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Autore: Volleydork    26/11/2012    5 recensioni
Avevo sempre cercato di avere tre certezze nella vita, tutte irrimediabilmente distrutte.
La prima era che le fette di pane imburrato cadono, sui vestiti, dalla parte del burro. Abigail mi aveva dimostrato il contrario. Forse aveva a che fare con l'essere figlia della dea dell'amore.
La seconda era che nessuno dormiva con tanto gusto con quanto lo facevano i gatti. Tristan si era dato da fare a disilludermi anche su questo, addormentandosi sotto i miei occhi durante una lezione di traduzione.
La terza era che non c'erano altri campi per semidei oltre al mio. Ma, stando alle parole di Elliott, mio padre e compagnia non erano gli unici a essersi impegnati sotto questo aspetto.
Perché, va bene tutto, va bene che arriva la fine del mondo e tutto il resto, ma preferirei che non dovessimo chiedere aiuto a quei fricchettoni degli dei greci...
Ah, scusate! Non mi sono presentata: io sono Selina Potter, figlia di Odino.
***
E io non ho ancora finito di ammorbarvi con le mie long su Percy Jackson.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando si scopre che Zeus e compagnia bella hanno figliato



Le assemblee si tenevano nella casa del Custode, cioè di Elliott. Trovai lì Tristan e Adam. Luna ed Abigail non erano ancora arrivate.
“Sarah ti ha detto tutto?”, mi chiese Adam mentre mi sedevo.
Annuii. In quel momento arrivarono di corsa Abigail e Luna. Elliott chiese silenzio. Erano presenti tutti i rappresentanti dei capanni, cioè coloro che si erano distinti tra i fratelli e le sorelle per qualche capacità.
“Vi è già stato comunicato il motivo per cui siete qui”, cominciò.
Annuimmo tutti.
“Sarah ha visto in sogno la morte di Balder, lo stesso modo in cui è stata annunciata la prima volta. Vi ricordate la storia? Per l'assassinio di Balder, Loki venne incatenato sui monti, con un serpente che gli colava veleno sul petto. Ma alla sua liberazione, desideroso di vendetta, scatenerà Ragnarok, guidando le armate di Muspell, la terra dei Giganti di Fuoco, su Asgard e sulla terra. Fenrir ucciderà Odino, Midgardr, il serpente che cinge il mondo, e Thor si uccideranno a vicenda. E da quella distruzione nascerà una nuova era. Ma stavolta non possiamo permettere che accada. Sarah, nel sogno hai anche visto quando avverrà l'assassinio di Balder?”
La ragazza chiuse gli occhi, riflettendo.
“Era notte. E... Balder dormiva. In una foresta. C'era luna nuova, luna nera, – riaprì gli occhi. – Accadrà tra un mese. La cosa strana è che c'era anche Fenrir”.
"Fenrir? – rifletté Adam – Ma dovrebbe essere ancora incatenato".
"Qualcuno deve averlo liberato prima del tempo", propose Sarah.
"Loki", suggerì cupamente Alexander, figlio di Hel.
Gettai un'occhiata a Tristan con la coda dell'occhio. Teneva le dita intrecciate sul tavolo e le fissava intensamente, senza dire una parola. Doveva essere difficile essere figli di un dio che, sebbene fosse necessario all'ordine cosmico, era un vero figlio di puttana.
Rimasi in silenzio anch'io, riflettendo su quello che aveva detto Adam. Era vero, Fenrir si era liberato molto prima di Ragnarok, ben dieci anni prima, il momento giusto per attaccarmi mentre arrivavo al campo. Non avevo detto a nessuno come mi ero davvero fatta la cicatrice sul viso, avevo raccontato che un Jotunn avesse ucciso mia madre. Sospettavo però che Elliott sapesse tutto, anche se non me ne aveva dato conferma.
"Il vero problema, – continuò Elliott, – è che, a quanto ha capito Sarah nel sogno, Ragnarok non dovrebbe ancora accadere, il corno di Heimdall non aveva suonato. Come se qualcuno stesse accelerando tutto il processo. Perciò dobbiamo fermarlo".
“Ma come facciamo a fermare il Ragnarok? – intervenne Brian, capo del capanno di Eri – La prima volta non ci sono riusciti neanche gli dei!”
“Non ci sono riusciti i nostri dei”, lo corresse Elliott. Il modo in cui lo disse mi diede una strana sensazione.
“Cosa intendi, Elliott?”, mormorai.
“Che c'è un modo per fermarlo”.
Mi sporsi in avanti verso di lui, appoggiando i gomiti sul tavolo.
“Spiegati meglio”.
“Chiederemo aiuto. Le divinità norrene non sono le uniche”.
Magda della casa di Vor era incredula.“Vuoi dire che esistono altri... campi?”
“Sì. Un altro campo. Altri semidei. Altri dei. Greci, per la precisione. Si chiama Campo Mezzosangue”.
Ricaddi pesantemente sulla sedia. Attorno a me i ragazzi cominciarono a confabulare tra di loro.
“Silenzio!”, ordinò Elliott.
Tutti tacquero.
“Dove si trova questo campo?”, chiese Abigail timidamente.
“Nella baia di Long Island, vicino a New York. Ho intenzione di mandare qualcuno di voi a parlare a loro e ai loro dei. Dobbiamo decidere chi guiderà questa... ambasceria”.
Concluse la frase e mi fissò. Anche gli altri si girarono verso di me.
“Ehi, non guardate me!”, esclamai nel panico.
“Non piantare grane, Selina. Sei tu la più adatta”, disse Tristan con fermezza.
“Ma io non posso! Non ho mai neanche mai avuto dei fratelli minori a cui fare da capo!”
“Selina, sei al campo da più tempo di chiunque altro. E sei figlia di Odino. Sei fatta per il comando”, aggiunse Luna.
“Ma...”
Non sapevo più cosa dire. Elliott mi tolse dall'imbarazzo.
“Comunque ne riparleremo questa sera nell'arena, dobbiamo informare anche gli altri di quello che sta succedendo. L'assemblea è sciolta”.
Prima di lasciarmi andare mi prese da parte.
“Selina, rifletti sul guidare questa missione. Gli altri non seguirebbero nessun altro a parte te”.
“Ma perché io? Non sono carismatica o gentile e non mi sono mai distinta per coraggio o cose del genere!”
“Ma sei quella meglio allenata e sei quella con più esperienza. Selina, sono dieci anni che vivi qui. Ti hanno sempre vista e, che tu lo sappia o no, tutti sanno chi sei. Inoltre, sei figlia di Odino, il padre degli dei”.
"E se invece mandassimo Luna? Tutti vogliono bene a Luna".
"Quindi vorresti mettere a capo la figlia del dio della guerra e rimanere in secondo piano? Non pensi che farebbe loro una strana impressione vedere la figlia del capo degli dei al seguito di qualcuno? – fece una pausa – Dobbiamo essere credibili, Selina. Non mandare per prima la figlia di Odino sarebbe sciocco".
Mi allontanai in silenzio. Non tornai alla lavanderia, ma mi andai a sedere sul molo sul lago Eire, cercando di trovare il coraggio di accettare il compito che mi volevano affidare.
Un vecchietto si sedette accanto a me, canticchiando un motivetto in una lingua sconosciuta. Indossava un vecchio mantello logoro e un cappello a tesa larga, si aiutava a camminare con un bastone e gli mancava un occhio. Tornando a parlare in inglese, disse:
“Piccola Elena tutta impettita, di bianco mi sembri vestita. Ma il tuo naso rosso rosso, che fa? Più lunga la sua vita sarà, sempre meno a te ne rimarrà. Chi è Elena?"
“Si tratta di una candela, non è vero, papà?”
Il vecchietto mi guardò sorridendo.
“Esatto, figlia mia, esatto. E hai anche indovinato chi ero io, complimenti”.
“Non è difficile, considerando che sei l'unico dio che va in giro a fare indovinelli”.
Due corvi si vennero a posare sulle spalle di mio padre.
Ehi, bella!”, disse uno dei due nella mia testa.
“Ciao, Muninn”
Muninn, smettila di fare lo scemo con la figlia del capo! Vuoi che cominci a darci miglio come l'ultima volta? Ciao, Selina”.
“Ciao, Huginn. Papà, come mai questa visita improvvisa?”
“E me lo chiedi pure?”
“Sei qui per convincermi ad accettare di guidare l'ambasciata”.
“Sì”.
“Ma non ci riuscirò! – protestai – Non sono in grado di andare d'accordo con i miei compagni del campo, figurarsi convincere un gruppo di sconosciuti ad accettare di seguirci in una missione suicida!”
“Selina, – disse mio padre, – non è un caso se tu sei l'unica occupante del capanno uno. Troppi ragazzi adatti a tenere il potere? Sarebbe un pasticcio. Anche se non te ne rendi conto, essere la guida dei tuoi amici è ciò a cui sei più adatta”.
“Ti sbagli”, ribattei.
“D'accordo, mi sbaglio. Non ti disturberò più”.
Detto questo, scomparve. Rimasi da sola ancora qualche minuto, poi mi raggiunse Tristan.
“Credevo mi avresti buttata nel lago”, sospirai.
“C'è un limite a tutto. Hai deciso?”
Annuii.
“Guiderò l'ambasciata”.
“Ti rendi conto che quasi sicuramente ti faranno guidare anche la missione?”, sottolineò lui.
“Lo so”.
Tristan mi tirò un pizzicotto.
“Ahia! Ma che fai?”
"Volevo vedere se eri sveglia. Sei proprio un bel tipo, sai? Tutti i ragazzi del campo sognano di essere a capo di questa missione e tu volevi rifiutare, – si interruppe. – Sei così pigra da non aver voglia di guidare la missione?"
"Non sono pigra. Ho una paura fottuta di assumermi delle responsabilità".
Tristan tolse scarpe e calze e mise i piedi in acqua.
“Senti, – incominciai, – tu sei l'unico di cui non so niente della sua vita fuori dal campo. So del padre di Abby che è sempre in giro per lavoro, della madre di Adam che è una professoressa universitaria e della madre di Luna che lavora in un ospedale psichiatrico. Perché tu non parli mai di tua madre?”
Lui grattò via distrattamente dal pontile un po' di vernice, arrossendo vistosamente.
“Il fatto è che la mia famiglia è... un po' strana”.
“Cosa vuoi dire?”
Si mosse a disagio.
“Tu sai che Loki è in grado di assumere varie forme e occasionalmente cambiare sesso”.
Non essendo una grande osservatrice, non mi accorsi che parlare gli costava immensa fatica.
“Sì, e quindi?”
Tristan fece una pausa, sempre più rosso.
“E quindi... mio padre è mia madre”.
Ok, non avevo capito un cacchio.
“Puoi ripetere, scusa?”
Lui gemette.
“Cosa c'è da capire? Loki era sotto forma di donna, ha incontrato mio padre e sono nato io”.
A momenti mi cadde la mascella. Sapevo che Loki era un dio strano, e che aveva partorito Sleipnir sotto forma di giumenta, ma non credevo gli fosse piaciuto così tanto da farla diventare un'abitudine.
“Comunque... – tentai di mantenere un tono leggero. – Che lavoro fa tuo padre?”
“Il modello”.
“Oh”.
“E se lo conoscessi capiresti come Loki potesse essere interessato a lui”.
“Non molto simpatico?” "Ed estremamente figo?", aggiunsi mentalmente. Se aveva fatto venire voglia al dio di riattraversare tutto il travaglio pur potendo risparmiarselo, doveva essere un bel pezzo d'uomo.
“È un bastardo fatto e finito. Sia a casa che sul lavoro”.
“Non lo conosco, ma ti inviterei a non esagerare”, lo rimproverai.
“Non sto scherzando. Ha un altro figlio oltre a me, avuto da una collega, che gli assomiglia un sacco. Quest'anno sono tentato di rimanere qui”.
Io impallidii.
“Cazzo, no! Non posso sopportarti per tutto l'anno!”
Lui sorrise.
“Hai ragione, finiremmo per ammazzarci a vicenda”.
Inclinai di lato la testa, notando una cosa sul suo orecchio.
"Ti sei fatto fare un orecchino? Come sei effeminato!"
Lui si toccò il lobo istintivamente.
“Quando ho detto a mio padre che mi sarebbe piaciuto avere un orecchino, mi ha proibito di farlo. Il giorno dopo l'avevo di già”.
Si alzò in piedi, battendomi una mano sulla spalla.
“Io torno ai percorsi sugli alberi, ho lasciato i miei amati fratellini là. Ci vediamo stasera nell'arena”.
“Torno anch'io in lavanderia. Aurvandil ha bisogno di aiuto”.

La sera, dopo cena, venimmo radunati nell'arena. La maggior parte dei ragazzi era già al corrente di tutto, ma Elliot spiegò di nuovo la situazione. Un bisbigliare nervoso si alzò dalle file quando parlò del Campo Mezzosangue.
“Abbiamo deciso, – continuò Elliott, riportando silenzio, – di mandare un gruppo di ragazzi a questo campo, per vedere se possono aiutarci. Selina, – si rivolse verso di me, – accetti di guidare i tuoi amici fino a Campo Mezzosangue?”
Io mi alzai in piedi.
“Accetto”.
“Bene. Scegli pure chi ti accompagnerà”.
Mi guardai in giro, alla ricerca dei miei amici. Per prima cosa, mi girai da Abigail, che sedeva con il gruppo dei figli di Freya.
“Vorrei che venisse con me Abigail Lamper, Luna Cox e Adam Harris”.
Guardai il gruppo dei figli di Loki. Tristan mi fissava con un'espressione impenetrabile.
“E voglio che venga anche Tristan Morris”.
Si alzarono delle proteste. Joseph diede voce a quello che pensavano tutti.
“Lui e i suoi fratelli sono i figli dell'assassino! Come puoi pensare di poterti fidare?”
Mi morsi le labbra: era ciò che avevo temuto. Ma Tristan pensò da solo a difendersi.
“Noi non siamo responsabili delle azioni di nostro padre, né le appoggiamo, Joseph. E inoltre, ricorda che Loki ha più volte aiutato tuo padre nelle sue avventure, quindi pensaci due volte prima di parlare contro di noi”.
Joseph tacque.
“Allora saranno questi i tuoi compagni, Selina?”, disse Elliott
“Sono loro”.
“Bene. Partirete domani mattina all'alba, con i figli di Sleipnir. Preparate stasera quello che vi servirà per il viaggio”.

Il mattino dopo lasciammo il campo. Io mi portavo dietro, a parte vestiti di ricambio, la mia ascia. Adam aveva con sé il martello, Luna una spada, Abigail arco e frecce e Tristan due lunghi pugnali. La prudenza non era mai troppa, avremmo potuto imbatterci in qualche mostro durante il viaggio. I figli di Sleipnir con cui viaggiavamo, erano, appunto, figli o discendenti del cavallo di Odino, e non c'erano animali più veloci di loro.
In qualche ora raggiungemmo New York, che mi lasciò estasiata con tutti i suoi grattacieli, e nel primo pomeriggio eravamo alla baia di Long Island. Lasciammo i cavalli ai piedi della collina sulla cui cima stava l'ingresso del campo. A guardia di questo stava un grosso drago, attorcigliato ad un albero, che ci lasciò passare senza problemi. Aveva sentito che eravamo semidei. Mi bloccai prima di entrare.
“Coraggio”, mi incitò Abigail.
Ma non mi ero fermata per paura. Mi ero fermata perché era la prima volta che vedevo l'oceano. Guardai quella distesa luccicante di acqua e inspirai a pieni polmoni l'aria che sapeva di alghe. A quel punto entrai. La prima persona che vidi fu un uomo coperto di occhi. Avanzai verso di lui a grandi passi.
“Abbiamo bisogno di vedere il direttore di questo campo, – dissi in tono sicuro. – Il mio nome è Selina Potter, vengo da Campo Nord e sono figlia di Odino”.
L'uomo strabuzzò tutti gli occhi, il che fu uno strano spettacolo, poi ci fece cenno di seguirlo e ci guidò verso una costruzione a quattro piani dipinta d'azzurro, sotto il cui portico stavano seduti un uomo in sedia a rotelle che ci guardò sorridente, ma sorpreso, e un quarantenne con capelli neri e ricci che giocava a carte con tre ragazzi mezzi capre. Satiri, evidentemente.
“Vi do il benvenuto al Campo Mezzosangue, ragazzi, io sono Chirone. Se siete riusciti ad entrare, dovete essere semidei. Non siete accompagnati da un satiro-guida?”
Il tizio sulla sedia a rotelle, che a quanto pare non era nient altri che Chirone l'addestratore di eroi, si sporse a guardare alle nostre spalle.
“No, – replicai perplessa, – non siamo accompagnati da un... satiro-guida. Io e i miei amici veniamo da Campo Nord. Siamo semidei figli delle divinità norrene. Mio padre è Odino”.
Chirone ci guardò a bocca aperta, mentre attorno a noi si radunava un gruppetto di ragazzi incuriositi. L'uomo che giocava a carte interruppe la partita e ci guardò scettico. Doveva essere un dio, perché sentivo una certa aura di potere. A causa della mia agitazione, cominciarono a venirmi scintille tra i capelli. Mio padre è anche dio della magia, e quando sono molto nervosa accadono cose strane. Le spensi imprecando. Dieci anni al campo e non riuscivo ancora a controllare i miei poteri.
“Ci stai prendendo in giro, ragazzina?”, mi chiese il presunto dio in tono petulante.
“No, signore”, rispose Luna con educazione.
“Bene”. E riprese a giocare.
Chirone ci invitò a fare un po' di spazio e si alzò in piedi. In effetti ero curiosa di sapere che fine avesse fatto la parte equina dell'uomo: l'aveva solo nascosta in una sedia a rotelle. Com'è che non ci avevo pensato?
Forse vi starete chiedendo come facevo a sapere tutte quelle cose sulle sulla mitologia greca. Il merito era tutto di Luna e della sua passione per qualsiasi argomento astruso. Tipo poesia o cose del genere. Quanta gente conoscete che ha letto tutto lo Zibaldone di Leopardi?
"Seguitemi".
Ci guidò nella casa e ci fece sedere attorno a un tavolo da ping pong. Io gli dissi tutto: di Campo Nord, degli elfi, del sogno di Sarah e di Ragnarok.
"Per questo dobbiamo impedire l'uccisione di Balder, – conclusi. – Altrimenti Loki, quando si libererà dalle catene, guiderà, desideroso di vendetta, le armate di Muspell, i giganti di fuoco, contro Asgard, la dimora degli dei, e sulla terra. Senza dover affrontare quell'esercito, i nostri dei potranno avere una possibilità in più di sconfiggere Fenrir e Midgardr, il serpente che cinge il mondo".
Il centauro annuì.
“In questo caso bisogna organizzare un consiglio. Ma prima devo chiamare le Cacciatrici. Se le contatto adesso, dovrebbero essere qui per domani”.
Inclinai la testa di lato.
“Cacciatrici?”
“Ragazzine immortali che scelgono di rifiutare la compagnia dei maschi, per seguire la dea Artemide nelle sue avventure”.
Chirone si chinò verso un satiro, mormorandogli qualcosa all'orecchio e quello uscì dalla casa di corsa. Poi si rivolse di nuovo a noi.
“Gli ho chiesto di andare a chiamare Annabeth, capo della casa di Atena. Lei vi spiegherà qualcosa di questo campo”.
La ragazza arrivò poco dopo. Era bionda, alta e con tempestosi occhi grigi. Speravo che l'altezza media al Campo Mezzosangue fosse minore rispetto a quella di Campo Nord, ma rimasi delusa da quella stanga di un metro e ottanta. Perché, cacchio, perché ero l'unica semidea alta un metro e cinquantasei?
“Piacere, Selina Potter”, dissi porgendole una mano.
“Annabeth Chase. Siete nuovi?”
“In un certo senso”, convenne Adam.
“Annabeth, – intervenne Chirone, – ti spiegheranno i ragazzi il motivo per cui sono qui. Tu mostra loro il campo”.
La ragazza annuì e ci condusse fuori. Appena scendemmo dal portico, chiese:
“Da dove venite?”
“Campo Nord”, rispose Abigail.
Annabeth corrugò la fronte.
“Non ho mai sentito parlare di questo campo”.
“Neanche noi del vostro, – le assicurai. – Ci ha spiegato qualcosa il capo del nostro campo”. Non so perché mi fossi sentita obbligata ad assicurarle che anche noi non sapevamo niente. Forse erano stati quel lampo irritato negli occhi e la mano che si serrava sul pugnale legato alla cintura. Forse.
La bionda si piazzò davanti a me a braccia incrociate e mi studiò il viso.
"Che c'è?", chiesi diffidente.
"Brutta cicatrice. Come te la sei fatta?"
"Un gigante dei ghiacci".
Annabeth annuì, dopo di che ci portò nel mezzo di un gruppo di case a forma di omega. Dovevano essere più o meno tante quante le nostre.
“Alla fine della guerra con i Titani abbiamo costruito le case per tutti gli dei minori. Ne sono venute fuori parecchie di più delle originali dodici, – spiegò Annabeth. – Voi quante ne avete?”
“Tante pure noi”, risposi.
Annabeth poi ci portò a vedere le varie attività del campo. Erano più o meno uguali alle nostre, solo senza la voliera, i percorsi sugli alberi e un piccolo ippodromo. Gettai un'occhiata al pugnale che la ragazza portava al fianco.
“Di che metallo è fatto?”, chiesi ad Annabeth.
“Bronzo celeste, – rispose. – Perché, le vostre di cosa sono fatte?”
Le porsi la mia ascia.
“Ferro dei Nibelunghi, un antico popolo di nani”.
Annabeth toccò la lama con l'aria affascinata.
“Ditemi di più del vostro campo. Chi è il capo?”, chiese.
“Elliott. È figlio di Heimdall, guardiano di Bifrost, il ponte che collega i Nove Mondi. Ha ricevuto l'immortalità dopo aver recuperato le mele di Idhunn, che garantiscono eterna giovinezza agli dei...”
“Eterna giovinezza? Scusa, ma gli dei non sono immortali?”
“Non i nostri. Infatti moriranno nel Ragnarok, la fine del mondo, e Balder verrà assassinato da Loki. I nostri dei possono morire”.
“Che strano”, commentò Annabeth a mezza voce.
“E nella foresta del nostro campo vivono gli Elfi Chiari”.
“Sembra di ascoltare la trama di un libro fantasy”.
“Be', tutto il fantasy si ispira alla mitologia norrena”.
Finito il giro nel campo, Annabeth ci stava riportando alla Casa Grande, quando venimmo intercettati da una ragazza robusta con capelli castani che si rivolse ad Annabeth.
“Ehi, Testa d'Uovo, hai visto Prissy? Aveva detto che avremmo duellato questo pomeriggio”. La ragazza aveva una voce potente e aggressiva.
“No, Clarisse, non so dov'è. Come vedi, sono un po' occupata”, sbottò la figlia di Atena lievemente scocciata.
Clarisse ci guardò, critica.
“Ancora dei nuovi? Bene, ci sarà da divertirsi. In particolare con te, – mi pungolò con un dito sul petto. – Quanti anni hai, scricciolo? Non te ne darei più di dodici”.
“Ne ho sedici, e se fossi in te non farei tanto la sbruffona, – risposi, punta sul vivo. – Infatti sono dieci anni che mi alleno al mio campo”.
“Alzi parecchio la cresta, piccola come sei. Ma di che razza di campo parli?”
“Campo Nord, e io sono figlia di Odino”.
“Sì, come no, e mia madre è una gorgone. Annabeth, ma da dove salta fuori questa sciroccata?”
Adam fece un passo avanti.
“Lasciala stare, non sta raccontando balle. Campo Nord esiste davvero, io sono Adam, figlio di Thor”.
Clarisse ci guardò, non del tutto convinta. Io invece avevo acquistato sicurezza non appena Adam si era fatto avanti per difendermi. Mi aveva fatto dimenticare per un attimo che era pazzamente innamorato della mia migliore amica.
“E voi altri? – disse Clarisse rivolgendosi ad Abby, Luna e Tristan – Chi sono i vostri genitori?”
Tristan si inchinò con aria beffarda.
“Tristan Morris, figlio di Loki, dio dell'astuzia”.
Gli pestai un piede.
"Fai poco lo spiritoso", gli sibilai in un orecchio.
“Abigail Lamper, figlia di Freya, dea guerriera dell'amore e della fertilità”, disse Abby con un sorriso luminoso. Luna strinse la mano a Clarisse, presentandosi per ultima.
“Luna Cox, figlia di Tyr, dio della guerra e della giustizia”.
Clarisse le batté compiaciuta una mano sulla spalla non appena sentì questo.
“Figlia del dio della guerra, eh? Mi piace!”
Inarcai un sopracciglio davanti a quell'improvviso cambio di atteggiamento. Alla fine Annabeth riuscì a riportarci alla Casa Grande. Ci accolse Chirone sulla soglia.
“Ho contattato Artemide, lei e le sue Cacciatrici saranno qui per domani mattina”.
Quella sera a cena Chirone ci fece stare al tavolo con lui. Scoprii che potevo chiedere qualsiasi tipo di bibita al bicchiere e quello si sarebbe riempito da solo. Chiesi una limonata, come quelle che faceva mia mamma, quasi tutte zucchero e limone e poca acqua.
“Ehi, ragazzi”, disse Tristan per richiamare la nostra attenzione.
“Cosa vuoi, Tris?”, chiese Adam, che teneva un braccio attorno alla vita di Abigail.
“Voglio solo fare un brindisi...”
Luna fece una smorfia.
“Tristan, da quando fai queste cose?”
“...a Selina, – continuò lui imperterrito – visto che oggi non ha ucciso nessuno al Campo Mezzosangue. E speriamo non lo faccia domani”.
Gli tirai una patatina.
Dopo cena Chirone ci fece sistemare in alcune stanze vuote al secondo piano della Casa Grande. Mi misi in pigiama e mi sdraiai a letto, cercando di prendere sonno, ma la tensione della giornata me lo impediva, quindi rimasi i miei buoni tre quarti d'ora a fissare il soffitto nel buio. Alla fine decisi che tanto valeva farsi un giro per la casa. Uscii dalla camera in punta di piedi e camminai silenziosamente lungo il corridoio, fino a quando passai di fronte alla camera di Tristan, nella quale la luce era ancora accesa. Socchiusi la porta e misi la testa dentro. Tristan alzò lo sguardo dal libro che aveva in mano e mi fissò attraverso gli occhiali.
Occhiali?!
Sì, aveva indosso in paio di occhiali dalla montatura sottile, che si sfilò per guardarmi in faccia.
“Da quando porti gli occhiali?”, mormorai.
“Da sempre, genietto. Solo che li metto solo per leggere”.
Rimasi in piedi sull'uscio.
“Be'? – mi fece cenno di venirmi a sedere accanto a lui – Entra”. Mi richiusi la porta alle spalle e mi avvicinai al suo letto, sedendomici poi pesantemente.
"Non riesci a dormire?"
"No".
“Nervosa?”
“Non sai quanto. Domani dovrò anche parlare in consiglio”, sospirai.
"Che impressione ti ha fatto il campo?"
"Buona. Sono stata un po' confusa da Clarisse".
"Anch'io. Vuoi dormire qui?"
Me lo chiese con una naturalezza tale che non trovai niente di strano in quella proposta. Annuii. Lui si spostò per farmi spazio e mi infilai sotto alle lenzuola. Mi addormentai qualche minuto dopo.














***

Angolo dell'autrice:

Ed ecco qua il nuovo capitolo!
Ho ricevuto delle recensioni tanto adorabili nello scorso capitolo, che mi sono sciolta. Certo, adesso ho il terrore di deludere chi mi ha lodato. Sentite, io farò del mio meglio.
Sto anche cercando di scrivere con il gatto quasi sdraiato sulla tastiera, credo che voglia essere coccolato.
Queste note d'autore sono un po' penose, ma sono riuscita a trascinarmi al computer dopo una tristissima domenica passata a letto per la nausea. Perdonatemi se non sono in forma.
Piccola scheda degli dei: Hel era figlia di Loki e dea degli inferi, Vor era la dea della saggezza ed Eri era un'ancella di Frigg e dea della medicina.
E quel simpaticone di Odino si divertiva a fare indovinelli ai mortali. Chi aveva capito che era la candela, la piccola Elena?
Be', non mi resta che augurarvi una buona lettura!

  
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