Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: ilovekevin    24/11/2012    3 recensioni
DRIIIIN! La sveglia…l’oggetto che annunciava l’inizio della tortura: la scuola. Meg, a differenza di quasi tutti i suoi coetanei, considerava la scuola uno strazio non a causa dei professori, ma per i compagni. Infatti era costantemente presa in giro e derisa da tutta la scuola, oltre ad essere vittima di bullismo.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non c'è sempre un lieto fine

DRIIIIN! La sveglia…l’oggetto che annunciava l’inizio della tortura: la scuola. Meg, a differenza di quasi tutti i suoi coetanei, considerava la scuola uno strazio non a causa dei professori, ma per i compagni. Infatti era costantemente presa in giro e derisa da tutta la scuola, oltre ad essere vittima di bullismo.
Si alzò dal letto e andò in bagno a prepararsi. Solitamente aspettava che fosse sua madre a dirle di alzarsi, ma quel mattino non era in vena di vedere nessuno. Si lavò la faccia e notò con orrore che aveva ancora la fronte piena di brufoli, per sua fortuna non erano rossi, ma erano tanti. Non mise fondotinta o correttore, non le piaceva truccarsi; ogni mattina si limitava ad impiastricciarsi le ciglia di mascara e ad una passata di burro cacao. Concluso il rituale quotidiano del trucco, passò all’operazione vestiti. Optò per una semplice maglietta bianca e dei leggins di jeans, a cui aggiunse un polsino, per tentare di nascondere i tagli fatti il giorno prima con la lametta. Si tagliava perchè la faceva sentire bene, col dolore causato dal taglio si distraeva dal dolore che le parole degli altri le causavano. Insieme al sangue, per un momento, le andavano via tutte le preoccupazioni e i pensieri tristi.
Scese al piano di sotto, per colazione sua madre la obbligò a mangiare due biscotti, che avrebbe dovuto ricordarsi di vomitare in seguito. Mangiare le piaceva, ma secondo lei era come dire:”sì, ci sto! Giochiamo a questo gioco, voglio continuare a vivere!”, quindi si limitava ad ingurgitare qualcosa per poi rigettarlo prima di poterlo digerire.
Uscì di casa, fece in tempo a sentire sua madre dirle:”tesoro, su col morale! Non stai mica andando al patibolo!”. “magari” pensò Meg. L’idea della morte l’allettava molto; anche se l’aveva presa in considerazione molte volte, non aveva mai avuto il coraggio di attuare i suoi numerosi (e fantasiosi) piani di suicidio. Una volta aveva pensato di aspettare in una banca finchè non fosse passato un ladro, al quale avrebbe chiesto il favore di spararle. Due mesi dopo aveva compreso l’impossibilità della cosa, e aveva lasciato stare.
Prese l’autobus sperando con tutto il cuore che non ci fosse nessuno della scuola, le andò bene, “prese in giro e derisioni rimandate di circa mezz’ora” pensò sollevata. Prese l’I-pod e ascoltò la sua canzone preferita: ‘Who’s laughing now’ di Jessie J. Il tempo passò in fretta e Meg si ritrovò presto davanti all’edificio scolastico. Si ricordava bene di quando aveva scelto quel liceo, allora non era così, era una ragazza robusta e con un sorriso perenne stampato in volto, veniva già presa in giro, ma non se ne curava molto perché c’era lei…Alice, la sua migliore amica; erano derise da tutti, ma erano insieme, ed erano felici. Fu dopo che successe. I genitori di Alice si separarono e lei fu costretta ad andare a vivere in America, con la madre. All’inizio Meg aveva pensato di andare con lei, ma Nicole, sua madre, gliel’aveva impedito. Fu così che le due ragazze si salutarono piangendo all’aereoporto di Londra, contavano di tenersi in contatto, ma da quel giorno non si sarebbero più riviste…in cuor loro ne erano coscienti dopotutto.
DRIIIIN! La campanella di entrata riscosse Meg dai suoi pensieri, si asciugò quella lacrima solitaria che le stava percorrendo la guancia ed entrò. Sulla porta d’ingresso c’era scritto a caratteri cubitali: ‘BENVENUTI!’ con una grafia sghemba, ma Meg avrebbe trovato più appropriato: ‘lasciate ogni speranza o voi che entrate’.
Dopo Alice aveva avuto altre due migliori amiche: Nina e Sara. Sara era morta di anoressia, era con lei quando successe e aveva il ricordo stampato in mente. Le stava leggendo il suo libro preferito, guardandola sofferente sul lettino dell’ospedale, quando all’improvviso il cuore aveva smesso di battere. Insieme al BIP prolungato dell’elettrocardiogramma piatto sentiva un gran vuoto nel cuore. C’era anche Nina lì con lei. Meg aveva reagito chiudendosi in sé stessa, mentre Nina cominciò ad andare con la compagnia dei bulli, ragazzi di quarta che fumavano e si drogavano. Meg diventò la sua vittima preferita, e questo le spezzò il cuore maggiormente: credeva che avrebbe superato la brutta situazione insieme a Nina, ma lei non sembrava per niente scioccata dalla perdita di Sara.
Si trascinò in classe fino al suo banco, in un angolino isolato della classe. Le tre ore passarono in fretta, ed arrivò il suo più grande terrore: l’intervallo. Si catapultò in bagno e si chiuse a chiave, dopo un quarto d’ora fu costretta a uscire dalla bidella che doveva pulire. “Brutta strega cosa pulisci a fare i bagni durante l’intervallo?” sibilò a denti stretti la ragazza prima di uscire da quella stanza puzzolente, che però era il suo unico rifugio. Camminò lentamente per i corridoi, cercando un professore a cui stare vicino, in modo da complicare le cose a Nina, in caso l’avesse trovata. Dio decise che era stata troppo fortunata quel giorno, quindi, mentre si guardava nervosamente in giro, andò a sbattere contro Nina, facendole versare addosso la cioccolata calda che stava bevendo. Il resto della bevenda fu buttato in tasta a Meg, che ricevette anche un pugno sul naso e uno allo stomaco dallo “schiavo” di Nina, ovvero un gigante tutto muscoli troppo sviluppati e niente cervello che ricorda molto Cronk, l’assistente di Yzma nel film: ’le follie dell’imperatore’, con la sola differenza che Cronk è simpatico e ispira tenerezza, Luke no. Lui ispira terrore. “E impara a guardare dove vai sfigata!” le urlò contro Nina mentre andava a cambiarsi la maglia sporca con una pulita di quelle che teneva per emergenza nell’armadietto. Meg passò il resto della giornata chiusa in bagno a piangere, non riusciva a capacitarsi del cambiamento di quella che era stata la sua migliore amica. Uscì dalla scuola giusto dieci minuti prima che suonasse la campanella, in modo da non incontrare nessuno. I professori non si accorsero della sua assenza, o se ne accorsero e non dissero niente. La madre di Nina era avvocato, e avrebbe fatto causa a chiunque avesse messo in discussione il comportamento perfetto (a suo parere) della figlia. Senza contare che il padre era finito dentro parecchie volte, anche con accusa di omicidio, ma poi era stato rilasciato per mancanza di prove. In pratica Nina era intoccabile.
Dopo essere scesa dall’autobus si avviò, passeggiando verso casa con aria malinconica, in quell’uggioso sabato pomeriggio. Aprì il cancello e girò la chiave, poi si catapultò in camera sua, o meglio, è ciò che avrebbe fatto se non fosse stata fermata da suo padre. “Com’è andata a scuola?” le chiese. “Bene” rispose Meg. “Volevo avvisarti che ti è stato tolto il computer, il cellulare e l’I-pod. Quindi dammelo visto che ce l’hai in tasca. “Cosa? Ma papà! Perché?” “1 perché l’ho deciso io, 2 perché l’ultimo voto è stato un 9, 3 perché quindi sei in castigo!”. A Meg non sembrava avessero molto senso i suoi motivi; comunque, era chiamata anche secchiona. Ogni volta che consegnavano una verifica la classe era riempita dal solito coro da stadio: ‘SECCHIONA!’ messo in ripetizione modello disco rotto.
“Ma papà…” le arrivò un ceffone dritto in faccia, per non farle finire la frase.
Se ne andò sconfitta in camera sua. Pianse per un po’…si sentiva un essere inutile, nata per errore. Desiderava che arrivasse qualcuno a salvarla da quell’inferno, voleva un lieto fine, ma era consapevole che non sarebbe mai arrivato. Quando Dio l’aveva creata aveva commesso uno sbaglio, e lei aveva intenzione di riparare. Non aveva senso che lei continuasse ad esistere.
Due settimane dopo Alice lesse su facebook di una ragazza che si era suicidata: si era tagliata le vene con una lametta. Dalla foto sembrava lei, ma non poteva essere. Prese coraggio e lesse il nome: Megan Black. “Oh Meg…” sussurrò mentre lacrime insolenti cominciavano a riempirle il viso inventando strani percorsi sulle sue guance.
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ok, chiedo perdono. È triste, lo so. Finisce da schifo, lo so. Perché l’ho scritta? Non lo so. Ero depressa e mi è venuta in mente…più che venuta in mente l’ho solo scritta di getto, non sapevo neanche io quello che stava per venire fuori. Ho deciso di pubblicarla perché…un’altra cosa che non so. Vabbè, spero vi piaccia anche se non ha un bel finale.
Recensite please! Non sono Edward Cullen, non posso sapere che ne pensate!
Spero di non aver fatto una cazzata a metterla.
Much love

Kat

 
 
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: ilovekevin