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Autore: AnnabelleTheGhost    25/11/2012    1 recensioni
In una pianura isolata del Nord California si trova il collegio della Luna Nuova, visto come riformatorio dai genitori dei "ragazzi cattivi" o come scuola d'élite per i ricconi.
In realtà la scuola nasconde nel lato Ovest una cinquantina di ragazzi fuori dal comune, dai poteri demoniaci, e l'unico scopo per gli umani sarà essere lo spuntino dei demoni.
Dal capitolo 6:
"Tutto nella sua vita era cambiato, capovolto irreversibilmente. Niente era stato prima approvato da Albert: al destino non era mai importata la sua opinione. Aveva sempre cercato di stare in piedi in qualsiasi situazione ma poi era crollato e non era più riuscito ad alzarsi.
Albert aveva perso la speranza."
Genere: Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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6. Interminabili viaggi
 
Per il primo tratto del viaggio Claire russò come un orso in letargo. Lei ed Albert si erano seduti vicini in uno degli ultimi posti perciò quei pochi passeggeri seduti vicino al conducente non potevano sentire Claire dormire.
Quando l’autobus si fermò, Albert scrollò Claire con gentilezza per dirle che dovevano scendere. La bionda si strofinò gli occhi dopo averli battuti per una decina di volte. Con gesti da automa prese il suo borsone e la valigia e seguì Albert verso le porte scorrevoli.
Si ritrovarono davanti alla fermata dove tra un’ora sarebbe passato un altro autobus che li avrebbe portati più vicino alla meta. Dall’altra parte della strada c’era un imponente Autogrill con le pareti rosse e bianche.
Il clima all’esterno era di diversi gradi più basso rispetto al teporino nel mezzo di trasporto. Claire starnutì e si mise le mani nei pantaloni.
«Hai fame?» le chiese Albert.
Lei si strinse nelle spalle. «Soprattutto freddo...»
«Sediamoci lì dentro. Al massimo prenderemo qualcosa da bere» suggerì Albert, indicando con un cenno l’Autogrill alle loro spalle.
Claire fece una smorfia di indifferenza e si diresse verso il locale. I due ragazzi non erano stati gli unici ad avere quella idea: frotte di turisti, escursionisti o viaggiatori in panne si erano riuniti lì per non gelare all’esterno. Dietro le vetrinette con il cibo esposto era accalcata un bel po’ di gente, tra cui motociclisti più che obesi, bambini urlanti e ragazze che davano spallate per arrivare prima.
Claire ignorò la zona cibo e si infilò in uno spazietto dedicato a libri, riviste, DVD o giochi per bambini. Albert si stava ancora guardando intorno per raccapezzarsi e non si accorse della scomparsa di Claire.
«Se vuoi qualcosa dovremmo deciderlo subito: anche la fila dietro la cassa è numerosa...» Si girò per ottenere una risposta ma non vide nessuno. Sperò che nessuno l’avesse sentito, credendolo pazzo, e cercò la compagna con lo sguardo. Era ben riconoscibile perfino da lontano la chioma biondo slavato che si aggirava tra i libri horror.
Albert trascinò la valigia fino al punto dove si trovava Claire. «Potresti avvisare quando te ne vai...»
Claire non lo degnò neanche di un’occhiata. Prese un libro tra le mani e iniziò a sfogliarlo. «Scusa» borbottò ma senza intenderlo davvero.
Albert sbuffò e osservò il volume che aveva incuriosito Claire. Si piegò un po’ per intravedere la copertina. Era tutta rosso sangue e al centro vi era la figura di un uomo in penombra con i pettorali scoperti e una donna alle sue spalle. Dal titolo del libro Albert potè evincere che non era di certo un testo adatto da leggere prima di dormire...
«Non pensavo ti piacesse questo genere...»
Claire alzò una spalla. I suoi occhi scorrevano da sinistra verso destra, un rigo dopo l’altro. «Infatti non mi piace. L’ho preso perché il tipo in copertina ha un gran bel fisico».
Albert fu tentato dal scrollare la testa e riferirle che un libro non si giudica dalla copertina ma decise che con lei sarebbe stato tutto fiato sprecato.
«Io vado a dare un’occhiata alle riviste. Il viaggio sarà ancora lungo: è meglio se ci compriamo qualcosa col quale passare il tempo!»
Claire assentì distrattamente, girando una pagina del libro.
Albert diede un’occhiata ai film sigillati, senza prenderli in considerazione, e passò avanti fino a ritrovarsi nel reparto dei giornali. C’era di tutto e di più: dai fumetti ai cruciverba, riviste di cucina o scientifiche. Allungò una mano verso un volumetto sepolto da molti giornali e snobbato da tutti. La copertina era rovinata, con molti orecchioni, e diverse etichette l’una sull’altra applicavano sconti sempre maggiori a quel testo. Era palese che era rimasto invenduto da tanto tempo.
“Guida al mondo che gli occhi non vedono” era il titolo di quel libro. Albert lesse la descrizione sul retro:
Niente è mai come appare. Nulla è determinabile. Solo una mente allenata e uno sguardo volenteroso porteranno alla reale conoscenza.
 
Albert guardò il libro con diffidenza. Era ovvio che nessuno l’avesse comprato con una trama del genere! Aveva tutta l’aria di uno di quei libri inutili che occupano solo spazio nella libreria e il loro unico compito è prendere polvere.
«Ehi, ragazzo!»
Albert si girò verso un uomo barbuto e molto grasso dietro la cassa. I suoi occhi infossati da cespugliose sopracciglie erano puntati verso di lui, ignorando il cliente davanti a lui con una banconota da venti dollari in mano.
«Se prendi qualcos’altro, oltre a quel libro, te lo do gratis!» gli urlò.
Albert scosse la testa. «No, grazie. Non sono interessato».
«Io sì invece!» irruppe Claire dal nulla.
Albert sobbalzò. «Cosa ci fai qui? Non eri a leggere a scrocco quel libro?»
La ragazza scosse la testa. «Naah. Il figo muore già alla decima pagina. Non mi interessa!» Si rivolse al cassiere. «Lo prendo!»
Il tipo annuì e si intravide un sorriso dietro la barba folta. «Bene. Scegli un’altra cosa e poi vieni qui».
«Prendi un’altra cosa, Albert» gli bisbigliò Claire.
«Ma perché devo scegliere io? Comprati tu un altro libro!» ribattè.
Claire gli tolse dalle mani la Guida e la sostituì con un libro sottile e in rosa, denominato 101 modi per conquistare una ragazza.
Albert guardò prima il libro, poi lei con una smorfia interdetta. «E questo cosa sarebbe?»
«Non lo vedi da solo? Sei così scorbutico che non troverai mai una fidanzata! Il libro garantisce al cento per cento che, dopo averlo letto, diventerai un rubacuori!»
Dimmi che stai scherzando, ti prego!, la supplicò mentalmente ma la sua espressione era così decisa che non sembrava un tiro mancino. Claire aveva improvvisamente riacquistato la sua energia dopo aver “guadagnato” un libro in omaggio.
Albert gettò il libro tra le riviste di gossip – anche se non era il suo posto – e fulminò la ragazza con lo sguardo. Lei gli rispose con aria offesa. «Che hai fatto?»
«Non lo voglio. Vado a prendermi qualcos’altro!» rispose e si allontanò. Scorse un cubo metallico con i libri al cinquanta per cento e si avvicinò per darvi un’occhiata. Tra le sue mani prese spazio un giallo con un titolo davvero accattivante. Ad Albert non piacevano i misteri, gli davano solo ansia, ma decise che, visto il prezzo irrisorio, poteva fare un’eccezione.
Fatta contenta Claire, comprarono un mega trancio di pizza da dividersi e lo divorarono in pochi minuti. In sottofondo un giornalista in TV che descriveva la cronaca del giorno e la parlantina incessante di Claire.
Albert sospirò e si alzò dal tavolinetto. La temperatura esterna era scesa ulteriormente e dovette cercare un giubbotto nella valigia per non tremare dal freddo. Si mise in un angolo e posizionò la valigia orizzontalmente. Sollevò diversi capi d’abbigliamento finché non trovò il cappotto. Smuovendo i vestiti era saltato al largo il pacchetto di sigarette che aveva nascosto. Il suo sguardo rimase immobile per un secondo nel fissare quella sua ancora di salvataggio. Prese una sigaretta, richiuse la valigia e indossò la giacca. Si rese, però, conto di non avere con sè l’accendino. Che idiota che era stato!
«Hai bisogno di questo?» gli domandò un marocchino che si era avvicinato. Nel palmo bianco aveva un accendino nero col disegno di una donna in bikini. «Io faccio te ottimo prezzo. Solo otto dollari».
«Otto dollari? Ma è un furto!» sbottò inviperito.
«A me sembra che a te serve con urgenza, o sbaglio?» insistette il venditore ambulante.
«Quattro dollari e non se ne parla» mercanteggiò Albert.
Il marocchino scosse la testa. «Posso scendere solo a sei. No di meno. Sai da dove viene questo accendino?»
«Dalla spazzatura?» lo provocò Albert, di pessimo umore a causa dell’astinenza.
«No scherzare, ragazzo». Il tipo assunse un tono offeso. «Sei dollari. Mia ultima offerta. Altrimenti puoi scordarti tua sigaretta».
Albert sbuffò e trasse dalla tasca i soldi richiesti dal marocchino. «Tieni e non tentare di rifilarmi nient’altro» lo ammonì, togliendogli di mano l’accendino e utilizzandolo alla svelta sulla sua sigaretta.
Il venditore ambulante sparì come era apparso e Albert potè chiudere gli occhi per un istante e godersi il momento.
Il fumo grigio saliva a volute verso il cielo dalla lunga stecca tra le labbra di Albert. Mise indice e medio in modo da formare una “V” e allontanò la sigaretta dalla bocca espirando piano piano.
In quel momento la solitudine funzionò da medicina per il dolore che provava dentro. Si ricordò i suo trauma infantile, quando aveva dovuto affidare al vicino il suo cane – il suo migliore amico –perché suo padre aveva scoperto di essere allergico. Albert odiava ogni tipo di cambiamenti che lo induceva a separarsi da ciò che amava. Il suo desiderio più grande era che il mondo non cambiasse mai, come rinchiuso sotto una campana di vetro e immune dai mutamenti.
Ma tutto cambiava col passare del tempo, persino lui. A dieci anni odiava i suoi zii quando gli sventolavano in faccia la pipa o parlavano, mettendo in mostra i denti gialli di tabacco. E adesso era diventato lui stesso un fumatore accanito. Chi l’avrebbe mai detto?
Sua madre, quando lo teneva sulle ginocchia, gli raccontava della sua adolescenza e il momento favoloso in cui aveva conosciuto suo padre. Cinque anni dopo si erano lasciati perché avevano scoperto di non sopportarsi più a vicenda.
Tutto nella sua vita era cambiato, capovolto irreversibilmente. Niente era stato prima approvato da Albert: al destino non era mai importata la sua opinione. Aveva sempre cercato di stare in piedi in qualsiasi situazione ma poi era crollato e non era più riuscito ad alzarsi. Albert aveva perso la speranza.
E come se tutto questo non bastasse, sua madre l’aveva mandato in quella stupida scuola. Perché l’aveva deciso? Come aveva potuto fargli qualcosa di così meschino e vigliacco? Non lo voleva più in casa e perciò lo mandava da tutt’altra parte per dimenticare di avere un figlio problematico? Era stata tutta una scusa quella di mandarlo al collegio della Luna Nuova perché potesse guarire; era impossibile. Sua madre voleva illudersi che la sua vita fosse perfetta e aveva ancora qualche speranza con la seconda figlia. Forse con lei le cose sarebbero andate diversamente.
Albert fissò distrattamente il fumo che si levava verso il cielo e, nel fare ciò, notò una figura bionda appostata come un ninja a pochi passi da lui.
«Claire?» domandò.
Lei si avvicinò. «Mi hai abbandonata lì dentro. Lo sai? Te ne sei andato: credevo avessi detto qualcosa che non andava! Ma avevi lasciato il tuo pezzo di pizza e mi sarebbe dispiaciuto avanzarla perciò l’ho terminata io. Quando sono uscita a cercarti non ti trovavo più, poi ho visto qualcuno e sono venuta».
«Mi dispiace» fu l’unica cosa che disse in risposta.
«Non devi dispiacerti. È normale che volevi andartene da me. Tutti vogliono andarsene da me».
Albert si girò e notò nei lineamenti della ragazza che la consueta allegria aveva lasciato il posto alla tristezza. «Su, non dire così. Avrai tanti amici a casa, no?»
Claire fissò ostinatamente una mattonella che traballava e la fece muovere con la punta del piede destro. «Più o meno. Parlo troppo e hai ragione. Tu sei stato l’unico a dirmelo in faccia. La gente me lo dice alle spalle».
Albert sospirò. Nel suo umore attuale non aveva alcuna voglia di fare lo psicologo ad un’altra depressa. Inspirò altro fumo dalla sigaretta e lo espirò con lentezza in modo tale da avere la scusa per non parlare.
Claire sollevò lo sguardo. Stavolta era interdetta e sorpresa. «Non hai proprio la faccia di uno che fuma».
«Perché? Devi avercelo stampato in viso che sei un fumatore?» commentò.
«A volte sì. Per esempio tu hai una faccia da bravo ragazzo» tentò lei con un debole sorriso.
Albert alzò la testa al cielo e chiuse la mano sinistra a pugno, ferendo il palmo con le unghie. Detestava quando la gente lo etichettava come un bravo ragazzo perché poi, quando faceva qualcosa di sbagliato lo guardavano delusi e con un’aria da Da te non me lo sarei aspettato, Albert. Voleva essere come i suoi compagni dal quale ci si aspettava sempre qualcosa che non andava e nessuno faceva commenti. Ma non c’era neanche una persona che potesse leggerlo dentro e comprenderlo.
«... Ma a volte mi sbaglio» aggiunse Claire sovrappensiero.
Albert abbassò lo sguardo. «Da quando ammetti di avere torto?»
Claire sgranò gli occhi e, involontariamente, spalancò la bocca. Non ci aveva fatto caso. «Be’ io... io non...» Guardò da un’altra parte, arrossendo. «Errare è umano, non è vero?»
Albert le sorrise. «Sono contento di sapere che non sei un’aliena».
Un autobus interruppe il silenzio, strombazzando contro un camion che aveva bloccato l’uscita dalla fermata.
«Buffo, eh?» sorrise Claire.
«Cosa?» domandò Albert guardandosi intorno.
«Quell’autobus assomiglia proprio al nostro, non trovi?» trillò.
Albert strinse la sigaretta tra le dita, sbriciolando leggermente l’estremità. «Porca puttana. Quello è il nostro autobus!» Gettò la sigaretta a terra, ancora fumante e con un luccicore rosso che non si spegneva. «Muoviamoci! Se perdiamo questo siamo fregati!»
Claire recuperò zaino e valigia, che aveva lasciato appoggiati a un muro, e lo seguì di corsa, stando attenta a pestare ben bene il mozzicone lasciato acceso.
«Lo sapevi che potevi far saltare in aria il benzinaio qui vicino se io non avessi spento la sigaretta?» gli urlò dietro.
«Al diavolo la sigaretta. Muoviti o lo perdiamo!»
Riuscirono a salire appena in tempo e a trovare un posto tra le prime file. Claire dovette essere aiutata per trasportare le valigie su per i gradini del mezzo.
Il viaggio fino al collegio delle Luna Nuova fu il più estenuante nella vita di Albert.
Dopo essere sceso a diversi chilometri più a nord dovette percorrere una lunga strada a piedi fino al piazzale indicato agli studenti che non erano del luogo. Chiunque proveniva da fuori sarebbe stato accompagnato con il pullman della scuola fino all’edificio. E si poteva dire che tutti provenivano da fuori perché era evidente che la scuola era nel mezzo del nulla più totale.
Il luogo dove era previsto la riunione era già affollato. I tipi riuniti lì non avevano niente in comune l’uno con l’altro. C’erano quei tipici ragazzini d’élite con la puzza sotto il naso, altri che sembravano appena usciti da una lite nel Bronx, sfigati secchioni, ragazzine impegnate a incipriarsi il naso e sparlare degli altri.
Albert era confuso. Una donna con la coda di cavallo bionda e due seni enormi che sporgevano dalla camicetta semitrasparente degnò di un’occhiata altezzosa i neoarrivati.
«Eccovi qui. Manca solo Riley e saremo al completo». Albert si mise in disparte, vicino all’unica adulta nei dintorni ma abbastanza lontano dai suoi coetanei. Claire gli venne dietro come un cagnolino fedele.
«Non mi piacciono queste persone» gli bisbigliò.
Albert assentì in totale accordo con lei. Nessuna di quelle persone sarebbe potuta essere un suo amico.
Un ragazzo di colore dai capelli fino alle spalle entrò nel piazzale con un Eastpack sulle spalle. Fece un segno di saluto con indice e medio ai presenti e guardò la donna.
«Ecco Riley» disse lei. «Possiamo partire». Fece una “V” sul suo taccuino e fece salire quella cinquantina di ragazzi sul pullman.
«Ma non dovremmo essere di più?» chiese Riley.
La donna lo guardò infastidita. «Questo è l’ultimo turno. Gli altri studenti vi aspettano già a scuola».
Si mise alla guida del mezzo e partì in quarta, inoltrandosi nella fitta boscaglia, tra luoghi bui e altri assolati. Nonostante la musichetta che usciva dagli altoparlanti degna di una sala d’attesa, il viaggio fu un incubo e Albert non fece che desiderare per tutto il tempo che quello fosse solo un incubo.
«Siamo arrivati!» tuonò l’autista dopo due ore interminabili. «La sottoscritta Katherine Foster vi dà il benvenuto al collegio della Luna Nuova!»


Nota dell'autrice: ecco il sesto capitolo! Avrei voluto introdurre di già il collegio e approfondire i ragazzi nel piazzale ma se l'avessi fatto ne sarebbe uscito fuori un papiro lunghissimo che non avrebbe letto nessuno perciò mi limito qui. Potete consolarvi pensando che nel prossimo capitolo è sicuro al 100% che si parlerà della scuola, ma dal punto di vista dei demoni!
Dalla parte del secondo viaggio in autobus ero stanchissima e perciò mi è venuto un obbrobrio indegno di me ma volevo sbirgarmi a postare questo capitolo dato che è da un po' che non aggiorno. Perdonatemi per questa schifezza, se non lo farete Claire verrà a casa vostra e vi stenderà con le sue lunghiiiiiiiiiiissime parlantine.
Adoro la parte in cui Claire sembra una stupida quando parla dell'autobus. Mi sa che adoro la piccola e incompresa Clairuccia.

ATG
  
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