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Autore: _amethyst_    26/11/2012    4 recensioni
« No, non è uno scherzo: è stata tutta colpa sua.
Colpa dell’unico individuo della casa che assisteva senza essere protagonista, colpa di colui che inconsapevolmente ha causato tutto.
Non sono pazza: è stata colpa di quel gatto! »
- Prendiamo due cugine, castane e completamente diverse l'una dall'altra.
Prendiamo due amici, uno smielato potenzialmente figo e un musone che crede di saper scrivere canzoni, anche lui potenzialmente figo.
Prendiamo due ex, un biondo gay effettivamente figo e una piattola bionda con la mania dell'ordine.
Prendiamo un gattaccio puzzolente e dal muso schiacciato di nome Parmigianino.
Mescoliamo insieme questi elementi in un unico calderone e ne deriverà un disastro.
Un ENORME disastro.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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La ragazza di ghiaccio.
capitolo 17


Fissavo un punto imprecisato del freddo muro accanto al mio letto con insistenza, da almeno due ore. Non avevo il coraggio di guardare in faccia la realtà, così preferivo voltarle le spalle con ostinazione. Sentivo, da qualche parte nel mio cuore, che Chase non mi aveva raccontato balle, ma allo stesso tempo avevo la sensazione che ciò che c'era stato tra me e Matt non si potesse arrestare alla parola 'scommessa'. Eppure... faceva male. Tutto questo doleva, come una piaga purulenta. Doleva e non mi lasciava dormire. 
Mi rigirai, per quella che probabilmente fu la millesima volta, tra le lenzuola. 
Mi umettai le labbra e, provando a non fare troppo rumore, mi misi a sedere, con il preciso intento di alzarmi. 
Sapevo che non avrei dormito, perciò decisi di andare in cucina per prepararmi un caffè. Possibilmente forte.
Non sapevo che ore fossero, e non mi interessava nemmeno. Non faceva alcuna differenza: la notte sarebbe stata comunque lunghissima.
Arrivai in cucina e cominciai a fare il caffé, nella speranza che la caffettiera non facesse troppo caos sui fornelli. L'ultima cosa che desideravo era svegliare gli altri.
Volevo stare sola e illudermi di non sentirmi ferita. Avevo deciso di tenere la bocca chiusa con Prudence, ma non potevo nascondere la mia tristezza neanche a me stessa, figuriamoci a lei.
A differenza di Matt io ero sempre stata come un libro aperto. E lo sarei sempre stata, nel bene e nel male.
- Ho sentito dei passi fuori dalla porta. Speravo fossi tu. - misi la caffettiera sul fuoco e presi una boccata d'aria. Non immaginavo di doverlo affrontare tanto presto.
- Chi altro potrebbe essere a quest'ora? - domandai sarcastica, voltandomi verso di lui. 
Tentai di ignorare i miei pensieri inopportuni, appena vidi i suoi occhi illuminati dalla luna. Lui ed il suo corpo erano sempre splendidi, e questo non mi rallegrava affatto. 
Era sempre Matt insieme alla sua bellezza, ed io ero sempre Bethany ed i suoi mille incubi. Compreso lui.
- So che cosa ti ha detto Chase. - si fermò, ed io aspettai, in attesa che continuasse il discorso. Ma sembrava titubante, come se non fosse sicuro di ciò che doveva dirmi. O di come dirmelo.
Di certo io non ero d'aiuto, non lo ero affatto, con la mia espressione imperscrutabile che esprimeva più di quanto desiderassi. 
Il mio silenzio si prolungò per quelli che mi parvero millenni, ma in realtà erano solo pochi, interminabili, secondi.
Visto che non si decideva a continuare, gli posi una domanda di cui già conoscevo la risposta.
- Neghi? - non mi scomposi. Il mio orgoglio era ancora integro, anche se presto quella a cadere in frantumi sarei stata io.
- No... - abbassò lo sguardo, ma non osò muoversi di un solo millimetro. Lo feci io, al posto suo. Fu stranamente semplice avvicinarmi a lui.
Sapevo di doverlo fare, così come sapevo di non poter sopportare l'idea di non essere altro che una stupida scommessa fra idioti. E di non poter essere nient'altro.
- Mi dispiace Matt. - cominciai, arrestandomi a poco più di venti centimetri da lui. Contrariamente a quanto chiunque si sarebbe aspettato, fui io quella a tenere lo sguardo alto - Credevo che noi due saremmo potuti essere qualcosa di più. Mi ricordo che un po' di tempo fa' eravamo soli in questa stessa cucina. Mi ricordo che mi sembravi quasi timido, come se avessi paura di qualcosa. Ma ora capisco molte cose che prima non afferravo. Capisco quanto il tuo interesse per me fosse fasullo, già dal principio. E, devo ammetterlo, sei proprio un bravo attore. Sei decisamente sprecato come musicista. -
- Io non sto fingendo, ora. - finalmente incontrai i suoi occhi, e fu disarmante. Mi sentivo nuovamente nuda sotto quello sguardo. Avevo i brividi, e non avevo certo freddo - E non fingevo neanche prima. -
- Sei veramente bravo a mentire. Ma i quaderni parlano chiaro Matt. Forse non quanto Chase, ma ho fatto due più due, e il risultato non mi è piaciuto. La soluzione al problema è una. - queste parole scatenarono una reazione in lui, dopo secoli di calma apparente. Mi guardò con un'espressione prossima al tormento, o così parve, e tese il braccio verso il mio. 
Lo ritrassi immediatamente, come se mi fossi appena scottata.
- Non. Toccarmi. - il contatto mi avrebbe uccisa, ed io non potevo permettergli di strapparmi anche la vita, oltre al sorriso. 
- Bethany... non voglio che tu mi lasci. -
- Non vuoi che io ti lasci? Non siamo mai stati insieme, Matthew. Non siamo mai stati nulla: è questa la verità. - scossi il capo, mostrando un sorriso amaro come il caffé che stava ribollendo pigramente nella caffettiera - E poi è un po' tardi per rimediare, non pensi? Hai vinto la scommessa. Dovresti essere contento. Ti sei portato a letto la ragazza e l'hai fatta innamorare. Hai finito, hai vinto, hai la gloria. - terminai il mio discorso e, sentendo il caffé gorgogliare, mi avvicinai ai fornelli... tentai, più che altro. 
Le sue mani mi riportarono indietro, con dolcezza, ma allo stesso tempo con decisione. 
La mia schiena contro i suoi pettorali, il suo respiro sui miei capelli. Io, addosso a lui, ancora una volta.
- Tu non sei una scommessa. Io ti amo. Ti amo, te lo devo dire ancora? Ti amo, e non accetto che l'unico errore che io abbia mai fatto ti allontani da me. - strinsi i denti, ma mi mantenni fredda.
Quelle parole non fecero che peggiorare il mio stato d'animo, ma dal mio viso non traspariva alcuna emozione. Apparivo di ghiaccio. E magari lo stavo diventando davvero.
- Cazzate. Basta, vattene. - mi divincolai dalla sua stretta, debole sui miei fianchi, ma ferrea sul mio cuore sanguinante. Dovevo spegnere il caffè, e fu quello che feci, nella speranza che questa piccola azione allontanasse momentaneamente il bruciore provocato dal semplice tocco delle sue mani.
- Bethany... -
- VATTENE. - sbottai, senza voltarmi.
- Perdonami, per favore. -
- Vattene, e non te lo sto chiedendo per favore. -
Avevo bisogno di stare lontana da lui, perché la sua presenza mi stava levando l'ossigeno. Non mi preoccupai del tono insofferente e gelido con cui lo allontanai: servì a rispedire Matt nella sua camera, e a riportare un po' di silenzio in cucina. Ma non nella mia testa, purtroppo.
Ero ferita, sola e non sapevo con chi sfogarmi. Prudence doveva restare all'oscuro di tutto, non poteva essere altrimenti: se c'era una cosa che non avrei sopportato mai e poi mai sarebbe stata la sofferenza sul suo viso. La mia dovevo patirla e sopprimerla in silenzio, e sapevo di potercela fare. Dovevo farcela. 
Bevvi il caffè in silenzio e, nell'osservare la tazzina sporca (ormai vuota), rammentai con un colpo al cuore quanto in comune avevo pensato di avere con quella miniatura di porcellana.
Un po' come in quell'istante: costantemente svuotata, sporcata dai ricordi.
 
Il "risveglio" non fu diverso dal solito. Mi alzai dal letto come ogni mattina, lanciai un'occhiata pensierosa alla mia cuginetta ronfante e mi avviai in cucina per prepararmi una colazione dignitosa, come di consueto. Erano le 5:30, e alle 7 e 10 sarei dovuta essere già in facoltà per le lezioni mattutine. Inutile dire che quelle occhiaie violacee la dicevano lunga, ma non feci nulla per nasconderle. 
Il mio umore sarebbe stato comunque cristallino, anche con due etti di correttore sotto gli occhi. 
Mi armai di tazza e bollitore e mi adoperai per prepararmi un cappuccino come Dio comanda, ancora tramortita dalla notte insonne appena conclusasi.
- Buongiorno Bethany! - non distolsi l'attenzione dalle mie attività. Ileen non mi avrebbe arrecato alcun fastidio: erano gli altri a preoccuparmi.
- Buongiorno anche a te! - risposi allegra, ascoltando le gambe della sedia grattare sulle mattonelle. La bionda si era appena accomodata al tavolo, forse alla ricerca delle proprie, ancora assopite, facoltà mentali. Mi voltai un istante, e ciò che vidi mi sorprese. Ileen, solitamente pimpante e mattiniera, possedeva (anche lei) un bel paio di occhi rossi, tipici di chi ha passato la notte sveglia. 
Non commentai, per il momento, ma mi dissi che sarebbe stato meglio preparare un cappuccino anche per la sventurata. La sua espressione era una chiara richiesta di aiuto.
- Ecco a te. - mormorai, posando sotto il suo naso una fumante tazza di caffelatte, con tanto di schiuma biancastra.
- Ma... - mi guardò come a dire 'sì, ma nessuno te l'ha chiesto', ma la zittii con un'alzata di spalle ed un mezzo sorriso gentile. Inutile dire che la situazione pareva essersi ribaltata totalmente.
- Il caffè aiuta sempre la mattina, specialmente dopo una lunga nottata. Non vorrai andare in facoltà con quell'aria addormentata, spero? - mi accomodai sulla sedia accanto alla sua, con la tazza bollente fra le mani. Soffiai per qualche istante la bevanda per raffreddarla un po', prima di berne un lungo sorso. Il suo calore mi diede un blando conforto, come se fosse sufficiente un cappuccino a placare tutto ciò che infuriava dentro di me. Magari fosse vero, meditai con un sospiro. 
Lo sguardo di Ileen mi bruciava la pelle, ma non immaginavo il perché mi osservasse con tanta insistenza, almeno finché non prese parola.
- Mi dispiace, per questa storia di Matt. Onestamente non capisco per quale motivo Chase si sia comportato tanto da stronzo. - finsi di non essere sorpresa da quella frase, nonostante mi domandassi come fosse possibile che tutti in quell'appartamento sapessero della scommessa, diversamente da me e Prudence. Mantenni lo sguardo incollato alla porcellana della tazza, incapace di affrontare l'indagine della bionda. Non eravamo mai state grandi amiche, e parlare con lei di un argomento così delicato mi faceva sentire particolarmente in imbarazzo, ma non per questo mi tirai indietro. Volevo sapere fino a che punto lei si sarebbe esposta in questa faccenda, e per quale motivo.
- Quindi in questa casa sapevano tutti di questa storia. A parte me e Prudence, ovviamente. - affermai con una certa ironia, scuotendo impercettibilmente il capo. 
- Sì, diciamo che prima o poi sarebbe comunque saltata fuori, in un modo o nell'altro. - 
- Purtroppo non mi consola. - replicai freddamente, non avendo alcuna intenzione di continuare per quella strada. Pensare a Matt mi avrebbe resa indubbiamente triste e rabbiosa, ed io desideravo mostrare al ragazzo tutta l'indifferenza che ero capace di ostentare, nella speranza che quest'atteggiamento non mi nuocesse il doppio, a lungo andare.
Ma cos'altro potevo inventarmi per nascondere la mia infelicità? Fingere sembrava l'unica alternativa.
- Lo so, ma... - niente, Ileen sembrava non voler lasciar cadere il discorso - Io credo che Matt meriti una possibilità. In fondo comincio a credere che lui non ti reputi più solo una scommessa. -
- E cosa te lo fa credere? - domandai scettica, rigirando i rimasugli della bevanda con il cucchiaino. Possedevo un'opinione ben diversa, al riguardo.
- Ha preso a pugni Chase. Per te. - marcò l'ultima parte della frase con decisione, come se quelle due parole in sé potessero essere sufficienti a farmi cambiare idea. 
- Solo perché voleva nascondere i suoi sporchi segreti e aveva paura di essere smascherato. - sbottai, sputando quelle parole come avrei fatto con una medicina amara.
- Buongiorno... - una voce assonnata interruppe la conversazione, e Will fece il suo ingresso trionfale nella cucina, ormai troppo affollata per i miei gusti. Assottigliai lo sguardo appena lo vidi entrare: ero piuttosto risentita nei suoi confronti, così come in quelli di Matt, e certamente non mancai di farglielo sapere.
- Toh, abbiamo il perdente! Qualche nuova scommessa all'orizzonte, Willino? - assunsi un tono più sprezzante che mai: il fatto che lo smielato stesse con mia cugina non implicava un'esenzione da battutine e frecciatine stile bazooka.  Sottolineai l'orrendo nomignolo con un mezzo sorrisetto denigratorio. 
Lui mi lanciò una lunga occhiata e non mancò di notare la presenza di Ileen. Forse fu per questo che non si azzardò a rispondere, ma questo (a suo discapito) non mi impedì di continuare.
- Non dirò niente a Prudence, a meno che non lo faccia qualcun altro al posto mio. Ma ad essere sinceri spero che almeno tu proverai a dirle come stanno le cose, per correttezza, prima che lo venga a sapere da altri, o (peggio ancora) che lo scopra da sola. - precisai, seguendo il profilo del ragazzo con lo sguardo. 
Lui sembrava assorto nei propri pensieri, ma, dopo qualche interminabile istante, anche lui fece sentire la sua voce in proposito.
- Senti, so che credi che io e Matt ci siamo comportati da stronzi. Beh, lo siamo, e non ne andiamo poi tanto fieri eh! -
- Parla al singolare. Sto parlando di te, non me ne importa un Parmigianino lesso di Matt! - mentii, a denti stretti. 
Sentir pronunciare quel nome con tanta leggerezza era per me un doloroso colpo al cuore.
- Non voglio sentire la predica anche da te. Sono stanco di sentir parlare di questa storia, okay? Tanto Chase ti avrà già detto che io mi sono tirato indietro subito da quella cosa, no? -
- No Will, e non mi interessa. Se Prudence scoprisse tutto questo sai quanto ne soffrirebbe? Non credi che anche lei  sia stanca di essere trattata come un oggetto da persone idiote come voi? -
Ileen osservava la scena impassibile, silenziosa e calma, come se non la riguardasse, come se stesse guardando un noioso film alla TV e non un'accesa discussione tra coinquilini. 
- Lei per me non è un oggetto. - replicò lo smielato, stringendo i pugni. Si stava innervosendo per le mie insinuazioni, ma non mi dispiacque provocarlo. Non meritava un atteggiamento benevolo.
- E allora farai bene a dimostrarglielo, se non vuoi perderla. E faresti bene a farlo subito. - stanca della discussione mi alzai dalla sedia e, osservando l'orario dal display del cellulare, mi dissi di affrettarmi nel lavarmi e nel vestirmi. Erano già le 6 e 10: avevo poco meno di mezz'ora per prepararmi e trovarmi davanti alla fermata degli autobus.
Sfortunatamente, durante il tragitto rischiai quasi di scontrarmi con Matt che, dopo avermi riconosciuta, parve voler dire qualcosa, ma la freddezza del mio sguardo lo convinse a non proferir parola, limitandosi ad un frettoloso - Buongiorno Bethany. - 
Lo oltrepassai con eleganza senza rivolgergli la minima attenzione, neanche mentre, con tutta la forza che possedevo, rispondevo al saluto.
- Buongiorno, Matthew. - biascicai, prima di scivolare come un'anguilla nella mia stanza. Prudence ancora sonnecchiava beata: le sue lezioni sarebbero cominciate dopo pranzo.
Raccolsi di tutta fretta la biancheria e la roba pulita da indossare, poi mi diressi in bagno per prepararmi. Mi infilai in doccia il più rapidamente possibile, conscia del poco tempo che possedevo.
Lì, protetta dal calore del getto d'acqua, piansi, non essendo in grado di soffocare i singhiozzi e placare ogni sentimento represso che quel contatto mancato aveva risvegliato in me.
Cosa non avrei dato per toccare di nuovo quelle labbra, poter guardare con meraviglia quegli occhi azzurri, potermi sentire sua ancora una volta!
Piansi con la consapevolezza che mai e poi mai avrei potuto farlo ancora. Piansi lacrime bollenti, corrosive, amarognole, e giurai a me stessa che avrei cercato di non amarlo più, dimenticando quanto fosse assurdo questo pensiero. Lo devo a me stessa, pensai e ripensai, dirigendomi verso la fermata.
Non guarderò più quegli occhi. mi feci questa promessa più volte, nonostante sapessi già che non sarei riuscita a mantenerla, neanche con tutta la forza di volontà che possedevo.
 
(Pov. Matt)
Le lezioni passarono lente e noiose, ma della spiegazione del professore non riuscii a seguire neanche una sola, sparuta, frase. 
Il centro delle mie attenzioni era esattamente dalla parte opposta dell'aula in cui mi trovavo, e aveva una fluente chioma castana ed un cipiglio piuttosto incollerito. 
Prendeva appunti furiosamente, ed io invece seguivo diligentemente le onde dei suoi capelli, cercando di non pensare a com'era stato bello annusarli intensamente. Lei non si era voltata neanche una volta durante la mattinata, non aveva cercato il mio sguardo fra quelli degli altri studenti: si era accomodata in tutta tranquillità ed aveva cominciato a scrivere senza darsi neanche il tempo di respirare. 
Come darle torto! Conoscendola avrebbe preferito distruggersi la mano scrivendo ore su ore piuttosto che mostrarsi interessata a me anche solo per un istante. Ed effettivamente era proprio quello che stava accadendo. Avrebbe mai avuto la forza di perdonare le mie stupidaggini? O mi avrebbe detestato a vita per aver fatto di lei oggetto di scommessa? La seconda era la più plausibile, e allo stesso tempo la più deprimente. Non volevo credere che sarebbe andata davvero così. Eppure ogni singola parola da lei pronunciata quella notte aveva murato vive le mie speranze più intime, così come il suo comportamento gelido quella mattina stessa, al mio risveglio. Avrei voluto stringerla tra le braccia con forza, cibarmi del suo calore, ma sapevo di non averne il diritto. 
Non ce l'avevo più, quella possibilità. E tutto per colpa mia.
Mia e di quella stupidissima scommessa.
Avrei pagato cara questa mia debolezza: ironia della sorte, la vittoria si era repentinamente trasformata in una delle peggiori sconfitte.
Distolsi dolorosamente lo sguardo da Bethany, riportandolo sulle poche righe di appunti presi circa mezz'ora prima.
Li rilessi ed appurai che non avevano alcun senso. Nulla avrebbe avuto più senso, senza di lei.
Sempre il solito coglione.
 
(Pov. Prue)
Cominciavo a pensare che qualcosa stesse andando storto in quel fottuto appartamento, ma non avrei saputo spiegare cosa esattamente. Certo, tutti parevano essere i soliti di sempre, ma era piuttosto bizzarro (oserei dire quasi innaturale!) che non volassero battutine al vetriolo e che nessuno si lanciasse sguardi kamikaze. Ed Ileen sembrava avere una faccia sveglia. 
Per non parlare del silenzio tombale e dei lividi violacei presenti sulle belle facce di Matt e Chase, probabilmente freschi freschi di scazzottata. 
Qualcuno si sarebbe mai preso la briga di spiegarmi che cazzo stava accadendo?
Mi schiarii la voce con fare teatrale, reclamando l'attenzione dei presenti, ma nessuno si preoccupò di calcolarmi. Tutti quanti parevano essere alle prese con i propri cazzi. 
Così, neanche lontanamente scoraggiata dalla loro indifferenza, tossicchiai una seconda volta e mi preparai a sganciare la bomba, bomba che avrebbe innescato un serio allarme, almeno nel cervellino di Bethany. Così speravo.
- Ho deciso: domani cucinerò una torta! - esclamai con un gran sorriso, lasciando scorrere lo sguardo su tutti, nessuno escluso. 
Ed ecco il capo di Bethany rizzarsi all'istante, come se una scarica elettrica l'avesse appena trapassata, e le sue palpebre spalancarsi, colme di terrore.
- Cu-cugi, non c'è bisogno che ti... ehm... disturbi. - vidi il suo viso farsi cereo piuttosto rapidamente, come se un fantasma mi fosse appena comparso alle spalle ballando la macarena.
- Nessun disturbo! Voglio cucinare un dolce, magari con un chilo di nutella e di zucchero a velo: sarebbe utile ad addolcire un po' l'atmosfera, non credi? Devo assolutamente provare quella nuova ricetta! - sfarfallai le ciglia con fare innocente, analizzando le reazioni dei presenti attorno a me.
Nessuno, tranne mia cugina, sembrava essere consapevole della catastrofe a cui sarebbero andati incontro mettendomi ai fornelli.
- Prue, credo che non sia necessario: l'atmosfera è già abbastanza zuccherata con te e Will a piede libero per casa. - alzò gli occhi al cielo e, finalmente qualcosa di interessante, lanciò uno sguardo inceneritore allo smielato che, probabilmente recependo un possibile messaggio minatorio da parte sua, gliene restituì uno altrettanto significativo.
- Ha parlato! Che mi dici di te e Matt allora, che avete limonato in ogni centimetro quadrato di questo appartamento? - ciò che seguì mi fece comprendere chiaramente di essermi persa mooolti avvenimenti importanti e possibilmente esplosivi nelle ultimissime ventiquattro ore: si innescò una sorta di reazione a catena. Matt sprofondò ancora di più nel piatto di spaghetti con polpette, Bethany mi fulminò, Chase smise di respirare, Will pure, ed Ileen si grattò il naso.
- Beh, evidentemente abbiamo esaurito lo spazio. - sbottò sbrigativamente, criptica come un codice a barre. - Tornando al discorso di prima, forse è il caso che lasci ancora qualche speranza di sopravvivenza a quel forno... e a noi. - ritornò alle sue polpette, trafiggendone una con una forza tale che mi aspettai di sentirla strillare di dolore, ma ovviamente questo non accadde. Deglutii, sconcertata dalla risolutezza di mia cugina, sicuramente incazzata per il mio intervento inopportuno. Ma come potevo sapere cosa dire e cosa non dire se nessuno mi informava sulle ultime news?
Si era inacidita per colpa della mia ultima frase, e questo mi portò a pensare che lei e Matt avessero litigato. Ora volevo conoscerne il motivo.
- Ci sono tanti altri posti in questa città dove, ehm, spargere il vostro amore. Di spazio ce n'è a sufficienza, grazie a Dio. - ero consapevole del fatto che stessi rigirando il dito nella piaga, perché era ciò che volevo fare, in modo che qualcuno si prendesse il disturbo di farmi tacere, magari spiegandomi la situazione. Ma ottenni solo un imbarazzante silenzio ed un'occhiata ammonitrice da Bethany.
- Spazio o no, dubito che ti disturberemo ancora "spargendo il nostro amore", come dici tu. - continuò Bethany, categorica. Matt alzò lo sguardo verso di me, implorante, come se mi stesse pregando di non continuare. Allora tacqui, forse per pietà nei confronti del ragazzo.
- Va bene, niente dolce. - conclusi con tono rassegnato il discorso, momentaneamente quieta ma ancora in fase di preparazione per la vera battaglia. 
Non avevo alcuna intenzione di demordere, non era nella mia indole. Perciò continuai a mangiare, senza scordarmi - ovviamente - di tenere d'occhio tutti i presenti.
Inutile dire che il silenzio fra di loro, e fra di noi, si fece decisamente più denso.
 
Rischiai di rompere un piatto, tanto ero distratta. China sul lavabo, cercavo di frenare l'impetuoso flusso di domande che continuavano ad aumentare col passare dei minuti. Bethany mi aveva chiaramente intimato di lasciarla in pace, Will era andato a comprare i suoi biscotti al burro preferiti ed Ileen stava passando l'aspirapolvere in corridoio.
Matt invece se ne stava stravaccato sul divano a guardare la TV, palesemente annoiato. Gli lanciai un'occhiata di sfuggita e, nel disperato tentativo di dare un senso alla situazione, decisi di tentare un approccio col ragazzo, nonostante avessi l'impressione che non sarebbe stato tanto semplice strappargli qualche parola di bocca.
- Non dovresti fare la lavatrice? - buttai lì, tanto per attaccar bottone.
- No. - biascicò, cambiando canale per la ventesima volta in due minuti.
- Allora renditi utile: potresti aiutarmi con i piatti? - era una richiesta, sulla carta, ma in effetti era poco meno di un ordine. 
Il fatto che (dopo aver sbuffato, imprecato sottovoce ed aver grugnito in stile uomo di Neanderthal) si alzò dal divano e mi si affiancò mi fece pensare che non aveva capito i miei secondi fini.
- Tu devi solo asciugare le stoviglie e metterle a posto. - continuai, porgendogli il panno. 
Lo afferrò, ma non proferì parola, come se in un certo senso lui non fosse lì. Non sentivo la sua voce dal giorno prima.
Attesi un segno di vita da parte sua ma, quando mi rassegnai al fatto che non ne avrei ricevuti, ripresi a parlare.
- E' frustrante sentire aria di guerra ed essere l'unica a non sapere a cosa sia dovuta. - sospirai, passando un piatto gocciolante al ragazzo. 
Mantenni un tono freddo, disinteressato, anche se la mia curiosità scoppiettava.
- E' peggio sapere e non poter fare nulla. - replicò caustico, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
- Perché ti sei picchiato con Chase, Matt? - 
- E' meglio non complicare le cose. Questa storia deve finire nel dimenticatoio. -
- Cosa vuol dire? Perché nessuno vuole dirmi cosa succede?! - cominciavo ad inalberarmi: tutto quel mistero cominciava a darmi sui nervi, e ad insospettirmi.
- Perché è meglio così. -
- Ah davvero? E cosa cambia?! - sbottai con aria di sfida. Lui si umettò le labbra e finalmente cominciai a notare in lui una blanda parvenza di reazione. Lo vidi costringersi a mantenere il controllo, stringere la stretta sul panno umido e respirare profondamente, prima di darmi una risposta.
- Tutto, è cambiato tutto, e di certo non in meglio. Se proprio ti interessa, Bethany ha rotto con me. - riprese ad asciugare i piatti che gli porgevo, visibilmente arrabbiato. Continuai a domandarmi cosa fosse accaduto di tanto grave da portare Bethany a mollarlo, ma non sapevo proprio cosa pensare, ed il fatto che tutti tacessero in mia presenza non mi rassicurava affatto.
- Riguarda anche me, vero? E' per questo che nessuno dice nulla in mia presenza. -
- Mi stupirei se ci fosse qualcuno che non abbia a che fare con questa storia... -
- Però tutti lo sanno, ed io invece no. - constatai con amarezza, sentendomi pesantemente esclusa dalla vicenda.
- Se Chase si fosse fatto gli affari suoi non sarebbe successo nulla. - quindi era stato Chase a scatenare il conflitto, appurai, ma ancora non capivo di cosa esattamente fosse responsabile.
- E tu giustamente l'hai preso a pugni. -
- Non mi piacciono i ricatti, e non mi piacciono quelli come lui. - tagliò corto, riponendo al suo posto le forchette appena asciugate. Era palese che aveva bisogno di parlarne con qualcuno, ma, per qualche ragione a me sconosciuta, non voleva farlo. O non poteva, ma io questo non potevo immaginarlo.
- E' per questo che Bethany ti ha mollato? Perché le hai date a Chase? - incalzai, avida d'informazioni.
- No. La verità è che mi merito tutto questo. Sono un coglione, è tutta colpa mia. -
- Tua? - ci capivo sempre meno. Mi domandai com'era stato possibile che tutti quegli avvenimenti si fossero sviluppati in sole due ore, durante le quali io ovviamente non ero presente.
- Sì, mia. Dovevo aspettarmi che prima o poi Chase se la sarebbe rigirata a suo favore. Sarà contento adesso, di averla tutta per sé! - ringhiò, lasciando svanire per pochi attimi la sua maschera di insofferenza.
- Sarò tarda ma... cosa ti fa credere che Chase voglia Bethany? -
- Lo so e basta okay?! Ho visto come la guarda, come la cerca... -
- Sei semplicemente accecato dalla gelosia. E' questa la realtà. -
- No, sono solo realista. E vedrai che ho ragione! Con tutto quello che è successo ne ho avuto la conferma. -
- Matt... se non mi dici cosa cazzo sta succedendo non posso aiutarti: lo capisci vero? - vidi la sua mascella contrarsi, probabilmente domandandosi se fosse una buona idea rivelarmi il segreto oppure tenerlo per sé ed implodere, come sarebbe ben presto capitato. Ma, proprio in quell'istante, sentii la porta aprirsi e chiudersi nell'arco di pochi secondi, e la figura di Will, con in mano una busta strabordante di dolciumi e biscotti, ci apparì davanti come un fantasma. Evitai di proferir verbo: avevo la netta impressione che Will fosse uno di quelli che mai e poi mai mi avrebbero informata sulle ultime news. Ci guardò con sospetto, ma feci finta di non essere turbata dal suo arrivo improvviso, riprendendo a lavare i piatti in silenzio.
Matt fece lo stesso, ricreando quel fastidioso silenzio che avevo rotto solo pochi minuti prima.
- Beh, di che parlavate di bello? - trascinò la "spesa" sul bancone, prodigandosi per sistemare il tutto nel più breve tempo possibile, come se in un certo senso nemmeno lui volesse essere lì.
- Ehm. - esordì Matt, ma non aggiunse niente di sensato. Passò a me lo scettro, l'onere di inventare qualcosa di dignitosamente plausibile, ed io lo feci. Ero costretta.
- Ci chiedevamo proprio quando saresti tornato. Avevo proprio voglia di un po' di latte con i biscotti! - ignorai il fatto che sporcare bollitore e tazza per semplice copertura sarebbe stato stupido, ma Will non se ne preoccupò: era troppo preso nell'intento di fulminare Matt con lo sguardo, per riflettere davvero su quanto gli avevo appena detto.
Desiderai ardentemente di spaccare un piatto sulla testa di entrambi e macchiarmi di duplice omicidio, ma mi obbligai a reprimere questi istinti, limitandomi a sfogare i miei impulsi su un povero cucchiaino che, per sua sfortuna, passava da quelle parti.
Ero stata così vicina alla verità, tanto vicina da poterne quasi sentire il glorioso profumo, e Will aveva rovinato tutto irrompendo senza preavviso all'interno dell'appartamento.
- Fanculo. - biascicai nervosamente, osservando i due amici sgusciare via con fare circospetto. 
Cominciai a pensare che avessero tutti deciso di cospirare, a mie spese.
 
(Pov. Brian)
Osservai la carta incenerirsi in poco più di qualche attimo. Avevo deciso di distruggere tutto ciò che era appartenuto a lei, compresi i suoi bigliettini, ora così privi di senso, prima così importanti per acquistare un sorriso sincero, ogni sera, ogni notte. Era stata una cura, per un po', poi si era trasformata in un'altra malattia, ancor più terribile della precedente.
Le parole di Martha mi avevano scosso, ma per una volta non avevo potuto che darle ragione. Mi costava ammetterlo, eppure questa volta la colpa era stata mia. 
Illudendomi di essere amato, mi ero solo scavato una fossa più profonda di quella che mi spettava.
Tuttavia non mi sentivo affatto meglio: ero prossimo ad una crisi di nervi. Pensavo unicamente a lei, lei che con una sola lettera, lasciata come un comune fazzoletto sporco sul bancone del camerino, aveva smontato tutti i miei buoni propositi di farle capire cosa provassi davvero per lei. Anche se ero convinto che lo sapesse già.
Avevo intenzione di bere fino a ubriacarmi, e l'avrei fatto per bene, se solo Nick non fosse entrato in camera proprio mentre stavo per versarmi l'ennesimo bicchiere di vodka e menta.
Mi guardò come se non mi avesse mai visto prima, sconcertato dal fatto che Brian, il gemello responsabile, si stesse distruggendo il fegato senza un motivo apparente.
- Non avrai intenzione di continuare, spero! - 
- Uhm... non ci crederai, ma è proprio così. Voglio ubriacarmi fino a vomitare, addormentarmi e non risvegliarmi, magari. - osservai l'ultima lettera divenire, come tutte le altre prima di lei, un banale mucchietto di cenere. Posai la bottiglia di vodka sul comodino e mi sdraiai sul letto, cominciando a sentire la testa pesare sulle spalle muscolose. Avrei mai avuto un po' di pace in questa vita, o avrei continuato a sentirmi uno schifoso ammasso di sbagli e fallimenti?
- Beh, mi dispiace ignorare le tue volontà, ma abbiamo una serata da portare avanti, e di certo io e Martha da soli non ce la facciamo. Che intendi fare, eh? -
- Lasciatemi in pace, tu e quella là. - biascicai, socchiudendo le palpebre sulle iridi grige.
- Adesso basta. E' ora di chiarire questa storia. - il gemello si chiuse la porta alle spalle e girò la chiave nella toppa con un gesto nervoso - Non so perché Martha ancora non ti abbia detto nulla, ma è ora che lo faccia io. - era furioso, e lo notai dal fatto che mi osservava con tutta la freddezza di cui era capace. Ed era tanta, molta più di quanto riuscissi ad esprimerne io con mille sguardi.
- Che cosa dovrei sapere? - sbottai lamentoso: era così difficile da capire che desideravo un po' di solitudine?
- Devi smetterla di fare lo stronzo con Martha! Mi hai davvero stancato! -
- E perché dovrei farlo? E' l'unica cosa che mi rimane. -
- Stronzate. Se non la pianti di fare il bambino non ci rimarrà più neanche il locale. E ora ti spiego pure i motivi per cui non dovresti fare lo stronzo ogni volta che lei ti passa davanti. Primo: è la mia ragazza, e già questo dovrebbe bastare. Secondo: non merita di essere trattata come la merda che si appiccica alle tue scarpe quando cammini per strada, qualunque cosa ti abbia fatto. Terzo: se non fosse per lei e le sue esibizioni extra, a quest'ora non riusciremmo neanche a pagarci l'affitto! - era cristallino che Nick si stava liberando di un enorme macigno, un peso che probabilmente portava con sé da una quantità di tempo abnorme. Me ne accorsi perché, nel sentire quelle ultime parole, sentii qualcosa di pesante piombarmi sullo stomaco, forse lo stesso masso che lui aveva neutralizzato con quell'ultima confessione.
- Esibizioni extra? Ma di che cazzo parli? - quello alzò gli occhi al cielo e strinse visibilmente i denti. Conoscendolo, stava semplicemente ingoiando un fiume in piena di parole.
- Come hai fatto a non accorgertene? Cristo, non ci posso credere! Non lo sai che per fare in modo che guadagnassimo il doppio si è messa in abiti succinti, sacrificando l'unico giorno libero che possedeva, salendo su quel cazzo di palco e recitando la parte della gatta morta che non è?! -
- C-cosa? - scattai in piedi. Divenni cereo, sentii il cuore accelerare i battiti e spalancai le palpebre in direzione di Nick, sorpreso dalla mia reazione eccessivamente energica.
- Sei talmente ubriaco da non capire ciò che dico? - domandò sarcastico, puntando quegli occhi freddi contro di me, accusatori.
- Mi stai dicendo che Martha è... - ero sconvolto. Nonostante avessi bevuto una quantità estremamente ridotta di alcool, cominciavo a sentirmi male. 
Mi ero davvero scopato la ragazza di mio fratello? Ma soprattutto: mi ero davvero innamorato di colei che mi aveva rovinato la vita con tanta leggerezza? Rimasi in silenzio per un tempo indefinito. 
Non volevo pensare: era tutto così assurdo... non potevo crederci... non volevo crederci.
Nick interpretò quella quiete sospetta come un segnale che avevo bevuto troppo e che stavo per sentirmi male, così si avvicinò a me e mi posò una mano sulla spalla.
Con un riflesso nervoso mi scansai, confutando le sue teorie sul mio stato di salute. Era la mia testa a dolere, non lo stomaco.
- Da quanto sai di questa storia? - gli domandai, dopo svariati minuti di silenzio totale. 
- Da quand'è cominciata. - fu la sua risposta criptica. Era ancora furioso per il modo in cui avevo parlato di Martha, ma preferivo pensare che lo fosse per ciò che avevo detto che per ciò che avevo fatto.
Lui non poteva sapere. Eppure doveva, anche se io non ero nelle condizioni ideali per parlarne, non nello stato in cui mi ritrovavo.
- Vattene. Oggi non apro il locale. E penso proprio che non lo farò neanche domani. - asserii deciso, riprendendo in mano il bicchiere di vetro. Afferrai la vodka e me ne versai ancora, con una motivazione in più per ridurmi uno schifo. Non avrei risolto nulla, questo lo sapevo, ma contavo sul fatto che l'indomani avrei avuto troppo mal di testa per pensare. 
Onestamente mi auguravo di non ricordare nulla, nonostante sapessi di non aver bevuto abbastanza per nutrire ancora questa speranza.
- Ah no? E con cosa vorresti pagare l'affitto questo mese?! -
- Nick, sparisci, o ti metto le mani addosso. -
- Con quello che ti sei bevuto di certo non rappresenti una minaccia. - mi guardò nuovamente con freddezza, per poi dirigersi verso la porta - Per oggi passa. Ma domani apro il locale, e se non ci sei mi prendo la tua parte di stipendio. Non mi interessa che cazzo hai per la testa: non deve intralciare il nostro lavoro. Te l'avevo già detto. - finalmente mi lasciò solo e, appena si sbatté la porta alle spalle, ripresi la bottiglia in mano. Decisi di ricominciare da dove ero stato interrotto, senza preoccuparmi di niente e di nessuno. 
Bevevo non più per aver perso la donna che amavo, ma per aver scoperto che quella stessa non esisteva. Era soltanto il solito incubo, quello ricorrente, sotto mentite spoglie.
Martha, sempre lei. Mi addormentai poco dopo, con la bottiglia ancora in mano ed una manciata di ricordi che rapidamente si susseguivano nella mia testa, come disordinati fotogrammi di un film che avrei preferito non rivedere mai più. Facevano parte di una vita che aveva cessato di appartenermi da tempo.
 
- Caffé? - mi sorrise, mostrando quella schiera perfetta di denti bianchi che rendevano le sue risate le più gioiose, e le mie giornate meno pesanti. 
Si accomodò al mio fianco in tutta la sua bellezza, porgendomi un termos pieno di un liquido scuro che, dall'odore, riconobbi come il nettare supremo degli studenti. Caffè, appunto.
- Grazie bella. - risposi, facendole posto sulla panca di ferro su cui mi ero accomodato. Afferrai il termos e bevvi da esso, senza preoccuparmi di prendere uno dei bicchieri di plastica che la ragazza teneva nella borsa. Avevamo sempre condiviso tutto, anche il caffé.
- Dormito poco eh? - passò una mano fra i lunghi capelli rossi, osservandomi attentamente fissare il foglio stampato che avevo stretto in mano.
Avrei preferito posare lo sguardo su di lei, ma l'orale mi attendeva impaziente, e con esso le lunghe pagine di tesina che dovevo presentare alla commissione. 
L'esame di stato mi aveva assorbito nella sua rete, proprio come lei.
- Non sai quanto ti invidio! Tu hai finito da un pezzo. - scrollò le spalle, sempre sorridente, e, nel vedermi nervoso, posò la mano pallida sulla mia, timidamente.
Aveva un nonsoché di rassicurante quel gesto. 
Mancava poco alla prova, infatti sentivo già la tensione salire, ed il suo tocco mi aiutava ad alleviarla. Spostai lo sguardo su di lei e trovai il conforto di cui necessitavo nei suoi tratti regolari, familiari, angelici. Occhi verdi, chioma rosso fuoco e pelle candida, liscia, perfetta. Ed il profumo di more dei suoi capelli.
La bellezza, racchiusa in un volto.
- Andrai alla grande, vedrai! - mi incoraggiò sicura, come se fosse convinta che non potesse che andare così.
- Vieni anche tu, con me, dentro. - affermai, posando il termos sulla panchina e stringendo la sua mano, a mia volta.
- Credi che mi facciano entrare? -
- Ovviamente. Tutti possono assistere, ricordi? -
- Davvero mi vuoi lì? -
- Che domande! Sei la mia migliore amica... - a queste parole abbassò lo sguardo. Sospettai che qualcosa di quanto detto l'avesse intristita o infastidita, perché non mi guardò per un pezzo, almeno finché non ripresi la parola - Allora? Dai, ho bisogno di te. -
- Dov'è Erika? - insistette lei, riprendendosi il termos. 
Il suo tono denotava una certa insofferenza alle mie parole, come se una spessa lastra di ghiaccio si fosse frapposta fra di noi nell'arco di due battiti.
- Penso sia a casa sua, ma lei cosa c'entra? - non capivo: il comportamento di Martha era veramente troppo strano per essere comprensibile alla mia schematica mente maschile.
- Niente, pensavo sarebbe venuta lei a vedere il tuo esame. -
- A dire il vero non gliel'ho chiesto. -
- Ah. - levò la mano dalla mia, e quel contatto improvvisamente negato mi lasciò perplesso, quasi senza fiato. 
La vidi accendersi una sigaretta con mani tremanti e tacere ostinatamente.
Ripresi a studiare malinconico. Non era certo la prima volta che si perdeva nel mondo attorno a sé, come se la sua anima fosse lontana anni luce dal corpo. E da me, soprattutto da me.
Rispettavo quegli attimi, ma più avanti cominciai a pensare che lei si aspettasse qualcosa di più. Il mio silenzio le pesava, più delle mie parole inopportune.
- Ecco qua il maturando! - una figura identica alla mia mi si parò davanti con un sorriso spavaldo degno del cento e lode con cui si era diplomato. Era appena uscito dall'aula delle torture e sembrava non essere mai stato più felice e arrogante di così. Si accomodò accanto a Martha, com'era prevedibile che facesse, e cominciò a pavoneggiarsi per l'interrogazione appena conclusasi.
Fu allora che compresi di dovermi dare una mossa: io ero il prossimo.
- Tocca a te. - mi informò Nick, intenzionato a mandarmi via il prima possibile per poter stare un po' da solo con la rossa.
Sospettavo che volesse provarci (ne ero praticamente certo) ed avevo la netta impressione che a lei non dispiacesse affatto. Gli sorrideva un po' troppo spesso, quando le parlava.
Ma lei mostrava quel meraviglioso sorriso a tutti, e questo il più delle volte mi infastidiva parecchio.
Lanciai un'occhiataccia alla mia copia e mi alzai dalla panca. Posai tristemente lo sguardo sulla ragazza, che ormai aveva finito la sua sigaretta, in attesa che mi seguisse. 
Lei non si mosse. Mi guardò e piegò le labbra in un sorrisetto.
- Buona fortuna Brian. - era un modo carino per dirmi che non sarebbe venuta con me. E che, in compenso, sarebbe rimasta ad ascoltare il racconto di Nick sul suo esame.
Perché? Mi domandai affranto, mentre rispondevo all'augurio e mi dirigevo verso l'aula dove avrei sostenuto l'orale, con aria abbattuta.
Era chiaro che preferiva lui a me, nonostante fossi il suo migliore amico. L'altro gemello era sempre stato il più affascinante fra i due, il più desiderato, il più disinvolto. Colui dietro il quale tutte le studentesse sospiravano e sbavavano. In più era sempre stato un ottimo studente.
Non la biasimavo, ma quando feci ingresso all'interno dell'aula e salutai la commissione, mi sentii meno sicuro. Il mio pilastro non c'era, ma questo non mi impedì di uscire dignitosamente dall'aula. Certo, un 90 era meno di un 100 e lode, ma era pur sempre una buonissima valutazione.
Uscii in cortile, ritornando alla panca: mi aspettavo di scorgere Martha e Nick seduti ad aspettarmi, invece non ci trovai nessuno.
Se n'erano andati insieme, magari da soli, dimenticandosi di me e dell'esame appena sostenuto.
Il sorriso che mi si era dipinto in volto appena uscito da quello stanzone gremito di insegnanti si spense come la labile fiammella di una candela.
Ancora una volta, mio fratello mi aveva sottratto quel minimo di gloria che credevo mi spettasse. Ancora una volta mi trovavo solo.
 
Mi svegliai la mattina dopo, intontito e frastornato per colpa dell'abuso di alcool, col sole che colpiva come un pugno i miei occhi.
Misi a fuoco la stanza piuttosto lentamente, portando una mano alla testa dolorante. Non ero solo, ebbi modo di constatare, individuando una figura esile e familiare portare via la bottiglia ed il bicchiere di vetro. Le mie facoltà mentali e fisiche non mi permettevano di scattare a sedere ed alzarmi immediatamente, ma attesi che il mio cervello e i miei arti riprendessero a funzionare correttamente prima di farlo. Lei d'altro canto non se ne andò subito. Si mise a riordinare ciò che avevo spostato o che avevo rotto, e a spazzare via la cenere delle sue lettere pazientemente.
Credeva fossi ancora addormentato evidentemente, perché si fermò a guardare una delle foto incorniciate che avevo posizionato sulla scrivania di legno. La vidi tirare su col naso e passare oltre, continuando la sua attività. Mi presi del tempo per osservare i tratti del suo viso, cercando di non farle capire che fossi già sveglio: come avevo fatto ad essere così cieco, tanto a lungo? 
Forse gli occhiali che aveva cominciato ad indossare mi avevano impedito di notare le somiglianze del suo volto e di quello della mia musa?
O magari avevo solo fatto finta di non notarlo?
- Ti odio... - fu il mio buongiorno alla ragazza, che sussultò di botto e si voltò verso di me, rivolgendomi uno sguardo spaventato.
-  Buongiorno anche a te, Brian. - rispose sarcastica, appena si riprese dalla sorpresa di avermi trovato sveglio, afferrando bottiglia e bicchiere per uscire dalla stanza.
- Dove stai andando? Io e te dobbiamo chiarire alcune cosette. - sbottai brusco, alzandomi dal letto e chiudendo violentemente la porta prima che Martha potesse uscirne. Questo scatto mi provocò una fitta alla testa, ma la domai: avevo questioni importanti da risolvere, mal di testa o meno.
- Ah sì? E quali sarebbero? - il suo tono era spavaldo, eppure io sapevo bene quanto fosse falso. Conoscevo quella ragazza come le mie tasche, più di quanto lei stessa si conoscesse.
E, se c'era una cosa di cui ero certo, era che davanti al mio sguardo non sapeva mentire.
- Lo sai benissimo di cosa parlo. Nick mi ha detto tutto. Ora voglio sentir parlare te. - impallidì visibilmente, ma rimase impalata dov'era, come se non credesse alle proprie orecchie. 
Non si aspettava una rivelazione così immediata, così indolore.
- Cosa vuoi sapere? - mantenne lo sguardo basso, come aveva imparato a fare abitualmente, da quando avevamo litigato. Era sempre stata una sua caratteristica, quella di non saper affrontare i miei occhi, e il fatto che non mi guardasse mi aveva sempre mandato in bestia. Non fu diverso neanche questa volta.
- E me lo chiedi anche? Dopo tutto quello che mi hai fatto merito una spiegazione, non credi?! - avrebbe voluto fuggire via, ma non poteva. 
Io bloccavo la porta, e non l'avrei aperta fin quando non mi avesse dato le risposte che cercavo. Le volevo subito: volevo sapere perché le piaceva tanto torturarmi.
- Io non ho fatto niente. Volevo darvi una mano col locale e ho fatto quel che ho potuto. Ma non pensavo che tu... credevo si capisse che fossi io. -
- Smettila di sviare: non è questo che voglio sapere. -
- Okay, va bene. Non preoccuparti, arrivo subito al dunque, così ti privo subito della mia fastidiosa presenza. - si avvicinò a me con aria battagliera, trafiggendo per la prima volta, i miei occhi con i suoi: non li ricordavo così verdi, non li guardavo da secoli. 
Quel suo cambio di atteggiamento mi lasciò senza fiato, e allo stesso tempo mi innervosì.
- Ah, adesso credi di essere tu quella ad avere il diritto di essere incazzata?! -
- Io mi incazzo quando mi pare, e ora non interrompermi. - si inalberò, alzando il viso pallido verso il mio. Aveva le labbra serrate, come per paura che le parole fuoriuscissero da sole dalla bocca - Sì, è vero, abbiamo scopato. E più di una volta. Ma per una volta mi sembravi davvero felice, dopo tanto tempo che non lo eri più, ed io non sono riuscita a... smettere. -
- Cazzate! Dimentichi che è stata colpa tua anche quella?! Sei stata tu a sottrarmi la felicità! -
- No, non lo dimentico. Ma qualunque cosa sia accaduta, qualunque cosa io abbia fatto, l'ho fatta solo perché volevo vederti sorridere. Come fai a non capire? -
- E infatti ora non vedi come sorrido?! Sto ancora scontando per la sbornia di ieri. E indovina perché mi sono scolato quasi mezza bottiglia di vodka?! Perché tu, o quella sottospecie di ragazza che hai finto di essere, hai fatto in modo che mi innamorassi e che ci rimanessi di nuovo di merda. Brava. Davvero brava. Mi hai rovinato la vita una terza volta. -
- Terza? Ora stai inventando?! -
- Ti sei forse dimenticata di quel bel giorno in cui mi hai lasciato da solo durante e dopo l'orale, all'esame di Stato?! Avevo bisogno di te, e tu dov'eri? A spassartela con Nick in qualche angolo buio di questa cazzo di città! Ed io sono rimasto solo come un cretino. Hai idea di come io mi sia sentito in quel momento?! - non potei continuare a lasciar fluire il fiume di parole che reprimevo da tempo, perché il dolore provocato dal contatto violento della sua mano contro la mia guancia mi zittì. Mi diede uno schiaffo, così forte che magicamente mi risvegliò dal torpore post-sbornia, come una secchia d'acqua ghiacciata. Non l'aveva mai fatto, mai. Era sempre stata una ragazza educata e amante del dialogo, eppure mi aveva colpito con rabbia, manifestando quei sentimenti a lungo mascherati dietro una fitta coltre di freddezza. Mi portai la mano alla faccia, incredulo, mentre osservavo il suo viso cambiare espressione.
- Basta. Sei proprio un egoista del cazzo. Credevo di essere io il problema quando non ti sei più fatto sentire, ma ora ho capito che sei tu, e sei sempre stato tu. Ed ecco qui la stupida che si è fottuta con le sue stesse mani perché ti voleva troppo bene. Ti fa comodo pensare che me la stessi spassando con Nick quando in realtà ero all'ospedale ad assistere mia madre, eh? Hai dimenticato, vero? Troppo facile, Brian. Mia madre è quasi morta quella mattina, e tu non mi sei venuto a trovare. Neanche un cazzo di messaggio sul telefono, nulla! Ed ora ti rivolgo la stessa domanda che mi hai fatto tu ieri sera: che cazzo di amico è uno che se ne sbatte quando la sua migliore amica comincia a tagliarsi le vene? Mia madre era in coma. Lo sapevi benissimo. Ma te ne sei rimasto in camera tua a scopare con quella là, perché non te n'è mai fregato niente di me. E mi hai affibbiato le colpe, quando Erika ti ha mollato, solo perché ho preferito Nick a te ed eri troppo megalomane per accettarlo. Volevi sfogarti con qualcuno, e hai scelto di farlo con me perché ero l'unica che ancora voleva starti vicina! - si fermò, ed in quei pochi istanti in cui tacque capii che frenava quelle parole, quella rabbia, quei pensieri, da troppo tempo. Aveva gli occhi colmi di lacrime, lacrime che tentava ostinatamente di trattenere.
Improvvisamente mi sentii un autentico verme. Come avevo fatto a non notare le cicatrici sui suoi polsi? 
Aveva ragione Nick, un'altra volta: ero stato cieco troppo a lungo, ed ora la luce mi stava uccidendo.
- Ora che dovresti dire qualcosa non parli. Ma bravo, davvero. Ti faccio i miei complimenti! In questi due anni hai continuato a torturarmi, nella speranza che ti chiedessi scusa per qualcosa che non ti ho assolutamente fatto, ed ora stai zitto perché sai di aver torto. Pensavo che avresti trovato un'ennesima scusa al tuo sconfinato egoismo, ma mi sbagliavo un'altra volta su di te: sei molto peggio di quanto mi aspettassi, e sai cosa c'è che mi disgusta più di tutto questo? - si arrestò, con il viso bagnato dalle prime lacrime, che sgorgavano copiose dagli angoli dei suoi bellissimi occhi verdi.
Sì, erano ancora i bellissimi occhi di Martha. Rividi la mia migliore amica in quelle iridi sofferenti, rividi la sua fragilità, e vederla piangere fu un tremendo colpo al cuore.
Poi lei riprese a parlare, con una forza che non avrei mai creduto di poter scorgere in lei.
- Il peggio del peggio è che per tutti questi anni ho amato te, e non Nick, che vale cento volte di p-... - non le lasciai terminare quella frase. Qualcosa di più forte della mia volontà mi aveva avvicinato a lei, al suo corpo. La strinsi più forte che potevo, la abbracciai, nascondendola fra le mie braccia, come per paura che qualcuno potesse ferirla. Ma quel qualcuno potevo essere solo io.
Posai le labbra sulle sue con delicatezza: stavo tenendo fra le braccia una creatura fragile, mutilata e rancorosa, e per questo avevo il timore di lacerare la sua anima, con un bacio meno cauto.
Le avevo davvero fatto tutto questo? Ero davvero stato così stupido e così cieco da non accorgermi del suo amore? Perché l'avevo respinta? 
Per quale assurdo motivo l'avevo incolpata della mia infelicità, quando l'unica causa della mia tristezza era stata la sua assenza?
Mi ero imposto di odiarla semplicemente perché sapevo di non poterla avere, o così credevo, e solo quando la baciai quel fiume in piena di sentimenti assunse un significato.
Ancora confuso e distorto, ma finalmente portato alla luce.
- E questo cosa vorrebbe dire?! - esclamò lei, spingendomi via. Era scossa, tanto che la vidi tremare. Non avevo idea di cosa risponderle: io stesso mi sentivo esattamente come lei.
Realizzai di aver baciato la ragazza di mio fratello di proposito, senza aver più la scusante di non sapere che fosse lei. Ma in quei brevi istanti di oblio avevo baciato Martha, non la cantante, non la ragazza di Nick, ma la Martha che alle superiori era la mia migliore amica. La Martha di cui ero sempre stato segretamente innamorato, senza esserne cosciente. 
Quella che avevo seppellito sotto una montagna di odio e bugie. Lei che, nel bene e nel male, aveva sempre cercato di vedermi sorridere.
- Non lo so... ma... -
- Ma? Non sono la cantante di cui ti sei innamorato Brian: lei non esiste, non è mai esistita. Perciò se è lei che hai voluto baciare, e non me, è il caso che tu me lo dica. Sono stanca di essere il tuo giocattolino. - aggrottai le sopracciglia, senza capire. Martha aveva ripreso a guardare altrove, come se non potesse sopportare di vedermi così da vicino.
- Che dici? - scossi il capo. Cominciava a divincolarsi dalla stretta delle mie mani, ed io continuavo ad osservarla stralunato. Lasciarla andare mi sembrava un'idea impossibile da accettare, perché sapevo che se l'avessi fatto lei sarebbe tornata da Nick ed io sarei tornato punto e a capo. Sarei ritornato quel ragazzino che, dopo aver sostenuto l'esame di stato, si era ritrovato solo come un idiota.
- Dico che non voglio che improvvisamente, dopo aver capito che io non sono lei, tu mi ignori di nuovo e ricominci a trattarmi come merda. -
- Perché dovrei farlo? - strinsi la presa sulla sua vita sottile: doveva ascoltarmi. Bisognava chiarire tutto ciò che rimaneva ancora taciuto.
- Perché l'hai fatto per tutto questo tempo, senza ricordarti che anche io ho dei sentimenti! -
- Ed ora ti chiedo scusa. Nick ha ragione: sono stato cieco e stupido, e mi sono comportato come un verme con te. Non avrei dovuto. -
- No, non avresti dovuto. Eppure l'hai fatto. -
- Ti sto chiedendo scusa, okay? Come devo fare per fartelo capire? -
- Se le tue scuse non portano ad una decisione non me ne faccio nulla. -
- Non voglio che torni da Nick: voglio che tu stia con me. -
- Cinque minuti fa mi odiavi. -
- Anche tu, se è per questo. - ribattei, accalorato. Non capivo cos'altro voleva che le dicessi per farle comprendere che finalmente avevo ricominciato a ragionare.
- Questo è quello che vedevi tu. Io ti ho sempre amato, anche quando tu mi vedevi solo come un'amica. - le costava ammettere tutto questo senza ricevere nulla in cambio, ma era palese che non riusciva più a tenere nulla sotto silenzio. Si stava sfogando, ed io non sapevo come farle capire che non volevo lasciarla andare via.
- Allora non tornare da Nick. Stai qui con me. -
- Non è così semplice. Non pensi a come la prenderebbe se lo mollassi di punto in bianco per stare con te? Ferire l'unica persona che mi è stata accanto quando ne avevo bisogno sarebbe la cosa più meschina che possa fare. Comportarmi come hai fatto tu con me non fa parte del mio carattere. -
- Ma tu mi ami. Vuoi rimanere insieme a lui solo per farlo contento?! - il suo discorso faceva acqua da tutte le parti. Dopo tutto quello che c'era stato fra di noi... lei si tirava indietro?
- Già, io ti amo, e te lo ripeterò all'infinito perché è vero. Ma ho bisogno di tempo per spiegargli la situazione, e per capire se ne vale la pena. - si divincolò, e questa volta la lasciai stare. 
Contrassi la mascella, nervoso come non mai.
- Capire se ne vale la pena. - ripetei, assumendo un'espressione severa. Ora capivo qual'era il reale problema - Non ti fidi. Pensi che non sarò mai all'altezza di Nick come ragazzo. E' questo che pensi? -
- No, non mi fido. Ma non puoi biasimarmi per questo: sei sempre stato indeciso e mi hai ferita molte volte per questo. Tuttavia ti amo. Che sia un bene o meno ancora non lo so, ma è un dato di fatto e non posso ignorarlo. Non sono mai riuscita ad ignorarlo. Perciò mi serve tempo, e se quello che dici è vero allora mi aspetterai. Anche questo mi aiuterà a scegliere: voglio vedere se ne vali la pena. -
- Sono stato il tuo migliore amico! Lo sono da sempre... a cosa serve aspettare? -
- Anch'io sono sempre stata la tua migliore amica, eppure negli ultimi due anni ti sei comportato come se non lo fossi mai stata. E' a questo che serve aspettare, a fidarmi di nuovo. - detto questo, mi fece cenno di spostarmi dall'ingresso. Lo feci a malincuore, osservandola portar via la bottiglia di vodka ed il bicchiere sporco. 
Mi lasciò solo, solo con il mio mal di testa e con una nuova paura: quella di perderla, questa volta definitivamente.
 
(Pov. Will)
- Dai, fammi entrare Bethany! - bussai per l'ennesima volta alla porta della sua camera, ma non ci fu alcuna risposta. Dovevo parlare con Prudence, ma per qualche strana ragione che io non conoscevo lei non voleva vedere nessuno, nemmeno me. Speravo di far leva almeno sulla bontà di sua cugina, anche se lo ritenevo poco probabile dopo quello che Chase le aveva detto.
Bussai per secoli e secoli e, finalmente, sentii qualcuno sbuffare da dietro la porta. Questo qualcuno mi aprì e, nel vedere Bethany, sorrisi ampiamente.
- Finalmente mi hai aperto! Pensavo di dover rimanere qui ad aspettare fino a domani mattina! -
- Non lo faccio per te. Prue è addormentata, perciò ti consiglio di smetterla, se non vuoi che cominci a pensare di soffocarti con il cuscino. -
- Le hai detto qualcosa per caso? Perché non ha cenato, e non esce da quella cazzo di camera da questo pomeriggio. -
- Ah, io non le ho detto proprio un bel niente! E per la cena non dovresti preoccuparti: le ho portato qualcosa poco fa, in caso abbia fame. -
- Mi fai entrare? - domandai spazientito, cercando di guardare oltre la sua testa. La vidi innalzare un sopracciglio ed assumere un'espressione scettica.
- Ho per caso parlato in aramaico senza accorgermene? STA DORMENDO. -
- Voglio dormire con lei. E' un mio diritto, no? -
- No invece. Se si è chiusa in camera senza voler vedere nessuno c'è un motivo. Evidentemente è lei a non voler dormire con te. -
- Lasciami parlare con lei... -
- Come devo dirti che sta dormendo?! - sbottò infastidita, incrociando le braccia al petto.
- Beh allora la sveglierò, ma tu fammi entrare! -
- Ed io dove dovrei dormire? -
- In camera mia, no? -
- Simpatico! Io non ci sto nella stessa camera di quell'essere. -
- Chase ti ha fatto il lavaggio del cervello, eh? -
- C'è poco da fare: i fatti parlano da sé Will. Mi dispiace solo che Prudence non saprà mai la verità. -
- E questo chi l'ha detto?! -
- Se lo sapesse ti lascerebbe. Poco ma sicuro. -
- Vedremo... intanto fammi entrare. Devo parlare con la mia ragazza. -
- Buona fortuna allora. Per questa volta passi, ma se Matt mi infastidisce sappi che non entrerai mai più in quella camera. - mi sorpassò, furiosa e assonnata, lasciandomi lì davanti come un idiota.
Per lei lo ero di sicuro, e sapevo di esserlo io stesso. Ma ero un idiota che amava sua cugina, e che non avrebbe mai permesso ad una stupida scommessa di distruggere tutto quanto.
Così entrai nella stanza buia, chiudendomi la porta alle spalle.
Bethany non aveva mentito dicendomi che dormiva, ma questo non mi impedì di infilarmi sotto le coperte del suo letto, creandomi un piccolo spazietto accanto a lei.
La sentii grugnire e sorrisi istintivamente, accarezzandole i capelli con le dita. Ne inspirai il profumo a lungo, finché, dopo aver esalato un lungo respiro, non socchiuse le palpebre.
Ci mise un po' a comprendere se io fossi davvero lì dietro di lei o se fossi solo un sogno, ma quando lo capì si voltò in mia direzione, in modo da potermi guardare dritto negli occhi.
- Dov'è Bethany? - domandò fredda, con la voce ancora impastata dal sonno.
- L'ho mandata in camera di Matt, così magari riescono a chiarire. -
- Ne dubito. Conosco mia cugina... anche se mi piacerebbe sapere cosa le ha fatto Matt. -
- Sono affari loro, presumo. - fare il finto tonto non era da me, ma mentire era la soluzione più opportuna e, soprattutto, la più semplice.
- Odio non sapere cosa sta succedendo Will. Tu lo sai e non vuoi dirmelo, altrimenti l'avresti già fatto. - tesi una mano verso i suoi capelli, ma lei non mi permise di toccarli. Sospirai.
- Lo farò, te lo prometto. Ma non oggi: ora voglio abbracciarti, voglio fare l'amore con te e dormirti accanto. Posso? - la sua espressione si ammorbidì in breve tempo. Pensare che un giorno quel bel viso non mi avrebbe più sorriso benevolmente era opprimente, eppure ero consapevole che poteva accadere. 
- E Bethany? -
- Si arrangerà. Chissà che non facciano pace quei due... - Prudence alzò gli occhi al cielo e si avvicinò a me, sfiorandomi la guancia con le dita sottili.
Coprii la sua mano con la mia e mi avvicinai per baciarla, dopo averle sorriso dolcemente. Quella notte la passammo insieme: respirai il profumo di cioccolato dei suoi capelli ed inalai quello della sua pelle morbida, nella speranza di poter passare altre nottate come quella, accanto a lei, senza sentirmi uno stronzo patentato.


NdA: Ho aggiornato in un tempo dignitoso, vero? Sì? 
Beh, la verità è che l'ho fatto perché voglio liberarmi in fretta di questa storia, perché davvero mi ha rubato tempo ed energie e sento che è ora di chiuderla.
Questo era il PENULTIMO capitolo, perciò il prossimo che verrà pubblicato sarà appunto l'epilogo. Conto di postarlo nel più breve tempo possibile, per poi dedicarmi ad una prossima originale che sto programmando e strutturando in quest'ultimo periodo.

Comunque, passiamo ai fatti appena presi in esame (note semiserie):
- Mi preme sottolineare quanto Brian sia idiota e invidioso del suo gemello, e di quanto quel povero Cristo di Nick sia cornuto.
- Chase sembra esser latitante, ma è vivo e vegeto (purtroppo) anche se sta progettando di fuggire in Congo per scappare all'ira funesta di Matt.
- Prudence ha preso il posto di Ileen come personaggio 'carta da parati'.
- Will e Matt fanno orecchie da mercante alle preghiere cantilenanti della povera ed ignara Prudence.
- Ileen continua a farsi gli affari suoi, nella speranza che Parmigianino si rifaccia vivo in modo che uccida Chase con la sua puzza letale.
- Parmigianino? Dov'è? Lo vedremo u_u

Spero che il capitolo non vi abbia deluso, e che reggerete ancora un po' per leggere l'epilogo.
PS: potrebbero esserci brutte sorprese in quest'ultimo, ma sta a voi giudicare, appena lo leggerete.
Grazie per le recensioni, le letture ecc ecc... spero che lascerete un commento anche in questo penultimo capitolo, e spero davvero che mi facciate sapere se la storia vi piace o trovate qualcosa di poco chiaro.
Kiss kiss,
Frens!
   
 
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