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Autore: Ismene_    23/11/2012    6 recensioni
Non era una situazione naturale.
Era una sera d’agosto e due tra i più virili ragazzi di Hogwarts si erano imbattuti in una creatura misteriosa sulla strada del ritorno verso casa. Ma la cosa meno naturale era la loro reazione. Nessuno avrebbe immaginato di vedere, mai in tutta la propria vita, quei due in preda al panico.
Storia scritta per il contest: L'Arricciaspiccia ed il Soffiablabla.
- Come spiegare il mondo Babbano ad una ''Triglia"-
Genere: Comico, Demenziale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nick Autore: (sul forum e su EFP, se differenti) mitty95/Ismene_

  Titolo: Lo scaccia fantasmi

 ∙ Genere: Demenziale

 ∙ Rating: Verde

 ∙ Avvertimenti: One shot

 ∙ Introduzione: Non era una situazione naturale.

Era una sera d’agosto e due tra i più virili ragazzi di Hogwarts si erano imbattuti in una creatura misteriosa sulla strada del ritorno verso casa. Ma la cosa meno naturale era la loro reazione. Nessuno avrebbe immaginato di vedere, mai in tutta la propria vita, quei due in preda al panico.

 ∙ NdA eventuali: Nella fic Sirius (la triglia) non prova l’oggetto nel vero senso della parola. Descrivo uno spaventapasseri, quindi non potrebbe proprio provarlo. Però ha su Sirius l’effetto descritto da James. Lo spaventapasseri dovrebbe far scappare i passeri e, l’oggetto descritto da James, delle altre creature. Nella storia riesce a far scappare Sirius. Okay, così non è molto chiaro(non lo è per niente), spero si chiarisca leggendo! E che vada bene lo stesso.

Buona lettura!

 

Lo scaccia fantasmi.

 

Era una sera di fine agosto nell’entroterra scozzese. I girasoli che iniziavano a seccarsi erano fra le prove dell’estate torrida che stava per volgere al termine.

Era stata bella, quell’estate.

“L’ultima che passeremo insieme” aveva detto un alquanto depresso Peter Minus.

“Coda, ti sbagli. Non è l’ultima. È soltanto l’ultima di un’era. L’estate prossima saremo persone diverse. E chissà, io e la mia Lily saremo sposati”. James Potter doveva mostrarsi convinto per convincere gli altri. Nessuno li avrebbe mai divisi, ma la lontananza faceva paura anche a lui.

Quella sera, dopo aver salutato gli altri Malandrini, lui e l’inseparabile Sirius Black furono costretti a tornare a casa a piedi per la prima volta nella loro vita. La motocicletta del giovane rampollo di Casa Black era in “fase di aggiornamento”. Nessuno sapeva cosa ne sarebbe venuto fuori dopo le modifiche apportate dal ragazzo.

Camminavano in silenzio, i due piccoli uomini. Spesso vi erano dei silenzi fra di loro. Silenzi pieni di parole. Mentre camminavano con lo sguardo a terra, i pensieri dell’uno venivano colti dall’altro. Era simile al rapporto fra due gemelli, il loro. Perché infondo sapevano anche loro che dopo quell’ultimo anno le cose non sarebbero state più come prima. Tutto cambia dopo i M.A.G.O., si sa. Sarebbero restati amici, questo è ovvio, ma dove avrebbero architettato i loro scherzi? Non avrebbero più passato le notti a picchiarsi, mangiare le delizie “prese in prestito” nelle cucine, copiare i compiti da Remus, ridere, fare programmi. Come si sarebbero protetti a vicenda? Peter ce l’avrebbe fatta senza il loro appoggio? Avrebbero avuto il tempo di recuperare la Mappa del Malandrino?

No, le cose non sarebbero state uguali.

Ma loro due? Lui e Sirius erano davvero fratelli. Anche loro si sarebbero allontanati?

Questo si chiedevano silenziosamente i due fratelli dal sangue diverso.

Camminavano fianco a fianco, i due piccoli uomini. Poi uno di loro, quello dagli occhi di ghiaccio, alzò lo sguardo verso la campagna e vide qualcosa che mai aveva visto in vita sua.

Un uomo. No, non un uomo. Un… qualcosa di molto somigliante ad un uomo. Che fosse una delle creature magiche rarissime e sconosciute che Remus studiava nelle ore del Professor Kettleburn? Era vestito di poveri stracci, l’unico capo di abbigliamento ben distinguibile era una giacca. Ad attirare maggiormente l’attenzione vi era un enorme cappello di paglia alquanto malridotto. Al posto degli occhi aveva due pomodori. Un enorme oggetto a punta sembrava sostituire il naso, ed un filo di lana era la sua bocca. Nessuna traccia delle orecchie.

“J-James, James, amico, cos’è quello?” chiese balbettando al suo compagno.

“Felpato si direbbe che tu abbia visto Mocciosus con i capelli pu…”.

Ma James Potter non riuscì a terminare la frase. I suoi occhi erano caduti sulla causa del terrore di Sirius. Una cosa lo colpì e lo terrorizzò più del resto. Quel mostro non aveva delle gambe! O meglio, le aveva, ma una soltanto. E di legno!

“Black, come credi che abbia perso entrambe le gambe?”.

“Le gambe? Per i gioielli di Godric Grifondoro, ha soltanto una gamba. E di legno! Ma che posto è mai questo? Dove siamo finiti? Potter voglio una risposta!”.

Non era una situazione naturale.

Era una sera d’agosto e due tra i più virili ragazzi di Hogwarts si erano imbattuti in una creatura misteriosa sulla strada del ritorno verso casa. Ma la cosa meno naturale era la loro reazione. Nessuno avrebbe immaginato di vedere, mai in tutta la propria vita, quei due in preda al panico.

James Potter si rese conto della loro reazione esagerata. E decise che era suo compito salvare quella situazione disastrosa. In fondo lui era James Potter.

Era James Potter, sì. Ma cosa diavolo era quell’essere?

“Calma fratello, calma. So di cosa si tratta”. Il suo sguardo era quello di un padre sicuro che rassicura il figlio che crede di aver visto un lupo mannaro. Okay, forse questo paragone non è molto adeguato viste le loro amicizie.

“Lo sai James, lo sai?”. Sirius invece aveva molto in comune con un cagnolino che aspetta che il suo padrone gli lanci un osso. Mancava soltanto la sua lingua di fuori.

“Una volta ne ho sentito parlare. Forse tu sei troppo giovane per ricordarlo, ma c’era un volta mia nonna, che amava il mondo dei Babbani quasi di più di quanto amasse mio nonno. Quando ero un bellissimo, dolcissimo e amatissimo bambino mi riempiva la testa di chiacchiere su vari oggetti particolari presenti nelle case dei non maghi. Cose tipo scatole più corte delle mie gambe capaci di contenere uomini, interi edifici e addirittura galassie! Guardando bene quel mostro, sento di poterti rassicurare. Non hai nulla da temere. Si tratta semplicemente di uno spaventa-sguatteri… no, aspetta, non è proprio così. Uno scaccia… uno scaccia fantasmi, sì è uno scaccia fantasmi!” disse James soddisfatto.

“Uno scaccia fantasmi?” chiese Sirius perplesso, ma rassicurato. Aveva preso l’osso! “Ma perché mai dovrebbero scacciare i fantasmi?”.

“Devi sapere, amico mio, che queste campagne non sono tranquille come sembrano. E i fantasmi che le infestano non sono innoqui come quelli di Hogwarts o immaginari come quelli della Stamberga strillante… sono dei veri e propri mostri!”.

“Ma come James, mi avevi detto di stare tranquillo!”. Sirius Black piagnucolava come una femminuccia. Non aveva però tutti i torti. Attorno a loro era calato il buio e James, con la sua bacchetta, proiettava una luce inquietante su una parte della sua faccia, che prendeva così l’aspetto di quella di uno scheletro.

“Infatti non hai nulla di cui preoccuparti”

 (pausa d’effetto)

 “fin quando lo scaccia fantasmi è con noi!”.

“Ad essere sincero non mi sembra molto forte e resistente…”.

“Sirius, Sirius… quando imparerai a darmi ascolto? I fantasmi che infestano le campagne sono uomini la cui vita è stata terribile…”.

“Terribile?”.

“Già, ter-ri-bi-le. Poveri uomini maltrattati dalle proprie mogli, costretti a lavorare tutto il giorno in questi campi senza mai poter assaggiare il frutto delle proprie fatiche. Digiuni per settimane, mesi, per sopravvivere furono costretti ad adattarsi a bere l’acqua piovana accumulatasi nelle pozzanghere fangose e a mangiare foglie e sterco di animali. Le loro condizioni erano davvero inumane. Tornati a casa dovevano guardare per ore ed ore le loro mogli consumare lunghe ed abbondanti cene. Soltanto allora potevano andare a riposarsi. Ma per poche ore: guai se li avessero trovati a letto dopo lo spuntar del sole…” la sua voce diventava sempre più terrificante.

“James ma è terribile! Perché nessuno si è mai ribellato?”.

“Oh, non mi hai fatto finire, amico. Si organizzarono, quegli uomini. Succubi delle loro mogli crudeli e non trovando il coraggio di ribellarsi da soli, si unirono. Una mattina, dopo vari mesi di preparazione a livello psicologico, si svegliarono determinati a mangiare gli agognati pomodori. Ah, quei succosi pomodori! Non ricordavano ormai più il sapore di qualcosa che non fosse terra o sterco. Li avrebbero mangiati loro, i pomodori”.

“Sì, bravi! Hanno perfettamente ragione. I pomodori! Sai James, io non avevo mai pensato a quanto potesse essere gratificante mangiare dei pomodori coltivati con le proprie mani e a lungo desiderati. Ho finalmente capito lo scopo della mia vita, fratello! E tutto grazie alla mia moto, che ho deciso di modificare. E a Remus, che non ha potuto accompagnarci. A Peter, che ci ha mostrato la strada. E ha te, James Potter, che hai tramandato fino a me la storia che un giorno tua nonna ti raccontò, prevedendo che sarebbe stata utile per il tuo futuro amico Sirius Black! Io, fratello, farò il contadino! Coltiverò pomodori dall’alba fino al calar del sole. Berrò il sudore della mia fronte e non avrò più bisogno di pensare allo scorrere del tempo. Il sole sarà a regolare la mia vita. E coltiverò soltanto pomodori, in memoria dei giovani uomini che non poterono mangiarli. Ogni giorno porterò quelli più dolci e succosi sulle loro tombe, per avverare il loro desiderio!”.

“Muuwhahahaha”.

“Potter, non ti starai mica prendendo gioco di me? I contadini sono forti, potrei farti molto male”.

“Era una risata malefica, contadino! Tu non sai come andò a finire la storia…”.

“Oh no, i contadini morirono, altrimenti oggi non ci sarebbe lo scaccia fantasmi. Dimmi come Ramoso, dimmelo!”.

“Uno di loro, non appena prese in mano il più bel pomodoro che avesse mai visto, rossissimo, dolce, appetitoso, simile a quelle delle mense degli dei, non riuscì a trattenersi…”.

“Cosa fece James, dimmi cosa fece!”.

“Urlò”.

“Urlò? Cosa, cosa urlò? Dimmelo  Potter!”.

“Ce l’ho fatta”.

“No, non ce l’hai fatta, idiota! Ancora non mi dici cosa rispose!”.

“Rispose “ce l’ho fatta”, idiota”.

“Sì, ce l’ha fatta! Lui e i suoi compagni ce l’hanno fatta! E POI? E POI?”.

“Brutte mogliacce, ve l’ho fatta. Ora, addentando questo pomodoro, vi augurerò tutte le maledizioni del mondo. E se non bastassero ne inventerò di nuove. E non potrete farmi niente, perché io non sono solo, io non sono solo!”.

“Già, lui non era solo!” urlò Sirius con le lacrime agli occhi.

“Ma, non appena le donne lo udirono, presero le forche, e dall’alto della collina scesero correndo come delle menadi impazzite. L’uomo sentì dei rumori, ma non si mosse né si girò a guardare cosa stesse succedendo. Lui non era solo, niente poteva succedergli. Ma, quando sua moglie lo chiamò, girandosi vide che si era sbagliato… lui era solo”.

“Solo?”.

“Si, Black, solo. I suoi compagni gli avevano voltato le spalle. I suoi compagni lo avevano abbandonato, vinti dalla paura per le loro mogli. Tutti, tranne uno, che restò con lui fino alla fine. Ma non bastò…”. Concluse la sua arringa senza esporre la conclusione. Così sarebbe stato un finale ad effetto, di gran classe. Aveva davvero reso giustizia a sua nonna, ampliando e migliorando la sua storia. Non aveva però pensato a come avrebbe reagito il suo amico.

“Non bastò? Come hanno potuto tradirlo? Erano suoi amici!”. Ora piangeva a dirotto, il povero Sirius.

“I veri amici si vedono di fronte alla paura, Sir. La scaccia fantasmi fu costruito dalle mogli. E cosa poteva terrorizzare i due poveri uomini? Di cosa hai paura tu, ora, fratello?”.

“Di non poter mangiare più i pomodori… io odiavo i pomodori fino a dieci minuti fa!”. Singhiozzava per quei dolci pomodori.

“Loro invece avevano paura degli altri contadini, di essere abbandonati di nuovo. E le donne lo sapevano, così decisero di costruire uno scaccia fantasmi che somigliasse ad un contadino. Tranne per gli occhi. Gli occhi erano due pomodori freschi e succosi”.

Sentirono dei passi. Dei passi felpati avvicinarsi piano piano. Sirius Black si girò di scatto.

Vide una donna.

Una donna con un cestino.

Un cestino pieno di pomodori.

Pieno di pomodori e di un qualcosa che per la paura del momento credette fosse una testa.

Non ce la fece, il povero Black.

Urlò. Urlò tanto, mentre scappava a gambe levate, seguito poco dopo dal suo amico che, pur sapendo di aver inventato gran parte della storia, non voleva per nulla al mondo restare solo con quella donna.

Era una sera di fine agosto nell’entroterra scozzese. I girasoli che iniziavano a seccarsi erano fra le prove dell’estate torrida che stava per volgere al termine.

Una serata come le altre in fondo. Con l’aggiunta di due coraggiosi Grifondoro che scappavano a gambe levate da uno scaccia fantasmi e dall’erede di coloro che lo avevano inventato.

 

  
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