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Autore: LADY ROSIEL    23/11/2012    2 recensioni
[La musica non è solo semplice musica. Alle volte può essere la miglior cura per l'animo umano]
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Non ricordava con certezza quando il suo cuore vibrò estasiato nell’ascoltare il suono melodioso di quelle note.
La musica era come una valvola di sfogo, come la sostanza di quella sua miserevole vita che era stato costretto a vivere.
Con la musica nelle orecchie, così vicina da potergli toccare il cuore, gli sembrava quasi di volare in quel cielo violaceo e incredibilmente profumato, dal sapore di vaniglia e cioccolato.
La musica non lo avrebbe mai abbandonato, lei sapeva come renderlo felice.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LA MUSICA NEL CUORE

 

La musica era la sua vita. Sin da quando era piccolo le sue mani ossute e le sue dita affusolate  si erano mosse con leggiadria sulla tastiera del pianoforte di sua madre. Non ricordava con certezza quando il suo cuore vibrò estasiato nell’ascoltare il suono melodioso di quelle note, né tanto meno quando in lui scattò la voglia, o meglio ancora l’esigenza, di poter toccare quei tasti e di comporre musica. La sua musica, quella del cuore.

Amava la musica classica, era innegabile, ma adorava anche ascoltare nuovi generi musicali. Non aveva preconcetti, si lasciava trasportare dai suoni che le sue orecchie cristalline riuscivano ad udire, e gioendo riusciva sempre a scorgere in quelle note una raffinata bellezza irradiarlo di calore, sino a fargli percepire quelle luci variegate dei sette colori che i suoi occhi mai avevano potuto vedere.
Era cieco sin dalla nascita.
Il suo mondo era da sempre formato da ombre riflesse che leggermente intravvedeva nel buio più totale. Un buio freddo, tetro e costante dal quale poteva solo percepire rumori ed odori.
A volte gli sembrava d’impazzire.
I sentimenti delle persone gli precipitavano addosso con una forza tale da distruggerlo ogni volta. E prima ancora di poter percepire l’affetto di una gentile carezza sul volto, il calore di un abbraccio intenso e la dolcezza dell’amore in un piccolo bacio sulla guancia o a fior di labbra, il suo cuore veniva travolto dalla freddezza dell’egoismo e da una sempre crescente malinconia. – Sapeva di essere diverso e sapeva anche di generare una sorta di complesso in chi lo scrutava, sentendosi inadeguato.
Odiava sentir proferire “poverino” dagli sconosciuti, odiava quel loro atteggiamento di menzognera compassione. Come se davvero fossero interessati alla sua vita.

La musica era come una valvola di sfogo, come la sostanza di quella sua miserevole vita che era stato costretto a vivere. Il luogo in cui rifugiarsi quando si sentiva emarginato, mentre il desiderio di fuggire lo rendeva fragile e mentalmente instabile.

La sua era un’esistenza solitaria.

Un’esistenza intrisa di amarezze e di sconfitte.
Era solo in un mondo sconfinato e agghiacciate. – A tratti opprimente.
Molte volte si era ritrovato ad imprecare contro un cielo notturno, tetro, domandandosi quale cattiveria avesse mai commesso per essere il portatore di una tale sciagura.
Aveva una famiglia cordiale in quale vivere e persino degli amici fidati, forse doveva ringraziare piuttosto che inveire, però…
Però anche quella genuinità a volte scadeva a noia.

Com’erano i colori?
Di quale forme era composto il mondo?
Quali emozioni generavano i paesaggi che gli occhi incontravano, ad ogni loro battito di ciglia?

A volte avrebbe desiderato aver perso la vista dopo alcuni anni trascorsi ad assaporare quella vita, piuttosto che non averla mai osservata, vivendola passivamente.

I suoi sensi erano ben sviluppati, tutti eccetto la vista, ovviamente.
Poteva udire un rumore sin da molto distante e facendosi bastare l’olfatto, poteva tranquillamente riconoscere un particolare profumo rispetto ad un altro e sapere a cosa o a quale persona apparteneva. E con il suo senso tattile sopraffino, riusciva subito a capire quale oggetto le sue mani stessero sfiorando e di quale forma fosse stato.
Poteva tranquillamente sopravvivere in quel modo, senza porsi inutili domande, ma in cuor suo sapeva che non era la stessa cosa. Vivere e sopravvivere potevano anche apparire simili, ma erano due entità completamente opposte.

Perdersi a scorgere l’avvenenza di un volto che si amava, quali emozioni donava?
Poter cogliere la dolcezza del suo sorriso o la tristezza nei suoi occhi.
Era così splendido come aveva sentito raccontare?

 Malauguratamente però, quelle non erano sensazioni che gli appartenevano.
E persino rispondere a quelle innocenti domande era quasi impossibile.

Si soffermò ad accarezzare Miluna, il suo inseparabile amico a quattro zampe, che richiedeva le sue attenzioni.
Lentamente, le sue mani si strofinavano sul pelo del cane, donando a questo un’intensa sensazione di piacere. Si soffermò, tastando con gentilezza i contorni di quell’animale, idealizzando i suoi occhi tondi, il muso allungato, le orecchie a punta e il corpo chino su se stesso che agilmente camminava a gattoni, come facevano i bambini piccoli.
Per un attimo si chiese se quel cane non fosse un alieno!
Era così astruso, ed immaginarselo era davvero complicato, soprattutto per chi non ne aveva mai visto uno in vita sua.

Le seducenti sinfonie che lo stereo diffondeva nella stanza, invasero d’emozione le sue orecchie gongolanti. In quell’attimo fuggente, agguantò quel miraggio ad occhi aperti che si stagliava nella sua più fervida immaginazione e si sentì tremare di gioia.

L’armonia di quelle note, unite al suono nostalgico del violino gli fecero battere il cuore a ritmi indiavolati, colmi d’adrenalina. Si sentì preda di quel prodigioso cacciatore di sogni che ridisegnava paesaggi incantevoli e mutevoli negli angoli più remoti della sua coscienza, donandogli un calore del tutto particolare e indescrivibile.
Un sole brillante nel cielo, che riscaldava l’aria.
Il fragoroso suono delle onde lontane che s’infrangevano sulla battigia.
L’odore del salso e della sabbia.
La sensazione d’affondare con i propri piedi in quella distesa ambrata.

La vetta di una montagna innevata e gli alberi spogli sotto di essa. L’aria pungente che invadeva le narici e il freddo che penetrava nelle ossa, mentre la vista si smarriva nel paesaggio sconfinato e ricco di antiche tradizioni.

Una tiepida brezza, la Luna giocosa che rincorreva le stelle e si eclissava dal Sole, nella notte più profonda.

Una meraviglia dopo l’altra.
Emozioni e paesaggi vanescenti che tentavano di conquistare la sua anima e di soffocarla, facendogli perdere il respiro.
Scorci d’infinito dai contorni imperfetti e dalle linee semplici si stemperavano l’uno sull’altro, sovrapponendo colori idealizzati e odori conosciuti.
L’incertezza di non saper riconoscere la realtà dalla pura e affascinate fantasia, mentre il Sole immaginato si colorava di un giallo che somigliava all’arancio, e il cielo si tinteggiava raffinatamente di un turchese divenuto viola.

La neve che scendeva candida a terra, in piccoli fiocchi sospinti dal vento, e una montagna arida e scoscesa, dalla forma conica, dominava uno skyline cupo ed irrequieto, contrastato dal bianco candore che incessante scendeva a terra.

Una Luna tonda come un pallone rincorreva piccoli puntini di diamante in una notte di zaffiro che si tingeva anche di smeraldo.

L’inganno della propria mente.

Vivaci affreschi che sembravano disegnati dalle birichine mani dei bambini, ridipingevano scene inusuali e irreali che si confondevano in una realtà mai scovata.

Con la musica nelle orecchie, così vicina da potergli toccare il cuore, gli sembrava quasi di volare in quel cielo violaceo e incredibilmente profumato, dal sapore di vaniglia e cioccolato.
Volteggiava e danzava sospinto dal vento, senza mai sentire il peso del suo corpo e la terra sotto i piedi.

Era libero.

Libero di camminare a testa in giù, libero di correre ad una velocità folle, libero di sentirsi se stesso, di essere spensierato e di assaporare il mondo che mai avrebbe potuto divorare, sino a sentirsi sazio.
Voleva di più.
Ancora più in alto, su fino alle nuvole morbide come panna.
In alto fino a che le sue braccia glielo avrebbero permesso, nuotando freneticamente.

I suoi sentimenti erano finalmente liberi dalle catene che lo imprigionavano nel buio accecante.

Sorrideva, gioiva, s’innamorava e cantava con la stessa energia che lo trascinava prepotentemente verso le meraviglie dell’infinito – come essere catapultati nel Paese delle Meraviglie.
La sua voce arricchita e seducente infrangeva le barriere del tempo, diffondendosi in ogni dove.
Ancora più in alto, ancora una volta.
Raggiungendo le ombre colorate dei bambini che giocavano allegri.
La realtà mai gli era sembrata così divertente e miracolosa.
Una risata spigliata e l’eco della sua voce diluita dalle note di quella melodia di miele e mirtilli.

Era questo ciò che si provava a vivere realmente?
Oltre l’odio e la sofferenza c’erano anche l’amore e la dolcezza?

Voleva danzare ancora così. Voleva vivere ogni giorno immerso in quella serenità sfrenata.
La vita era già troppo desolante e monotona per non lasciarsi travolgere dalla passione nascente.

Le dita sottili e sicure intonavano l’armonia dell’amore, diffondendola con forza nella sala, saturando l’aria.
Si sentiva dannatamente bene. Così bene da poter cantare e suonare per ore intere, senza mai sentirsi stanco.
L’energia s’espandeva nel suo corpo, rinvigorendo i muscoli, le ossa e persino il cuore. Scacciando la malinconia quotidiana che fendeva la sua pelle lacerandola.
Si sentì ad un passo dal Paradiso. E d’improvviso quelle ferite si rimarginarono grazie ad una medicina sconosciuta e del tutto invisibile, che sgorgava dal suo cuore ancor prima che dalla sua mente.

La tristezza e la felicità erano solo il lato opposto di una stessa medaglia, e non poteva rinunciare ad una delle due, altrimenti, quasi sicuramente, le avrebbe perse entrambe. Conosceva la dolcezza perché aveva combattuto la freddezza dei cuori delle persone. Sapeva cos’ era l’amore solo perché aveva sperimentato l’odio - soprattutto quello per se stessi.

Se poteva cullarsi e perdersi nei meandri della sua mente oscura, che mostrava solo paesaggi desolanti e ripetitivi, immaginandosi l’incanto e il sapore frizzante della vita, di quella vera, era solo grazie alla sua musa ispiratrice: la musica.
Solo lei riusciva a donargli la forza per andare avanti, giorno dopo giorno, sperimentando nuove sensazioni e nuove esigenze.
Gli mancava la vista e mai avrebbe potuto ammirare il mondo per quello che era in realtà, – ne era consapevole -  ma avrebbe potuto costruirlo nella sua mente tutte le volte che lo desiderava, la sua chimera non lo avrebbe tradito. La musica non lo avrebbe mai abbandonato, lei sapeva come renderlo felice. Lei e solo lei poteva amarlo in quel modo, donando tutta se stessa per imprimere nella sua anima la vera bellezza. E lui avrebbe continuato a vivere solo per lei. Per l’emozione di poter abbracciare ancora una volta il calore della vita con quella naturale semplicità.


ANGOLO AUTRICE:
La storia ha di recente partecipato ad un bando letterario, tuttavia sembra non sia arrivata al cuore di coloro che giudicavano.
Quindi, ho ben pensato di postarla qui su EFP, sperando di aver potuto suscitare in voi, miei adorati lettori, un qualsivoglia tipo di emozione.
Un bacione a tutti,
Azzurra.

   
 
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