Serie TV > Agente speciale Sue Thomas
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Autore: mar_79    10/06/2007    0 recensioni
La mia storia inizia da dove era finito il telefilm, Sue ha rifiutato il lavoro a New York per rimanere con la sua squadra a Washingthon, c'è stata la "quasi dichiarazione" del suo collega e amico Jack, frenato come sempre dalla sua timidezza e dal regolamento che vieta relazioni tra agenti che lavorano insieme, e quindi tutto procede come al solito... ma una nuova indagine si profila all'orizzonte... quattro uomini uccisi con lo stesso brutale metodo, quattro uomini apparentemente senza un legame tra loro, un caso difficile che fa salire la tensione nel gruppo finchè Jack decide che è arrivato il momento di cambiare vita... Come la prenderà Sue? Riusciranno a risolvere ugualmente il caso e a fare chiarezza nei loro sentimenti?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1

Capitolo 2

Bobby batté il pugno sul tavolo. «Vuol farmi credere di non essere a conoscenza che alcuni dei suoi clienti avevano dei precedenti o erano coinvolti a vario titolo in reati contro le donne? Ma andiamo!»

Powell sostenne il suo sguardo accusatorio e rispose pacato «io installo impianti di sicurezza, non vedo perché dovrei informarmi sui precedenti dei miei clienti. Lo scopo del mio lavoro è proteggerli non giudicarli.»

«Va bene, allora parliamo di sua moglie. Se non sbaglio è morta cinque anni fa, subito prima che andasse in pensione.»

Non appena De aveva nominato la moglie, Powell si era irrigidito. «Mia moglie non è semplicemente morta, è stata uccisa.»

«Non mi sembra che faccia tanta differenza, il risultato è sempre lo stesso.»

«Non è lo stesso» rispose l’ex agente sempre più irritato «se la persona che ami muore per una malattia, un incidente o di vecchiaia soffri ma puoi rassegnarti. Se viene brutalmente uccisa e il colpevole resta libero non potrai mai accettarlo, ti guarderai sempre intorno chiedendoti se l’uomo che hai incrociato per strada non sia l’assassino di tua moglie.»

De sorrise a Bobby poi rivolse uno sguardo allo specchio della sala interrogatori dietro al quale gli altri assistevano. «Mi sembra che lei sia ancora abbastanza arrabbiato. Non sarà che questa rabbia la ha trasformata in un giustiziere?  Si è detto: siccome non posso prendere chi ha ucciso mia moglie  uccido altri che hanno commesso reati simili e che per colpa del sistema legale imperfetto e di poliziotti incapaci sono liberi

Dato che l’altro non parlava De si piegò minaccioso verso di lui. «Ti ho fatto una domanda! Rispondi maledizione!»

«Senza il mio avvocato non dirò più nulla perciò se volete trattenermi o chiedermi altro è meglio che mi portiate un telefono.»

Bobby fece un gesto di insofferenza con la mano. «Per ora puoi andare, ma ci rivedremo, credimi.»

Uscirono tutti nel corridoio. Bobby e De accompagnavano Powell all’uscita mentre gli altri li seguivano a breve distanza.

Ad un tratto Jack accelerò il passo e si avvicino a De. «Posso parlarti?»

«Si certo. Bobby aspettate qui un attimo.»

Sue guardava Jack. Era molto nervoso, non riusciva a stare fermo e si passava in continuazione la mano sul mento. Quel comportamento era molto strano.

«Cosa vuoi Jack, ho fretta.»

«Allora andrò direttamente al punto. C’era veramente bisogno di trattarlo così? Gli hanno ucciso la moglie e lo hanno buttato fuori, non hai un minimo di compassione? E’ un collega e merita il nostro rispetto. Ci diamo tanto da fare per trovare chi ha ucciso quei quattro che erano colpevoli e non diamo una mano ad un uomo che soffre. Lo sai che ti dico, sono contento che li abbiano fatti fuori, le donne di questa città ora saranno più al sicuro.»

De gli mise una mano sulla spalla. «Sta attento a quello che dici Jack, potresti pentirtene.»

«Volete offrire il pensionamento anticipato anche a me? Non vi lascio questa soddisfazione piuttosto mollo io.» Prese pistola e  distintivo e li appoggiò sul tavolo. «Da oggi consideratemi un ex agente, non mi va più di lavorare per chi tratta così i suoi collaboratori.»

Sue, che aveva seguito la scena sempre più sgomenta, si avvicinò e lo prese per un braccio. «Non puoi dire sul serio, ami il tuo lavoro e qui siamo tutti amici.»

Lui si liberò della presa con uno strattone. «Non cercare di rabbonirmi con la storia dell’amicizia,  chiedi al signor Powell dove erano i suoi amici quando ne aveva bisogno.»

«Ma Jack…»

«Niente ma, non cambierò idea.» Andò incontro a Powell e gli tese la mano «Mi scuso per quello che ha dovuto subire. Venga l’accompagno, qui ormai non ho più nulla da fare.»

Sentiva che Sue lo stava fissando perciò se ne andò senza voltarsi. Ormai la decisione era presa e non si poteva tornare indietro.

 

Sue chiuse gli occhi e scosse la testa. Non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era successo. Jack che giustificava degli omicidi, che disconosceva un lavoro al quale aveva dedicato la vita con passione, Jack duro e insensibile che non aveva voluto ascoltare neanche lei, anzi l’aveva trattata malissimo. Quello non era Jack, almeno non il suo Jack.  Prese il cappotto e andò di corsa all’ascensore.

 

Appena fuori dall’edificio Jack inspirò profondamente. «Finalmente libero!» Sorrise a Powell che gli stava di fronte. « Sa era da tempo che pensavo di farlo ma fino ad ora non ne avevo avuto il coraggio, il modo in cui l’hanno trattata però è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»

«La ringrazio per la solidarietà, per la verità però non pensavo che uno come lei potesse giustificare degli omicidi.»

«cosa vuol dire uno come me

L’altro sorrise, «io la conosco Hudson, subito dopo il secondo omicidio mi sono informato su chi si stava occupando del caso e ho saputo che lei è un uomo onesto, ligio al suo dovere e impegnato talmente nel suo lavoro da non avere quasi una vita privata. Spero non le dispiaccia se ho chiesto in giro di lei ma si tatta di miei clienti e poi un agente…»

«…resta sempre un agente» finì Jack per lui. «Quello che le hanno detto è vero perché è quella l’immagine che ho sempre voluto dare di me, ma ormai era impossibile continuare a fingere. Preferisco essere disoccupato.»

«Potrebbe lavorare per me, la sua preparazione mi farebbe comodo.»

Jack fece un gran sorriso. «La sua proposta è inattesa ma mi sembra perfetta. Accetto volentieri.»

  «Bene. Ora devo andare ma venga domani in ditta e discuteremo i particolari.» Powell guardò oltre la sua spalla, «credo che la cerchino.»

Jack si volse e vide Sue. Chiuse gli occhi pensando “no, ancora lei”.

«Jack tu devi ascoltarmi, sappiamo entrambi che quello che hai detto prima non è vero. Eri solo nervoso, torniamo su e parliamone con Demetrius, vedrai che ti ridaranno il posto.»

«Guarda bene», le disse indicandosi le labbra, «io non voglio tornare!»

Lei era sempre più sconvolta ma non desistette. «Se non torni tutto quello che abbiamo condiviso in questi anni non avrà più senso.»

Lui allargò le braccia irritato «ma non ha mai avuto nessun senso particolare. Eravamo solo due colleghi che svolgevano il loro lavoro.» La guardo dritta negli occhi «NULLA di più.»

Sue sostenne il suo sguardo solo per alcuni secondi poi, con gli occhi lucidi, scappò via.

 

 

Levi avvertì Sue che qualcuno stava bussando alla porta della sua camera da letto.  «Avanti»

Lucy aprì lentamente la porta e diede uno sguardo alla sua amica. Lei che si alzava sempre presto, che era sempre attiva e sorridente, ora se ne stava lì raggomitolata sotto le coperte con aria triste. «Coraggio Sue, ormai è più di una settimana che se ne è andato, non puoi continuare così, devi scuoterti e ritornare quella di prima.»

Per tutta risposta Sue strinse più forte le coperte al petto.

«Neanche io mi sarei mai aspettata una cosa del genere da Jack, ma  non conosciamo mai veramente chi ci circonda. Succede che i sentimenti, i sogni,  vengano repressi per poi esplodere improvvisamente.»

«Oh no, io lo conosco, lo conosco veramente. Tutto quello che ho vissuto con lui in questi anni, tutto quello che ho provato e provo per lui…no, non posso essermi sbagliata così tanto.»

Lucy annuì comprensiva. «Ma hai tentato di parlargli, di spiegargli quello che senti?»

«Gli avrò telefonato almeno dieci volte al giorno ma non mi ha mai risposto. E in ufficio si comportano quasi come se non fosse mai stato uno di noi. Ma lo sai che oltre a seguire Powell ora seguono anche lui, come se fosse un sospettato!»

«Lo so, ma non devi prendertela, fanno solo il loro lavoro», guardò l’ora «come noi dobbiamo fare il nostro e arriveremo in ritardo se non ci sbrighiamo.» Le tirò via le coperte «coraggio, fuori da questo letto.»

  
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