. Scambiò
uno sguardo con Peter e se lo infilò sul
capo, assicurandoselo sulla testa con le cinghie che fece passare sotto al
mento -E soprattutto non ti sembra un po’ esagerato?-
Tony, davanti a loro, stabilizzò la
posizione, sculettando quasi mentre Loki e
Logan, che avevano rifiutato il caschetto, asserendo che fargli male non era
così semplice, si tiravano indietro di
un passo, misurando Logan l’altezza dei soffitti della camera blindata in cui si trovavano e Loki la distanza a cui Tony aveva messo il manichino da
abbattere.
-No, non ho esagerato Diane, tieniti quel casco sulla testa e zitta se vuoi
rimanere.-
Le luci , posti in faretti lungo tutto lo stanzone, sfarfallarono come a
preannunciare la catastrofe.
-Ho un brutto presentimento.- borbottò Peter storcendo il naso e strizzando un
occhio.
Un ronzio allarmate si levò dal bracciale dell’armatura che Tony aveva
indossato, Diane non fece a tempo a
chiedersi se fosse normale che un lampo illuminò l’ambiente a giorno e un boato
l’assordì costringendola a portare le mani alle orecchie.
-Attenta!- sentì urlare e mezzo secondo dopo fu letteralmente sollevata di
peso da un braccio che le avvolse la
vita e buttata per terra. Ad un soffio
dalla barra di ferro in cui erano incastonate i faretti.
Si alzò a sedere, lanciando uno sguardo a
Peter, a terra dietro di lei , per poi
cercare Logan e Loki , anche loro seduti sul
pavimento in cemento.
-Stark.- borbottò
Wolwerine - Non ti sembra di aver leggermente esagerato?-
Fine capitolo.