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Autore: Tersicore    03/07/2004    4 recensioni
Il sole se ne sta andando, lo sento. Tra poco giungerà la mia ora. L’ora in cui potrò muovermi, correre, mangiare, vivere. Vivere? No, io non vivo …….esisto.
Genere: Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RIFLESSIONI DI UN VAMPIRO DEI GIORNI NOSTRI.

 

Il sole se ne sta andando, lo sento. Tra poco giungerà la mia ora. L’ora in cui potrò muovermi, correre, mangiare, vivere.

Vivere?

No, io non vivo …….esisto.

Dalle sottili fessure intravedo la luce, prima così intensa e fastidiosa, affievolirsi, fino a svanire nelle tenebre.

Allungo una mano e sfioro il lucido ebano con venerazione. Quel pregiato pezzo di legno intarsiato, ricoperto da una sgargiante seta vermiglia, è la mia unica protezione, il mio rifugio, la mia casa..….la mia prigione.

E’ il momento.

Un fremito d’impazienza scorre sulla mia gelida pelle.

Ogni notte, in questo preciso istante l’euforia appare. All’inizio del mio tempo era intensa; la desideravo, la aspettavo con ansia, allora la consideravo la prova che ero ancora vivo, ma oramai, pure questa sensazione è caduta nello squallore dell’abitudine. Una volta era rossa, viva, corposa, inebriante, ora è solo piatta, grigia, ricoperta d’impalpabili ragnatele che si dissolvono al primo soffio di vento.

Arriva prevista come sempre, ma da molto non è più la mia mente a desiderarla, a richiamala a se, é il mio corpo; un suo riflesso autonomo nato più dalla necessità di nutrirsi che dalla bramosia dell’eccitazione. Io e lui oramai siamo due entità separate, costrette a coabitare anche se ci disprezziamo a vicenda.

Ho riflettuto mille volte su chi dei due è il vero parassita, ma nonostante i secoli passati, non ho ancora trovato la soluzione. Siamo entrambi lì, insieme, inseparabili, seduti ognuno su un piatto della bilancia che immobile osserva deridendo lo scandire del tempo.

Quante volte ho pensato di farla finita, basterebbe così poco. Rimanere con le tende allargate, davanti alla finestra, seduto sulla mia vecchia poltrona Luigi XIV ad aspettare. Aspettare, che un giustiziere color oro allarghi le sue braccia al mondo.

Chissà, se prima di perdermi nelle nebbie del nulla ancora una volta avrei la possibilità di sentire il suo calore accarezzarmi?

Illuso, non troverò mai il coraggio, resterò sempre qui, senza essere nulla ed essendo tutto, vittima e carnefice, uomo e mostro. Un essere sotto certi aspetti perfetto e bellissimo, ma sotto altri repellente. Basta dannarsi non serve a nulla, forse sarebbe ora che imparassi ad accettarmi. Certo non sono stato io ha scegliere questo tipo di vita, ma sarei ipocrita a sostenere di non averla mai amata. C’è stato un tempo in cui provavo piacere nell’avvertire l’odore della paura, ma ora è tutto cambiato.

Faccio forza sul coperchio della mia bara e finalmente esco. Mi volto e rimango ad osservarla. Le dita scorrono sulle applicazioni di lucido ottone. Sono perfette, ancora splendide e meravigliosamente conservate. Sfiorarle mi procura gioia. Ho sempre amato le cose belle ed armoniose ed è stato normale accumularle nel tempo, per avere la possibilità di ritornare ad ammirarle, ogni volta che volevo. Ora la mia casa n’è piena. Quadri, mobili, sculture; ne possiedo un’infinità, ma purtroppo nemmeno questa ricerca del bello mi soddisfa ed elettrizza più.

E’ questo il mio problema, non riuscire a desiderare più nulla. Dopo tanti anni niente mi appaga, non ci sono più sfide, non più brividi e tutto piatto. Di questi tempi e diventato troppo facile procurarsi il necessario.

Con un ultimo sguardo esco di casa e m’incammino. Le strade sono affollate. Giovani donne succinte mi rivolgono sorrisi ed incoraggiamenti.

Eh sì, in questo mondo non c’è più nulla d’irraggiungibile per me, e diventato tutto troppo semplice. Quando succede qualcosa di strano la gente non interviene più, preferisce voltarsi dall’altra parte, far finta di non vedere, sorvolare.

Mi guardo intorno. Stasera altri cacciatori stanno annusando l’aria. Li sento, li percepisco e loro riconoscono me. Siamo diversi e i nostri modi di uccidere sono differenti, ma ci distinguiamo fra di noi. Un tempo eravamo costretti a lottare, ma ora non abbiamo più bisogno di contenderci la preda. Già, proprio così, pure questa emozione è svanita, ed io ne sento la mancanza. In questa era ci sono vittime per tutti. Nessuno si accorgerebbe se quel bambino all’angolo della strada, intento a chiedere l’elemosina o se la ragazzina vestita con quella ridottissima minigonna verde che vende il suo corpo per pochi soldi, svanissero nel nulla. Nessuno se ne interesserebbe.

Il mondo perfetto per quelli come me?

Forse, potrebbe esserlo se non dovessi fare i conti con questa piatta quotidianità.

Che senso ha sentirsi cacciatori, quando la preda ti viene servita su di un vassoio d’argento?

Bah non so, forse è il mio essere vampiro che non ha più senso! Forse dovrei davvero lasciarmi andare?

In ogni caso ora non è il momento per questi pensieri. Il mio corpo reclama sangue, possibilmente giovane. Tornerò indietro, quella bionda vestita di rosa aveva un bel sorriso ed il profumo della sua pelle non era camuffato da nessun tipo d’essenza. Mi piacciono di più al naturale. Quando con i miei canini ne incido la giugulare, non voglio che il sapore ferroso del sangue sia camuffato da qualche olezzo.

Dopo aver saziato la mia sete poi, mi siederò davanti alla finestra ed aspetterò e sarà lì che prenderò una decisione. Attenderò che l’alba mi colga o come tutte le notti mi ritirerò nel mio rifugio nell’attesa di tempi migliori?

  
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