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Autore: Belle_    26/11/2012    14 recensioni
«Usagi...», ripeté con dolcezza.
Le stava accarezzando le guance piene di biancore, poi passò a toccarle i capelli dorati lasciati anonimi sulle spalle, ed infine sfiorò le sue labbra con entrambe le mani, con tutte e dieci le dita. La toccava come se fosse tutta roba sua, come se in qualche tempo tutta quella pelle, quelle palpitazioni e quelle ossa fossero state sue. Solo sue.
«Usagi...», sussurrò ancora.
Si chinò sul suo viso con gli occhi dischiusi, le labbra pronte ad improntarsi sulle sue, il respiro spezzato da un'emozione più grande.
Ma lei si scostò, spaventata, e iniziò a toccarsi le mani con morbosità.
Lui le fermò con la sua presa salda, sicura e spaventosa, consapevole di quel vizio immaturo, e la stava fissando con quegli occhi suoi, color cielo. Un cielo antico si stava stagliando su di lei, un cielo pieno di dolore. Ed era tremendo trovarsi sotto una volta così agghiacciante e morbida, meravigliosa e terribile.
* * *
...se perdessi la memoria, a chi crederesti?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inner Senshi, Mamoru/Marzio, Outer Senshi, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi, Seiya/Usagi
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Piccola Nota: Il capitolo che seguirà sarà un capitolo molto duro, è estremamente triste, quindi se non volete sentirvi partecipe di un dolore troppo grande, vi consiglio di non proseguire con la lettura. Inoltre, è un capitolo più lungo degli altri.
Volevo ringraziare chi mi sta seguendo con molta dolcezza e chi recensisce perché sento molto vicino il loro pensiero. In particolare Robiz, Beppin79 e Shelly2010.
Vi abbraccio fortemente, buona lettura per chi se la sente.






7) Color Indaco
    Un po' nuvola, un po' foschia




Forse, non avevano troppo diritto di scendere, ma caddero a terra. Macchiarono la moquette verde di pallidi tondini trasparenti, numerosi, giacenti sul morbido. Forse, non dovevano scendere, le lacrime, ma scesero dagli occhi di Usagi.
<< Mi dispiace... >>, mormorò con un filo di voce, e sentì che era stata una frase fuori luogo. Scosse la testa, lasciò la cornice inerme sul mobile, la bambina coraggiosa che non c'era più, e fece per uscire dall'appartamento. Contando i suoi passi.
Qualcuno la fermò.
Era rimasta per un momento incerta nel proseguire, ma tornò sui suoi passi e decise di andarsene, lasciando quella presa, perché lei dentro quel dolore così profondo non c'entrava nulla. Era un'intrusa. Anche se sentiva gli occhi di Mamoru sulle sue spalle che la imploravano di rimanere, proprio ora che la sabbia era soffiata su quel dolore, infettandolo. Proprio ora aveva bisogno di lei, lo sentiva.
<< Per favore, lasciami. >>, disse roca, fievole, triste.
La presa non accennava a sciogliersi, anzi si intensificava.
<< Non puoi andare via proprio ora, Usagi. >>, sentì dire dietro di lei.
Non era la voce di Mamoru, aveva realizzato. Si voltò di scatto per poterla guardare in faccia, per poter capire quella richiesta di aiuto tanto insensata.
Perché doveva restare?
Inclinò la testa, << Perché? >>.
Galaxia sciolse la presa, abbassò gli occhi e prese a guardare la fotografia della sua bambina con quell'amore che Usagi poteva solo sfiorare con i sogni. Uno sguardo pieno di amore, di rimpianti, un affetto totalizzante, pieno. Lo sguardo di una mamma. << Perché devo farti carico di troppe emozioni, di troppi dolori. Vorrei picchiarti, insultarti. Vorrei persino ammazzarti per il male che mi hai fatto. >>.
<< Fallo. >>, concesse.
Gli occhi cioccolato sprofondarono nei suoi, fermi, interi, umidi. << Mi hai tolto da sotto le mani un grande amore. Un amore troppo grosso. >>, replicò amara.
<< Davvero troppo... >>, bofonchiò Mamoru, volgendo gli occhi a Chibichibi.
Galaxia lo osservò, ma non diede credito alle sue parole. << L'uomo che mi avrebbe sposata da lì a tre mesi, un uomo che aveva concepito con me un figlio. Sai cosa vuol dire rimanere incinta dell'uomo che hai amato totalmente e perdutamente per cinque lunghi anni? No che non lo sai, non sei che una ragazzina. >>.
Usagi parve offesa dall'ultima frase di Galaxia, perché non ci sentiva più una ragazzina, perché aveva perso la sua verve, la sua audacia nel guardare dritto negli occhi la vita. Aveva perso tutto questo, si era smarrito dietro la parete bianca della sua mente. Ma stette comunque in silenzio; non si poteva paragonare il suo dolore a quello di Galaxia.
Lei aveva perso una figlia, Usagi solo dei ricordi.
<< E la mia bambina, che sembrava essere il collante eterno, è morta due giorni dopo la nascita. E' volata su, sulle nuvole. E quello stesso giorno, insieme a Chibichibi, è volato via anche l'amore di Mamoru che provava per me, schiacciato dal fottuto colpo di fulmine che ha avuto con te. Un amore di cinque lunghi anni non è stato capace di sopprimere un colpo di fulmine di cinque secondi, assurdo come questo. >>.
Galaxia scosse la testa, mentre continuava a guardarla con quegli occhi fermi, aridi, presenti.
<< Io ti ho odiata, Usagi. Dal primo momento che ho visto Mamoru avvicinarsi a sé, sembrava spinto dalla tua direzione e non nella mia che ero in un letto d'ospedale con la vagina otturata di punti e il cuore che mi sanguinava. Ti ho odiata per un lungo anno, quando mi ha lasciata alla fine per stare con te, quando poi è tornato perché era schiacciato dai rimorsi, quando non faceva altro che cedere a Usagi Tsukino e resistere all'amore che avrei potuto offrirgli io per sempre. Ti ho odiata persino quando hai avuto quell'incidente che ti ha segnata, ti odio persino adesso che sei sveglia e che ti arrampichi sugli specchi per sapere qualcosa della tua vita. Perché diavolo hai fatto tutto questo, Usagi?!? >>. Adesso stava urlando contro Usagi, la scosse con le braccia e la voce sembrava rotta, affannata, ma manteneva il pianto dentro il suo cuore. Ancora.
<< Galaxia, adesso non esagerare! >>, urlò Mamoru, camminando piano verso di loro.
<< Fatti gli affari tuoi, Mamoru. >>, rispose secca. << Avrei voluto che anche Mamoru ti avesse odiata per quello che hai fatto, dovrebbe odiarti, ma lui non fa che amarti. Non fa che stringersi a te. Non fa che parlare di te, dei tuoi progressi, dei tuoi occhi. Di quella luce color pastello che hai dentro e che sembra spenta, invece c'è. Persino quando sei stata in coma io ti ho odiata profondamente, perché non ho mai visto Mamoru piegarsi in ginocchio e stringere le mani per pregare un Dio in cui non ha mai creduto. Ma stava pregando per te, Usagi l'amore della mia vita, e quindi non dovevo stupirmi più di tanto. Non ha mai pregato per il mio cuore a pezzi. Solo per te e per Chibichibi. >>.
<< Mi dispiace... >>, ripeté Usagi, mormorando.
Non sapeva cosa dire dopo quello sfogo drammatico, non sapeva più chi in realtà fosse, era solo più chiaro che il rapporto con Mamoru era stato intenso sin da subito, ma il resto ancora echeggiava nel vuoto. Era stata cattiva, lo ammetteva, una senza cuore.
<< Ti dispiace?!? >>, Galaxia quasi l'assaltò, facendola sbattere contro lo spigolo di un mobile quadrato e facendola cascare a terra.
Il dolore che investì Usagi fu acuto, dietro la schiena, e per qualche secondo boccheggiò in cerca di aria e di coraggio. Le lacrime del dolore fisico le fece rimanere negli occhi e si alzò per poter guardare negli occhi Galaxia, per non sfuggire a tutto questo perché non voleva essere una vigliacca, almeno per questa volta.
<< Non ti sei fatta male. >>, disse Galaxia. Fu più un ordine che una domanda.
Mamoru si piegò verso Usagi e l'aiutò a rialzarsi, guardandola con dolore, rammarico, e fece per aprire la bocca per dire qualcosa in difesa di Usagi, ma fu fermato dallo sguardo proprio di Usagi che lo supplicava di non dire nulla.
<< Sto bene. >>, bofonchiò Usagi.
Galaxia si sedette sul bracciolo del divano, incurvando le spalle e fissando per un momento il pavimento sul quale giacevano ancora le lacrime di Usagi. Corrucciò la fronte e tornò a guardarla, ma stavolta si presentò con gli occhi pieni di lacrime, con il rimpianto nel cuore e il viso era stropicciato dal dolore immenso.
<< Ma tutto questo mio odio è insensato verso di te, Usagi, perché ho molta stima verso il tuo carattere. Insomma, devi aver avuto molto coraggio per fare quello che hai fatto. Puoi essere tanto crudele, tu? Tu che ti sei sacrificata? In quel momento ho capito che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda, ho capito che Mamoru aveva semplicemente trovato la sua seconda possibilità dopo la morte della mia Chibichibi, il motivo per andare avanti, e non era giusto che si arpionava ancora al nostro amore appassito. >>.
Avrebbe voluto abbracciarla, ma sarebbe stato da ipocriti.
Usagi era la causa del suo male, quel dolore ancora nitido e prorompente che la faceva singhiozzare, e non poteva allungare una mano verso di lei per confortarla. Non era giusto nei confronti di Galaxia che già sembrava in difficoltà nell'odiarla così acidamente, e non era giusto per Mamoru perché quel gesto toccava solo a lui. Doveva essere lui a spingersi verso Galaxia e consolarla da un dolore così immenso, perché solo lui poteva aiutarla, prendendosi un pezzo di quel dolore e sputarlo fuori piano piano.
Insieme alla neve che scendeva, con la stessa cadenza: lentamente e in sincronia.
Lo osservò e gli fece segno con la testa di avvicinarsi a Galaxia.
Lui fu titubante, un po' geloso del suo dolore, e la guardò con stupore. << Perché? >>.
<< E' giusto così, Mamoru. >>, disse. << Dovete superare la morte di Chibichibi, è palese che nessuno dei due l'ha superata, semmai si possa superare la morte di un figlio. >>.
<< Perché devi continuare, Usagi? >>, mormorò Galaxia.
<< Perché ha ancora la sua luce dentro. >>, rispose Mamoru al posto suo.
<< La luce color pastello... >>, disse acidamente Galaxia, scuotendo la testa.
Usagi vide Mamoru cedere alla fine e dirigersi verso Galaxia per abbracciarla, iniziare a condividere un dolore grosso come una montagna insieme alla sua futura sposa.
Era giusto così.
E non doveva soffermarsi al dolore che sentiva trafiggerla, non doveva guardare il dolore provato appena Mamoru aveva allungato le sue braccia attorno alle spalle di Galaxia. No, doveva essere forte. Era giusto così.
Lei aveva rovinato tutto, aveva rotto un equilibrio.
Perché sapeva che se lei non fosse mai apparsa davanti a Mamoru, loro ce l'avrebbero fatta insieme. Avrebbero accettato la morte della loro amata bambina e, forse, ne avrebbero avuto un altro e avrebbero costruito la loro famiglia numerosa. Avrebbero riso insieme e si sarebbero amati.
Era giusto così.
<< Io vado... >>, sussurrò.
Iniziò a camminare verso l'ingresso con lentezza, si stava dando della stupida perché doveva andarsene di lì più in fretta che poteva, perché Mamoru avrebbe presto smesso di abbracciare Galaxia e avrebbero parlato, pianto, si sarebbero persino baciati e stavolta lo avrebbero fatto con dolcezza e senza quella rabbia che aveva caratterizzato il loro rapporto per più di un anno.
Incapaci di non perdonarsi.
Così aveva detto Rei, rammentò Usagi. Si erano perdonati più e più volte: per essersi lasciati, per non aver affrontato insieme il lutto, per essere tornati insieme. Si erano perdonati tutto, solo con la voglia di andare avanti, di riuscire in un modo o nell'altro a vivere insieme. Restare una coppia, questo volevano, ma Usagi aveva rotto tutto.
Aveva ucciso per la seconda volta Chibichibi perché aveva spezzato ciò che l'aveva fatta nascere, il loro amore, e ciò per cui era vissuta per due giorni. Solo due giorni tra le braccia del suo papà, solo due giorni dentro la culla che la madre aveva fatto per lei, solo due giorni per respirare un po' di nuvole e un po' di foschia.
Solo due giorni.

<< Usagi... >>, Mamoru la chiamò quando fu fuori l'ingresso.
<< Sì? >>. Cercò di sorridere, volgendosi a lui.
Mamoru, suo malgrado, sorrise. Fu il solito sorriso di Mamoru, quello amaro, triste, quello che Usagi aveva visto appena si era tornata alla vita, quello che aveva amato per la seconda volta da subito senza spiegazioni, senza remore. << Volevo dirti che... >>, parve confuso in un primo momento. << Il giorno che ci siamo incontrati in ospedale è stato il giorno più vero della mia esistenza. >>.
<< Risparmiatelo, Mamoru. >>, disse con dolcezza. << Va' da Galaxia. >>.
<< Ci andrò, ma volevo dirtelo. Quel giorno era morta Chibichibi e tu sei arrivata d'improvviso nel nido con quegli occhi sognanti, piena di aspettative verso il tuo futuro, eri una ragazzina, e purtroppo ti sei voltata dalla mia parte. >>.
<< Perché stavi nel nido? >>.
<< Volevo vedere cosa aveva perso mia figlia, cosa avrebbe vissuto, la stavo immaginando ancora là dentro. >>.
Usagi sorrise amaramente. << Salutami Galaxia, Mamoru. Tanti auguri! >>.
Mamoru la fermò ancora, afferrandole il polso. << Trovi giusto andar via ora? >>.
Annuì e basta, osservandolo.
L'avvicinò a sé, avvolgendola in un abbraccio morbido, caldo, e si chinò con la testa per respirare sul suo collo con la stessa dolcezza. << Ti amo, Usako. >>, sussurrò.
Fu un sussurro talmente flebile che Usagi si domandò se non fosse stata una sua proiezione, un suo sogno che stava prendendo troppa forma.
<< Hai sentito bene. >>, la rassicurò, fermandole le mani che si stavano strofinando l'una contro l'altra. << Mi raccomando. >>.
Usagi deglutì, abbassò lo sguardo e si allontanò da Mamoru. Ebbe freddo, ma cercò di non pensarci.
<< Ciao, Mamochan. >>, disse e voltò le spalle.


Quando giunse a casa sua, non salutò i suoi genitori sentendosi profondamente adirata con loro per non vedere di buon occhio Mamoru che aveva sofferto molto, e si barricò dentro la sua stanza. Si gettò sul letto e si concesse un pianto liberatorio, arpionando il suo cuscino come se si stesse arrampicando su una parete rocciosa.
Il bussare incessante di sua madre la infastidì a tal punto di urlare contro di lei di non scocciarla, di lasciarla sola. Ma alla fine, sua madre entrò, usando una seconda chiave.
<< Adesso mi dici cosa succede. >>, ordinò Ikuko.
Usagi la guardò con rabbia. << Perché? Cosa ti interessa, mamma? >>.
<< Ma che ti prende? >>, sussultò, indietreggiando.
<< Che mi prende? Ce l'avete con Mamoru perché ha perso una figlia? Perché era in procinto di sposarsi? >>, urlò affannosamente. << E perché mi tenete allo scuro del mio incidente? Cosa c'è da nascondere? E perché volete allontanarmi dalla Usagi che ero prima, non restituendomi il mio cellulare e il mio PC? Cosa volete che io non ricordi? Se volevate che io non mi innamorassi di Mamoru è troppo tardi perché da quando mi sono svegliata ho provato lo stesso sentimento per lui, anche senza ricordi. >>.
<< Calmati, Usagi. Noi volevamo... >>.
<< Volevate che io non vedessi la mia vita, i miei amici, il mio Mamoru. Ecco! >>.
<< No! >>, urlò anche Ikuko. << Non volevo che non odiassi tua sorella! >>.
<< Perché dovrei odiarla, mamma? >>, chiese con calma, adesso. << Io sento di provare per lei un affetto molto profondo, non so cosa farei se le succedesse qualcosa. >>.
Ikuko parve colpita a fondo da un coltello, ma girò le spalle e se ne andò.
Usagi la rincorse per casa e le chiese: << Perché dovrei odiarla? >>.
<< Lasciami in pace, Usagi. Va' in camera tua e restaci. >>.
<< Ho diciotto anni, mamma. Non credi che sia un po' troppo ordinarmi di restare in camera mia? >>, disse con dolcezza, sorridendole. << Adesso dimmi, mamma. >>.
<< No. >>, fu cruda. Andò verso la cassapanca che c'era in salotto e l'aprì, tirando fuori una grande scatola. Aprì anche la scatola e ne estrasse un PC portatile e un cellulare rosso, li porse a Usagi con lo stesso sguardo duro come la terra. << Tieni, eccoti i tuoi accessori. Buon viaggio, Usagi. >>.
<< Buon viaggio? >>, chiese stupita.
<< Viaggerai dentro la tua vecchia vita, adesso. >>.
Senza dire una parola, Usagi andò nella sua stanza e accese il PC e il suo cellulare. La prima cosa che andò a vedere furono i messaggi nella scheda telefonica e lì trovò un'altra ondata ghiacciata che la investì avidamente, ghermendola in uno stato pietoso.
C'erano molti messaggi di Mamoru. Altri di Seiya, altri di Rei, altri ancora di Nehellenia. Tutti furono la doccia fredda di Usagi.
Quelli di Mamoru furono i più duri da digerire, ma che lesse per prima.

Sei a casa?
Sì, perché?
Adesso passo, devo darti una cosa.
Cosa?
Un bacio.

Stai dormendo, Usako?
Hm, quasi. Tu?
No. Ho un'idea.
Quale?
Adesso vengo da te, entro dalla finestra e ti riempio di baci.
Buonanotte, Mamoru. :)

Oggi eri strana. Che succede?
Nulla.
Usagi...
Non mi va di stare sempre così, Mamochan!
Cosi come?
Ma c'eri anche tu al Crown quando è arrivata Galaxia con Nehellenia, perché fingi?
Non fingo, pensavo che non volessi dar peso a loro.
Invece, sì.
Usako, ma di cosa hai paura?
Di niente. E' brutto sentirsi giudicate.
Ricorda che siamo in due, amore mio.

Galaxia mi ha chiamato.
Cosa ti ha detto?
Vuole vedermi.
Va bene. Vai, almeno questo ce lo devi.
Sei sicura?
Sì.
So che ti stai mangiando lo stomaco, Usako, ma apprezzo tutto questo.
Già, anche io...

Dobbiamo lasciarci.
Cosa???
Non posso vedere Galaxia in quello stato.
Ah, è per lei. Va bene.
Va bene?
Mamoru, sapevo che sarebbe successo.
Usagi, io amo te, ma lei non ce la fa ad affrontare tutto questo.
Lo so.
Possiamo vederci dopo scuola? Voglio baciarti un'ultima volta.
No.
Perché?
Perché se ci vedessimo, non riusciremo a farla essere un'ultima volta.

Rispondi, Usagi. Rispondi a questo maledetto telefono, ho bisogno di sentirti.
Ehi, Usako, per favore. Rispondimi.
Amore... ti prego!

Vederti è la cosa giusta, lo penso ogni volta.
Mamoru, stai con Galaxia. Lasciami in pace.
Non ci riesco.
Stai sbagliando su ogni fronte allora. Non puoi stare con Galaxia se cerchi ancora me.

Stasera andrò al Crown con Galaxia.
E quindi?
Vieni anche tu. Ho bisogno di vederti.
NO.

Perché diavolo dovevi venire con Seiya?
Come, scusa?
Non fare la finta tonta.
Mamoru, tu eri lì con Galaxia. Cosa pretendi da me? Che ti aspetti in eterno?
Sarebbe una buona idea.
Vaffanculo.

Sei fidanzata con Seiya, adesso?
No! cosa te lo fa pensare?
I vostri atteggiamenti.
No, Seiya è solo Seiya. Anche se è molto affascinante.
Affascinante??? Usagi, stai rischiando.

Buongiorno, amore mio! Come stai quest'oggi?
Ti supplico di lasciarmi in pace, Mamoru. Io non voglio più sentirti.
Ci riusciresti?
No.
E allora perché credi che io ne sia capace?
Perché tu hai una fidanzata.

Vorrei che ti svegliassi, che mi guardassi con quegli occhi azzurri per rassicurarmi ancora. Vorrei che mi dicessi che tutto questo è uno sbaglio, e ti ascolterei perché è solo il sentire della tua voce che mi farebbe stare meglio. Perché sei sveglia, perché sei viva.
Invece, sei ancora lì. Dentro quel letto a respirare con dei macchinari infernali, con gli occhi chiusi e il cuore duro come una pietra.
Non ti fanno tenerezza le mie suppliche ogni volta che vengo lì? Perché rimani muta e inerme, ogni volta che ti sfioro una mano?
Tu sei viva, Usagi. Io lo so, lo sento. Tu non puoi morire.
Tu sei viva.


Poi c'erano quelli di Seiya, più dolci e molto più leggeri.

Andiamo! Ti rifiuti ad una partita a pallone? Ma che ti succede, Usagi?
Sono solo impegnata nello studio, Seiya. Scusami!
Non mi dire bugie, Usagi.

Oggi a scuola ho vinto io.
Non ci pensare proprio, carissimo. Il mio era un bel 10, il tuo un misero 9 e mezzo.
Ma hai letto le note della prof? ''Lo stile è pressappoco di alto livello, la creatività denota molta fantasia e non ci sono errori di ortografia'', cito la professoressa.
Seiya Kou, non serve a niente arrampicarti sugli specchi! Se ho preso mezzo voto più di te ci sarà un perché, no?
Sì, perché sei la cocca della prof!
E tu un idiota!

Il nuovo CD lo comprerò domani, lo prendo anche per te?
Oh, che galantuomo! Me lo regaleresti? ;)
Affatto. Se vuoi che te lo prenda, mi devi un anticipo e in più una mancia per il servizio.
Antipatico!
Opportunista!

Stamattina hai dimenticato di pettinare i capelli.
Tu mi mandi un messaggio e sei proprio dietro di me? Durante la lezione, poi!
Tu mi rispondi al messaggio e sei proprio davanti a me? Durante la lezione, poi!
Sai che mi basterebbe poco per simulare un incidente e farti cadere accidentalmente una squadra affilata e appuntita sulle tue dita?
Sai che potrei tagliarti i capelli da questa mia posizione?
Devi continuare a farmi eco?
Ihihi, è troppo divertente.

Oggi eri più carina del solito, cosa avevi fatto? Un trattamento di bellezza?
Seiya, ricordi che io non sono una delle tue amichette, vero? Sputa il rospo! Che favore ti serve questa volta?
Ma perché non mi credi? Se io stessi dicendo la verità?
Se fosse così, non me lo diresti inviandomi un msg!


Proseguì con quelli di Nehellenia. Molto più amari, crudeli.

Ci sono rimasta malissimo dal tuo comportamento, Usagi. Pensavo che fossi una ragazzina con un po' più di morale dentro. Non posso credere che sono stata tua amica per otto lunghi anni!
Tu... mi stai accusando?
Se tu vedi un'accusa, non è colpa mia. Io ti sto dicendo solo la verità.
E per te la verità è sputandomi addosso il pensiero comune? Tu sei la mia migliore amica, dovresti stare dalla mia parte, dovresti schierarti con me. Come ho sempre fatto io per difenderti da tutti quei ragazzi che ti sono piaciuti e poi li hai buttati via.
Mi stai dando della poco di buono?
Non cominciare a travisare le cose, Nehellenia. E se poi qui dovrebbe esserci un'offesa, quella dovrei essere io. Non credi?

Grazie per il tradimento, Nehellenia. Davvero, grazie infinite.
Non è colpa mia se sei una povera scema che crede che tutti si schierino dalla tua solo perché sei buona e gentile con tutti.
Dico, ma tu sei stata la mia migliore amica per anni! Dovresti conoscermi e dovresti sapere che io non potrei mai fare nulla che ti facesse del male. Ma che succede?
Succede che sono stufa di essere amica ad una ragazzina, una bambina che pensa ancora a Sailor moon ed esce con quattro ochette per divertirsi.
Nehellenia, hai un ragazzo tu. Credi che sarebbe divertente uscire in tre? Cosa farei, reggerei le candele mentre voi pomiciate come due arrapati?
Semplicemente potresti aspettare quando ho un po' di tempo libero per uscire con me.
Oh, sì e rinchiudermi dentro casa e rifiutare una vita sociale per te? Per te che mi hai voltato le spalle alla prima difficoltà?

Continui ad atteggiarti a scuola come una prima dama, ma non lo sai che niente eri e niente sarai? Ci credo che mi invidi, io un giorno sarò qualcuno, Usagi.
Un ingegnere ricco.

Potrei sapere a chi era indirizzato il tuo articolo del giornale della scuola?
A Leopardi.
Oh, che donna colta!
Problemi?
Uno solo: tu.
Nehellenia, fottiti.

Se hai qualcosa da dire, il mio numero lo conosci.
Non ho nulla da dirti, Nehellenia.
Certo, non ci sarebbe nulla da dire sul mio conto. Non sono io quella che è stata con uno quasi sposato...
Eppure, io in te ci avevo visto qualcosa di buono, ma ora non lo ricordo proprio. Vedo solo marcio. Per quanto la tua bellezza possa illudere, la tua vera essenza salta fuori.


Passò tutta la notte a leggere i messaggi nel suo cellulare e le mail nel suo PC, mentre il suo gattino rumoreggiava con le fusa nel suo letto. Non prese sonno, guardò per tutta la notte il soffitto della sua stanza e cominciò a pensare, a pensare, a pensare...
Insomma, devi aver avuto molto coraggio per fare quello che hai fatto.
In cosa aveva avuto coraggio? Galaxia era stata chiara nel definirla in qualsiasi cosa di mostruoso c'era, ma l'aveva lodata, per dire, per un suo sacrificio.
Puoi essere tanto crudele, tu? Tu che ti sei sacrificata?
In cosa si era sacrificata? E poi c'erano mille domande su Mamoru, su Nehellenia, su Seiya e su sua madre che temeva che potesse odiare sua sorella Chibiusa.
Mamoru e Usagi erano stati insieme, quindi. E Mamoru sembrava davvero molto innamorato di lei, come lei sembrava che volesse mettere dei freni a tutto quell'amore. E nei messaggi che aveva scambiato con Nehellenia si parlava di un tradimento, sembrava un'estranea nonostante fosse stato accennato più volte la durata della loro lunga amicizia.
Come aveva tradito Usagi? Cosa mai avrebbe potuto ferirla così profondamente?
L'unica rassicurazione era Seiya. Frizzante, simpatico, dolce, presente sia prima che dopo il coma. Qualcosa era rimasto immutato, pensò, e se ne sorprese. Seiya era davvero il suo piccolo miracolo dentro quella vita di diciotto anni disastrosi. Uno peggio dell'altro. Insomma, aveva fatto una cosa più sconsiderata dell'altra.
Per Usagi era tutto avvolto dentro la nuvola color indaco dove ora giaceva la piccola Chibichibi, colmo di foschia violenta e penetrante. Era tutto avvolta dalle nuvole del cielo, come lo era stata in passato avvolta unicamente dal cielo blu. Ora però la breve vita di Chibichibi, la bambina dagli occhi indaco, si riversava su di lei con ferocia, annebbiando qualsiasi cosa che riuscisse a far quadrare la sua vita. Era tutto una nuvola densa e vischiosa, un pericolo per quelle sue memorie a lungo assopite.

Il giorno dopo, mentre usciva da scuola, fu fermata da Seiya.
<< Usagichan, ho una notizia meravigliosa per te! >>, le comunicò frizzante, con il sorriso.
<< Cosa? >>, chiese, facendosi prendere dal sorriso di lui. Sorrise anche lei. Era inevitabile farlo, la sua luce penetrava sin dentro il cuore fratturato di Usagi.
<< Una partita a calcio. Tu sei l'attaccante, come sempre. >>.
<< Attaccante, io? Gioco a calcio? >>, sbarrò gli occhi.
<< Tu giochi a calcio? Cosa debbono udire le mie povere orecchie! Usachan, tu sei una tifosa sfegatata del calcio e giochi saltuariamente con la squadra maschile della scuola. >>.
Usagi rise, attorcigliandosi un capello accanto all'orecchio. << E che squadra tiferei? >>.
<< Quella della nostra scuola e l'Inter. La tua passione smodata per questa roba prettamente maschile mi ha sempre lasciato un po' interdetto, ma insomma stiamo parlando di te. E poi sei un buon attaccante, non manchi mai la porta. >>.
<< Quindi sarei un maschiaccio. >>, dedusse.
<< Assolutamente, no. Sgambetti per il campo come solo una donna può fare, ma non ti arrendi quando ti spintonano, ti fanno male a qualche parte del corpo. E poi se devo dirla tutta, piaci a molti dei nostri compagni di squadra. >>, continuava a parlare con la sua parlantina e il suo sorriso, mentre la portava al campo da calcio della scuola.
Usagi, quando vide il suo campo, ebbe nel cuore un sussurro caldo. Una sensazione di Deja vù che le colorava il viso, una sensazione che sapeva di ricordi e di dolci appena sfornati. Lei in quel campo aveva lottato, pianto, esultato, era inciampata e si era rialzata. In quel campo vedeva le tracce della Usagi che era stata prima di rintanarsi nel coma, perché alla fine aveva ceduto ad una sua vocina e aveva creduto che fosse stata lei a rifugiarsi nel coma per fuggire dalle atrocità della sua vita, ma continuava a vedere quei pezzi color indaco sul campo verde smeraldo, contornato dal bianco della neve. Indaco come gli occhi di Chibichibi e come la luce color pastello di cui parlava Mamoru.
Sì, tra i fili d'erba e le gambe massicce dei giocatori c'era il filo che avrebbe ripristinato il suo equilibrio. La sua memoria, il suo passato.
Guardò Seiya e annuì. << Voglio giocare. >>, profferì decisa.
<< Vuoi? >>, le chiese una conferma, sorridendo.
<< Devo. So che amo questo campo. >>.
So, ma non ricordo.
Ma questa era strada da compiere.
<< D'accordo. >>, Seiya annuì e le diede la maglia della squadra.
Usagi si aggrappò alla maglia, ne toccò la tessitura ai bordi e il materiale caldo e liscio, osservò il suo nome ''TSUKINO'' scritto in bianco sul colore indaco della maglia e osservò il suo numero scritto a caratteri cubitali. 17. Che ironia della sorte...
<< Vado a cambiarmi. >>, e si infilò nello spogliatoio delle donne.
Mentre si cambiava vibrò il suo cellulare, informandola che un messaggio le era stato inviato. Lo sbloccò e lesse il nome di Galaxia. Scosse la testa, non capendo, e deglutì.
Galaxia.
Cosa voleva? Lesse il messaggio con le mani che le tremavano, il cuore che pompava una quantità di sangue da farle venire il mal di testa e lo stomaco che ricominciava a contorcersi in segno di disappunto. Quelli erano i segni inconfondibili, un avvertimento.

Ho lasciato Mamoru. Era giusto così, non per te, ma per me e Mamoru.
Ora è tutto tuo, fanne un uomo felice.


Ebbe un tuffo nel cuore, e prese a tremare. Ma si riprese, Usagi, e posò il cellulare nella sua borsa, determinata più che mai ad andare avanti con quella partita che stava per giocare, perché quella era una partita in cui era appeso un filo sottilissimo. Il filo tra la vecchia Usagi e quella sperduta di adesso.
Perché Usagi era una donna forte, era donna a soli diciotto anni. Usagi aveva una luce color pastello dentro il suo cuore e intendeva riprendersela, riappropriandosene per vivere con il brio dell'arcobaleno. Con l'allegria dei colori che fino a quel giorno aveva paragonato alle numerose avventure vissute senza una memoria.
Entrò in campo nel silenzio della squadra avversaria e nei sorrisi dei suoi compagni di squadra, entrò in campo facendo un sospiro forte e trattenuto. Entrò in campo, guardando la tribuna, entrò in campo, avendo visto Mamoru sulle panchine di legno.
Al fischio dell'arbitro e fino a che Usagi non prese possesso della palla, la sua mente continuava a proiettarle l'immagine della testa corvina di Mamoru che sbucava nella tribuna con quel sorriso buono e sincero. Un po' fallace, ma era il sorriso delle nuvole.
Il primo tempo proseguì tranquillamente e Usagi si stupì di come poteva sentirsi quando aveva la palla tra i piedi e la calciava con determinazione, con la sola intenzione di farla entrare nella rete, o di come si sentiva piena di adrenalina mentre correva nel campo per rubare la palla al suo avversario e poi passarla a un suo compagno. 
Segnò due goal nel primo tempo, proprio Usagi.
Ma nel secondo tempo, la squadra avversaria rientrò in campo con molta violenza, molto agguerriti per i due palloni subiti da una ragazza oltretutto. Ma fu proprio il secondo tempo che determinò un pallone netto nello stomaco di Usagi, strofinandosi contro il suo torace ancora non completamente guarito e facendola cadere a terra contro il palo della porta. E fu proprio il suo volersi mettere in gioco fino alla fine che la spinse contro quella palla che la rovesciò a terra, insieme alle urla di Seiya che aveva urlato un secondo prima che la palla raggiungesse Usagi.
<< Usagi! Sta' ferma! >>.
Furono queste urla che fecero rompere qualcosa dentro la testa di Usagi, facendola rimanere a terra che fissava il prato sintetico con gli occhi sbarrati come se fosse stata colpita mortalmente.
Usagi! Sta' ferma!
Perché furono queste parole che spezzarono in mille pezzi l'immenso muro bianco che albergava nella testa annebbiata di Usagi, ridandole non solo i ricordi vecchi, i suoi dispiaceri e le sue gioie. Furono quelle parole che ridiedero agli occhi di Usagi il brio scintillante della luce color pastello, facendola sorridere.
<< Va tutto bene? >>, chiese Seiya, chino su di lei.
Una cerchia di ragazzi si era attorniata a lei e poté vedere nelle tribune l'esile figura di Mamoru che svettava per la sua altezza, si era alzato e stava guardando con il respiro spezzato, preoccupato che le fosse successo qualcosa di grave.
Usagi! Sta' ferma!
Le stesse parole dell'incidente.
<< Sì... >>, mormorò, rialzandosi.
La cosa strana è che non ci furono episodi che le passarono in testa, momenti struggenti che l'avrebbero fatta piangere nel ricordare, non si vide passare un'intera vita davanti. Ci fu semplice uno schiocco secco, come quando veniva messo l'ultimo mattone per costruire una casa, e Usagi non ebbe bisogno di ricordare, perché lei ora semplicemente sapeva. E tutto aveva il colore dei pastelli. Tutto somigliava al colore innocente dell'indaco.
<< Ho solo ricordato tutto. >>.
   
 
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