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Autore: Andy Grim    12/06/2007    3 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5: Il ritorno

 

Capitolo 8: Il giorno più lungo dei Greason

 

UCPFH 08

 

 

“E

agle one a Mitchell Tower… qui Prima Squadriglia Sperimentale in rientro dall’area di New York per missione di intercettamento a sommergibile nemico… chiedo il permesso di atterrare… over!”

Mitchell Tower a Prima Squadriglia: permesso accordato. La pista 2 è libera: vento di 5 nodi al traverso. Scendere in ordine di volo, come da procedura.”

“Roger… chiudo!”

Il capitano Andrew Steve Greason mosse la manetta verso la direzione di chiusura e subito il possente rombo del radiale Pratt & Whitney Double Wasp[1] si fece più sommesso. Azionò poi la leva dei flaps, abbassò opportunamente il muso e, con alcuni calibrati colpetti di pedale si allineò perfettamente all’asse della pista. Quando l’altimetro registrò i centossessanta piedi[2] (l’aerodromo era praticamente a livello del mare), il pilota azionò il comando del carrello, si accertò che le spie confermassero la discesa e il successivo bloccaggio e richiamò dolcemente la cloche per riottenere l’assetto orizzontale. Come avvertì il colpo del terreno, efficacemente ammortizzato dai due carrelli principali, abbassò ancora la coda fino a far toccare anche il ruotino posteriore.

Premendo sui pedali per azionare i freni, Andy osservò la lancetta dell’anemometro calare progressivamente dalle 86 miglia della velocità di stallo alle 25 della regolamentare velocità di rullaggio.[3] Dopodiché, azionando la pedaliera (che comandava lo sterzaggio del ruotino, oltre al timone) lo Squadron CO procedette serpeggiando[4] fino alla sua piazzola di stazionamento. Tirò allora il freno di parcheggio, chiuse completamente la manetta e tolse il contatto. L’enorme elica quadripala Hamilton Standard Hidromatic[5] si arrestò dopo i consueti quattro-cinque giri di folle. Mentre gli specialisti di terra aprivano il tettuccio, Andy staccò i cavi, i tubi e le cinghie che lo collegavano al massiccio Republic P47 D-22 come un bambino a sua madre e si alzò per scavalcare il capace abitacolo. Rimase quindi in piedi sull’ala sinistra per osservare l’atterraggio dei suoi camerati, fino a quando non vide avvicinarsi la figura del tenente-colonnello Ira Eaker.

“Bentornato, Greason! Com’è andata la caccia…?” gli chiese quest’ultimo.

L’interpellato si sfilò il casco di cuoio e lo gettò rapidamente nel cockpit, poi saltò giù per andare incontro al superiore: “Poteva andare meglio, signore…!”

“Non siete riusciti a colpirlo?” domandò il futuro comandante dell’Ottava Forza Aerea americana in Europa.

“Beh… per colpirlo, lo abbiamo anche colpito” rispose il capitano, liberandosi dalla mae-west[6] “ma non posso garantirle che sia andato distrutto…!”

“Allora non farà molta strada… se l’avete colpito non riuscirà mai a riguadagnare il mare aperto riforzando l’imbocco della baia!”

“Già… sempre che quel demonio non preferisca passare per il Sound, dopo aver risalito l’East River: sarebbe effettivamente un pazzo se cercasse di uscire ancora da Coney Island…!”

“In un modo o nell’altro la Navy lo beccherà” ribadì il tenente-colonnello “sarebbe inconcepibile permettere a un maledetto nazi di giocarci un tiro del genere!”

“Yamamoto docet, colonnello… sono tiri che, almeno una volta, possono sempre riuscire. E quel dannato kapitan dev’essere senz’altro un ottimo allievo di Gunther Prien…!”[7]

“Lasciamo stare” tagliò corto l’ufficiale superiore “piuttosto, appena i suoi uomini la raggiungono, venite da me per il de-briefing: voglio tutti i particolari dell’attacco.”

“Signorsì…!”

I due si scambiarono il saluto, poi Eaker voltò le spalle al sottoposto per tornarsene nel suo ufficio. Andy rimase invece presso il suo nuovo apparecchio, attendendo di essere raggiunto dai suoi compagni di squadra.

Il reparto attualmente diretto dal tenente-colonnello Eaker, ovvero il 3rd Experimental Figther Group, era inquadrato nei ranghi della Fourth Air Force, a presidio del territorio nazionale ed era stato appositamente costituito per testare i nuovi modelli di caccia che l’industria aeronautica stava mettendo a disposizione dell’arma aerea. La Prima Squadriglia, comandata da Andy Greason, aveva pertanto il compito di portare in volo i nuovi possenti P-47. Lui e i suoi fedeli compagni - che era riuscito a portarsi dietro dalle Hawaii - avevano ricevuto questo incarico subito dopo il rimpatrio, nel quale lo aveva naturalmente seguito anche la sua dolce ed energica “metà”, che adesso prestava servizio all’ospedale cittadino di Saint Jacob.

Era da circa una settimana che le otto ex Tigri Volanti si occupavano di portare in volo quei magnifici “bestioni”, come li chiamavano scherzosamente. Massicci ma meravigliosamente veloci e sorprendentemente agili alle alte quote, grazie alla surpotenza garantita dall’efficace turbocompressore accoppiato al possente radiale a diciotto cilindri.[8] In picchiata facevano un po’ impressione, data la loro velocità terminale che poteva superare le 500 miglia orarie,[9] ma in compenso l’eccezionale robustezza della macchina, unita alle confortevoli dimensioni dell’abitacolo, dava ai piloti un piacevole senso di sicurezza. Come davano, durante le prove di tiro, un’esaltante impressione di potenza distruttiva le otto mitragliatrici da mezzo pollice sistemate nelle ali.

Mancava solamente una missione operativa a confermare le superlative qualità del nuovo mezzo… e così, quel venerdì 20 Febbraio 1942, i componenti del 1st Squadron del 3rd EFG, in forza alla 4th AF, erano stati finalmente accontentati!

Proprio quella mattina, infatti, Andy Greason e il fido James Stone si erano recati in città per consegnare una relazione tecnica negli uffici della Republic, situati nella Quarantaseiesima Strada. Una volta sbrigata la commissione, prima di rientrare al Mitchell Field, Andy aveva pensato di passare al St.Jacob per fare una visitina alla moglie, che non vedeva dal lunedì precedente (Flanny era entrata in servizio a tempo pieno e avrebbe avuto libera soltanto la domenica successiva) e chiederle se potevano magari pranzare insieme, dal  momento che nel pomeriggio non erano previsti voli di prova. Ma siccome era ancora troppo presto per il suo turno di riposo (erano le otto del mattino) lui e James avevano pensato di ammazzare il tempo facendo una passeggiata nella zona del porto.

Stavano dunque camminando lungo la calata 32, quando, dalla acque della Baia Superiore, era spuntato nientepopodimeno che un sottomarino tedesco…!

 

***

Quanto accaduto in seguito è facile da intuire… i due aviatori avevano raggiunto il primo telefono per avvertire l’aeroporto, erano saltati sulla jeep assegnata alla loro unità ed erano rientrati precipitosamente alla base. Dopodiché l’intera Prima Squadriglia Sperimentale, con i suoi otto P-47 nuovi fiammanti, aveva decollato alla volta della Grande Mela!

Quando erano arrivati sul cielo della metropoli l’impudente quanto audace Unterseeboot 855 del korvettenkapitan Herbert Thyssen, dopo aver seminato lo scompiglio nella Upper Bay dell’Hudson, si era già incanalato lungo l’East River (il canale che separa Brooklyn da Manhattan) in modo da riguadagnare l’Oceano Atlantico attraverso il Long Island Sound.[10]

Altri piloti avrebbero probabilmente desistito dal tentare un impresa del genere… ma non le vecchie Tigri Volanti del Gruppo comandato dal colonnello Hardgison a Kunming, né la 3a Squadriglia del 18mo Gruppo del maggiore Carson a Wheeler Field, né tantomeno le colonne portanti del 99mo Gruppo Caccia, fulcro della futura 10a Forza Aerea in Europa!

Cosicché, con un’audacia che rasentava la pazzia, gli otto Thunderbolt avevano picchiato, uno dietro all’altro, su quel temerario intruso… e i sempre affaccendati cittadini newyorchesi avevano assistito, dai ponti e dalle calate, a quell’imprevisto quanto avvincente spettacolo, dal quale gli spettatori più appagati erano sicuramente stati quelli sul Brooklyn Bridge, avendo visto i caccia passarci sotto per giungere radenti sul bersaglio…!

Come accennato anzitempo, l’esito finale dell’operazione non era stato esattamente quello sperato[11] ma, se non altro, i membri del 3rd EFG potevano dirsi soddisfatti per avere finalmente testato i loro nuovi caccia in una missione operativa reale.

***

“Perdiana…! E così l’avete proprio attaccato a volo radente?!” esclamò il tenente-colonnello Eaker, tra l’incredulo e l’ammirato.

“Sì, signore” confermò il capitano Greason “alla prima picchiata mi sono fatto precedere dal tenente Stone, dal sottotenente Maxim e dal sergente Williams, che hanno spazzato il ponte del sommergibile con le Browning per impegnare i serventi dell’antiaerea, così da permettermi di sganciare i due confetti da 250[12] che avevo caricato sul mio Jug.”[13]

“Magnifico…!” commentò il superiore “E lo ha colpito…?”

“Non gravemente, purtroppo” rispose Andy, scuotendo la testa “come mi hanno confermato i sottotenenti Hames e Harris, che hanno dato una seconda ripassata al bersaglio, dietro di me. Quando siamo risaliti oltre la quota di sicurezza imposta dai grattacieli e abbiamo invertito la direzione, ci siamo infatti accorti che navigava ancora!”

“E quindi…?”

“Abbiamo deciso di fare un secondo passaggio” il capo-squadriglia mandò giù il caffè contenuto nel bicchierino di carta “questa volta ho fatto io da apristrada insieme a Stone, scendendo a circa 15 piedi dall’acqua del fiume”[14] Eaker spalancò gli occhi, sbalordito “subito dopo è sceso invece il tenente Sanders, con altre due pillole tipo M31… lui è stato più preciso di me, ma nemmeno stavolta quel maledetto nazi ha voluto saperne di andare a picco!”

“Non capisco come ha fatto a scamparla” intervenne Victor, con tono stizzito “Roy mi guardava la coda, più in alto e diceva che l’avevo preso in pieno…!”

“E lo confermo” intervenne l’interessato “non ho visto colonne d’acqua, quindi entrambe le bombe lo hanno beccato di sicuro!”

“Probabilmente una delle due non è esplosa” osservò il tenente-colonnello “sono percussori di tipo nuovo, non ancora perfettamente a punto.”

“Chicchi di riso” esclamò Sanders, ancora irritato “se avessimo avuto delle M43 o delle 44, allora…”[15]

“Non potevamo usare quelle in piena città” obiettò il capitano “troppo pericoloso per i civili.”

“E certamente il comandante di quell’U-Boat contava su questo, quando gli è venuta la bella pensata di fare una visitina alla Grande Mela” concluse il comandante del Terzo Gruppo, battendosi le punte delle dita “beh, speriamo che la Marina riesca a intercettarlo prima che possa uscire dal Sound! Quanto a me, non mi resta che visionare i films delle vostre cinemitraglie[16]… ad ogni modo mi congratulo con voi per il magnifico lavoro: anche se la scampassero, quei crauti, come i loro camerati, avranno meno velleità per ritentare l’impresa” l’ufficiale superiore si alzò in piedi “congratulazioni, signori: avrete senz’altro una citazione ufficiale!”

“Grazie a nome di tutti, colonnello” rispose Andy Greason, mentre i suoi compagni si scambiavano sorrisi e pacche sulle spalle “ma forse gradiremmo maggiormente un po’ di riposo: collaudare quei bestioni per tutta la settimana non è stato particolarmente rilassante…!”

“Più che giusto… riprenderete servizio lunedì mattina. Vorrebbe congedare i suoi uomini, capitano? Dovrei parlarle in privato.”

“Bene… potete andare, ragazzi: ci vediamo dopo.”

I membri della squadriglia salutarono i superiori e uscirono dall’ufficio di Eaker. Questi fece cenno al capitano di sedersi e sturò una bottiglia di Bourbon, prelevata da uno stipetto. Aprì poi un piccolo frigorifero Philco ed estrasse la vaschetta del ghiaccio: “Due cubetti bastano?”

“Uno è più che sufficiente, signore.”

Messo il ghiaccio nei bicchieri, il comandante del reparto porse il suo al capitano e cominciò a versarci il whisky… ma, prima che arrivasse a metà altezza, Andy lo fermò alzando il palmo dell’altra mano: “Basta così, grazie!”

“Davvero…? Mi ricordo che a Spanner beveva di più.”[17]

“A Spanner ero ancora scapolo, colonnello…!” rispose Andy scuotendo il bicchiere per far sciogliere il ghiaccio.

“Ah, già… tendo sempre a dimenticarmelo” Eaker ridacchiò, sedendosi sul piano della scrivania “sarà che lei, dopotutto, non mi sembra cambiato molto!”

“Come pilota direi di no…!” ribatté Greason, mostrando un mezzo sorriso.

“Già… bene” Eaker si batté le mani sulle coscie “parlando seriamente, dai rapporti che ha redatto sul nuovo P-47, il suo giudizio sulla macchina mi è apparso molto favorevole.”

“È un apparecchio eccezionale, signore… Sasha Kartveli è un vero genio!”

“In effetti… questi russi danno il meglio di sé quando si occupano di arte, scienza e tecnica, piuttosto che di politica… come i tedeschi, del resto!”[18]

“Quando l’ho visto per la prima volta, mi chiedevo come potesse seriamente volare un affare simile…! In effetti è un po’ rigido alle basse quote, ma quando lo porti su e azioni la surpotenza, diventa un razzo. E nella manovra, almeno rispetto al P-40, sembra quasi una libellula… è incredibile!”

Il tenente-colonnello inclinò la testa: “Le confesso che, da un cacciatore nato come lei, mi sarei aspettato piuttosto una preferenza per il gioiello dell’NAA.”[19]

“Parla del Mustang?” il capitano sorseggiò dal suo bicchiere “Sì, ho provato anche quello, ma in quota non regge il confronto[20]… e poi mi sembra piuttosto fragilino, in confronto al Thunderbolt!”

“E uno come lei, che ha già sperimentato due atterraggi di fortuna, non può che apprezzare l’elevata robustezza di questa cellula, non è vero?” ammiccò Eaker.

“Può dirlo forte. Per non parlare della comodità di quel cockpit… c’è solo un posto, finora, dove mi sono sentito meglio…!”

“E sarebbe…?”

“Fra le braccia di mia moglie… ma questo è un caso limite!”

Il colonnello rise di cuore a quella battuta, ma tornò subito serio: “Sto per darle un’informazione strettamente confidenziale, Greason: il Dipartimento sta pensando di costituire una forza aerea da basare in Gran Bretagna, con lo scopo di effettuare incursioni in profondità sul continente europeo, occupato dai nazisti. Come sa, gli inglesi si sono spezzati le ossa nei pochi bombardamenti diurni che hanno tentato e hanno preferito ripiegare sulle incursioni notturne. Il generale Arnold e il generale Marshall[21] sono invece convinti che solo le incursioni diurne potrebbero garantire una precisione bastante a colpire efficacemente i centri dell’industria tedesca, evitando un inutile spreco di bombe e di carburante.”

“E, soprattutto, limitando le perdite fra i civili” puntualizzò il capo-squadriglia “sono assolutamente d’accordo, signore!”

“Questo renderà ovviamente necessario scortare le nostre formazioni di bombardieri… e quindi occorrerà capire quali siano i nostri caccia che meglio possono misurarsi con gli intercettori della Luftwaffe...”

“Logico…!”

“…quindi l’idea sarebbe quella di creare un apposito gruppo di scorta, composto da diverse squadriglie che equipaggeremmo coi nostri modelli più recenti: i P-38, i P-47 e i P-51.

“Mi sembra ottimo. Ma io che c’entro?”

“Con l’esperienza operativa che ha capitalizzato fin da prima di Pearl Harbour, lei sarebbe proprio l’elemento più adatto. Se la sente di assumere il comando del reparto?”

“Io…?! Comandante di Gruppo?!!”

“Sì… naturalmente l’incarico comporterebbe la sua promozione a maggiore. Cosa ne dice…?”

Andrew Steve Greason rimase diversi secondi a fissare il cubetto di ghiaccio che finiva di sciogliersi nel Bourbon… in un primo momento ebbe voglia di rispondere Non me la sento… faccio il pilota da caccia perché c’è la guerra, ma non ho ambizioni di carriera e bla bla bla… mentre avvertiva la forte tensione su tutto il corpo, trasmessagli dalla consapevolezza che fra poco si sarebbe cominciato a fare sul serio!

Lo avrebbero mandato in Europa, a combattere i nazisti… e i flug offizieren della Luftwaffe sarebbero stati ben più efficienti che non gli aviatori del Sol Levante!

Per un momento considerò l’accettare la proposta di Eaker come un qualcosa di spaventosamente ingiusto verso la sua anima gemella… ma poi ricordò le parole che un certo colonnello Hardgison gli aveva rivolto alcuni mesi prima, a Kunming: Lo tenga sempre in testa, Andy: noi, la nostra gente, i nostri amici… abbiamo bisogno di lei!

Pensò allora che la sua Flanny doveva essersele dette addirittura da sola, queste parole, quando, ancora tirocinante all’ospedale Santa Johanna di Chicago, le avevano chiesto se voleva offrirsi volontaria per il servizio di prima linea. E lei non aveva esitato un istante a rispondere “sì!”…

*Devo essere degno di lei, dopotutto…!* pensò il nostro amico. Perciò rispose: “D’accordo… accetto! A condizione che mi vengano concessi i miei attuali compagni di squadra.”

“Ma si capisce, caro Greason” rispose Eaker con un largo sorriso compiaciuto “questo era assolutamente implicito. Le affideremo un Gruppo di tre squadriglie: lei ci metta al comando quelli fra i suoi che ritiene più navigati e noi le assegneremo i necessari complementi. Farete un altro turno di prova per familiarizzare con le altre macchine, poi riceverete istruzioni per il trasferimento. Tutto chiaro?”

“Chiarissimo” Andy si rialzò e posò il bicchiere vuoto sul tavolo “c’è altro?”

“Nient’altro, vada pure… ah, no: aspetti un momento…!”

“Signore…?” il pilota si fermò, già col berretto in mano.

“Dovrei avere qui… solo un attimo, eh…?” il comandante di reparto frugò velocemente nei cassetti della scrivania “Maledizione, dove diavolo… ah, meno male: eccoli…!”

Estrasse una piccola scatola che porse al suo subordinato. Questi ne aprì il coperchio e osservò sbalordito due coppie di spille a forma di foglia di quercia e un’altra singola di stazza più piccola, ormai non più eccessivamente brillanti a causa dell’ottone un po’ ossidato.[22]

Mentre Greason lo guardava ammutolito, Eaker ridacchiò: “Non mi guardi come se fossi sbronzo, Andy! La pratica sarà piuttosto spiccia… e, dopo l’exploit di stamattina, ritengo li possa indossare anche subito!”

“Se… se lo dice lei, signore…!”

“Se preferisce che glielo ordini, non si faccia problemi a chiedermelo.”

“No, no… non c’è n’è alcun bisogno… grazie!”

“Bene. Allora, congratulazioni… maggiore Greason!”

Dopo aver messo i suoi nuovi gradi in tasca, Andy eseguì un saluto impeccabile: “Grazie, tenente-colonnello Eaker: le assicuro che darò sempre il massimo di me stesso… e così i miei uomini!”

“Non ne ho il minimo dubbio!” affermò senza riserve il superiore, restituendo il saluto.

Congedatosi, Andy lasciò l’ufficio e percorse meccanicamente il corridoio, diretto all’uscita. Passando davanti all’ingresso della toilette, si fermò un istante e vi entrò d’impulso. Lieto di non trovarvi nessuno, si avvicinò allo specchio più vicino, si tolse il giubbotto di volo ed estrasse di tasca la scatoletta, appoggiandola sul piano del lavandino. Si tolse quindi rapidamente il grado di capitano dal colletto della camicia color cachi e lo sostituì con quello nuovo, utilizzando la spilla più piccola… poi ripeté l’operazione col giubbotto di volo, utilizzando le due spille più grandi (le ultime due, delle stesse dimensioni, le avrebbe usate per la giacca dell’uniforme di gala). Per ultimo indossò il berretto e rimase ad osservare la sua figura, fissando le foglie di quercia spiccare al posto delle precedenti “traversine di binario”…

“Maggiore…” si disse, sussurrando “…Flanny, tuo marito è un maggiore… cavolo!!”

Accidenti, doveva dirglielo! Si fiondò fuori dal bagno e corse fino al bugigattolo che gli era stato assegnato come ufficio. Afferrò il ricevitore e compose il numero dell’ospedale Saint Jacob, ma dopo un breve conciliabolo e dopo essersi informata al riguardo, la centralinista gli disse la signora Hamilton (sic) non poteva assolutamente venire all’apparecchio in quel momento!

Seccato ma non rassegnato, l’impaziente ufficiale si precipitò fuori dalla palazzina del comando, dove ritrovò i suoi compagni che lo aspettavano, chiacchierando.

“Ragazzi… mi dispiace, ma dovrete far bisboccia da soli, per il momento: io devo correre all’ospedale!”

“È successo qualcosa…?!” gli domandò James Stone, con tono preoccupato.

“Niente, niente… devo solo parlare a mia moglie. Ci vediamo qui lunedì mattina!”

Senza aggiungere altro saltò sulla Chevrolet che aveva noleggiato temporaneamente di persona e, dopo aver gettato il cappello sul posto del passeggero, mise in moto e partì facendo stridere le ruote.

Mentre osservava l’auto allontanarsi, Victor Sanders rimuginava, grattandosi la testa…

“Non sarà diventato padre, per caso…?” chiese infine, rivolto a James.

L’altro lo guardò di traverso: “Ma tu quando la finirai di dire scemenze…?!” sbuffò.

***

Flanny Greason, dopo essersi levata i guanti, aprì il rubinetto dell’acqua fredda. Si lavò le mani accuratamente, poi si slacciò la mascherina e si frizionò il viso a lungo. Afferrò l’asciugamano e, mentre lo stava usando, si rivolse a una collega dal viso grassoccio: “C’è rimasto del caffè, Judith?”

“Sì, un po’… te lo scaldo.”

“Lascia: lo prendo così com’è.”

“Ma dai, faccio in un attimo” obiettò la collega. Poi, mentre accendeva il fornelletto e ci metteva il bricco sopra, si permise di osservare “abbi un po’ più cura di te stessa…!”  

“Grazie del consiglio!” rispose l’altra, in tono neutro.

“Prego!” ribatté Judith, senza tanti complimenti.

Non appena il caffè fu abbastanza caldo, prese una tazzina e la riempì: “E comunque, se non vuoi farlo per te, fallo almeno per noi… o per il tuo maritino!” concluse, sorridendo e porgendole il caffè.

Seduta, Flanny la guardò da sotto in su: “Sto notando che, da quando ci siamo ritrovate tutte qui, siete diventate decisamente più… disinvolte, mh…?” commentò, sorseggiando il liquido.

Effettivamente, ai tempi della scuola per infermiere, nessuna delle sue compagne più giovani (quasi tutte, almeno…) si sarebbe azzardata a prendersi con lei tutta quella confidenza. L’infermiera dai capelli rossi si guardò le mani: “Forse è perché ti abbiamo visto più… rilassata…?”

“O forse è l’influenza della nostra cara Candy…!”

Judith accusò il colpo, basita per di più dall’aver sentito la severa Flanny appellare la loro frizzante collega in quel modo! Del resto non ci aveva ancora fatto l’abitudine al nuovo atteggiamento che quelle due tenevano l’una verso l’altra, da quando si erano riviste in quell’ospedale, dove la bionda e lentigginosa compagna di studi prestava già servizio da qualche tempo, come caposala del reparto chirurgia.

Judith Nethan e Natalie Venc non avrebbero mai dimenticato cos’era accaduto al loro arrivo al St.Jacob, quando la direttrice del personale paramedico le aveva ricevute e accompagnate, assieme a Flanny, nella saletta delle infermiere…

***

Una settimana prima…

“Miss Candy…? Le affido tre colleghe trasferite dalle Hawaii, che lavoreranno con lei. Le aiuti ad ambientarsi, cosi potrete cominciare subito.”

“Certo, dottoressa Campbell! Benvenu…” l’interpellata, che stava dando le spalle alla porta quando il gruppetto era entrato, si voltò e rimase stranita nel trovarsi di fronte le sue ex-compagne di tirocinio, specialmente la sua occhialuta e coriacea compagna di stanza, che aveva visto partire volontaria ben otto mesi addietro, alla volta della lontana Cina.

“Ragazze” aggiunse la responsabile “questa è la signorina Candice White, caposala del reparto chirurgia. E queste, Candy, sono le signorine Judith Nethan e Natalie Venc e la signora… che ha? Non si sente bene…?!” domandò, accorgendosi finalmente della sua faccia stralunata.

La bionda si riscosse all’istante: “Nn… no, no…! Tutto a posto, dottoressa… ho capito, ci penso io. Stia tranquilla…!”

“Bene… allora buon lavoro!”

“Arrivederci, direttrice!” rispose Natalie, per tutte.

Quando la dottoressa Campbell si richiuse la porta alle spalle, un solare sorriso illuminò il dolce viso di Candy: “Ragazze, siete voi…!! Che bellissima sorpresa… Judith…! Natalie…! Flanny…!!!”

“Ciao, Candy…!” rispose quest’ultima con un sorriso che, per quanto tenue, rappresentava una discreta novità per la sua destinataria, anche se, in quel momento, la ragazza dai codini d’oro era troppo commossa per prestare attenzione a questo particolare.

“Sei a casa!! È meraviglioso… come stai, Flanny…?”

“Mai stata meglio. E mi sembra che anche tu sia in piena forma!”

“Sì, io sto benissimo… grazie!”

“Ne sono felice…!”

“Anch…” stavolta il cervello di Candy riuscì a registrare che c’era qualcosa di diverso… la Flanny della partenza (che le aveva infine manifestato la sua stima, rimanendo però strettamente formale) avrebbe magari detto che le faceva piacere, ma ben difficilmente si sarebbe dichiarata felice!

Dato il bene che comunque le voleva (e in questo aveva contribuito anche la visita che aveva fatto a casa Hamilton dopo la loro separazione, accompagnata dall’amico Stear) l’impulso di Candy sarebbe stato quello di abbracciarla… tuttavia, memore della sua riservatezza, si limitò a porgerle la mano, sempre sorridendole con gli occhi lucidi: “Sono così contenta che tu sia tornata sana e salva…!”

Dapprincipio Flanny le strinse dolcemente la mano, accentuando anche lei il suo sorriso… ma, subito dopo, l’attirò a se e le buttò le braccia al collo! Non disse nulla, ma la strinse forte, con affetto…

L’espressione di stupore che la dottoressa Campbell aveva visto prima sul viso di Candy non era niente al confronto di quella che vedevano adesso le altre compagne, mentre le due si abbracciavano! Alla muta domanda dell’infermiera bionda, espressa scuotendo la mano destra con le dita raccolte a mazzetto, Natalie rispose roteando il dito indice, mentre Judith fu ancora più esplicita, battendosi l’indice della destra sull’anulare della sinistra…

Ma la dolce Candy, che per certe (rare) cose era sempre stata un poco tarda, continuava a non capire…!

 

***

Terminato il suo caffè Flanny ripose la tazzina sul tavolo e si rialzò da sedere, guardando severamente la collega dai capelli rossi: “Beh… influenza o meno, ti avverto che oggi non è aria per le battute di spirito: la nostra collega è piuttosto… nervosa!”

“Insolito” commentò Judith “e perché?”

La mora sospirò: “Prima stavamo operando il povero marinaio di una petroliera che è stata colpita nel porto… aveva delle ustioni terribili. Ce l’abbiamo messa tutta, ma… non c’è stato niente da fare…!”

“Oh, mio Dio…!! In effetti avevo sentito delle voci… pare che un sommergibile nemico fosse penetrato nella rada!”

“Infatti” confermò Flanny “e quella petroliera è stata appunto una delle vittime. Candy non ha mai sopportato la vista degli effetti della guerra… per quanto ne so, è l’unica cosa che possa farla veramente infuriare.”

“Hai ragione… è sempre stata una pacifista convinta.”

“Appunto. Per cui, bada soprattutto che non venga fuori il discorso su mio marito…!”

“A proposito, non glielo hai ancora presentato?”

“E chi ne ha avuto modo? Non lo vedo da quando abbiamo preso servizio, lunedì scorso. E sta’ sicura che non glielo presenterò certo oggi…!”

 

***

Andy inchiodò i freni davanti all’ingresso dell’ospedale e il brusco arresto fece piombare il suo berretto d’ordinanza sul tappetino davanti al sedile. Preso dalla sua foga l’ufficiale neopromosso non ci fece nessun caso e uscì dalla vettura lasciandolo dov’era.[23]

Con la massima decisione entrò nell’atrio e si avvicinò alla reception, dove un’impiegata dall’aria severa, sentendo il rumore dei suoi passi sull’impiantito, lo guardò.

“Ehm, buongiorno…!”

“Desidera…?”

“Sono il maggiore Greason, dell’Air Force. Avrei urgenza di parlare con mia moglie!”

“Spiacente, ma non siamo in orario di visite.”

“Ma… veramente mia moglie non è una paziente: è un’infermiera, lavora qui.”

“In tal caso dovrà attendere il suo turno di riposo. Lo conosce?”

“Io…? Ehm… veramente no!”

“Male. Conosce almeno il nome di sua moglie?”

L’ufficiale sentì qualcosa mettersi a girare nelle proprie parti basse[24]… quella tizia era la quintessenza della rigidità burocratica!

“Si capisce che conosco il nome di mia moglie…!! Si chiama Flanny… Flanny Greason!” rispose, piccato, senza pensarci troppo.

“Vediamo subito…” rispose l’impiegata mettendo mano a un registro dalle dimensioni scoraggianti. Dopo averlo scorso con la rapidità derivante dalla più consumata competenza, sentenziò: “…no: qui non risulta nessuna Flanny Greason… spiacente!” e richiuse di scatto il librone.

Andy avvertì marcatamente i polpastrelli della donna che iniziavano ad arpeggiargli i nervi, che l’azione mattutina contro quello spudorato U-Boat non aveva certamente contribuito a rilassare. Fece un respiro profondo e si produsse in uno dei suoi tipici sorrisi carismatici, che anche con le femmine un po’ ostiche funzionavano (quasi) sempre...[25]

“Mi perdoni… dimenticavo di precisarle che il suo nome da nubile fa Hamilton… Flanny Hamilton! Sarebbe così cortese da dare un’altra sbirciatina?”

“D’accordo” rispose la burocrate, con bonaria condiscendenza “poteva dirlo subito, però…!” polemizzò comunque.

L’altro ebbe la pungente tentazione di risponderle brutalmente che quando si è reduci da un’azione di combattimento eterodossa come quella di attaccare un sommergibile che s’infiltra nel porto della città più importante del Paese, con l’angoscia di colpire per sbaglio i tuoi stessi connazionali, il tutto a bordo di un apparecchio nient’affatto semplice, che nemmeno conosci ancora bene, può anche capitare di non essere precisi di fronte alla pignoleria di un’acida gallina che si frappone fra te e la tua donna, alla quale non vedi l’ora di riferire che stai bene, caso mai fosse già al corrente di quel che era successo! Ma sapendo quanto fosse controproducente perdere la calma di fronte a interlocutori di quel genere, si limitò a respirare di nuovo, infilando le mani nelle tasche dell’impermeabile.

“Allora… ah, eccola qui: Flanny Hamilton, divisione chirurgia. Il suo turno di riposo è terminato da cinque minuti. Staccherà alle sei e mezzo.”

“Cosa….? Ma adesso sono appena le due… non vorrà farmi aspettare qui per più di quattro ore?!”

“Ha qualcosa di meglio da fare?”

Sentendo montare la stizza per non poterle nemmeno rispondere affermativamente, giacché il colonnello Eaker lo aveva licenziato fino a lunedì, il nostro amico stette quasi per perdere la testa! Per un paio di secondi accarezzò persino l’idea dell’autolesionismo, così da farsi ricoverare d’urgenza, purché lo facessero entrare… ma comprese subito che mettendo in atto una mossa del genere si sarebbe giocato i gradi appena conquistati e inoltre la sua gentile consorte non lo avrebbe sicuramente applaudito… anzi!

“No, nulla d’importante… le dispiace se mi accomodo su quel divano laggiù? Sa, ho avuto una mattina piuttosto pesantuccia…!”

“Nessuno glielo impedisce.”

“Grazie… lei è davvero molto gentile…!”

“Non c’è di che!”

Il povero Andy strinse la mascella per non farsi scappare qualche frase compromettente, voltò le spalle alla “simpatica” funzionaria, raggiunse il suddetto divano e vi si stravaccò letteralmente sopra, emettendo un lungo sospiro di rassegnazione. Trenta secondi dopo, era già sprofondato nel sonno!

 

***

“Uff… anche per oggi è finita, grazie al cielo…!” esclamò Judith.

“Già… e domani ci hanno anche concesso la giornata libera” aggiunse Natalie “una vera pacchia! Flanny, tu dormi fuori, stasera?”

Mentre posava il camice nell’armadietto, l’interpellata le prestò attenzione, guardando però di sfuggita la loro compagna bionda, rimasta seduta al tavolino con la faccia appoggiata sulle mani. Non spiccicava parola da ore.

“Credo di sì” rispose poi “ero d’accordo con Andy che gli avrei telefonato appena staccavo. Dovrebbe averci trovato una sistemazione, qui in città… voleva che andassimo a Providence per farmi vedere la casa dove staremo dopo la guerra, ma solo per domenica non era il caso di allontanarsi così tanto. Ora non saprei…”

“Comunque starete insieme, no?” le disse Judith, passandole accanto “Fortunata te…!” concluse, sussurrando e facendole l’occhiolino.

Flanny la ricambiò con uno sguardo corrucciato, mentre Natalie si rivolse alla terza collega: “E tu, Candy…? Vai poi dai tuoi amici?”

La bionda si riscosse e le rivolse uno sguardo semiapatico: “Può darsi… Annie mi aveva invitato a stare da loro, per il week-end. Ma nemmeno io prevedevo che domani ci avrebbero lasciate libere… e poi non sono più tanto in vena!”

“Su, cerca di reagire” le disse la rossa “lo so che oggi è stata una giornata dura, ma devi svagarti, un po’!”

Svagarmi…? Judy, oggi sono morte cinque persone in questo ospedale, uno dei quali fra le più atroci sofferenze. Hai saputo cos’è successo, stamattina? Questa guerra mostruosa c’è arrivata persino in casa!! Come posso pensare di svagarmi?!”

La compagna, di fronte a quella veemenza, ammutolì, mentre Natalie intervenne con fare conciliante: “Beh, forse Judy ha usato il termine sbagliato… ma ogni tanto anche noi dovremo pur staccare la spina. Altrimenti, se crolliamo davvero, non saremo più di nessuna utilità!”

“Hai ragione anche tu” sospirò Candy “scusatemi, ma oggi ho la Luna per traverso!”

“Devi smetterla di concentrarti su tante cose allo stesso tempo” disse Flanny “non è la prima volta che te lo dico…!”

La bionda girò la testa verso di lei: “Lo so… è sempre stato un mio difetto, ma cosa posso farci? Veder soffrire la vittima di una disgrazia o di una malattia è un conto…  ma veder soffrire - e morire - la gente che si sta uccidendo a vicenda, è una cosa che non posso assolutamente digerire. È inutile, Flanny: io non sono come te! Tu sei più forte, sei più…”

“Cinica…?” suggerì l’interessata, scribacchiando qualcosa su un modulo, per poi riporlo in uno schedario.

“Buon Dio, no” sussultò la compagna, con un guizzo “ti giuro che questo non l’ho mai nemmeno pensato!”

L’amica (tali erano, oramai) le appoggiò una mano sulla spalla: “E fai bene… perché il mio non è cinismo: è soltanto una scorza che ho dovuto necessariamente cucirmi addosso. Come dovrai fare anche tu, se non vuoi rischiare d’impazzire!”

La collega la guardò negli occhi, sorridendo mestamente: “Hai ragione…! E sto appunto cercando di farlo, credimi… ma per ora ci riesco soltanto attraverso la rabbia che mi provoca tutto questo schifo!”

Anche Flanny mostrò un’ombra di sorriso: “Beh, in fondo è un modo come un altro… dopotutto, meglio la rabbia che la depressione!”

“Su questo non c’è dubbio” approvò Natalie “comunque, cerca di non farti troppo cattivo sangue, Candy: la guerra finirà, prima o poi.”

Lei si voltò di scatto: “Finirà, dici? Sicuro. Il guaio è che, dopo qualche tempo, se ne farà un’altra… poi ancora un’altra e poi un’altra ancora… sempre, fino a quando durerà questo mondo disgraziato!”

“E cosa ci vuoi fare?” intervenne Judith, cercando di calmarla “Purtroppo l’umanità è sempre stata bellicosa.”

La collega si alzò dal tavolo e mise le mani sui fianchi: “Certo…! E lo sai perché? Perché le guerre le decidono sempre quelli che non le combatteranno di persona. Mica sono loro, a rischiare la pelle…! E, come se non bastasse, tutti quei politici delinquenti possono sempre contare su quegli stupidi che vanno addirittura a combattere di propria iniziativa, per la gloria o lo spirito d’avventura! Volontari…!! Quelli non li ho mai potuti vedere: non sono meno responsabili di quegli altri!”[26]

“Qualcuno in buona fede ce ne sarà” azzardò Natalie, sbirciando Flanny con una certa preoccupazione “che chi sceglie di diventare soldato per difendere semplicemente il suo Paese…!”

“Qualcuno sì” ammise Candy “ma la maggior parte si va ad impegolare in conflitti che di certo non lo riguardano da vicino… come Stear, il cognato della mia amica Annie: te lo ricordi?”

“Di chi parli…?” chiese Natalie, perplessa.

“Beh… in effetti l’hai visto una volta sola… proprio quando arrivammo a Chicago per entrare alla scuola del St. Johanna. Il primo giorno uscimmo tutte insieme per fare un giro in città e incontrammo lui e suo fratello che passavano in automobile. Ti ricordi che ci diedero un passaggio?”

“Ah, ma certo” ricordò Judith, giungendo le mani “erano proprio due ragazzi simpatici e carini! Stear era quello cogli occhiali, se non sbaglio…”

“Sì, esatto. Nove mesi fa, Stear ha preso su armi e bagagli e se n’è andato di casa. Qualche settimana dopo la mia amica Annie, torchiando come si deve suo fratello Archie (che allora era suo fidanzato), riuscì a sapere che Stear s’era arruolato volontario nelle Tigri Volanti, in Cina! E alla sua fidanzata, l’altra mia amica Patty, non aveva confidato niente: le aveva spedito una semplice lettera, mettendola di fronte al fatto compiuto… e chiedendole di perdonarlo, perché aveva capito che doveva dare un senso alla propria vita…!!” a questo punto le venne un singulto e dovette fermarsi “Beh… spero proprio che lo abbia trovato prima di perderla, la vita… perché non è più tornato…!!” detto questo estrasse rapidamente il fazzoletto e si terse le lacrime che le erano spuntate subito.

Silenziosamente, Flanny prese la caraffa d’acqua e riempì un bicchiere quasi fino all’orlo. Poi si avvicinò a Candy, che già singhiozzava: “Tieni…!” sussurrò.

“Grazie…!” mormorò lei.

“È triste, sì…” sospirò Natalie, cogli occhi bassi “…dev’essere stato terribile per la tua amica!”

“Terribile è dir poco… lo sai che ha tentato il suicidio?”

“Ossignore” esclamò Judith, trasalendo “davvero…?!”

“Sì, Judy… e ce ne vorrà, prima che si riprenda del tutto!”

“La capisco” ammise Natalie, a sua volta “perdere un ragazzo così bello e gentile! Come faceva pure, di cognome? Collins…?”

“Cornwell” precisò Candy “si chiamava Alistear Cornwell!”

Un rumore secco e repentino fece voltare tutte verso la loro compagna più anziana, alla quale non rimase che imprecare sottovoce mentre contemplava i cocci della caraffa, sparsi sul pavimento. Il nome del compagno di volo che suo marito aveva perduto in Cina l’aveva fatta sussultare e non era riuscita a evitare l’incidente.

“Flanny, che ti succede…?” si riscosse Candy, ritrovando la piena lucidità.

“Niente, una sbadataggine! Ora rimedio…”

“Ma… ti senti bene? Sei diventata pallida…!”

“Non preoccuparti, non è niente.”

“E invece mi preoccupo: come sempre, anche oggi hai lavorato il doppio di noi. Riposati, che ci penso io.”

“Non importa, lascia perdere!”

“Insisto: siediti e stai tranquilla… anzi, perché non vai nell’ufficio della dottoressa Campbell a telefonare a tuo marito per dirgli che anche domani sei libera e ti fai venire subito a prendere?”

“Ma io…”

“Vai, su” ribadì l’amica, facendole l’occhiolino “così sarà la volta buona che me lo farai conoscere, finalmente!”

*Già, sarebbe proprio la giornata adatta…!* pensò Natalie, con un brivido. Poi guardò ansiosamente l’interessata, stupendosi di sentirla rispondere: “Ma sì, hai ragione… adesso vado!”

“Brava. Ci vediamo dopo.”

Flanny rispose con un lievissimo sorriso e si girò per uscire senza più nessuna esitazione, dal momento che aveva deciso come comportarsi: sarebbe andata sì a telefonare a suo marito, ma per raccomandagli di non presentarsi assolutamente in ospedale!

Candy terminava intanto di raccogliere i vetri da terra e si alzò per vuotare la paletta nella spazzatura. Così facendo incrociò lo sguardo di Natalie.

“Che cosa c’è…?” le chiese.

“Niente… è solo un piacere vedervi andare tanto d’accordo. Se me lo avessero predetto al tempo della scuola Mary Jane, non ci avrei creduto molto…!”

“Neanch’io, a dire il vero” ribatté Candy, con un risolino “evidentemente la guerra cambia le persone!”

*E anche il matrimonio…!* aggiunse mentalmente la castana.

***

“Beh, noi andiamo, Candy… ci si vede lunedì!”

“Buona serata, Judy. Anche a te, Natalie!”

“Passa un buon fine settimana, Candy… e rasserenati, mi raccomando!”

“Farò del mio meglio, grazie!” sorrise lei.

“È un peccato che il tuo Terry sia in tournée” ammiccò Judith “sarebbe stata una bella occasione, per voi due…!”

“Già” ammise la bionda, arrossendo “pazienza… sarà per la prossima volta.”

Le due se ne andarono, mentre Candy rimase ad aspettare davanti agli ascensori, finché non vide uscire la sua collega, con un’aria tutt’altro che tranquilla. E ne aveva ben donde, dal momento che dal Mitchell Field le avevano riferito che il capitano Greason aveva lasciato la base fin dal primo pomeriggio!

“Hai parlato con lui, allora…?” le chiese la compagna.

“No, non l’ho trovato” rispose Flanny con un sorrisino tirato, facendo ticchettare velocemente il cervello “si vede cha ha subito un contrattempo e farà più tardi del solito.”

“Che peccato! E adesso…?”

“Oh, non starti a preoccupare: prima o poi arriverà… magari torno su e ne approfitto per sbrigare un po’ di lavoro d’ufficio, intanto che lo aspetto.”

“Beh, allora vengo anch’io e ti do una mano.”

“Ma no, cosa dici? Tu hai appuntamento con Archie ed Annie, no? Non vorrai mica farli aspettare, dopo che ti hanno invitato per il week-end…!”

“Sì, però…”

“Forza, vieni” insistette l’amica, prendendola per un braccio “ti accompagno a prendere un taxi.”

Le due si diressero velocemente verso l’uscita, mentre Candy si domandava cosa diavolo frullasse in testa alla sua compagna: “Però mi dispiace” disse ancora, mentre stavano già attraversando l’atrio “ci tenevo così tanto a conoscere il tuo maritino…!”

“Prima o poi succederà…!” ribatté la signora Greason, conciliante *Magari a guerra finita, quando sarà passato alla Pan-Am…!* motteggiò, col pensiero.[27]

Stavano quasi per varcare l’ingresso, quando una ben nota voce fece gelare la schiena dell’infermiera bruna, bloccandole contemporaneamente le gambe: “Flanny…!! Sei qui, finalmente!”

Quell’arresto subitaneo procurò a Candy uno strattone che, per poco, non le fece perdere l’equilibrio… una volta giratasi si trovò a poca distanza un giovanotto decisamente attraente, avvolto in un impermeabile chiaro, come i calzoni che gli spuntavano di sotto, in contrasto con le calzature quasi nere. Portava al collo una sciarpa di seta bianca, che la sua mogliettina gli aveva confezionato di persona (ed era poi la stessa che si portava in volo). I suoi lineamenti erano abbastanza fini, ma dal suo sguardo limpido trasparivano un’intelligenza e una volontà di ferro. Il suo sorriso, infine, era sincero e affascinante.

A dispetto delle sue preoccupazioni, Flanny non seppe resistere dal gettargli le braccia al collo e appioppargli un bacio mozzafiato da astinenza prolungata…

“Sei…. qui da molto…?” gli chiese poi.

“Dalle due, per la precisione!”

“Che…?!”

“Eh, già…! Ti avevo telefonato verso l’una e mezzo, ma non hanno voluto chiamarti. Allora sono saltato in macchina e sono venuto direttamente… ma la vostra gentilissima portinaia mi ha detto che eri off limits fino alle sei e mezzo. Così ne ho approfittato per farmi un sonnellino su quel divano… sapessi che razza di mattinata…!”

“Immagino” replicò Flanny a mezza voce “me la racconterai con comodo, eh…?” gli disse, infine, ammiccando.

“D’accordo… intanto, perché non mi presenti questa splendida signorina?”

La splendida signorina in questione non poteva fare a meno di sorridere, a sentire le frasi scambiate dalla coppia. A parte l’ottimo gusto estetico di Flanny, si rallegrava soprattutto per la fortuna dell’ex-condiscepola nel trovare un compagno disposto ad aspettarla per quasi cinque ore, senza nemmeno andare a farsi uno spuntino!

Flanny sospirò, pensando che una cosa, quando deve capitare, capita…! Se non altro aveva ancora qualche barlume di speranza per guadagnare tempo, prima che l’antimilitarista Candy scoprisse il mestiere del suo maritino: per fortuna l’impermeabile gli copriva la giacca dell’uniforme, mentre il foulard gli celava anche il colletto della camicia, dove sarebbero spiccati i gradi e il simbolo della sua arma.[28] Ma soprattutto - per un vero colpo di fortuna - non aveva il berretto in testa!

“Ah… ma certo… questa è la mia collega e compagna di corso, della quale ti avevo parlato” girò lo sguardo su di lei “e questo… beh, questo è mio marito” non si sa se la frase seguente fosse un suo voluto gioco di parole “Candy… Andy! Andy… Candy…!”

I due si guardarono, soppesandosi velocemente… anche il nostro eroe fu piuttosto colpito dalla bellezza di quella ragazza, come anche da quell’acconciatura sbarazzina. Volendo quei codini erano un po’ demodé, ma attorno a quel viso ci stavano volentieri. E quelle lentiggini… il maggiore non ne capiva bene il motivo, ma stuzzicavano piacevolmente i sensi…![29]

Come fu e come non fu, i due all’improvviso si misero a ridere…

“Che vi prende?!” chiese mrs Greason, corrugando le sopracciglia.

“Scusaci, Flanny” disse l’amica “non so neanch’io il perché… forse sono solo i nostri nomi…!” 

“O forse siamo solo contenti di esserci conosciuti” aggiunse il marito “in effetti, quando Flanny mi ha raccontato di te, ho capito tra le righe che dovevi essere un tipo speciale… e ora ne sono convinto!”

Candy arrossì leggermente: “Anche Flanny mi ha parlato di te… e anch’io ho capito la stessa cosa!”

“Ottimo. Allora presentiamoci come si deve…” le porse la mano, che lei strinse dolcemente “…Andrew Steve Greason, di Providence, Rhode Island!”

La bionda inclinò il capo, stando al gioco: “Candice White, di Lakewood, Michigan…!”

Prima di mollarle la mano, Andy la sfiorò delicatamente con le labbra: “Enchanté, mademoiselle…!”

“Oh…” esclamò lei, arrossendo di nuovo “…sei anche galante” si girò verso la compagna “sei davvero fortunata, Flanny: sono contenta per te…!”

Il suo sguardo profondamente sincero non lasciava dubbi che quelle parole le venissero dal cuore e la sua collega, che aveva appena finito di ringraziare il Cielo sul fatto che il suo uomo non si fosse presentato col grado e tutto, abbozzò un sorriso stiracchiato: “Lo avevo già scoperto… grazie, comunque!”

“Beh, penso che dovrete andare, adesso. Andy, sono felicissima di averti conosciuto… spero che ci vedremo spesso! Vado alla ricerca di quel taxi…”

“Ehi, aspetta… dov’è che devi andare?” chiese lui.

“Ho un appuntamento con degli amici: sono a cena da loro.”

“Stanno lontano?”

“Al Greenwich Village.”

“Allora ti accompagniamo noi: ho giusto la macchina qui fuori. No, Flanny…?”

All’interpellata si mozzò il respiro di sollievo che stava gustandosi con voluttà e tornò a rispuntarle il sorrisetto di prima: “Quale macchina?” s’informò, pronta ed emettere un repentino colpo di tosse…

“La Chevrolet che ho noleggiato quando credevo che avremmo potuto vederci tutti i giorni. Perché…?”

“Ah, niente” Flanny respirò di nuovo, sollevata dal fatto che non si trattasse della jeep militare “va bene… andiamo pure, allora!”

“Ma io non vorrei disturbare...!” protestò la biondina.

“Ma che disturbo! Ti scodelliamo dai tuoi amici e poi andiamo alla ricerca di un albergo. Venite!”

In breve raggiunsero il parcheggio, dove Andy aprì la portiera anteriore dell’auto: “Accomodati, Candy!”

“Oh, lascia” si schernì quest’ultima “Flanny è più stanca di me… io monto di dietro.”

“Come vuoi.”

Nel mettersi a sedere, Flanny sentì qualcosa sotto i piedi e si prese un altro coccolone nell’accorgersi che si trattava del berretto d’ordinanza del marito! Presa dal panico, non trovò di meglio che cacciarlo fuori, prima di chiudere lo sportello.

Non essendosi accorto di nulla, Andy salì invece al posto di guida, mise in moto e diresse la macchina verso il Village. Siccome lo vedeva piuttosto affaticato, Flanny sperò che il marito avesse anche poca voglia di chiacchierare… ma purtroppo la sua curiosità fu più forte della stanchezza.

“Da dove hai detto che vieni, Candy?” le chiese, mentre infilava la Madison Avenue.

“Da Lakewood, nel Michigan.”

“Lakewood… Michigan. Curioso… avevo un collega che…”

“Tesoro, guarda la strada” lo interruppe Flanny “e vedi di andare più piano!”

“Sì, scusami…!” rispose lui, rallentando.

“O meglio” continuò la bionda “vengo effettivamente da laggiù, ma… non so se ci sono anche nata!”

Andy alzò un sopracciglio, sbirciando la moglie, intenta ad accarezzarsi nervosamente la faccia. Non ricevendo delucidazioni, sorrise alla ragazza attraverso lo specchietto retrovisore: “Temo di non aver capito bene…!”

“Beh, forse Flanny si è dimenticata di dirtelo… ma io sono orfana.”

“Ah…!” rispose semplicemente lui.

“E non so nemmeno chi fossero i miei… a Lakewood c’è l’istituto che mi ha raccolta e dove sono cresciuta.”

“Capisco… mi dispiace veramente!”

“Non devi: anche se non ho mai conosciuto i miei genitori, ho incontrato tante persone che mi hanno amato e aiutato… e così ce l’ho fatta lo stesso.”

“E si vede! Sei veramente in gamba, Candy… sono contento che tu e Flanny abbiate studiato insieme e siate amiche!”

“Anch’io lo sono: Flanny è una persona stupenda!”

“Non esagerare” minimizzò quest’ultima “lo sai che queste cose m’imbarazzano…!”

“Ma è quello che penso. Vedi, Andy… non è che mi rallegri di non aver mai avuto una vera famiglia… ma il Signore mi ha compensato largamente: due tate meravigliose, tanti amichetti deliziosi, un caro uomo che mi ha fatto da padre e da fratello, un ragazzo fantastico che amo, ricambiata e tanti veri amici… compresi voi due, naturalmente!”

“Caspita” esclamò Andy, tirando su col naso “questa sì che è una bella responsabilità!”

“Eh, già…!” aggiunse la consorte, pensando *Speriamo bene…!!*

“Ma ora basta parlare di me” saltò su Candy, allegramente “parliamo di te, piuttosto… non mi hai ancora detto cosa fai di bello, nella vita!”

La povera Flanny avvertì una fitta dolorosa al basso ventre…

“Toh, hai ragione! Devi sapere che…”

“Lavora per il Dipartimento della Difesa…!” lo prevenne la moglie, disperata, bloccandogli la mano con la quale stava per mettersi a mimare il volo di un aereo.

“Ah…” esclamò Candy, basita “…davvero…?!”

“Beh…” con la coda dell’occhio, l’ufficiale d’aviazione sbirciò la sua dolce metà, che lo fissava con uno sguardo supplicante e perentorio insieme “...veramente…”

“Ma certo, tesoro” confermò lei, con tono suadente “cos’ho di detto di sbagliato, scusa? Non fai forse parte del Dipartimento della Difesa?!”

Due corpi e un’anima sola non è solamente un modo di dire… osservando gli occhi della sua compagna, ad Andy bastò un solo istante per comprendere cosa doveva e - soprattutto - cosa non doveva dire…!

“Ecco, in effetti… è proprio così!” cercando di non guardare lo specchietto, si augurò che la sua espressione fosse abbastanza convincente: dopotutto Flanny non aveva proprio detto una bugia: tutte le Forze Armate facevano effettivamente capo al Dipartimento della Difesa![30]

Il viso di Candy si rabbuiò, ma non più di tanto: “Capisco” mormorò “quindi sei un funzionario del Ministero…!”

“Ehmm…” altra sbirciata verso la moglie con ricezione di un secondo sguardo più perentorio del precedente “…più o meno…!”

Seguì un minuto di teso silenzio, che Flanny occupò massaggiandosi il ventre… la fitta era quasi sparita, quando la dolce Candy gliene procurò una seconda: “E il tuo ufficio di cosa si occupa? Se me lo puoi dire, naturalmente.”

*In gamba, sì... speciale, sì… ma impicciona come sempre!* non poté trattenersi dal pensare la signora Greason.

Andy cercò di almanaccare il più velocemente che poteva. Ma, alla fine, l’unica risposta che gli venne in mente di dare fu: “Pro… protezione aerea!”

Flanny alzò gli occhi al cielo, rammaricandosi di non poter dare al marito un pestone al piede, in quanto avrebbe schiacciato a tavoletta l’acceleratore. Quello stupido zuccone! Non poteva inventarsi qualcosa di più neutro? Che so, amministrazione o approvvigionamenti? Più tardi avrebbero fatto i conti…!

“Protezione aerea…” rimuginò la ragazza “…immagino abbia a che fare con l’aviazione, allora!”

“Beh, abbast… ahi…! Relativamente…!” l’interiezione era dovuta a un pizzicotto ricevuto sulla gamba destra.

Dopo un altro po’ di silenzio, Candy mormorò ancora: “Avevo un caro amico, in aviazione…!”

Avevi…? Vuoi dire che…”

“Sì… è rimasto ucciso” Andy avvertì un profondo sospiro “otto mesi fa…!”

“Un incidente?”

“No, in azione.”

“In azione?! Ma otto mesi fa mica eravamo in guerra…!”

“Lo so… ma lui combatteva in Cina.”

“In Cina…?!”

“Sì… s’era arruolato con le Tigri Volanti.”

“Oh, santo cielo…!!” esclamò Andy “Come si chiamava…?”

“Stear Cornwell!”

Non riuscì a evitarlo: a quel nome, le membra di Andy s’irrigidirono e inchiodò i freni. La velocità non eccessiva impedì fortunatamente a Flanny di venire sbalzata dal sedile, ma si prese comunque un grosso spavento: l’ennesimo della giornata!

“ANDY, ACCIDENTI…!!!” gridò.

“Scusami… idiota che sono! Ti sei fatta male…?”

“No… ma c’è mancato poco…!”

“Perdonami, amore” disse ancora, abbracciandola “che scemo…! Anche tu, Candy… scusami!!”

“Ma no, non è niente…! Cosa t’è successo, piuttosto…?!”

“Io… non lo so...” balbettò lui, al colmo dell’imbarazzo “…è che…”

 “Ah, è colpa mia” esclamò all’improvviso l’altra, con un certo rammarico nella voce “non avrei dovuto parlarti di quello! Già si vede che non sei molto in forma… e sei anche una persona sensibile, a quanto pare. Perdonami…!” concluse, schioccandogli un bacetto sulla guancia.

Andy si sentì un verme. Dovette fare un grosso sforzo per non tradirsi e guardò la moglie per avere altre istruzioni visive in merito.

“Forse è meglio se fai guidare me…!” gli disse invece lei, guardandolo cupamente.

“Ma no, sto bene… e poi dovremmo esserci, ormai. Vero, Candy…?”

“In effetti, siamo arrivati: la casa di Archie ed Annie è quella laggiù…”

“Ah, meno male!” disse il maggiore Greason, rimettendo in moto la vettura e arrestandola poco dopo, davanti al cancello.

“Bene, vi ringrazio tanto” disse Candy “voi, adesso, dove andate…?”

“Beh, come dicevo prima, penso che andremo alla ricerca di un albergo” rispose il suo quasi omonimo “e speriamo di trovarlo in fretta!” aggiunse, guardando l’orologio.

“Già, è un po’ tardi… era meglio se mi lasciavate prendere il taxi!”

“Non pensarci, Candy” le disse la collega “tanto domani non siamo in servizio.”

“Cosa? Non me l’avevi mica detto!” intervenne il marito.

“Per forza: parlavate solo voi…!” scappò detto a Flanny, con una lieve punta polemica.

“Ma… allora andiamocene a casa, no?”

“Fino a Providence…?! Ma sono 150 miglia e io sto schiantando dalla fame!!” protestò la donna.

“Beh, magari ci fermiamo a Bridgeport o giù di lì, per mangiare un boccone… anzi, sai che facciamo? Ci andiamo in aereo!”

“In aereo…??” si stupì la dolce Candy.

“Ma sì: alla base, un Piper o un Vigilant[31] me lo prestano di sicu… AUGH…!!!”

Visto che l’auto era ferma e lui teneva i piedi sul pavimento, il pestone, questa volta, non glielo levò nessuno! A Candy, che intanto rimuginava una soluzione per aiutare i due amici in difficoltà, l’incidente offrì lo spunto per dire: “Sentite, mi è venuta un’idea… e credo che i miei amici saranno d’accordo. Venite con me!”

I due volevano obiettare, ma Candy lo aveva detto con quel suo fare maternalistico che faceva sempre zittire qualunque obiezione e i coniugi Greason scesero dalla macchina. Mentre si avvicinavano al portone di casa Cornwell, Andy rispose con uno sguardo mortificato all’occhiataccia della moglie, la quale stava considerando che ci fosse qualcosa di vero sul fatto che l’amore rende le persone cretine.

Quando l’ingresso della palazzina si aprì, comparve un austero maggiordomo: “Buonasera… e benarrivata, miss Candy!”

“Buonasera, Jeeves… mi sono permessa di portare questi due amici: una mia collega di lavoro e suo marito.”

“Gli amici della signorina Andrew sono sempre i benvenuti. Si accomodino!”

Mentre seguivano il domestico, Flanny si guardava nervosamente intorno. Andy, sapendo che gli ambienti altolocati la indisponevano in modo particolare, la distrasse chiedendo alla sua amica: “Scusa, Candy: come ti ha chiamata il maggiordomo…?”

“È una storia lunga…!” gli rispose lei, minimizzando con un gesto della mano.

“Capisco” sorrise “confesso di trovarti sempre più interessante…!”

“Pure io…!” le rispose la ragazza, con un sorriso un po’ più ambiguo.

Il “dipendente del Dipartimento della Difesa” deglutì, mentre i quattro giungevano in un elegante salotto.

“Signora, signore... è arrivata la signorina Andrew, con i suoi amici” il maggiordomo si voltò verso di lei, leggermente imbarazzato “immagino che vorrà presentarli lei stessa…!”

“Ma certo, Jeeves, non si preoccupi… ciao Annie, ciao Archie…!”

“Ciao, Candy… sei qui, finalmente!” esclamò l’aggraziata giovane dai capelli corvini, avvicinandosi all’amica del cuore e baciandola sulle guance.

“Carissima Candy, ti aspettavamo con viva impazienza…!” aggiunse un bel giovane dai lineamenti spiccatamente aristocratici, anche se - per i gusti di Andy - un po’ troppo “ingentiliti” dal lungo taglio di capelli. L’ufficiale notò anche che gli occhi del giovane brillavano in un modo particolare mentre guardava la collega di sua moglie. Al contrario, quelli della padrona di casa si erano fatti decisamente più opachi mentre Candy scambiava un bacetto sulla guancia anche con suo marito...!

“E i signori…?” chiese Annie, subito dopo, come a volersi distrarre.

“Ah, sì… ragazzi, vi presento Flanny Hamilton, la mia carissima compagna di studi e di lavoro, fin dai tempi dell’ospedale St.Joseph… e il suo simpaticissimo marito: Andrew Steve Greason!”

A quel nome, il marito di Annie interruppe con un guizzo il suo cordiale sorriso di benvenuto; ma Candy, che gli stava voltando le spalle, non se ne accorse: “E questi, carissimi Andy e Flanny, sono due fra gli amici più cari di cui vi accennavo prima: Annie Brighton, la mia compagna d’infanzia e suo marito, Archibald Cornwell!”

“Molto pia…” la mano di Andy si bloccò per un attimo a mezz’aria. Ma subito, cercando di riprendersi e sperando in un caso di omonimia, afferrò l’altra mano e la strinse “…molto lieto di conoscerti, Archie…!”

“È un gran piacere anche per me, Andy” rispose lui, accentuando la stretta “mio fratello parlava molto bene di te, nelle sue rare lettere…!”

“Da… davvero…?!” farfugliò il poveraccio, sbirciando ansiosamente le due infermiere. Flanny stava contemplando il ricco lampadario di Murano, mentre Candy scrutava attentamente il suo nuovo amico.

“Sicuro. Diceva che eri un ottimo compagno e il migliore della sua squadra… un vero asso!”

“Grazie…” rispose Andy a bassa voce, ormai rassegnato all’inevitabile “…anche lui era un bravo ragazzo… e anche un buon elemento!”

“Vuole darmi il suo soprabito, signore?” chiese all’improvviso il maggiordomo, mentre una cameriera, discretamente comparsa, liberava Flanny dal suo cappottino.

A questo punto, Andy rivolse una muta ed eloquente occhiata alla consorte, la quale non poté far altro che annuire con la testa. Il marito si rivolse allora al buon Jeeves: “Volentieri, amico… solo un istante!”

Ciò detto, si slacciò la cintura e aprì lentamente i bottoni dell’impermeabile. Sempre con la massima flemma, se lo fece poi sfilare dalle spalle, quindi afferrò la sciarpa e l’appoggiò sull’indumento, già sistemato attorno al braccio del solerte domestico “Molte grazie…!”

“Dovere, signore!”

Alla vista dell’uniforme della United States Army Air Force con le sue insegne, i gradi e i bottoni la cui doratura spiccava nettamente sulla scura stoffa marrone,[32] Annie Brighton Cornwell sbarrò gli occhi, portandosi le mani alla bocca, mentre suo marito manteneva un’espressione impenetrabile. La povera Flanny guardava sempre altrove, tenendo le braccia conserte e Candy non staccava lo sguardo dal marito di lei, con le mani dietro la schiena e le labbra che formavano una lievissima traccia di sorriso.

L’involontario “ospite d’onore” si grattò la nuca per qualche secondo, per poi raddrizzare il busto: “Okay… ora lasciate che mi ripresenti: Andrew Steve Greason, maggiore dell’aviazione dell’Esercito… ho conosciuto la mia adorabile Flanny mentre prestavo servizio nelle Tigri Volanti, in Cina” fissò il volto di Archie “facevo parte del Gruppo comandato dal colonnello Clint Hardgison e volavo nella Seconda Squadriglia di Donny Talbott… con tuo fratello. Ti prego di accettare le mie più sincere condoglianze!”

Archibald Cornwall annuì e, d’impulso, tornò a stringergli la mano: “Grazie… so che mio fratello era contento di volare con te!”

“E io con lui” il maggiore si rivolse verso la ragazza bionda “mi dispiace, Candy… non volevamo prenderti in giro. Scusaci, se puoi…!”

Lei scosse la testa, sorridendo più marcatamente: “No… la colpa è tutta mia, credimi!” gli tese la mano e gliela strinse, per poi avvicinarsi alla collega “Anche oggi ho parlato troppo, Flanny… come al solito!”

Anche lei scosse la testa: “Sono cose che capitano.”

Candy le diede un leggero abbracciò e tornò a rivolgersi ai suoi amici: “Benone… ora passiamo alle cose pratiche: si dà il caso che siamo tutti stanchi e affamati… e i nostri amici hanno ancora 150 miglia da fare. Perciò mi sembra più saggio che ripartano domattina. Non avreste da offrirci tre posti a tavola e tre letti per stanotte?”

I Cornwell si sorrisero, poi la buona Annie annuì: “La cena sarà servita fra poco. Vado a dire ad Amely di preparare le camere per gli ospiti!”

Anche i Greason si guardarono, anche se il loro sorriso fu meno solare di quello dei Cornwell… il calore affettuoso dei loro nuovi amici non bastava a dissipare l’apprensione che provava lo “smascherato” aviatore per le domande che gli sarebbero sicuramente state poste sulla fine del povero Stear. Tuttavia, la stretta della mano di Flanny infuse al suo compagno tutto il coraggio che poteva servirgli al riguardo. Quei due, come sempre, si sostenevano a vicenda.



[1] Doppia stella: era infatti un radiale a due stelle di 9 cilindri da 2800 pollici cubi (equivalenti a 45925 cm3).

[2] Una cinquantina di metri.

[3] Dai 144 ai 40 Km/h.

[4] I velivoli a “carrello triciclo posteriore” (cioè con le gambe sottoalari e il ruotino di coda) presentavano lo svantaggio di non consentire al pilota la visuale frontale della pista, una volta posati a terra. Questo problema spinse perciò le case produttrici verso i carrelli “tricicli anteriori”, come sul Bell P-39 Airacobra e sul Lockeed P-38 Lightning  (rimanendo ovviamente ai caccia).

[5] Il nome indica che era un’elica a cambiamento di passo variabile azionato idraulicamente (nessun rapporto di parentela fra il Costruttore e la consorte del pilota).

[6] Il giubbotto di salvataggio autogonfiabile, rigorosamente di colore giallo.

[7] Il comandante del famoso U-47 che il 14 Ottobre 1939 forzò la base britannica di Scapa Flow, silurando la corazzata Royal Oak.

[8] Il funzionamento del turbocompressore è il seguente: i gas di scarico del motore vengono incanalati a muovere le pale di una turbina azionante un compressore, il quale riceve l’aria esterna e la rimanda più densa al carburatore, che introduce perciò nei cilindri una miscela più ricca di quella ottenibile dall’aria esterna. Questo garantisce, specialmente nel volo ad alta quota, una maggiore potenza erogata dal propulsore, mentre l’aria rarefatta permette di imprimere al velivolo una maggior velocità, grazie alla minore resistenza offerta. Il “turbo” conserva inoltre quella parte di energia che perde invece il compressore meccanico nell’attrito degli ingranaggi di trasmissione, essendo per contro afflitto da un sensibile ritardo inerziale.

[9] Oltre 800 Km/h; la velocità terminale è quella che la resistenza dell’aria non consente di superare e rappresenta inoltre una limite da non raggiungere con leggerezza, per non rischiare spiacevolissimi inconvenienti (come non riuscire più a richiamare l’aereo per la fortissima pressione gravante sugli elevatori). 

[10] Lo stretto che separa l’isola omonima dalla costa orientale.

[11] Come raccontato su Le due Aquile, il sommergibile del capitano di corvetta Herbert Thyssen riuscì effettivamente a fuggire eseguendo proprio la mossa ipotizzata da Andy Greason.

[12] 250 libbre, pari a 136 chilogrammi. Ordigni più potenti avrebbero comportato un rischio maggiore per la città se fossero finite troppo fuori bersaglio.

[13] Jug significa brocca ed era il secondo appellativo del P-47 dopo quello di Thunderbolt, che invece significa lampo.

[14] Non più di 4 metri e mezzo!

[15] Sempre bombe del tipo GP (General Purpose, uso generico) rispettivamente da 500 e 1000 libbre  (227 e 454 Kg).

[16] Erano in pratica delle fotocamere che scattavano in sincronia con le mitragliatrici, in modo da documentare il risultato di un attacco. In questo modo non c’erano problemi di sorta a farsi accreditare una vittoria in combattimento.

[17] Allude alla scuola di volo di Spanner Field, Long Island, dove il nostro amico aveva preso il brevetto dopo essere uscito dall’Accademia. L’allora capitano Ira Eaker era stato uno dei suoi istruttori.

[18] Alexander “Sasha” Kartveli aveva fatto parte, assieme ad altri progettisti russi come Alexander Seversky e Igor Sikorsky (il padre dell’elicottero moderno) di una commissione mandata in America dal governo Kerensky subito dopo la caduta dello Zar per aggiornarsi sulle tecniche di produzione aeronautica. Dopo che Lenin era salito al potere, i tre non erano più rientrati in Patria e i primi due avevano più tardi fondato la casa costruttrice Seversky, poi rinominata Republic e infine Fairchild. Il terzo aveva invece fondato la Vought-Sikorsky, in seguito costruttrice del superlativo caccia imbarcato F4U Corsair.

[19] North American Aviation.

[20] All’epoca il P-51 non era ancora stato equipaggiato col superlativo Rolls Royce Merlin (il motore dello Spitfire).

[21] Rispettivamente comandante in capo dell’aviazione e Capo di Stato Maggiore dell’esercito.

[22] Per un ufficiale appena promosso era considerato un onore poter indossare i precedenti gradi di un superiore veterano.

[23] L’incidente, all’apparenza insignificante, si sarebbe più tardi rivelato provvidenziale!

[24] Le gentili lettrici mi perdonino questa piccola volgarità… ma non ho resistito alla tentazione!

[25] Ogni riferimento ad avvenimenti precedentemente narrati è da considerarsi puramente casuale.

[26] Soprattutto gli aspiranti tali: si beccano certi ceffoni, come un certo Jimmy… (non Stone, quell’altro)!

[27] In realtà non credo che Flanny ce lo avrebbe mandato, con tutte quelle hostess bionde…!

[28] Sulla punta destra del colletto si appuntava il simbolo del grado (ora la foglia di quercia dei maggiori, nel caso di Andy) e sulla punta sinistra l’elichina con le ali degli aviatori (la fanteria aveva invece i fucili incrociati, l’artiglieria i cannoni e la cavalleria - cioè i corazzati - le due sciabole).

[29] A qualcuno devono essere fischiate le orecchie, in quel momento!

[30] Il termine Pentagono non era ancora in voga, dal momento che il suddetto edificio sarebbe stato completato solamente negli anni Cinquanta.

[31] Aerei leggeri da collegamento.

[32] Solo nel 1947, quando sarebbe nata l’aviazione indipendente (USAF) quella divisa sarebbe diventata azzurra, come la si vede addosso a Marlon Brando nel film Sayonara, ambientato durante la guerra di Corea (1950-1953).

  
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