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Autore: Akiko chan    03/07/2004    2 recensioni
Un lancinante, acuto, crudele dolore, che l’aveva toccata nel profondo. Un dolore che sarebbe rimasto in lei come una traccia indelebile e che l’avrebbe accompagnata per il resto della sua vita. Un dolore totale che non avrebbe mai più dimenticato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XV.

 

-Insomma che fine a fatto Tom?- sbuffò Julian arrestando il suo nervoso andirivieni lungo il perimetro della saletta d’attesa –Io vado a vedere- decise il ragazzo passandosi con rabbia una mano tra i capelli arruffati.

 

Holly squadrò l’amico con apparente calma –Dove vuoi andare in quelle condizioni? Aspettiamo ancora un po’…-

 

-Non ci penso neanche! Quel figlio di puttana mi deve un bel mucchio di spiegazioni- ringhiò

il ragazzo guardando con ira il corridoio vuoto.

 

-Julian!- lo riprese immediatamente Holly -Come puoi parlare di Tom in questo modo?é un tuo amico!-

 

Il difensore portò il suo sguardo adirato sul suo capitano, esaminandolo con freddezza –Tu lo sapevi?-

 

Holly si irrigidì e cominciò ad agitarsi sulla poltroncina nella vana speranza di scovare le parole adatte per calmare il suo compagno. Sostenne a fatica la furia del difensore, con somma preoccupazione constatò che non aveva mai affrontato un Julian Ross così fuori di sé e decisamente non sapeva come comportarsi.

 

-No- si decise infine a rispondere il capitano sforzandosi di assumere un tono disinvolto.

 

La notizia della paternità di Tom era stata un colpo per lui quanto per gli altri. Holly si era indubbiamente accorto che da qualche giorno lo stato d’animo di Tom era profondamente mutato, ma non aveva potuto neanche lontanamente sospettare quale ne fosse la reale causa. Anche se lui si riteneva il migliore amico del centrocampista e maggiore confidente, dovette, a malincuore, ammettere che Tom non gli aveva mai neppure accennato ad un’avventura sessuale avuta una notte a Parigi quando era ancora un ragazzino. Nei giorni passati, non trovando una spiegazione plausibile per l’inconsueto malumore del compagno, si era convinto che la tensione di Tom fosse esclusivamente imputabile alle analisi trovate positive.

 

Le analisi!

 

Loro avevano ancora un processo in sospeso e l’udienza sarebbe stata proprio lunedì! E con Andree in quelle condizioni, come potevano sperare di vincere la causa?

 

Holly scattò in piedi attirando le occhiate interrogative dei compagni – Andree non potrà assisterci dopodomani- affermò scuotendo il capo affranto.

 

-Stavo pensando la stessa cosa, purtroppo- borbottò Benji passandosi una mano sul bel volto dai lineamenti tirati per la stanchezza e l’apprensione accumulate nelle ultime ore.

 

-Voi credete che non ce la farà a recuperare un po’ del suo sangue freddo?- chiese Mark guardandoli speranzoso.

 

-Uhm… sfido chiunque  riprendersi da un colpo simile- replicò Holly alzando le braccia in un gesto di disperata rassegnazione - Per fortuna ora Josh è fuori pericolo, ma la storia della paternità…-

 

-Non ho mai premesso alle mie questioni personali di interferire con il mio lavoro, e non intendo certo iniziare ora-

 

La voce che aveva pronunciato quella frase con ferma decisione riecheggiò  nella stanza facendoli sussultare. I ragazzi squadrarono allibiti la figura altera del loro legale apparsa silenziosamente alle loro spalle. Il viso era pallidissimo, i capelli insolitamente in disordine, gli abiti spiegazzati ancora macchiati in più punti, ma  la sicurezza dello sguardo glaciale era inalterata. Nessuno ebbe il coraggio di prendere la parola per timore di far sparire quella che ritenevano essere un’apparizione irreale, rimasero immobili, trattenendo persino il respiro in attesa che lei proseguisse.

 

-Ammetto che questa volta i miei problemi hanno superato il limite, ma ciò non toglie che con voi ho preso un impegno ben preciso che intendo rispettare- proseguì Andree scrutandoli con espressione imperscrutabile – Ragazzi….- mormorò vergognandosi per l’inconsueto fremito che le fece tremare la voce –Ragazzi- ripeté rincuorandosi nel udire un timbro un pochino più fermo -Grazie per aver soccorso Josh…il minimo che posso fare per ricambiare é tirarvi fuori dai guai una volta per tutte, voi che dite?-

 

-Non sei obbligata a fare niente che non ti senti in grado di portare a termine- replicò Benjji avvicinandosi all’avvocato con estrema calma come se temesse di spaventala e di farla fuggire via -Chiunque sarebbe accorso in aiuto di tuo figlio…non sei in obbligo con noi-

 

-Grazie ma vi assicuro che sono in grado di difendervi in tribunale- obiettò convinta guardando il portiere dritto negli occhi.

 

-Allora se è così per noi è un gran sollievo- esclamò Holly esultando felice, ritrovando a tempo di record il suo consueto buonumore che in più occasioni aveva fatto la differenza in campo, infondendo in quel modo speciale, conosciuto solo a lui, il suo ottimismo all’intera squadra - Sei il miglior avvocato che avremmo potuto avere e ci fidiamo solo di te-

 

Andree si sforzò di sorridere nonostante avesse solo voglia di piangere –Grazie, ma ora andate a casa a riposare…Tom se né già andato da un pezzo…-

 

-Ah sì?!?!!?senza dirci niente?- sbottò secco Julian rabbuiandosi.

 

-Avrà avuto i suoi buoni motivi per andarsene. Non credo la situazione sia facile neanche per lui, quindi vi pregherei di non giudicarlo sino a che non avrete sentito cosa ha da dirvi- lo difese Andree nonostante la spossatezza le rendesse difficile anche  formulare dei semplici pensieri.

 

-Non ci deve spiegazioni- replicò Mark trapassando il difensore con uno sguardo che lo ammoniva a non osare neppure ad azzardarsi ad aggiungere una sola parola –Caso mai ne deve a te- aggiunse spostando la sua attenzione su Andree e squadrandola con un’inconsueta dolcezza.

 

-No Mark io ne devo a lui…Tom non ha colpe…quella notte- balbettò Andree sentendosi arrossire ma troppo stanca per provare vergogna per quella debolezza –Sono stata io a sedurlo…lui non voleva- concluse tutto d’un fiato, non disposta ad accettare che pensassero che il loro compagno fosse uno stupratore.

 

I quattro uomini la fissarono perplessi -Beh…difficile da credere…- affermò Julian sarcasticamente.

 

-Eppure è andata così, non mi ha fatto alcuna violenza…è stato una leggerezza adolescenziale. Ora però scusatemi ma non voglio lasciare Josh da solo troppo a lungo….- tagliò corto, congedandoli in fretta con un stanco gesto della mano.

 

Andree riprese posto accanto al letto del figlio profondamente addormentato non prima di avergli sistemato le coperte in modo che gli coprissero le spalle esili. Noam gli aveva somministrato un analgesico che aveva anche effetti soporiferi per evitare che il bimbo sentisse dolori e verso mezzanotte lei avrebbe dovuto dargliene un altro. Se non subentravano altre complicazioni, Josh sarebbe stato dimesso già lunedì.

 

Respirò a fondo tentando di allentare la tensione che aveva accumulato nelle ultime ore. Doveva stare bene attenta a non rilassarsi troppo però, era consapevole che un eccessivo abbassamento della guardia le sarebbe stato fatale. In fondo, per quanto razionale e controllata essa fosse, era pur sempre fatta di carne ed ossa, ed il suo limite massimo era già stato abbondantemente superato. Non era certa di quale arcana forza dentro di lei le avesse impedito di cadere a terra svenuta almeno una decina di volte nel corso delle ultime ore. Quello che le era accaduto andava ben oltre ogni umana sopportazione, non solo la paura di perdere il suo piccolo, ma anche la sconcertante scoperta che lo sconosciuto che aveva sedotto tanti anni prima, da più di una settimana era nuovamente al suo fianco. Se un veggente le avesse predetto quella eventualità, avrebbe sicuramente riso in faccia al folle che le prospettava un così assurdo destino.

 

Ed invece, a dispetto di ogni umana razionalità, ora poteva pronunciare il nome del padre di suo figlio.

 

Tom Becker. Ecco il nome dell’uomo che le aveva cambiato la vita.

 

Tom che la confondeva con uno sguardo, Tom che le risvegliava con un semplice gesto emozioni dimenticate, Tom che la criticava, la giudicava, la biasimava, Tom tanto incomprensibile quanto sconcertante, Tom… ora tutto le era finalmente chiaro.

 

Lui l’aveva riconosciuta subito, su questo non aveva alcun dubbio. L’ostilità che le aveva manifestato non era dovuta al fatto che fosse un giovane avvocato donna, come aveva da principio supposto, ma al fatto che era la donna che gli si era offerta con spudorata sfacciataggine una notte di pioggia.

 

E il suo subconscio la verità l’aveva già percepita da tempo. L’inquietudine, il panico, la confusione degli ultimi giorni, erano tutti imputabili alla sua parte più intima e inconscia che aveva ritrovato in quel calciatore il cameriere di sette anni prima.

 

Che stupida! Perché non aveva analizzato tutto con più calma? Se solo si fosse sforzata di capire…di ricordare…

 

Aveva interpretato il bacio di Tom come l’arrogante gesto di un uomo frustrato che non sapeva accettare che una donna fosse più potente di lui, che fosse in grado di tenere in mano le redini della sua vita, invece aveva sbagliato tutto, quel bacio, quel fantastico bacio che lei aveva ricambiato con una passione di cui non si sarebbe mai creduta capace, era una domanda, una domanda tanto semplice quanto sconcertante: “ti ricordi di me”? Ma erano stati frammenti di memoria troppo piccoli quelli che le sue labbra esigenti avevano riportato in superficie, davvero troppo pochi per permetterle di comprendere che stava baciando il padre di Josh.

 

Il padre di Josh!

 

Osservò con un’attenzione del tutto nuova il volto addormentato di suo figlio. Le somigliava molto ma ora, forse era solo suggestione, ma per la prima volta notava una nuova fisionomia nei tratti del bambino. Vide il volto di Tom in Josh.

 

Ora Josh aveva un padre con un nome e un cognome, un padre che non aveva esitato un solo istante a venire alla scoperto e salvargli la vita. Se Tom non fosse stato presente lei avrebbe dovuto assistere impotente alla sofferenza del figlio e forse alla sua…morte!

 

Il solo pensiero la fece tremare dalla testa ai piedi. Non un semplice brivido, ma una scossa potente che l’attraversò dalla radice dei capelli alla punta dei piedi.

 

La porta alle sue spalle si aprì silenziosamente. Andree rimase immobile a scrutare il figlio, non si voltò neppure, in fondo non le serviva vedere per sapere chi fosse entrato, il suo cuore traditore infatti le aveva già suggerito di chi si trattasse, battendole furiosamente in petto.

 

Era giunto il momento quindi. Il fatidico istante in cui si sarebbero finalmente guardati negli occhi per quello che erano: i genitori di Josh.

 

-Appoggio qui- sussurrò Tom senza neppure salutarla, posando un paio di borse ai piedi del letto.

 

-G…grazie…- balbettò incapace di guardalo in faccia e ringraziando mentalmente la semioscurità della stanza che celava il turbamento che era certa le si leggesse a chiare lettere in viso.

 

-Vatti a rinfrescare, sto io con Josh finché non torni-

 

-Grazie- ripeté alzandosi lentamente –ma non serve, avvertirò un’infermiera e…-

 

-Andree- sbottò tagliente pronunciando il suo nome in fretta come se gli desse fastidio averlo sulle labbra - è mio figlio-

 

Andree sbiancò, non era pronta a sentirglielo dire.

 

-Questo cambia molte cose tra di noi lo capisci vero?- proseguì lui  avanzano di un passo. Aveva parlato con un timbro di voce basso e la donna percepì quel suono come un’ insinuante carezza, rabbrividì anche se lui in realtà non l’aveva neppure sfiorata.

 

Non era psicologicamente pronta ad un’emozione così intensa ed era puro panico quello che la fece arretrare sino quasi alla parete della stanza –Noi!?!-

 

-Sì- affermò Tom stupendosi per lo spavento che aveva scorto per un attimo sul volto di Andree –Abbiamo un figlio e io voglio prendermi le mie responsabilità. Finora ti sei sempre occupata tu di lui, ma ora siamo in tre-

 

-Che vuoi dire?- chiese lei ritrovando in un lampo parte della sua sicurezza, il dubbio che le parole di Tom le aveva insinuato la fece scattare sull’attenti, pronta a difendere ciò che più amava la mondo -Stai pensando di far riconoscere i tuoi diritti sul bambino in tribunale?-

 

Tom la fissò stringendogli occhi come se volesse perforare l’oscurità della stanza e cogliere ogni minimo particolare di Andree -Ovvio-

 

-Ovvio?!?!!? Josh è mio e basta. Ti sono grata per quello che hai fatto ma non hai nessun obbligo verso di lui- affermò mentre la maschera di glaciale compostezza riprendeva forma sul suo volto solo un attimo prima stravolto dall’emozione.

 

Tom seguì allibito la trasformazione avvenuta in quella donna sconcertante. Era entrato nella stanza con la predisposizione d’animo di un bracconiere in procinto di ammazzare una rara specie animale, ma gli era bastato vederla fragile e stanca, china su Josh, per essere colto da un impellente desiderio di prenderla tra le braccia e di rassicurarla come se fosse stata la ragazzina disperata di tanti anni prima, e ora invece la donna fredda ed insensibile, che aveva avuto la sfortuna di conoscere in quei giorni, gli si ripresentava davanti, facendolo andare su tutte le furie.

 

Era rabbia quella che trasparì dalla sua voce quando riprese a parlare – Perché ti scaldi tanto? Io non ho obblighi verso Josh. Ho dei diritti! Come avvocato…-

 

-Come avvocato ti avverto che non hai la benché minima possibilità di ottenere l’affidamento del bambino. Se non lo sapessi la legge preferisce dare i minori in affidamento alla madre e io posso garantire a mio figlio una vita più che dignitosa…il mio stipendio di avvocato non ha nulla da invidiare al tuo di calciatore…- sbottò inviperita passandosi una mano sugli abiti spiegazzati..

 

Aveva bisogno di una doccia, si sentiva troppo sporca e in disordine per affrontare la situazione con la dignità necessaria.

 

Tom la squadrò allibito – Affidamento?!!? Stipendio?!!? Ma di che stai parlando? Io non voglio avviare una causa per portarti via il bambino, io voglio solo che lui sappia che ci sono e che d’ora in poi, se vorrà, potrà contare anche sulla presenza di un padre-

 

Andree spalancò la bocca incredula –Ma…dici sul serio? Non me lo vuoi portare via?- biascicò sentendosi stupida e meschina per aver solo pensato che lui avesse in mente una tale bassezza.

 

Tom strinse forte i pugni per resistere a quel insulso impulso, a quella voglia matta di stringerla forte al petto e non lasciarla più andar via. Era una madre che difendeva il suo cucciolo, ed in quel momento ebbe la netta certezza che al mondo non vi fosse nulla di più bello ed importante di quella donna dagli occhi color del ghiaccio ma dall’anima incendiata di amore.

 

-No non ti farei mai  questo…-

 

-No certo che no! Josh ti adora come potrei fargli una cosa così crudele?-

 

-Ma allora…-

 

-Ma allora bisogna trovare il modo di dirgli che sono suo padre senza traumatizzarlo. Ma ci penseremo con calma…insieme faremo tutto quello che c’è da fare nel migliore dei modi- replicò lui in tono pacato sentendosi improvvisamente svuotato di qualsiasi energia. Lottare con le sue emozioni che oscillavano senza preavviso in direzioni imprevedibili, lo distruggeva sia fisicamente che psicologicamente. Aveva una terribile emicrania e il ginocchio aveva ripreso a pulsare con dolorosa insistenza.

 

Andree non si accorse del cedimento del calciatore e si ostinò a scrutarlo come a sincerarsi che non vi fosse alcuna minaccia nelle sue parole.

 

Fu uno scambio silenzioso quello insito nel loro sguardo allacciato. Per un attimo le loro anime si sfiorarono, sancendo un segreto patto.

 

-Ora vatti a sistemare. Fai pure con calma resterò sino a che non tornerai- disse Tom desiderando solo sedersi per qualche minuto. Andree si spostò di lato per permettergli di accomodarsi sull’unica poltroncina disponibile e osservò perplessa la smorfia di dolore sul volto di lui mentre si accingeva a sedersi.

 

 –Ahi!- si lasciò sfuggire involontariamente il centrocampista attraversato da una fitta più intensa del solito.

 

-Che hai?- chiese preoccupata osservandolo con espressione interrogativa.

 

-Oh niente il ginocchio si fa sentire…il calcio che ho dato alla palla oggi lo ha sollecitato troppo- spiegò il ragazzo sorridendole rassicurante mentre si massaggiava la gamba dolorante.

 

-Sei stato tu a colpire il cane….- constatò Andree sentendosi venir meno al solo pensiero di quel mostro nero che si avventava sul suo bambino – Mi spiace …è una cosa grave?-

 

-No una brutta contusione riportata contro la Cina…una partita davvero da dimenticare quella- borbottò Tom riflettendo che proprio durante quella partita l’antidoping aveva riscontrato l’anomalia che aveva riportato Andree nella sua vita –Per evitare una brutta entrata su Holly che non si era ancora ripreso da una precedente infortunio, mi sono preso i tacchetti dell’attaccante cinese sulla mia rotula…-

 

-Vuoi che dica a Noam di darti qualcosa?-

 

-No grazie, ho già le mie pasticche solo che oggi, con quello che è successo, mi sono dimenticata di prenderla…-

 

-Ho capito…va bene io vado a sistemarmi…-

 

Tom attese che la donna uscisse dalla stanza prima di riprendere a respirare normalmente. Per tutto il tempo del loro colloquio era stato talmente teso da non riuscire neppure a controllare le sue più elementari funzioni fisiologiche. Per quanti sforzi facesse non riusciva proprio a stabilire un giusto equilibrio in presenza di Andree. In un modo o nell’altro lei lo sconvolgeva, mandandolo nella più totale confusione. Ora la voleva abbracciare e proteggere, ora la voleva picchiare e disintegrare…insomma si comportava peggio di un paranoico in preda ad uno sdoppiamento di personalità.

 

Eppure un equilibrio andava stabilito. Lo dovevano trovare per quel piccolo essere che non meritava di portare su di sé gli errori di due persone che non erano neppure in grado di discutere del più e del meno senza avere l’impressione di essere seduti sopra una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro.

 

 

  
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