Capitolo
2
Bobby batté il pugno sul
tavolo. «Vuol farmi credere di non essere a conoscenza che alcuni dei suoi
clienti avevano dei precedenti o erano coinvolti a vario titolo in reati contro
le donne? Ma andiamo!»
Powell sostenne il suo
sguardo accusatorio e rispose pacato «io installo impianti di sicurezza, non
vedo perché dovrei informarmi sui precedenti dei miei clienti. Lo scopo del mio
lavoro è proteggerli non giudicarli.»
«Va bene, allora parliamo
di sua moglie. Se non sbaglio è morta cinque anni fa, subito prima che andasse
in pensione.»
Non appena De aveva
nominato la moglie, Powell si era irrigidito. «Mia moglie non è semplicemente
morta, è stata uccisa.»
«Non mi sembra che faccia
tanta differenza, il risultato è sempre lo stesso.»
«Non è lo stesso» rispose
l’ex agente sempre più irritato «se la persona che ami muore per una malattia,
un incidente o di vecchiaia soffri ma puoi rassegnarti. Se viene brutalmente
uccisa e il colpevole resta libero non potrai mai accettarlo, ti guarderai
sempre intorno chiedendoti se l’uomo che hai incrociato per strada non sia
l’assassino di tua moglie.»
De sorrise a Bobby poi
rivolse uno sguardo allo specchio della sala interrogatori dietro al quale gli
altri assistevano. «Mi sembra che lei sia ancora abbastanza arrabbiato. Non sarà
che questa rabbia la ha trasformata in un giustiziere? Si è detto: siccome non posso prendere chi
ha ucciso mia moglie uccido altri che hanno commesso reati simili e che
per colpa del sistema legale imperfetto e di poliziotti incapaci sono
liberi
.»
Dato che l’altro non
parlava De si piegò minaccioso verso di lui. «Ti ho fatto una domanda! Rispondi
maledizione!»
«Senza il mio avvocato non
dirò più nulla perciò se volete trattenermi o chiedermi altro è meglio che mi
portiate un telefono.»
Bobby fece un gesto di
insofferenza con la mano. «Per ora puoi andare, ma ci rivedremo,
credimi.»
Uscirono tutti nel
corridoio. Bobby e De accompagnavano Powell all’uscita mentre gli altri li
seguivano a breve distanza.
Ad un tratto Jack accelerò
il passo e si avvicino a De. «Posso parlarti?»
«Si certo. Bobby aspettate
qui un attimo.»
Sue guardava Jack. Era
molto nervoso, non riusciva a stare fermo e si passava in continuazione la mano
sul mento. Quel comportamento era molto strano.
«Cosa vuoi Jack, ho
fretta.»
«Allora andrò direttamente
al punto. C’era veramente bisogno di trattarlo così? Gli hanno ucciso la moglie
e lo hanno buttato fuori, non hai un minimo di compassione? E’ un collega e
merita il nostro rispetto. Ci diamo tanto da fare per trovare chi ha ucciso quei
quattro che erano colpevoli e non diamo una mano ad un uomo che soffre. Lo sai
che ti dico, sono contento che li abbiano fatti fuori, le donne di questa città
ora saranno più al sicuro.»
De gli mise una mano
sulla spalla. «Sta attento a quello che dici Jack, potresti
pentirtene.»
«Volete
offrire il pensionamento anticipato anche a me? Non vi lascio
questa soddisfazione piuttosto mollo io.» Prese pistola e distintivo e li appoggiò sul tavolo.
«Da oggi consideratemi un ex agente, non mi va più di lavorare per chi tratta
così i suoi collaboratori.»
Sue, che aveva
seguito la scena sempre più sgomenta, si avvicinò e lo prese per un braccio. «Non
puoi dire sul serio, ami il tuo lavoro e qui siamo tutti amici.»
Lui si liberò della
presa con uno strattone. «Non cercare di rabbonirmi con la storia dell’amicizia, chiedi al signor Powell dove erano i
suoi amici quando ne aveva bisogno.»
«Ma Jack…»
«Niente ma, non cambierò idea.» Andò incontro a Powell e gli tese la mano «Mi scuso per quello che ha dovuto subire. Venga l’accompagno, qui ormai non ho più nulla da fare.»
Sentiva
che Sue lo stava fissando perciò se ne andò senza voltarsi. Ormai la decisione
era presa e non si poteva tornare indietro.
Sue chiuse gli occhi e
scosse la testa. Non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era successo.
Jack che giustificava degli omicidi, che disconosceva un lavoro al quale aveva
dedicato la vita con passione, Jack duro e insensibile che non aveva voluto
ascoltare neanche lei, anzi l’aveva trattata malissimo. Quello non era Jack,
almeno non il suo Jack. Prese il
cappotto e andò di corsa all’ascensore.
Appena fuori dall’edificio
Jack inspirò profondamente. «Finalmente libero!» Sorrise a Powell che gli stava
di fronte. « Sa era da tempo che pensavo di farlo ma fino ad ora non ne avevo
avuto il coraggio, il modo in cui l’hanno trattata però è stata la goccia che ha
fatto traboccare il vaso.»
«La ringrazio per la
solidarietà, per la verità però non pensavo che uno come lei potesse
giustificare degli omicidi.»
«cosa vuol dire uno come me ?»
L’altro sorrise, «io la conosco Hudson, subito dopo il secondo
omicidio mi sono informato su chi si stava occupando del caso e ho
saputo che lei è un uomo onesto, ligio al suo dovere e impegnato talmente nel suo
lavoro da non avere quasi una vita privata. Spero non le dispiaccia se ho
chiesto in giro di lei ma si tatta di miei clienti e poi un
agente…»
«…resta sempre un agente»
finì Jack per lui. «Quello che le hanno detto è vero perché è quella l’immagine
che ho sempre voluto dare di me, ma ormai era impossibile continuare a fingere.
Preferisco essere disoccupato.»
«Potrebbe lavorare per me,
la sua preparazione mi farebbe comodo.»
Jack fece un gran sorriso.
«La sua proposta è inattesa ma mi sembra perfetta. Accetto
volentieri.»
«Bene. Ora devo andare ma venga domani
in ditta e discuteremo i particolari.» Powell guardò oltre la sua spalla, «credo
che la cerchino.»
Jack si volse e vide Sue.
Chiuse gli occhi pensando “no, ancora lei”.
«Jack tu devi ascoltarmi,
sappiamo entrambi che quello che hai detto prima non è vero. Eri solo nervoso,
torniamo su e parliamone con Demetrius, vedrai che ti ridaranno il
posto.»
«Guarda bene», le disse
indicandosi le labbra, «io non voglio tornare!»
Lei era sempre più
sconvolta ma non desistette. «Se non torni tutto quello che abbiamo condiviso in
questi anni non avrà più senso.»
Lui allargò le
braccia irritato «ma non ha mai avuto nessun senso particolare. Eravamo solo due
colleghi che svolgevano il loro lavoro.» La guardo dritta negli occhi «NULLA di
più.»
Sue sostenne il suo
sguardo solo per alcuni secondi poi, con gli occhi lucidi, scappò
via.
Levi avvertì Sue che
qualcuno stava bussando alla porta della sua camera da letto. «Avanti»
Lucy aprì lentamente la
porta e diede uno sguardo alla sua amica. Lei che si alzava sempre presto, che
era sempre attiva e sorridente, ora se ne stava lì raggomitolata sotto le coperte
con aria triste. «Coraggio Sue, ormai è più di una settimana che se ne è andato,
non puoi continuare così, devi scuoterti e ritornare quella di prima.»
Per tutta risposta Sue
strinse più forte le coperte al petto.
«Neanche io mi sarei mai
aspettata una cosa del genere da Jack, ma non conosciamo mai veramente chi ci
circonda. Succede che i sentimenti, i sogni, vengano repressi per poi esplodere
improvvisamente.»
«Oh no, io lo
conosco, lo conosco veramente. Tutto quello che ho vissuto con lui in questi
anni, tutto quello che ho provato e provo per lui…no, non posso essermi
sbagliata così tanto.»
Lucy
annuì comprensiva. «Ma hai tentato di parlargli, di spiegargli quello che
senti?»
«Gli avrò telefonato
almeno dieci volte al giorno ma non mi ha mai risposto. E in ufficio si
comportano quasi come se non fosse mai stato uno di noi. Ma lo sai che oltre a
seguire Powell ora seguono anche lui, come se fosse un
sospettato!»
«Lo so, ma
non devi prendertela, fanno solo il loro lavoro», guardò l’ora «come noi dobbiamo
fare il nostro e arriveremo in ritardo se non ci sbrighiamo.» Le tirò via le
coperte «coraggio, fuori da questo letto.»