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Autore: gaeshi    23/11/2012    1 recensioni
Tokyo, sera inoltrata; un qualunque vicolo con cassonetti e immondizia sparsa.
“Facciamo una scommessa?”
La bambina comparsa davanti a lui sembrava uscita da un film horror; apparsa dal nulla, capelli lunghi, scarmigliati e decisamente sporchi, vestiti macchiati e dai bordi a tratti lacerati. Qualunque studente avrebbe provato un minimo di timore, inquietudine, o alla peggio fastidio. Yoichi Hiruma, invece, esibì il ghigno che già a quindici anni lo caratterizzava e si fermò.
“Sentiamo”
Il quarterback dei Deimon non la racconta giusta alla sua squadra; ha una sorella, diabolica quasi quanto lui, ma nessuno sa quale sia il legame che li unisce... Forse nemmeno loro. Dal reciproco sfruttamento all'amore il passo non sembra breve... La strada per il Christmas Bowl sarà abbastanza lunga da aiutarli, o porterà solo imprevisti e problemi?
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deimon Devil Bats, Nuovo personaggio, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
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“Pronto?”
“Lei è il signor Hiruma Yoichi?”
“Sì, chi parla?”
“Sono Dorothy Morgan, del Las Vegas City Hospital. È stata richiesta una telefonata a suo carico dalla paziente della stanza 208. Accetta?”
“Ovviamente, mi passi mia sorella”
“Prego, attenda”
“...Yoni?”
“Ciao Nii-dick”
In Giappone erano circa le due del mattino, e nel buio della sua stanza Hiruma sorrise.
“Ce ne hai messo di tempo”
“Non rompere, secondo i medici non sarei riuscita ad usare le mani prima di una settimana”
Ci fu un attimo di silenzio, poi di nuovo la voce di Yoni, poco più che un sussurro.
“Portami via da qui”
Lo sguardo del quarterback si fece serio, e smise di masticare la gomma che teneva in bocca.
“Che succede?”
“Voglio andarmene sulle mie gambe, e non posso. E lei lo sa. E ci gode. Portami via”
Lo stava praticamente implorando, e fu questo a colpire Yoichi più di tutto. Erano passati due mesi, e la sopportazione della ragazza doveva essere arrivata al limite.
“Cazzo, devo attaccare, sta arrivando. Ci sentiamo, ciao!”
“Cia-“ “Chiamata interrotta. Se desidera ricontattare il numero, resti in linea. Le tariffe sono...” “Aaah, fanculo”
 
Yoichi riuscì a telefonarle di nuovo solo dopo due settimane, ricavandosi degli spiragli notturni tra partite e allenamenti, e la beccò in un momento di probabile crisi.
“Nee-shit?”
“Ehi...”
“Hai visto la partita?”
“No, ero in sala operatoria, le gambe hanno smesso di funzionare. Com’è andata?”
“Abbiamo vinto, ovviamente”
“Ovviamente. Ah, Mamori mi ha mandato un messaggio. Mi chiede quando penso di tornare, ma giro la domanda a te, Nii-dick…”
“I moduli sono pronti, tutti i medici sono d’accordo... Tranne uno”
“Yuriko Iwasaki, vero?”
“Hai bisogno di chiederlo?”
Yoni appoggiò il telefono sulle coperte per qualche istante, facendo delle inspirazioni profonde. Il fratello attese di sentire di nuovo il respiro regolare, per parlare.
“Come stai?”
“Di merda. Di merda, Yoichi! Viene qua tutti i giorni, e dato che la ignoro mi parla in continuazione!”
“E che ti dice?”
“Cazzate, per lo più. Cose come “le malattie mentali sono ereditarie; curioso, vero?” e “stai facendo progressi, grazie per rendermi sempre più famosa”. Non resisto più. Ti prego. Ti prego, portami via. Vuole tenermi qui, sospetto che rallenti la mia guarigione per studiarmi, lo farebbe, è capacissima di farlo. Cazzo, portami via!”
Yoichi si morse le labbra, nel sentire la sorella pregarlo con voce spezzata. Doveva sbrigarsi, Yoni era davvero sull’orlo del crollo per arrivare a ridursi così. E i sospetti su sua madre non potevano essere totalmente frutto di paranoie e crisi di nervi, motivo in più per muoversi velocemente.
“Sarai qui entro la prossima settimana, te lo prometto”
“...E come?”
“Speravo di non doverlo fare, ma è arrivato il momento di giocare la carta Yuya”
 
Nessuno seppe mai veramente come Yuya Hiruma avesse convinto l’ex-moglie a lasciar andare la figlia, né cosa avesse chiesto al suo primogenito in cambio del favore. Ma l’importante era che la ragazza stava tornando in Giappone.
Hiruma aveva fatto di tutto per tenere il ritorno di Yoni segreto. Voleva che la sorella arrivasse all’improvviso a bordo campo un pomeriggio, ghignante e pronta a punzecchiarli di nuovo; avrebbe fatto molto bene al morale della squadra, piuttosto nervosa per l’imminente partita contro i giocatori più forti del Giappone.
A scombinargli parzialmente i piani era stata Yoni stessa, comunicando ad Agon e Rui che stava arrivando, ma dando loro un orario sbagliato. Così per ridere, era stata la giustificazione.
La verità era che le mancavano gli unici amici che poteva considerare tali, ma voleva vedere Yoichi prima di tutti gli altri, voleva il suo ghigno che si allargava mentre si avvicinavano, e voleva quella tensione da “voglio abbracciarti e stringerti e riempirti di baci ma ora non ho intenzione di farlo perché non è nel mio stile”.
Ebbe quasi tutto; il viso di Yoichi non riuscì a mascherare un’espressione colpita, mentre lei manovrava la sua sedia a rotelle di ultima generazione. Gli aveva detto che aveva problemi con le gambe, ma vederla immobilizzata su una carrozzina faceva un effetto ben diverso.
“Nee-shit...”
“Che c’è? Non ti piace il mio nuovo bolide?”
Riuscì a farlo sorridere, e approfittò di quel momento di debolezza per tirarlo giù in ginocchio e stringergli le braccia al collo. Il quarterback non poté fare altro che ricambiare, e nell’abbracciare la sorella si rese conto di quanto fosse dimagrita in quei mesi in America... Ma anche, e soprattutto, quanto gli fosse mancato il profumo della sua pelle.
“Stupido aereo in ritardo, abbiamo girato un’ora sopra Francoforte. Agon e Rui dovrebbero arrivare tra una ventina di minuti”
“Sì... Più o meno...”
“Che hai combinato, Nii-dick?”
“Beh, dato che tu hai mandato all’aria i miei piani io mi sono preso la libertà di fare lo stesso coi tuoi. Habashira è fuori che ci aspetta sulla moto, il rasta di merda penso arrivi a breve”
Yoni sorrise, felice per essere di nuovo a casa, anche se il peso di quelle settimane in ospedale gravava ancora su di lei. Non ultimo, odiava dover dipendere dagli altri anche solo per alzarsi in piedi, ma la situazione sarebbe stata quella ancora per un po’, quindi tanto valeva rassegnarsi.
Yoichi fece per spingerla, ma lei azionò il motore della sedia a rotelle e scattò in avanti.
“Non sono tetraplegica, tsk”
“Oh, meglio, tanto non avevo voglia di spingerti fino a casa. Per questo ho fatto venire i tuoi schiavi”
“Ehi, non sono veri e propri schiavi, io non li ricatto come fai tu”
Un lieve “Kekeke” fuoriuscì dalle labbra del ragazzo, che rallentava il passo per camminarle a fianco.
“No, in effetti tu sei molto peggio; sei riuscita a fare l’unica cosa che non sarei mai stato in grado di fare...”
“Ooh, shut up, lo sai che ufficialmente io non so nulla e non ho fatto nulla volontariamente”
“Ah-ha. Rimani una stronza, lo sai?”
“Ammettilo, ti piaccio anche per questo”
Con la gente che si spostava automaticamente per farli passare, chi per paura e chi per educazione, arrivarono in fretta all’uscita dell’aeroporto; lì fuori, in perfetto divieto di sosta, a cavalcioni della sua moto stazionava Rui Habashira.
“Yoni-hime!”
Si passò una mano sui capelli e scese dal veicolo, avvicinandosi senza smettere di guardarla imbarazzato; le sue lunghissime braccia erano rigide, e i larghi occhi da camaleonte non riuscivano a fissarsi su un punto solo.
“Rui, non comportarti da coglione, in un paio di settimane torno a camminare” lo canzonò lei, divertita dalla situazione.
Sorrideva, era contenta di rivederlo. Lei e l’Habashira avevano, per così dire, stretto amicizia durante il periodo in cui il ragazzo faceva da schiavo per suo fratello. La maggior parte dei lavori consisteva nell’aiutarla con la spesa, nel portarla in giro, nel farle da facchino e altro, e dato che Rui non si fidava dei suoi sottoposti per un incarico così delicato –idioti com’erano, avrebbero potuto combinare casini e allora addio libertà!- aveva sempre provveduto personalmente al benessere della “Demoniaca Principessa”, come veniva chiamata allo Zokugaku, finendo per abituarsi alla sua presenza e a trovarla quasi piacevole.
“Ehi, spazzatura, toglietevi di mezzo!”
Arrivato in quel momento a bordo di un rombante SUV, fregato a chissà chi, Agon Kongo aveva appena fatto la sua scenografica comparsa. Tirato a lucido, occhiali nuovi, sorriso scintillante, scese con un salto dalla vettura con enorme disappunto di Habashira.
“Keh! Che fai qui, bastardo?”
“Beh, che c’è di strano? Vengo a salutare una mia cara amica che è molto che non vedo” rispose lui, con la voce da innocentino che tanto gli riusciva bene. Diede una spallata a Rui, che si scansò per un pelo, si diresse verso Yoni, e dopo averla afferrata per la vita la sollevò in aria stringendola in un abbraccio molto poco rispettoso che si attirò le occhiatacce di metà dei presenti.
“Umh... Ciao Agon. Mettimi giù ora”
“Beh, e questa freddezza?”
“Hai ragione. Mettimi giù, testa di cazzo”
La risata dell’atleta risuonò forte, mentre, suo malgrado, obbediva.
“Bene, ora che ci siamo tutti ritrovati in maniera tanto simpatica... Nee-shit, scegli il cavaliere che ti porterà a casa!”
I fratelli Hiruma ghignarono, mentre tra gli altri due divamparono occhiate infernali.
“È ovvio che verrà con me, sono in macchina, dove pensi di mettere la sedia a rotelle su quella modo da due soldi?”
“E che ne sapevo io che non poteva camminare? E poi tu non sei maggiorenne, non puoi guidare un’auto!”
Ovviamente Yoni aveva già deciso, ma li lasciò a scannarsi per un po’. Poi, stufa dello spettacolo, portò la sedia a rotelle il più vicino possibile alla moto di Rui.
I tre ragazzi si mossero contemporaneamente per aiutarla, ma l’unico a bloccarsi in tempo fu Yoichi, che aveva già capito come giravano le cose nella testa della sorella. Gli altri due si beccarono un acido “Ce la faccio da sola!”, e quindi si limitarono ad osservare.
Yoni appoggiò le mani sulla sella della moto, fece leva con le braccia, e dimostrando una forza impensabile per un corpo così magro si tirò su completamente. Ruotò il bacino e si sedette, sistemandosi sulla parte destinata al passeggero, poi si sistemò le gambe e drizzò la schiena con aria di trionfo, dissimulando l’immensa fatica che le era costata salire.
“Keh! Ho vinto io, scimmione!”
La rabbia di Agon era palpabile, e mentre Rui tirava fuori un altro casco Yoni gli fece un ghigno.
“Mi spiace, ma ho voglia di sentire il vento sulla faccia. Nii-dick, il mio bolide è pieghevole, pensaci tu a caricarlo”
Gli fece l’occhiolino, mentre il teppista inforcava la motocicletta e accendeva il motore, poi si strinse al suo “cavalier servente” e osservò il mondo sfrecciare via sull’asfalto.
Libera. Era libera.
  
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