Capitolo 10.
we will be
unbroken.
Dalle
sua labbra uscirono poche parole cantate
debolmente, che andarono a trasformarsi in semplice melodia. Un passo
per
volta, piano, mentre canticchiava e la luce della lampadina tremava. Un
ragazzo
era rannicchiato contro l’ angolo più distante
dalla porta, aveva il respiro
regolare e gli occhi chiusi, ciuffi di capelli rossi sfioravano la sua
pelle
pallida e perfetta. Camminava piano, per non destarlo dal sonno leggero
in cui
era caduto, un passo alla volta fino a essere abbastanza vicino da
potersi accucciare
e osservare i minimi dettagli del suo volto; i suoi polsi legati in
grembo e la
pelle pallida come il marmo. Si accucciò di fronte a lui
soddisfatta di essere
riuscita a non svegliarlo.
“Ehi.” Con la punta del coltello sfiorò
il braccio
scoperto del ragazzo, che fremette nel sonno; gli occhi si socchiusero
e misero
molto lentamente a fuoco ciò che aveva di fronte, un volto
da ragazzina, occhi
chiari e capelli candidi. Batté velocemente le palpebre nel
tentativo di
cancellare quell’ immagine che si rivelò essere
reale, il suo primo istinto fu
di arretrare ma trovandosi già con le spalle al muro non
poté fare altro che
schiacciarsi ancora di più in quello spazio scomodo.
Inspirò
tranquillizzandosi, immaginando che quella
fosse la solita visita per controllare che lui fosse ancora vivo.
Invece
restava lì a fissarlo, a osservare i suoi occhi scuri
fissarla a sua volta con
astio e stanchezza. Rimasero qualche istante così, mentre
Ether tentava di
scavare nella sua mente impenetrabile come la più dura delle
pietre. “Jeremy.”
Il suo tono era tanto strano; giungeva alle sue orecchie allungando il
suo nome
e mettendo l’ accento sulla vocale sbagliata. Rabbia repressa
sgorgava dai suoi
occhi chiari, mentre la mano si stringeva convulsamente sul manico del
coltello. Tutti l’ avevano lasciata sola, prima Andy, poi
Ash, poi… poi nessun’
altro, perché lei non aveva nessun’ altro su cui
contare. Jeremy chiuse gli
occhi, appoggiando la testa contro il muro trattenendo a stento un
sospiro
rassegnato. Altra rabbia si riversò dentro di lei, chi era
lui per rivolgerle
appena uno sguardo duro e poi ignorarla? Anche lui, che avrebbe dovuto
ricoprirla di insulti la stava lasciando perdere. Si sentì
umiliata.
Con il volto contratto di rabbia sollevò il
coltello sopra la testa, ma non andava bene così, lui doveva
guardarla, lei voleva
vedere la sua paura.
“Mi chiedo se la tua amichetta si accorgerà di
questo.” Flebili parole uscirono dalle sue labbra stirate in
un mezzo sorriso,
raggiungendo il ragazzo che ne venne ferito più di quanto
avrebbe mai potuto
fare un coltello.
“Lilith.” Il suo nome gli si incastrò in
gola
mentre la voglia di reagire lo invadeva come un fiume in piena, come
lei.
La forza che aveva in corpo era poca, ma riuscì a
raccogliere tutta quella che gli era rimasta per buttarsi contro Ether,
che
sorpresa cadde indietro perdendo la presa sulla lama, l’
impatto contro il
pavimento la lasciò senza fiato per un attimo e quello
bastò perché Jeremy si
staccasse da lei e si allungasse verso il coltello, poco distante da
loro.
Le sue mani tremavano, deboli, mentre tentava di
tagliare le corde, e doveva fare in fretta perché aveva il
presentimento che
Ether potesse spingerlo da dietro per fare in modo che si pugnalasse da
solo.
Le corde cedettero e nello stesso istante sentì la ragazza
imprecare e
riprendere fiato mettendosi in piedi, lui torse il busto per
osservarla. I
polsi erano liberi e il coltello gli scivolò dalle mani
sempre più deboli.
“Vi ammazzerò entrambi.” Lacrime di
rabbia si
accumularono ai lati dei suoi occhi. “Anzi, sarai tu ad
ucciderla!” La sua voce
si alzò e questa volta fu lei a buttarsi si Jeremy.
“E lei non riuscirà a
reagire.”
Gemette mentre il peso di Ether premeva su di lui,
le sue mani si avvolsero sul suo collo togliendoli il fiato che con
tanta
fatica era riuscito e recuperare, ma tentò comunque di
reagire più volte e
nonostante la forte debolezza che si stava velocemente impadronendo di
lui
riuscì a malapena a girare su se stesso facendo finire a
terra la ragazza. Boccheggiò
con i polmoni avidi di ossigeno e la faccia schiacciata contro il
freddo della
pietra.
Era stato un errore, perché ora Ether aveva
recuperato il coltello senza che Jeremy se ne accorgesse e con uno
scatto si
era avventata sulla sua schiena che ancora si alzava e si abbassava
freneticamente. La lama affondò più volte nella
carne e il sangue tinse il duro
cemento di un rosso tanto simile ai suoi capelli, urla di dolore
rimbombarono a
lungo in quella piccola stanza, dopo poco non ebbe più la
forza per reagire e
sentì le forze tradirlo per l’ ennesima e ultima
volta, ondate di dolore si
spargevano lungo la sua spina dorsale, mentre perdeva la
sensibilità alle gambe
mille spine pungenti si insinuarono nella sua testa. Lei
continuò a inferire
sulla sua schiena anche quando il silenzio si impadronì del
luogo.
Le gambe dolevano, i polmoni bruciavano e una
grossa casa bianca e fatiscente si stagliava davanti a lei, il senso di
vuoto
che strasmetteva non riusciva però a sovrastare quello che
sentiva dentro di
lei, qualcosa in lei si era rotto e i pezzi rimasti erano spariti.
Ma c’era qualcosa lì dentro, qualcosa che si
agitava e si muoveva, e se ne sentiva attratta, nonostante i brividi le
corressero su per la schiena.
Non si degnò di bussare, semplicemente si
appoggiò
alla porta pregando perché fosse aperta e per fortuna il
legno cedette sotto la
sua spinta, si infilò nell’ abitazione, silenziosa
come l’ acqua delle
infiltrazioni.
Il
tutto sembrava esageratamente tranquillo, anche
se un senso di inquietudine e urgenza le premeva contro il cuore,
appena il
tempo di fare un passo e alle sue orecchie giunsero delle urla di
dolore
attutite dai muri di chiaro cemento, era una voce che conosceva fin
troppo bene
e si sarebbe sentita estremamente felice nel constatare che lui fosse
ancora
vivo, a dispetto di ciò che sapeva, se solo quelle urla non
fossero state così
agghiaccianti.
Si mosse istintivamente, senza sapere la strada da
prendere, seguendo solo quella voce che le dava speranza e al tempo
stesso le
faceva salire le lacrime agli occhi per la paura di perderlo prima
ancora di
averlo ritrovato.
Rampe di scale e un lungo corridoio, quando la sua
mano si posò sulla maniglia ogni rumore cessò,
spezzandole il cuore. I suoi stessi
pensieri si oscurarono lasciandola per un istante in una situazione di
vuoto,
non voleva aprire quella porta, la verità le faceva paura.
Non capì quanto tempo passò ma quando dei lievi
gemiti di dolore gli giunsero alle orecchie la speranza si riaccese in
lei,
mentre un lieve tepore la invadeva, lentamente, molto lentamente.
Sospirò,
facendosi forza e spingendo quella maniglia che ora sembrava
ghiacciata, i
cardini furono silenziosi e non tradirono la sua presenza. Ma
ciò che vide le
si stampò a fuoco in mente.
Una grossa macchia di sangue, un coltello da cucina
abbandonato a terra cosparso di sangue e due figure, una che teneva
stretta l’
altra, in mezzo a tutto quel rosso, una zazzera di capelli dello stesso
colore
spuntava da sopra la palla di Ether che le dava le spalle.
“Jeremy.” Le sue labbra si mossero da sole svelando
la sua presenza, non che le importasse più ormai. Ether si
voltò verso di lei,
lasciando scivolare la testa del ragazzo in grembo e le sue labbra
sporche di
sangue si stirarono in un sorriso che a Lili diede l’orribile
impressione di un
verme che si fa strada tra la carne, uscendo finalmente alla luce.
L’odore del
sangue impregnava quel posto e Lili lo sentì insinuarsi
nelle narici e
marchiarle la pelle. Sentiva gocce gelide colarle lungo il viso, dal
collo fino
a insinuarsi tra i suoi abiti e dalle braccia fino a gocciolare per
terra. Voleva
buttarsi su di lei e stringerle il collo fino a romperglielo, voleva
vedere i
suoi occhi chiari spegnersi, voleva non udire più i colpi di
tosse che non
appartenevano a lei, ché il sangue a terra era troppo
perché lui potesse essere
ancora vivo.
Lei si voltò di nuovo, senza perdere quel sorriso e
approfittandone Lili fece qualche passo in avanti con le gambe che
cedevano e
l’ acqua che le colava lungo il corpo. Jeremy si mosse
alzando il busto ed
Ether si mise in piedi, liberando la visuale a Lili, che si
bloccò. Il suo
sguardo rimase impigliato sulla sua schiena; la maglia lacerata e la
pelle
piena di buchi che andavano a rimarginarsi piuttosto velocemente, nella
sua
pallida mano stringeva il coltello sporco e viscido che aveva violato
la sua stessa
carne, sulla sua guancia una macchia di sangue colorava lo zigomo
sinistro
richiamando i colore dei suoi capelli. Si mise in piedi e si
voltò verso di lei
che non era riuscita più a muoversi dopo aver visto le sue
condizioni. Il suo
sguardo era inespressivo e la pelle come marmo.
La lama del coltello sembrò catturare per un
istante la luce della stanza prima di venire sollevato sopra la sua
testa e
venire lanciato verso di lei.
Fu veloce e lei quasi non se ne accorse, ma si
portò una mano alla spalla quando avvertì il
dolore colarle rapido lungo il
braccio già dolorante.
“Jeremy.” L’ acqua lavò via il
rosso. Fece un passo
in avanti e lui fece lo stesso, battendo con forza il piede per terra,
Lili
avvertì il terreno cambiare sotto di lei e si
sbilanciò all’ indietro colpendo
con la schiena il terreno, l’ aria e le parole che avrebbe
voluto pronunciare
uscrono dai suoi polmoni con uno sbuffo. Nel poco tempo che le serviva
per
recuperare l’ aria bastò perché il
ragazzo si avvicinasse a lei e le stringesse
il collo in una morsa sporca di sangue.
Aveva una forza impressionante, dure e fredde come
la pietra le sue mani continuavano a stringere senza pietà,
sul volto di Lili
colò dell’ altra acqua, lacrime di dolore e
tristezza mentre i polmoni
iniziavano a bruciare. Tentò di chiamarlo di nuovo,
tentò di dirgli ciò che in
tutto quel tempo non era mai riuscita a dire, ma non aveva abbastanza
aria né
determinazione per provare a lottare e a malapena riuscì a
stringere le proprie
mani sui polsi di Jeremy. Immerse per l’ ultima volta il suo
sguardo nelle sue
pupille fredde come non mai, una sguardo apatico ed inespressivo
copriva una
grande tristezza e un forte dolore.
L’
aria iniziava a non arrivare più ai polmoni e
la
prospettiva di venire uccisa da lui in quel modo così intimo
non le faceva
rimpiangere praticamente nulla. Chiuse gli occhi, pregando solo che
facesse in
fretta. Ma inaspettatamente la presa si indebolì fino a
lasciarle libero il
collo. Aprì gli occhi mentre boccheggiava e altra paura si
impossessava di lei,
ora che non aveva più certezze su cosa fosse accaduto da
lì a poco l’
agitazione la invadeva urlandole che avrebbe dovuto fare qualcosa,
qualsiasi
cosa piuttosto che stare lì, inerme.
Vide Jeremy portarsi le mani sporche al viso e
tremare, sussurrando parole che non riusciva a sentire. Ether, dietro
di loro,
che fino a quel momento si era goduta lo spettacolo in
tranquillità, si agitò perdendo il controllo
della mente ora meno debole del ragazzo.
“Eri così vicino.” Sussurrò
con rabbia la ragazza
avvicinandosi ai due. Lili, ancora a terra spostò lo sguardo
su di lei tentando
di far lavorare il più velocemente possibile la mente. Come
poteva lei, che era
della semplice acqua anche solo pensare di poter contrastare
ciò che poteva
controllare la mente e l’ animo di una persona? Si morse le
labbra con forza
fino a sentire il sapore del sangue sulla lingua, poi sentendo il cuore
liberarsi di un grosso peso si sollevò avvolgendo con le sue
braccia Jeremy che
ancora tremava, una fitta di dolore attraversò la sua spalla
ma non ci diede
peso. Ora poteva sentirlo, poteva sentire ciò che stava
dicendo. Le si
accartocciò il cuore e le sue labbra si allungarono in un
lieve sorriso, gli
era così mancato, tutto di lui; i suoi occhi del colore
della terra, le tinte
bizzarre e la sua voce così inaspettatamente calda.
“Certo che ti scuso.” Le rispose lei sentendo la
sua testa che si abbandonava sulla sua spalla e le sue braccia che si
avvolgevano attorno alla sua vita.
“No!” Ether urlò fissando con astio i
due, di
nuovo, si trovava da sola, l’ unica persona su cui contava la
stava tradendo di
nuovo. La scarna lampadina sul soffitto tremolò mentre la
luce sembrava
deformarsi nella stanza.
La braccia attorno a lei si strinsero, togliendole
il respiro, ricambiò la stretta tentando di rassicurarlo in
qualche modo, ma
ben presto le sue braccia divennero troppo rigide, troppo forti; si
serrarono
sulle sue costole e il respiro di entrambi si fece affannoso.
“Che ti ha fatto Jeremy?” La stretta sulle sue
costole si fece ancora più forte, strappandole un gemito di
dolore che andò a
mescolarsi con una risatina di Ether. “Non lasciarti
controllare.” Gli mise le
mani sulle spalle tentando di allontanarlo, ma era troppo forte e le
unghie che
tentava di infilargli nella pelle per farlo rinvenire si spezzavano
come legno
sulla pietra. “Ti prego.” Un dolore lancinante le
attraversò la mente mentre
una certezza dolorosa si insinuava in lei, quante erano le costole
rotte?
Quanto ancora avrebbe dovuto stringere prima che una di quelle le
bucasse un
polmone? Non era come prima, ora aveva paura, il senso di vuoto che
l’ aveva
riempita negli istanti in cui era entrata in quella stanza e si era
ritrovata
le sue mani al collo era svanito. Si sentiva paralizzata mentre lacrime
di
dolore e paura le rigavano il viso offuscandole la vista, che pian
piano si
annebbiava sempre di più portando via il dolore e la
coscienza.
Così mentre si sentiva sempre più debole uno
sgocciolio attirò la sua attenzione, che fosse acqua o altro
sangue?
Poi improvvisamente Ether strillò e la stretta
sulle costole ormai rotte di Lili si alleviò causandole
più dolore di quanto
avesse mai pensato. Il suo sguardo vagò per la stanza, il
dolore le annebbiava
i pensieri e i suoi occhi si bloccarono su una macchia d’
ombra sul muro che
andava dissolversi velocemente. Ora a terra c’era Ash supino,
il cui petto si
alzava e abbassava con un ritmo irregolare, come se tentasse di tornare
a
respirare normalmente dopo una botta troppo forte alla schiena, poi
c’era Andy,
che la fissava con uno sguardo sofferente e triste mentre stringeva una
mano
sul collo di Ether costringendola contro il muro. Nell’
istante in cui i loro
occhi si incrociarono Lili si chiese chi effettivamente dei due fosse
messo
peggio, non l’ aveva mai visto così, i suoi occhi
erano così spenti.
Era fragile.