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Autore: chilometri    22/11/2012    15 recensioni
Forbidden love; larry stylinson; romance;
«Lo-lou» dice Harry, la voce acuta, le mani premute contro il muro.
«Non voglio niente» si rialza Louis, guardando i suoi occhi verdi, «e dico niente che non sia tu, okay?» morde le sue labbra, fino a sentire il sapore del sangue, quasi a volerlo punire per ciò che ha detto.
«Okay, Harold?» chiede, lo sguardo fiammante e addolorato.
«Ricevuto, Vostra Altezza» risponde quello, sfidandolo, il labbro gonfio e graffiato, così come le sue spalle che fanno male, ed il cuore che è un mix di emozioni.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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F
orbidden Love.
Parte prima.




 

«Harold» sussurra il maggiore, nel buio, la voce bassa.
«Harold?»
Non riceve risposta, perciò con un movimento della spalla si gira verso il riccio, che grugnisce qualcosa, mentre la testa si sposta bruscamente dalla spalla di Louis, cadendo sul materasso.
«Harold, devi andare via. Tra qualche minuto verrà Millicent, il ricevimento avrà inizio tra due ore. Se ti trovano fuori dalle cucine anche questa volta, non penso la passerai liscia».
Il riccio sbuffa leggermente e non accenna nessun movimento.
«Ma William…» e lo dice di proposito il suo secondo nome, perché sa che lo odia forse tanto quanto Harry odi sentirsi chiamare Harold, da chi, l’unico nome che dovrebbe usare dovrebbe essere ‘tesoro’.
O servo. Suggerisce una voce nella sua testa, che lui scaccia velocemente.
«Niente ma, Har-»
«Chiamami un'altra volta così e giuro che mi faccio ghigliottinare».
Louis, o meglio William, sobbalza a sentire quelle parole e si scosta velocemente, alzandosi dal letto a baldacchino e avvicinandosi alle grandi finestre di vetro.
«Andiamo, scherzavo!» Harry rotea gli occhi al cielo, alzandosi a sua volta.
«Non sei divertente. Lo sai che… che odio quando dici queste cose» borbotta Louis, mentre si accinge ad aprire le imposte, facendo entrare la flebile luce pomeridiana nella stanza.
Harold non risponde, semplicemente si guarda intorno alla ricerca dei suoi vestiti, o meglio, dei suoi stracci che, nella confusione, non riesce a trovare. Così fa spallucce e si avvicina al maggiore, cingendogli i fianchi, sovrastandolo e curvandosi leggermente per posare il capo sulla sua spalla.
Louis freme a quel contatto ed Harry non può non sorridere.
Lo stringe a sé, possessivo, mentre inizia a posare dei leggeri baci sul suo collo e le mani del maggiore stringono la maniglia della finestra che non si era ancora spostata; un grugnito di piacere sfugge alle labbra di Louis, mentre la bocca del riccio continua a vagare esperta su tutta la base del collo, per poi risalire verso l’orecchio.
«Mi amerai per sempre?» gli sussurra dolcemente, riuscendo a percepire la pelle di Louis che è tutt’un brivido.
«P-s-sì, sempre» Harry sorride al suono di quelle parole, ed è felice.
Ma, a dir la verità, lo è sempre quando è con Louis.
Lo è quando deve correre via dalle cucine, con il rischio di venire beccato e frustato, lo è quando deve nascondersi dai suoi padroni pur di andare a vederlo, lo è quando si danno appuntamento al giardino, tutte le notti alla stessa ora, lo è quando lo stringe tra le sue braccia, lo è quando lo accarezza, lo bacia, lo è quando lui si arrabbia, perché ha paura per la sua sorte, Harry è sempre felice, quando è con Louis.
E’ qualcosa che non si sa spiegare nemmeno lui, sa solo che se con gli altri dev’essere solo ‘sguattero’, ‘schiavo’, ‘cane’, ‘Harold’, con Louis è sempre, costantemente ‘Harry’, ‘Hazza’, ‘tesoro’.
Il riccio salda le mani sulle spalle di Louis, e lo gira dolcemente, faccia a faccia, occhi – che maledetti siano, i suoi occhi – contro occhi, pelle contro pelle.
E lo bacia.
Lo bacia mentre fa aderire la sua spalla contro quella della sua finestra, premendo con prepotenza su di lui.
Harry lo sa che è sbagliato, che dovrebbe correre via dai pericoli - o meglio, da Louis, che per lui rappresenta tutto tranne che quello –, lo sa che dovrebbe pensare a lavare i pavimenti e lo sa, lo sa che Louis è destinato a diventare Re, perché è il figlio maggiore e che quella sera gli sarà data in sposa la principessa.
Non sa nemmeno come si chiami. Eleanor, forse. Non gli interessa sul serio, in ogni caso.
Harold, Harold lo sa bene che avrebbe dovuto correrre via da lui sin dalla prima volta che lo aveva visto, mentre Louis gli sorrideva ed il suo cuore faceva capriole, ma non lo aveva fatto.
Perché Louis è come la morte, per lui – che paragone poco degno di quel viso angelico –: non le puoi scappare.
Ed è proprio per questo che, quando Harry ha iniziato a prestare servizio nella corte dei Tomlinson, non gli si è allontanato: si sarebbero trovati comunuqe, in un modo o nell'altro.
Intanto, la mano di Louis va ad accarezzare il suo volto, e si sofferma sulle ferite dovute a qualche punizione che gli è stata inflitta qualche giorno prima, quando i piatti non erano stati lucidati a modo.
Ma Harold doveva davvero andare dal suo William.
«Vorrei… essere la cura a tutte le tue ferite» sussurra sul suo volto, gli occhi chiusi. «Ma purtroppo so di esserne solo la causa».
Harold scuote la testa.
«Se tu non fossi qui, non avrei imparato a fare tante cose».
«Harry, come posso averti insegnato qualcosa?»
Il riccio lo guarda, punta i suoi occhi verdi in quelli celesti del moro, poi gli prende la mano e se la porta sulle labbra.
«Vedi, Louis, mi hai insegnato a sorridere,» ed Harry sorride «mi hai insegnato a sopportare il dolore» prende ancora la mano di Louis e la porta all’altezza delle clavicole, dove vi è un grosso livido che ancora duole. Il maggiore lo accarezza, Harold freme e il moro interrompe il contatto.
«Mi hai insegnato ad usare questo» la mano scende all’altezza del cuore, che batte sempre più veloce. «Mi hai insegnato ad amare, Louis. Non credo ci sia niente di più difficile».
Louis sorride ma è triste, Harry lo capisce.
«Vorrei poterti amare ancora di più, Haro… Harry. Vorrei stringerti la mano, accarezzare il tuo volto alla luce del sole, e non al chiarore della luna e… ed è semplicemente frustrante dover essere sottomessi a qualcosa di… più grande di me, amore. Non voglio diventare Re, odio tutto questo, e per quanto irrispettoso sia da dire, odio la mia famiglia, e tutti quei balli e…» viene interrotto, mentre volge lo sguardo al di fuori della stanza.
«E’ quello che meriti, Louis. Meriti qualcosa di grande e…»
«Vorrei poterlo meritarlo con te al mio fianco» dice secco, girandosi di scatto verso di lui.
E via con un altro bacio, pieno di dolore questa volta e di passione, e di qualcosa che Harry non ha ancora compreso bene, ma che sa di giusto. Per la prima volta non si sente sbagliato.
Lambisce i contorni delle sue labbra e con prepotenza fa entrare in Louis la sua lingua che si trova, da subito.
E ballano.
Ballano le loro lingue, ma non come in uno di quegli stupidi balli dove Louis si sente solo una stupida pedina, no.
Questa volta è una danza allegra, perché Harry è allegria.
Il riccio si allontana e prende a baciare il petto di Louis, che chiude gli occhi, ansima.
Harry sorride, ama.
Scie di baci infuocati vengono lasciati sulla pelle pallida, e poi le gambe di William che si fanno più molli, più leggere quando la bocca – e che dannata sia anche quella – del riccio arriva alla parte più sensibile del maggiore.
«H-Harry, Millicent p-» Louis viene interrotto da un gemito che sfugge dalle sue labbra mentre la bocca di Harry gioca con il suo interno coscia. «Per l’amor di Dio…»
Proprio mentre Harold decide di fare suo, almeno in parte, Louis, il bussare forte e deciso sulla porta fa aprire di scatto gli occhi al maggiore.
Le mani ancora sudate, gli occhi lucidi, le guance rosse ed il respiro affannato fanno entrare il maggiore in uno stato di panico, mentre Harry non può fare a meno di sorridere.
«Diamine!»
«Signorino William, non mi faccia perdere la pazienza!» la voce grossa di Millicent arriva dritta alle orecchie dei due amanti.
«Harry» sussurra Louis, abbassandosi all’altezza del riccio «nasconditi nell’armadio, lo so che non è una grande idea ma… è l’unica cosa che possiamo fare, per il momento»
«Tanto quell’armadio è così grande che anche se dovesse aprirlo, non mi ci vedrebbe. So essere un contorsionista davvero abile, signorino Tomlinson» ammicca Harry, mentre posa un veloce bacio sulle labbra del maggiore e raccoglie velocemente i suoi vestiti per poi aprire velocemente un’anta del gigantesco armadio e chiudervisi dentro.
«Arrivo, Millicent! Non vorrai mica vedermi denudato, no?»
Una volta aperta la porta, le paffute guance di Millicent sono rosse e con un «Dovrebbe essere meno spiritoso, sono sicura che Vostra altezza non gradirebbe! Comunque, su, dobbiamo prepararci per questo ricevimento. A questo proposito… ho sentito che quel ragazzino, come si chiama? Stylin? Stylin Harrold?»
«Harr-» Louis si morde la lingua «Harold Milward Styles, si chiama così».
«Esatto, signorino, comunque, ho sentito che non si trova nuovamente, Sua Maestà era davvero furioso! Non la passerà con qualche schiaffo, questa volta!»
Louis abbassa lo sguardo, mentre il cuore si appesantisce: avrebbe voluto ricevere almeno una parte del dolore che il riccio era costretto a subire a causa sua.

**


Harry copre il suo viso con un volto, mentre tossisce qualcosa che ha un sapore metallico, forse sangue, la vista è offuscata, non riesce a vedere bene.
«Che ti sia da lezione!» sussurra quello stesso ragazzo di qualche anno più grande di lui, mentre ripone il frustino nella fodera, lo sguardo fiero di chi ha appena fatto il giusto.
«Ti ricordo che sei un novellino e che…» si abbassa alla sua altezza, il suo alito travolge il viso di Harry «il mercato degli schiavi non è stato abolito. Inizia a portare rispetto, stupido» poi si alza e va via, la porta della sua stanza si chiude con un tonfo ed Harry tossisce ancora.
Non sa che ore siano, ma a giudicare dalla luce che trasuda dalle fessure della piccola finestra, è pomeriggio inoltrato e sa che deve rimettersi in sesto subito e tornare alle cucine, se non vuole ricevere qualche altro tipo di punizione.
Chiude gli occhi, stropicciandoli, levando i segni delle lacrime che lui no, non ha fatto cadere perché troppo orgoglioso – poi cerca di alzarsi, ma le gambe cedono e un dolore lancinante alla spalla lo fa piegare in due, così si aggrappa alla parete e conta fino a dieci, respirando forte.
Il rumore repentino della serratura che scatta gli fa passare nella testa le cose peggiori, ma quando il viso angelico di Louis gli si piazza dinnanzi, spalanca gli occhi ed apre la bocca, ma non esce alcun suono se non un lamento.
«Va-vai… vattene» riesce a sussurrare, lo sguardo basso, i denti stretti e il pugno della mano destra chiuso così saldamente che fa male: non vuole che lo veda così, non ha bisogno dei suoi sguardi di compassione, vuole solo che esca dalla porta e lo lasci soffrire in silenzio.
Come ha sempre fatto.
Louis, invece, non si muove di un centimetro, rimane sulla soglia, gli occhi pieni di dolore mentre il suo sguardo vaga sulla spalla del minore, segnate da lunghe strisce rosse, la pelle slabbrata, le gambe magre piegate e tese nello sforzo maggiore pur di non cedere.
Louis respira piano e chiude la porta alle spalle nello stesso modo, mentre si avvicina al suo Harry, che mantiene lo sguardo basso.
«Harry…» sussurra il maggiore una volta giunto davanti al suo viso.
«Ti- per favore, vattene. Non devi stare qui.» implora, sentendosi per la prima volta uno schiavo di quella corte che, fino a quel giorno, così meschina non gli era mai sembrata.
Louis sa che dovrebbe andare via, che l’odore terribile che c’è lì dentro prenderà il posto del profumo che vi è sugli abiti immacolati, ma non può lasciarlo in quelle condizioni.
Così, in silenzio, si piega vicino a quello che deve essere un mobile e cerca un fazzoletto, uno straccio, qualsiasi cosa.
Ha sempre saputo che la schiavitù viene tratta in modo deplorevole, ma quando la certezza che ha sempre voluto schivare gli si para davanti impedendogli il passaggio, sa che è anche suo dovere, questa volta, fare qualcosa per Harry e per tutta quella gente.
Sospira, e finalmente trova uno straccio. «C’è dell’ac-» prova a chiedere, ma Harry ringhia nuovamente e questa volta alza lo sguardo, seppur con sforzo.
E resiste, resiste anche quando viene colpito dall’immensa bellezza che possiede Louis, in quell’abito che sembra stringerlo troppo, ma che lo rende perfetto allo stesso tempo.
«Non hai nessun… non voglio che tu sia qui, vai…» ma Louis non lo ascolta, e cerca da sé un po’ d’acqua che trova solo qualche secondo dopo in un secchio. O scodella.
«Non vorrai dirmi che bevi qui» dice, guardandolo.
«No, tranquillo» sorride, e il maggiore tira un sospiro di sollievo che si perde di nuovo nel vuoto quando Harry dice «ci mangio anche» e continua a sorridere sarcastico.
Louis spalanca gli occhi mentre imbeve il pezzo di stoffa, poi torna vicino ad Harry, che cerca di sostenere il suo sguardo ma dannazione quegli occhi!, dannazione quelle labbra, quello sguardo, quel suo essere costretto a dover fare qualcosa che Harold mai e poi mai vorrebbe fosse costretto a fare.
Sussulta, quando sente il contatto dell’acqua fredda contro la sua spalla ancora calda e sanguinante, «ti- ti faccio male?» chiede, ritraendo di scatto la mano.
Non mi fai mai del male, amore.
«Sì. Mi fai male» risponde Harry, duro, e Louis abbassa lo sguardo.
«Ascoltami, per… per favore» il più grande si posiziona davanti al volto del riccio, abbandonando lo straccio, intrappolandogli il viso tra le dita e fissandolo dritto negli occhi.
Harry cerca di sfuggire a quello sguardo, ma non ce la fa, e si rende conto del bisogno che ha di guardarlo, perché ha paura che glielo portino via troppo presto e vuole imprimersi nella mente ogni singolo tratto del suo viso.
«Io non sono… quello che probabilmente cercavi, non… non posso darti quello che vorrei, perché siamo diversi, siamo speciali, Harold. Lo so che dovrei essere al ricevimento tra poco tempo, e so che dovrei andare via di qui, so che dovrei fare tante cose, ed invece rimango qui a cercare di medicarti. Ti sei mai chiesto perché? Perché io rischi la furia di mio padre per t-» Louis vorrebbe finire dicendogli qualcosa che si tiene dentro da troppo, ma Harry scoppia in una fragorosa risata che si trasforma in tosse, per il troppo sforzo.
«Tu? Tu, Louis? Spero che tu ti stia prendendo gioco di me! Rischi la furia di tuo padre? Non ti torcerebbe nemmeno un capello, non… io… ti amo, okay?» bisbiglia, un groppo in gola troppo difficile da sciogliere «ti amo ed è stupido, perché non dovrei farlo. Sono un errore, e non posso fare niente. Ma tu, tu Louis» lo guarda intensamente, ed avvicina il volto a quello del ragazzo che gli è di fronte, le lacrime agli occhi «tu puoi, hai una vita, un regno davanti a te, hai una bellissima ragazza che prenderai in sposa e potrai avere dei figli, va bene? Non da me ovviamente, non da nessun altro, da quella ragazza che imparerai ad amare con tutte le tue forze, perché capirai che io, noi, siamo stati sbagliati, capirai che puoi fare molto di più che stare qui a curarmi. Puoi avere una vita bellissima, con una m-» Louis lo interrompe e posa le labbra sulle sue, le posa con tanta violenza e passione che Harry viene preso in contropiede e geme, un po’ per il dolore un po’ per la sorpresa.
Il maggiore lo afferra per le spalle e lo preme contro la parete ruvida, e stavolta non gli importa sul serio se è ferito, se gli farà male, perché ha bisogno di lui.
Con prepotenza, senza alcun preavviso guida la sua stessa lingua nella bocca di Harry, senza dolcezza, mentre lacrime calde scendono sulle guance di entrambi.
Louis, senza fiato, si stacca – seppur con rammarico – dal riccio, e lo guarda con tanta insistenza che Harold si sente violato, ma sostiene lo sguardo.
«Questo» dice, succhiando avidamente la pelle del minore all’altezza della clavicola, e le spalle gli dolgono con le ferite aperte, mentre le gambe cedono, «lo chiami errore?» e lo bacia ancora su quelle labbra che solo Dio sa quanto ama. Continua a baciarlo, passa le labbra sull’unica ferita aperta sul petto e bacia tutte le parti che devono ancora rimarginarsi, «Lo-lou» dice Harry, la voce acuta, le mani premute contro il muro.
«Non voglio niente» si rialza Louis, guardando i suoi occhi verdi, «e dico niente che non sia tu, okay?» morde le sue labbra, fino a sentire il sapore del sangue, quasi a volerlo punire per ciò che ha detto.
«Okay, Harold?» chiede, lo sguardo fiammante e addolorato.
«Ricevuto, Vostra Altezza» risponde quello, sfidandolo, il labbro gonfio e graffiato, così come le sue spalle che fanno male, ed il cuore che è un mix di emozioni.
Louis lancia un urlo di disperazione, alza le mani al cielo «Cosa vuoi che faccia? Che ti chiami schiavo? Che ti mandi a pulire i piatti in cui mangio? Che la smetta di curare anche ciò che non dovrei?!» strilla Louis «Che… che la smetta di amarti?» chiede poi, in un soffio.
«Lo hai mai fatto?» chiede Harry, truce, lasciandogli un bacio bagnato sulla guancia.
«Non sfidarmi».
«Non mi faresti mai del male, perché se mi hai davvero amato... io… solo… Mostramelo, Louis. Amami». Ringhia, mentre altre lacrime scorrono sul suo volto.
Il maggiore lo guarda, e lo bacia ancora. E ancora e ancora. Perché ha bisogno di lui ogni istante, e se ne frega di tutte le regole, di tutto quello che gli hanno insegnato, perché ora l’unica cosa che vuole è lui. In ogni singola parte.
Le mani graffiano la pelle nuda sotto la camicia di seta di Louis e quella piena di rattoppi di Harry, i pantaloni vanno giù con rabbia, mentre si guardano negli occhi ed hanno paura, hanno così tanta paura di sbagliare ancora.
Poi Louis lo bacia, delicato e lo poggia sul letto, questa volta attento alla spalla, ma tanto al riccio non importa più, ha solo bisogno di sentirsi amato.
«Fai…io… Piano, solo questo, amami piano» sussurra Harry, mentre chiude gli occhi e posa la fronte sul petto di Louis, ed ansima, boccheggia quando Louis inizia a stuzzicarlo, dolcemente.
«Ti.. faccio male?»
«In realtà un…» Harry inarca la schiena quando Louis inserisce un secondo dito, «po’» boccheggia. Il maggiore si ferma, e guarda i lineamenti del suo viso che si contrae in cerca di aria, gli occhi lucidi che non riesce a tenere su e le labbra che si arricciano, reprimendo gemiti e ancora va su con la spalla Harry quando Louis va con un terzo, e solo allora Harry sussurra «Non… Lou… ti prego…»
«Cosa, Hazza?»
«Amami» dice solamente, e allora Louis lo riempie, e lo bacia, lo farebbe all’infinito, non gli importa se nel suo letto a baldacchino, se nel giaciglio di paglia di Harry, gli importa solo di Harry.
Gli importa solo amarlo.




 

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Sono un caso perso, scusatemi.
Allora, allora, allora, prima di tutto ci tengo a premettere una cosa: questa NON è una oneshot, sarà una minilong e ci saranno solo tre parti – o quattro, dipende dalla lunghezza dell'ultima – e, come avrete capito, questa è la prima #capitanovvio.
Oggi – data di pubblicazione - è precisamente un mese ed un giorno da quando ho digitato la
prima parola di questa one shot.
Perché, in realta, voleva essere una one shot, ma per chi mi conosce da un po' sa che AMO dilungarmi, e quindi, arrivando solo a quella che ora - nella storia divisa - era solo la terzultima scena, le pagine di word sarebbero diventate più di 17, per cui fate finta che sia una one shot troppo lunga, divisa per motivi di comodità.
La scena """""""rossa""""""" (ditemi, va bene il rating arancione? preferite il rosso? non conto
che ci saranno altre scene di questo tipo, anzi, ne sono sicura) non era nemmeno prevista,
ero così presa dallo scrivere che quando ho finito, ho riletto ed ero tipo "questo non
l'ho scritto io! LOL"
Quindi la storia si è inevitabilmente allungata e mi sono venuta ventordici(?) idee ed ecco
cosa sforna la zia TeamBullshit. (Ah, sappiate che ho cambiato il nick in lostcause, e quindi
suppongo che l'amministratrice lo cambierà a breve, dont you worry [dissero gli Swedish],
sono sempre io *nessuno se ne frega nulla* *passano palle di fieno*)
Comunque sia, ammetto che forse è la cosa più buona - a livello di struttra - che io abbia mai
scritto. Forse, io, comunque sono abbastanza soddisfatta del risultato.
Scrivere l'ultima parte è stato terribilmente straziante, odio immaginare Harry ridotto in quelle condizioni.
Solo che sono una fottuta masochista e non è mai Louis quello che soffre, ma Harry, cioè, soffre pure
Louis, ma solo interiormente, mai fisicamente.
La devo smettere, yayyy, questo spazio autrice sta diventando più lungo del capitolo. Che qualcuno mi fermi.
Basta, ho finito di parlare a vanvera, per cui vi chiedo una piccola recensione, nothing else.
Detto questo, la smetto di annoiarvi e incrocio le dita, sperando che vi piaccia :D
  
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