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Autore: The Cactus Incident    23/11/2012    1 recensioni
Il mio spettacolo era arrivato al termine, il sipario si abbassava e le luci si spegnevano, tingendosi di un applauso rosso scarlatto.
[...]
L’ascia si sollevò, pronta a calare senza esitazioni, ma il sibilo della lama che vibrava nell’aria fu interrotto, quando un verso infernale squarciò l’innaturale silenzio che per quella giornata aveva riempito Asgard.
[Daenerys Targaryen -Il torno di Spade]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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dany chapter 6

Un tacito accordo fra me e Daenerys suggeriva che nessuno dei due si esprimesse in alcun modo riguardo alla nottata precedente.
Un bene, visto che non avevo voglia di parlarne.
Stralci di quel sogno continuavano a tormentarmi i pensieri e mentre fissavo il piatto della mia cola-zione, si unirono e concatenarono, accogliendo tutti i particolari riguardanti il mio sogno, raggelandomi nel terrore.
Improvvisamente appariva ben delineato, talmente bene da sembrare vero, risvegliando in me il susseguirsi di emozioni e sensazioni che ne era scaturito.
La posata mi cadde di mano, mentre le immagini si srotolavano davanti ai miei occhi, come se le vedessi nel mio piatto pieno.
Mi alzai bruscamente da tavola, sotto lo sguardo stranito di Daenerys e chiamai a gran voce il nome di Rhaegal che subito si materializzò davanti al terrazzo.
Gli saltai in groppa e volammo via.
Solo dopo un po’ mi resi conto che aveva i finimenti.
-Chi ti ha messo la sella?-
-Madre, pensa sia meglio se la porto sempre. Che succede? Sento un sacco di strane sensazioni pro-venire da te-
-Ho avuto un sogno tremendo che non ne vuole sapere di andarsene- pensai mentre il brivido dell’altezza e l’aria sul viso alleviavano via via quella terribile sensazione lasciatami dal sogno.
Ispiravo a pieni polmoni l’aria rarefatta dall’altitudine e dalla velocità, il viso poggiato sulla superfice dura di Rhaegal.
-Ti va di parlarne?- “il drago psicologo”.
-Null’affatto. Ho appena deciso che passerò la giornata ad esercitarmi. Devo imparare a cavalcarti come un vero cavaliere, no? Allora c’è un solo modo per imparare-
-Come desideri- Disse accondiscendente, ma sentivo che era preoccupato per me.
Passai l’intera giornata ad esercitarmi e facemmo solo un paio di brevi pause.
Il mio già scarso allenamento fisico sembrava essere sparito del tutto. Per di più la totale assenza dei miei poteri mi limitava più di quanto avessi creduto, il ché mi faceva capire che avrei dovuto rimet-termi in forze se avessi voluto evitare di precipitare giù da un drago in volo.
Quando tornammo alla fortezza di Alfheimr era ormai il tramonto e trovai una Daenerys più preoc-cupata di quanto avrei creduto.
“Si può sapere dov’eri finito?” mi chiese secca e innervosita, quando mi vide rientrare sudato e do-lorante.
Ero decisamente distrutto: avevo preso una distorsione a una caviglia e un colpo nello stomaco dalla coda di Rhaegal. Sfortunatamente le sue capacità non avevano potuto granché con i miei acciacchi, ma vi basti sapere che era comunque stato in grado di risistemarmi almeno in parte.
“Non credo sia affar tuo” mi limitai a rispondere mentre con passo strascicato mi dirigevo nella mia stanza.
“E’ affar mio visto che sei sotto la mia tutela!”
“Tutela? Ti sembro un pupo in fasce? Non mi pare sia la prima volta che passo la giornata da solo con Rhaegal”
“Ma è la prima volta che esci dalla finestra, per di più in quelle condizioni”
“Ci terrei a precisare che sono uscito dal terrazzo e che le mie condizioni non ti riguardano” dissi asciutto e leggermente divertito sortendo l’effetto desiderato: s’innervosì maggiormente e sbraitò versi senza senso.
Era bello capire che in fondo, Daenerys era come tutte le altre donne: isterica, sentimentale e credu-lona.
Il problema era più che altro che tutto questo si trovava davvero molto, in fondo.
“Sei solo uno spocchioso pieno di sé! Avrei dovuto lasciarti a morire, maledetto il giorno in cui ho accettato!”
“Quindi è stata una tua scelta, nessuno ti ha ordinato niente. Sono commosso, davvero. Avresti potuto farti gli affari tuoi” Dissi fintamente commosso sull’inizio e quasi rabbioso sul finale, niente più scherno nella mia voce.
Lei sbraitò frustrata e si chiuse nel bagno grande tutta la serata.
Mangiai da solo e quando mi ritirai in camera mia, lei ancora non era uscita da lì.
Ero distrutto, quindi mi bastò infilarmi sotto le coperte per crollare nel sonno, ma ancora una volta non fu così tranquillo e ristoratore come mi sarei aspettato.

Nell’aria riecheggiavano i suoni della battaglia.
Rumore di metallo, grida, urla disperate, rumori umidi di vite spezzate e corpi che cadono al suolo. Avvoltoi che banchettano e un popolo di giganti in ginocchio.
Ma stavolta anche io sto combattendo. Continuo ad uccidere soldati di Asgard uno dopo l’altro per difendere l’unica ragione della mia vita, che si appallottola fra il mio corpo e quello di un altro gigante di ghiaccio.
E’ lo stesso bambino dell’altro sogno, che continua a rimanere raggomitolato nel piccolo spazio fra le mie gambe e quelle dell’altro.
“Fratello, devi portarli in salvo!” urla il gigante dietro di me. Oh, quindi era mio fratello. Da dire, mi somigliava decisamente di più rispetto a Thor.
“Ci sto provando, ma è impossibile! Dov’è Daenerys?” mi sento chiedergli. Come?
“Dietro quel muro, quella ragazzina non ne vuole sapere di arrendersi” mi risponde lui.
“Bene, allora coprimi le spalle, fratellino, e vedi di sopravvivere”
“Parla per te e porta in salvo la prole” Afferro il bambino per la mano e lo porto sulle mie spalle.
A quel contatto, il mio punto di vista si sposta su quello del bambino.
“Fra poco saremo in salvo, Loki, va bene?” mi rassicura il mio precedente punto di vista e io an-nuisco fra le lacrime.
L’uomo, mio padre, o semplicemente una strana versione di me Jotun, corre agilmente schivando colpi fino a raggiungere il muro dove si trova la stessa bionda bambina Jotun dell’altro sogno, Daenerys.
Ha una cerbottana e continua a lanciare dardi avvelenati che abbattono un soldato dopo l’altro.
“Daenerys!” grida mio padre quando siamo a qualche metro di distanza.
La bambina dagli occhi rossi e la treccia di platino alza il viso verso di noi e accenna un sorriso e un sospiro.
Le mie lacrime finalmente si fermarono, ma la pace non dura molto.
Uno strattone da destra manda a terra mio padre e quindi anche me. Rotoliamo sul ghiaccio e la nostra visuale viene quasi completamente oscurata dalla figura bionda dell’altra volta, sempre col volto oscurato.
Daenerys urla il mio nome a squarcia gola.
Vedo l’ascia calare e l’unica cosa che faccio è urlare il suo nome.
“Daenerys!”

“Daenerys!”
Senza rendermene conto mi svegliai ringhiando e urlando il suo nome, gli occhi stracolmi di lacrime e il corpo scosso da tremiti.
Quando mi guardai attorno, realizzando che fosse solo un sogno, Daenerys era già lì, l’aspetto sfatto e le mani attorno alle mie spalle.
“E’ successo ancora?” chiese tranquilla e ansimai, osservandola e confrontando la vera Daenerys con quella del sogno.
“Perché sei qui?” chiesi dopo un po’, la voce tremante e spezzata, leggermente acuta.
“Hai chiamato il mio nome diverse volte, allora sono venuta. Vuoi raccontarmi che succede?” sospirai e affondai le mani nei capelli, mentre osservavo le coperte color glicine.
“C’era una battaglia, eravamo su Jotunheim e tu eri una bambina Jotun. Io ero mio padre e stavo sulla sua schiena e mentre correvamo da te un Asgardiano ci ma buttato al suolo e ha ucciso mio padre. E’ stato terribile” quelle parole lasciarono la mia gola prima di passare per la mente.
Senza rendermene conto le avevo raccontato il mio sogno, mossa davvero stupida.
“L’altra volta hai sognato la stessa cosa?” si limitò a chiedere lei, gentilmente.
“Non esattamente, ma molto simile. E’ per questo che sono scappato dalla finestra, ho ricordato il sogno solo a tavola” smozzicai tremante.
Le sua braccia sottili avvolgerono la mia schiena e prese a carezzarla lentamente. A quel contatto m’irrigidii maggiormente, per poi rilassare i muscoli in quella presa rovente, ma delicata che erano le sue braccia.
“Perché fai così?” chiesi istintivamente. Avrei dovuto ritrarmi da quel contatto, ma ero troppo stre-mato.
“Cosa intendi?” chiese stranita, irritandomi. Era impossibile che non avesse capito.
“Ti tratto male e provo ad innervosirti in tutti i modi possibili, eppure eccoti qui”
“Sono una stupida e per di più legata da un giuramento, oltre che incatenata da un’umanità che tu spesso tendi a mettere completamente da parte. Non avrei mai potuto lasciarti ad urlare da solo, per di più il mio nome. So cosa vuol dire e nessuno lo merita”
Rimasi in silenzio, col viso affondato nelle mani e le sue carezze sulla schiena sudata.
Senza rendermene conto caddi addormentato, il viso poggiato sulle sue ginocchia. Me ne resi conto solo all’alba, quando mi svegliai.
Il mio viso sulle sue ginocchia e lei poggiata alla mia schiena. Abilmente scivolai da sotto il suo busto e la lasciai a dormire più comodamente sul mio letto.
Dopo essermi preparato e vestito, andai a rintanarmi in biblioteca alla ricerca di qualcosa di utile che potesse distrarmi dai miei pensieri.
Adesso il mio pensiero doveva volgersi più insistentemente di quanto avessi fatto fino a quel momento, a come distruggere i sigilli che bloccavano i miei poteri e in questo la biblioteca di Alfheimr era completamente inutile.
Ero ancora diviso fra il pensare se in quell’insulso regno, di magia ne sapessero poco più di zero o se semplicemente ignorassero gli altri nove regni e le loro potenzialità.
La cosa più interessante che avevo trovato era stato un volume su tutte le creature dotate d’intelligenza dei nove regni e per assurdo c’erano anche Asgardiani e Midgardiani. Decisamente sopravvalutati se si tratta di creature intelligenti, soprattutto i primi, ammettiamolo.
Sorpassati i capitoli più inutili, il mio occhio fu attratto da un’illustrazione di un corpo massiccio e blu.
Rimasi a studiare a lungo l’illustrazione.
Cosa sarebbe successo, se la mia mole minuta non fosse mai esistita? Se fossi stato anche io grosso e disgustosamente blu come tutti gli altri? Se avessi combattuto e fossi stato come quello strano padre del mio sogno?
Daenerys era stata l’unica in grado di calmarmi, due volte.
E poi cosa significavano quei sogni? Anni di esperienza mi avevano insegnato a non minimizzare gli avvertimenti che la nostra mente ci fornisce attraverso i sogni. Spesso parti del nostro cervello che non siamo in grado di controllare appieno, arrivano alla soluzione dei pensieri che ci affliggono ben prima di noi.
Quei sogni non potevano essere ricordi, in alcun modo, ne ero certo.
A quell’età io ero già arrivato ad Asgard, per di più Daenerys era una gigantessa di fuoco, l’avevo visto più volte, era impensabile che cambiasse la sua natura così e per di più che venisse dal mio passato.
No, non erano ricordi, ero sicuro, erano più scherzi del mio subconscio, ma non ne capivo il perché.
Cosa significava tutto quello? La guerra, io bambino e Daenerys che combatte e urla il mio nome. E poi il sogno che s’interrompe sempre con la morte di mio padre, esattamente identico a me in versione Jotun, ma ben più alto, questo biondo asgardiano e adesso anche questo fratello o zio con cui combattevo spalla a spalla…..
Le parole “biondo asgardiano” e “fratello” nella stessa frase, mi portarono a pensare al mio zotico fratellastro.
Rognoso, sentimentale e infantile. Tutto quello che un vero re non dovrebbe essere.
Sentii come lo schioppo di una frusta nella mente.
Thor.
Thor?
Thor!
Ecco…..
Avevo appena risolto il mistero che mi teneva incatenato a Alfheimr.
Era Thor il mandante di Daenerys.
Certo.
Questo spiegava gli abiti, l’elmo e il fatto che fossi ancora vivo. Era lui la figura bionda del mio sogno, colui che uccideva la mia famiglia, il mio futuro, ma risparmiava me.
Ecco spiegata la presenza di Daenerys nel sogno, ecco il perché della guerra.
Thor mi aveva salvato la vita, ancora una volta.
Un moto di rabbia indicibile, montò in me e scaraventai il libro contro il muro, prendendo profondi respiri dal naso.
Quell’idiota. Quel grandissimo pezzo di idiota, l’unico in tutto l’universo che continuava a definirmi suo fratello.
Ecco che tutto quadrava. Rimaneva ancora l’incognita Daenerys, visto che ancora non mi era molto chiaro da dove saltasse fuori e quale fosse il suo posto nel grande disegno che stava architettando quella zucca di Thor.
Ma certo, avevo avuto la soluzione sotto al naso per tutto il tempo. Talmente banale che avevo im-piegato quasi un mese per arrivarci. E’ vero che più i ragionamenti sono banali e più ci si perde.
Avevo completamente ignorato il mio tanto acclamato fratello. Lo sottovalutavo così tanto da non crederlo capace di inscenare un rapimento con i fiocchi. Sicuramente era stato aiutato da lei, senza alcun dubbio.
Avrei dovuto tenere la mia scoperta per me. Daenerys per prima, non avrebbe dovuto sapere niente o l’avrebbe di corsa riferito a Thor. Per non parlare di Rhaegal che sarebbe andato in paranoia.
Ultimamente stavo seriamente pensando di non uccidere la gigantessa. Oltre che a fare un piacere a Rhaegal tenendola in vita, avrei avuto un’ottima alleata, se solo fossi riuscito a guadagnarmi la sua fiducia, cosa che, fra l’altro, lei sembrava provare a fare, anche se con i piedi di piombo.
Forse un altro ordine impostogli dal principe Asgardiano. Puah!
Credeva davvero che un paio di occhi dolci, una chioma di luna e un corpo sinuoso riuscissero a piegarmi e rendermi schiavo, suddito e succube?
Povero illuso, era sempre stato un animo romantico, quell’idiota del mio fratellastro.
Beh, personalmente avevo un pensiero in meno, adesso.
Avendo intuito che era stato Thor a evitarmi la morte, ero più che certo che né mi avrebbe riportato ad Asgard, né mi avrebbe ucciso.
Insomma, era Thor, sarebbe bastato fargli credere quello che più desiderava e poi l’avrei colpito alle spalle sul più bello, perché se c’è un difetto che più preferisco del caro Thor è che, qualunque cosa io faccia, lui continuerà a perdonarmi e a vedere del bene in me che non esiste più da molto tempo, se mai c’è stato.
Raccolsi il libro che avevo tirato e lo riportai in camera. Erano passate diverse ore da quando ero uscito, ma sentii Daenerys cantare nel bagno grande.
Possibile che non me ne fossi mai reso conto? Eppure aveva una voce incantevole.
Bene, mi sarei guardato bene dal farglielo notare.
Arrivato nella mia stanza, la vista del mio elmo mi innervosì ulteriormente e vi scagliai contro il mal-capitato libro riguardante le creature che per la seconda volta andò contro il muro.
Prese in pieno il mio elmo ed entrambi rovinarono a terra. Dopo di quello Daenerys chiamò il mio nome dal bagno, ma uscii nuovamente prima che potesse anche solo uscire dal bagno.
Mi bastò pensare il nome del mio drago e buttarmi dalla terrazza.
-E’ rischioso se continui a fare così, prima o poi sarò troppo distante per prenderti al volo e morirai- mi ammonì il mio regale destriero, estremamente divertito. Sorrisi con lui.
Era assurdo il modo in cui Rhaegal influenzasse il mio umore col suo sempre allegro e scherzoso. Se nelle altre persone, caratteristiche simili m’innervosivano, in lui mi contagiavano. Quasi sicuramente dipendeva dal nostro legame e da quella strana aura che circonda i draghi e influenza chi gli sta vicino.
L’influenza di Drogon probabilmente noceva alla salute.
-Sai Rhaegal, c’è una cosa che ti eleva di almeno tre o quattro gradini rispetto al resto del mondo, ai miei occhi. La tua vita è legata alla mia e, oltretutto, io mi fido di te-
Detta così sembrava che dessi più importanza al primo fattore, ma sapevo che lui avrebbe capito.
Emise un versetto divertito e accelerò leggermente, facendo sì che venissi strattonato indietro dalla fisica. Prontamente mi aggrappai al maniglione della sella e sorrisi divertito.
-Che c’è? Vuoi disarcionarmi?-
-Voglio vedere se hai imparato qualcosa- disse sfidandomi.
-E va bene, l’hai voluto tu-
Tolsi i piedi dalle staffe e lasciai il maniglione, spingendomi indietro e rotolando sulla sua schiena, per poi posizionarmi su un ginocchio e puntarmi con un piede , aggrappandomi ad  un paio di corna che adornavano il suo corpo dalla cima della testa fino alla coda.
Dopo un paio di ore passate a fare acrobazie su Rahegal e aver sfidato la morte almeno quattro volte, tornai al castello per ora di pranzo. Qui trovai Daenerys con i capelli sciolti e le sopracciglia aggrottate, mentre ripuliva un pugnale dalla fattura non indifferente.
«Hai mai pensato di fabbricare armi utilizzando il fuoco dei tuoi draghi? Quel poco che ho trovato nella biblioteca del palazzo parla di armi potentissime dal potere illimitato» dissi a mo di saluto.
«Buon giorno anche a te Loki, dormito bene?» chiese fintamente gentile e feci una smorfia scocciata.
«Molto comodo, grazie. Comunque, parlavo seriamente riguardo alle armi»
«Lo so, ma sfortunatamente per me non sono un fabbro e di certo nessuno dei miei draghi si mette-rebbe al servizio di un professionista per procurarmi un paio di pugnali»
«Vedo che li prediligi alle spade»
«Li trovo più maneggevoli» mi guardò a lungo, poi inarcò un sopracciglio. «Ti trovo stranamente di buon umore. Cosa insolita, vista la nottata»
“Oh, gli allenamenti stanno dando i loro frutti... oltre che un sacco di lividi” Ma quanto diventavo affabile, quando riuscivo a rimettermi in gioco e smettere di essere una pedina in mano di altri.
Fra l’altro dovevo riuscire a guadagnarmi la sua fiducia, dovevo impegnarmi e dar fondo a tutte le mie capacita di bugiardo e ingannatore.
La donna mi guardò leggermente stranita, ma anche se non sembrava voler abbassare la guardia, si concesse un mezzo sorriso.
“Si, in effetti i primi tempi è dura. L’importante è che tu stia imparando come gestirlo. Immagino che Rahegal non abbia un carattere troppo tranquillo e docile”
“Null’affatto, anzi, sembra divertirsi a mettermi in difficoltà e salvarmi a un pelo dalla morte” dissi tranquillo e lei sorrise, riponendo il pugnale che aveva appena finito di lucidare, in una fodera di cuoio.
Mi sedetti sul divano e questo mi provocò una fitta di dolore alla schiena che mi fece involontariamente emettere un mezzo gemito di dolore.
Daenerys si voltò preoccupata e il suo sguardo chiedeva già chiaramente a cosa fosse dovuto quel verso insolito.
“Niente di ché, dolori procurati dall’allenamento di oggi”
Più guardavo Daenerys e più pensavo “Thor”.
Thor, quello stupido.
Thor, il figlio idiota di Odino.
Thor, il quasi re di Asgard, forse ben più illegittimo di me.
Mi avrebbe permesso ancora una volta di avere la mia vendetta.
Le ancelle stavano apparecchiando la tavola.
“Hai bisogno che ti medichi?” chiese Daenerys mentre riponeva il resto dei suoi pugnali.
“No, sono banali ematomi, guariranno in qualche giorno”
“Se posso permettermi, prima di provocarti ulteriori ferite in sella a Rahegal, resta a terra e irrobustisci i muscoli. Sembrerà una sciocchezza, ma potrebbe aiutarti ad aver un controllo maggiore del tuo corpo e a riuscire a rimanere aggrappato più facilmente. Ovviamente è solo un consiglio”
Irrobustire i muscoli. In effetti ci avevo già pensato anche io.
“Grazie, terrò in considerazione il tuo consiglio” sembrò rimanere decisamente sorpresa della mia risposta gentile, ma annuì senza fare ulteriori domande che probabilmente le ronzavano nella testa.
Ah, quale gioia.
Soffocando un sorrido soddisfatto, rimasi a guardare le giovani donne che si adoperavano per imbandire la tavola.
Quando ebbero finito, scoccai un’occhiata alla mia carceriera e andai a sedermi.
“Mangiamo?” chiesi tranquillo e lei si sedette di fronte a me come sempre, augurandomi un buon pasto e cominciando a mangiare.

    




Saaaaaaaaaaalve v.v
Ci sono un paio di rivelazioni interessanti qui, eh?
Ci terrei a precisare che però sono solo sospetti di Loki, potrebbe anche fare un buco nell’acqua…. (seh, credici)
Non mi viene molto da dire, tranne che questo è l’ultimo capitolo completo che ho ._.
Devo mettermi sotto a lavorare…. Tanto adesso hanno anche “oKKupato” la mia scuola….
Avrò un po’ di tempo in più per scrivere v.v anche se l’ispirazione scarseggia….
Non disperate, ce la farò :D
Ringrazio Efy e_Lenalee_ per aver recensito lo scorso capitolo :D
Al prossimo chap! :D
The Cactus Incident
  
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