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Autore: baby80    24/11/2012    11 recensioni
Cosa è passato nella mente di Diane subito dopo l'abbandono del suo promesso sposo e un attimo prima che decidesse di farla finita?
Ho provato ad immaginare i suoi pensieri e le sue sensazioni.
Torno a scrivere dopo tantissimo tempo, non assicuro nulla di buono :)
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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È trascorsa meno di un'ora da quando mia madre ha lasciato la mia stanza, persuasa forse dal mio sorriso e dalle parole che sono uscite dalla mia bocca, certamente più convincenti nella realtà di quanto non lo fossero nella mia testa.
L'ho guardata voltarmi le spalle e solo quando ho udito lo scricchiolio della porta confermare la distanza tra me e lei ho lasciato che le lacrime mi riempissero gli occhi, bruciandomeli, come fossero state veleno.
Ho pianto senza averne il controllo, priva di singulti, quasi impotente dinnanzi ai fiumi di liquido salato che sentivo scivolare lungo le guance, fin quando alla fine non sono giunti anche i singhiozzi e quei lamenti che ho tentato di bloccare fino all'ultimo, serrando la gola, privandomi del respiro.
Ma quando anche quel gesto si è rivelavo vano, sentendo ormai il dolore salire ai margini della lingua, ho affondato il viso sul guanciale permettendo alle grida di varcarmi le labbra.
Le urla, soffocate dai riccioli di lana grezza del cuscino, erano impercettibili al mondo esterno ma dentro di me erano così forti da farmi scoppiare la testa.
Ho ascoltato le mie grida ed il pianto unirsi in un suono che non ha nome, come il lamento di un bambino ed il guaito di un cane spaventato, una mescolanza di emozioni che in entrambi i casi straziano l'anima. Ed io l'ho sentita, la mia anima, lacerarsi lentamente e sanguinarmi goccia dopo goccia attraverso lo sguardo.
Mi sono assopita per una dozzina di minuti, tempo che ha lenito un po' il dolore, illudendomi che fosse stato tutto un brutto incubo, ma quando ho riaperto gli occhi la verità mi è apparsa più chiara di prima nell'oscurità della sera, che era giunta durante il mio stato di incoscienza, quasi come un dispetto.
Ho acceso una candela per allontanare il buio ed ora osservo il mio viso nello specchio che mi sta di fronte. Respiro profondamente ricercando la calma, ma il cuore è impazzito, mi batte nel petto agitando ogni muscolo del mio corpo, lasciandomi addosso un malessere che potrebbe farmi dar di stomaco da un momento all'altro.
Guardo il mio volto illuminato dalla flebile fiamma e fatico a riconoscermi: le palpebre sono gonfie e gli occhi sono velati da uno strato di lacrime che sembrano non aver ancora deciso se gettarsi nel vuoto o tornare da dove sono venute. Le guance sono rosse come mai lo sono state prima d'ora, mi pizzicano, irritate dal pianto che si è seccato sulla pelle.
Un sospiro mi sorprende, mi domando se un istante prima stessi respirando e mi rendo conto di non esserne certa. Forse no. No, certamente no.

“Tra qualche ora sarebbe stato il giorno più importante della tua vita. Saresti stata una moglie davanti agli occhi di Dio e degli uomini.”
mi dico, sussurrando all'immagine che mi sta di fronte. Vorrei piangere ancora, e così faccio.
Cos'altro mi rimane da fare se non questo?
Domani, alle nove del mattino, io, Diane Marie De Soisson sarei diventata la moglie di qualcuno. La consorte di un uomo che ho amato e rispettato profondamente. Un uomo di cui mi fidavo ciecamente e che dal giorno alla notte mi ha voltato le spalle, divenendo un estraneo, un individuo che non conosco.
Non sarò più la sua sposa, ne sono venuta a conoscenza un paio di giorni fa per bocca di un gentiluomo che non avevo mai visto e che si è presentato alla mia porta come Monsieur De Lyon, fedele e fidato amico di colui che si professava come mio devoto innamorato.

“Monsieur De Reim si è visto costretto ad annullare la promessa che aveva allacciato con voi, Madamigella De Soisson, per volere del padre e di un possibile rinnovamento del loro casato.
Mi angustia comunicarvi una novella così triste ma sono certo che voi capirete, Adrien ha sempre parlato di voi come di una giovane molto intelligente.
Monsieur De Reim vi augura una buona vita. Vogliate scusarmi ora. Addio Madamigella De Soisson.”
Ascoltai parola dopo parola ma non riuscii a dir nulla, soltanto in seguito, qualche minuto dopo, quando l'uomo era già scomparso tra le vie di Parigi, mi nacquero nella bocca mille e più domande da porgergli.
Cosa era successo? Perché Adrien non era venuto a parlarmi di persona? Stava bene? Forse gli era accaduto qualcosa e per non darmi un dispiacere avevano inventato una fandonia?
Decisi così di andare da lui, non avvertii mia madre, semplicemente uscii e mi diressi in quella che sarebbe diventata “casa nostra” una volta contratto matrimonio.
Quando vi giunsi lo vidi, il mio Adrien.
Non più mio, era evidente, perché la donna che era al suo fianco, vestita di bianco, da sposa, aveva certo più diritti di me nei suoi riguardi.
Ringraziai il cielo di essere a debita distanza da loro, dagli sposi felici e sorridenti, circondati da altre persone altrettanto felici.
Scappai il più velocemente possibile da quella scena che mi aveva dilaniato il cuore, spezzandolo in un sol colpo. Non fece male, non subito almeno.
Mi stupii di essere ancora viva, ma a quanto pare si può vivere anche col cuore diviso a metà.
Lo strazio giunse quando dovetti raccontare tutto a mia madre, fui io a far forza a lei, mostrandomi sorridente, per quel che potevo, giudiziosa e ancora piena di dignità.
Mentii, recitai, come non avevo mai fatto in vita mia, ma riuscii a convincerla.
Sapeva che stavo soffrendo ma ero stata in grado di nasconderle la gravità del mio dolore.
Ora, sola nella mia stanza, posso dar sfogo al male che sento divorarmi le viscere e che mi fa dubitare di tutto a questo mondo, e più di qualsiasi altra cosa, di me stessa.
Credevo d'essere una persona forte poiché ho continuato a lottare nonostante la vita non sia mai stata facile con me e la mia famiglia. Ho affrontato a testa alta la perdita di un genitore, la discesa verso la povertà, la sofferenza e la malattia di una madre, eppure ora sono annientata, come un verme che striscia su un mucchio di fango, perché un uomo mi ha abbandonata. Perché un uomo ha scelto una donna che non sono io.
Come è possibile? Dov'è la forza della piccola Diane? Quel pregio che mio fratello Alain mi ha attribuito da che ne ho memoria? Svanita. Persa. Forse non è mai esistita.
Seguito a guardare la mia figura nel vetro crepato che mi è dinnanzi ed è inevitabile il paragone che sento nascere nella testa, tra me e la donna che ho scorto accanto all'uomo che amo. Si, che ancora amo. L'amore non può cessare da un istante all'altro. E lui? Mi ha mai amato davvero?
Forse è stato realmente costretto a sposare quella nobildonna, per aiutare la propria famiglia. Non l'avrei fatto anch'io per mia madre e Alain?
Si, probabilmente si. Ma avrei trovato il modo di raccontare la verità ad Adrien e giurare che il mio amore per lui non avrebbe mai avuto fine. Mai.
Lui non l'ha fatto. È un vigliacco? O semplicemente non ha mai realmente amato il mio cuore?
In effetti, come si potrebbe amare una come me, una ragazzina povera e semplice, un'anima ingenua che non ha esitato a concedere più del dovuto quando ha udito qualcosa che aveva le sembianze dell'amore?
Passo le dita tra i miei capelli in disordine, tra le ciocche scure, così insignificanti a confronto con i magnifici capelli biondi di quella che è divenuta Madame De Reim.
Spoglio il mio corpo dell'abito che porto abitualmente di giorno e scruto la pelle nuda e fin troppo diafana, la figura sottile e quasi acerba.
Come si potrebbe desiderare un ramoscello fragile come il mio? Eppure lui ha osato più di quel che avrebbe dovuto. Si è accontentato di me in mancanza di altro?
Un turbinio di dubbi stanno soffocando la ragione. Cerco di rimanere lucida, ma l'impresa diventa sempre più ardua.
Cammino verso l'armadio e ne estraggo il mio abito da sposa, una vesta candida e dal taglio semplice. Un abito senza pretese, bello ma semplice.
Semplice è un termine che sta prendendo un significato del tutto differente dall'originale, tramutandolo in qualcosa di sbagliato, di inutile.
Esattamente come me.
Lo indosso lasciando che le lacrime scorrano senza costrizioni, mi concedo ogni singulto, ogni lamento, ogni piccola fitta di dolore. Ho tutto il diritto di struggermi dal dolore.
Questo è il solo lusso che posso permettermi.
Piango, mi dispero, mi getto sul letto nel tentativo di prendere sonno, siedo sul pavimento con le ginocchia contro il petto, provo a sistemarmi i capelli o riordinare la stanza, provo l'impossibile per liberarmi dalle voci che mi sono penetrate nelle orecchie. Tento qualunque cosa che mi permetta di star meglio, fosse solo per un istante, ma il dolore si fa sempre più prepotente fino a farmi perdere il senno.
Rido senza motivo, o forse l'ilarità nasce dalla mia stessa stupidità.

“Credevi davvero che ti avrebbe sposata? Hai guardato la donna che gli stava al fianco? Quella donna può definirsi a tutti gli effetti una dama, una signora, una moglie! Tu sei soltanto una ragazzina che ha creduto alle bugie di un uomo. Una ragazzina che ha visto ciò che voleva vedere.”
parlo a me stessa, con calma, con una mancanza di calore che mi rende difficile riconoscere la mia voce.
Poi ricomincio a ridere immaginando il mio fratellone una volta appresa la “nuova”.
Andrebbe su tutte le furie e certamente minaccerebbe di ridurre in polvere Adrien. Una scena esilarante se non fosse così dannatamente tragica.
Il riso si fa più amaro, quasi folle, e il terrore mi fa gelare ogni lembo di pelle.
Non potrei mai dare una notizia del genere ad Alain, non potrei sopportare il suo sguardo di compassione. Non posso. Lo farà mia madre, si, lo farà lei.
Siedo sul pavimento freddo, ho agguantato il lenzuolo che ricopriva il materasso e ho preso a rigirarmelo tra le mani, torcendolo come faccio di solito alla fontana, per strizzarlo dall'acqua.
Compio quel gesto senza un senso apparente, con lo sguardo perso nel vuoto. Mi sento meglio, o almeno così pare. Anche le lacrime hanno smesso di sgorgare dagli occhi, ma il dolore no, quello no. E li, fermo al centro del mio stomaco e grida, sussurra, e grida ancora, ricordandomi che sono sola, che sarò sola, perché c'è qualcosa di sbagliato in me, e lui sarà li a rammentarmelo ogni giorno, per tutta la mia esistenza.
Abbandono il pavimento e salgo sul letto, in ginocchio sul materasso.
Ora proverò a dormire un po', solo qualche ora, giusto il tempo di trovare un briciolo di pace.
  
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