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Autore: abby_morns    26/11/2012    5 recensioni
La ragazza non aveva mai provato le sensazioni che aveva sentito quando l'aveva baciato sotto la pioggia; un bacio così leggero e sfiorato, il fantasma di un bacio, ma che l'aveva fatta tremare, fino al cuore, fino all'anima. E quando si era staccata e aveva visto il suo viso, il viso del ragazzo che ancora amava, tanto, troppo intensamente - aveva cercato di reprimerlo, senza riuscirci - così stravolto da quel bacio, da quella discussione, e dagli stessi sentimenti che lei provava, era scoppiata a piangere, sopraffatta dall'emozione e da una sola consapevolezza: non potevano tornare insieme. Nonostante - ne era sicura - lui la amasse ancora, e nonostante quel bacio così sconvolgente e così flebile, non potevano tornare indietro. Lui le aveva detto che era troppo tardi per scusarsi ed ormai, avevano perso tutto. Tutto tranne il loro orgoglio, che era l'unica cosa reale che ostacolava il loro ricongiungimento.
Era per questo che Taylor non riusciva a rispondere a quella chiamata. Lautner chiamava puntualmente ogni notte, ogni sera. Era convinta che volesse solo parlare. Ma lei non ce la faceva e basta.
Disperata, lanciò il cellulare sul pavimento, incapace di trattenere oltre le lacrime.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I bet, this time at night you're still up.

Taylor Swift guardò distratta fuori dalla finestra. Da quando si era trasferita in città, lontana dalla sua famiglia, le notti che ogni tanto passava in bianco a suonare e a scrivere canzoni erano diventate più malinconiche. Sfregò distrattamente le dita sulle corde della sua chitarra preferita, quella che teneva in casa e non usava per i concerti. Era con quella che componeva la maggior parte delle sue canzoni.
Accanto a lei, sul letto, il suo IPhone vibrò per l'ennesima volta. Taylor si passò una mano tra i capelli, esausta. Erano le due di notte ma lei aspettava quella chiamata da ore. Era per questo che, nonostante avesse tentato di coricarsi, non vi era riuscita.
Appoggiò la chitarra sulle lenzuola chiare e prese il cellulare in mano. Nella sua mano, quello continuò a muoversi, trasmettendole le vibrazioni sulle punte delle dita scorticate dalle corde.
Erano ore che aspettava quella chiamata, eppure, adesso che era arrivata, non riusciva a rispondere. Come ogni santa notte.

I bet, you're tired from a long hard week.

Il tour australiano si avvicinava ed i preparativi fremevano. Eppure, lei riusciva a trovare il tempo per scrivere. C'era sempre riuscita, anche a costo di svegliarsi in piena notte in preda all'ispirazione, o stare impalata a fissare il vuoto se quella non arrivava. Scrivere la aiutava ad affrontare la vita.
Il cellulare vibrò per qualche altro secondo, poi si zittì. Taylor lo guardò, immobile, nella sua mano. Non si era nemmeno accorta che le erano salite le lacrime agli occhi. Aspettava quella chiamata per notti intere e poi non rispondeva. Perchè aveva paura.

I bet, you're sitting in your chair by the window, looking out at the city and I bet, sometimes you wonder about me.

Senza pensarci, sbloccò il cellulare e guardò la chiamata persa. Sapeva già da parte di chi era, ma voleva vederlo, leggere il suo nome. Farsi del male. Come le piaceva ferirsi in quel modo? Attendere per ore una chiamata e poi non rispondere? Perchè lo faceva? Non sarebbe stato più semplice rispondere, parlarci, sentire cosa aveva da dire?
La scritta “Tay” sembrava farle lo sberleffo dallo schermo.
Taylor. Lui, solo lui. Era da quando lui l'aveva riportata a casa quella sera, dopo la premiazione, che non lo vedeva. Il ricordo di quella notte le faceva ancora male; come lui l'aveva accusata di essere falsa, di non provare niente, e di aver scritto Back To December solo perchè i suoi fan se lo aspettavano. L'aveva ferita così tanto che lui non avesse capito quanto la fine della loro relazione l'avesse quasi uccisa, lasciata senza più niente da provare. La ragazza non aveva mai provato le sensazioni che aveva sentito quando l'aveva baciato sotto la pioggia; un bacio così leggero e sfiorato, il fantasma di un bacio, ma che l'aveva fatta tremare, fino al cuore, fino all'anima. E quando si era staccata e aveva visto il suo viso, il viso del ragazzo che ancora amava, tanto, troppo intensamente - aveva cercato di reprimerlo, senza riuscirci - così stravolto da quel bacio, da quella discussione, e dagli stessi sentimenti che lei provava, era scoppiata a piangere, sopraffatta dall'emozione e da una sola consapevolezza: non potevano tornare insieme. Nonostante - ne era sicura - lui la amasse ancora, e nonostante quel bacio così sconvolgente e così flebile, non potevano tornare indietro. Lui le aveva detto che era troppo tardi per scusarsi ed ormai, avevano perso tutto. Tutto tranne il loro orgoglio, che era l'unica cosa reale che ostacolava il loro ricongiungimento.
Era per questo che Taylor non riusciva a rispondere a quella chiamata. Lautner chiamava puntualmente ogni notte, ogni sera. Era convinta che volesse solo parlare. Ma lei non ce la faceva e basta.
Disperata, lanciò il cellulare sul pavimento, e si buttò sui cuscini, incapace di trattenere oltre il pianto che le premeva agli angoli degli occhi.

And I just want to tell you, it takes evererything in me, not to call you; and I wish I could run to you, and I hope you know that, everytime I don't, I almost do... I almost do.

Dopo qualche lacrima amara di rimpianto, la ragazza strisciò sul bordo del letto e recuperò il cellulare.
Certe volte le era presa voglia di chiamarlo. Magari lo aveva visto in tv, in qualche talk show, oppure semplicemente aveva desiderato sentire la sua voce. Ma si era sempre trattenuta. Sapeva che non poteva, non poteva lasciarsi andare, o sarebbe successo di nuovo. Sarebbe andata di nuovo in mille pezzi. E non era sicura che sarebbe riuscita a recuperarli tutti, questa volta. La sera della premiazione, quando era tornata a casa, aveva chiamato sua mamma ed era stata lì, con la cornetta attaccata all'orecchio, a piangere disperata, mentre accarezzava ossessivamente Meredith. Andrea era rimasta in silenzio, tanto che Taylor non si era nemmeno accorta che aveva attaccato ed era corsa da lei. Quella notte aveva dormito abbracciata a sua madre, come faceva quando era piccola ed aveva fatto un brutto sogno.
Appoggiò il cellulare sul letto, con delicatezza, quasi dispiaciuta di averlo trattato così male, ed imbracciò nuovamente la chitarra. Una melodia risuonava nel suo cervello, e lei sapeva bene cosa significava. Ispirazione in arrivo.
Ma non era sicura di essere pronta a scrivere una nuova canzone su Taylor. Il suo cuore palpitava ancora dolorosamente, stanco di soffrire. Forse, scrivere era l'unico modo per sfogare tutto quel dolore.

I bet, you think I either moved on or hate you: 'cause each time you reach out there's no reply. And I bet, it never, ever, occured to you, that I can't say hello to you and risk another goodbye.

Era quella la verità, si disse sorpresa, mentre le frasi si disponevano naturalmente nella sua mente; non poteva avere un nuovo contatto con Taylor, perchè avrebbe rischiato un nuovo addio, e questa volta, non sarebbe sopravvissuta.
Realizzarlo fu un sollievo tale che la Swift rischiò di cadere all'indietro sulle coperte. Non c'entrava l'orgoglio, era solo paura. Taylor avrebbe voluto ricominciare a piangere. Era lei stessa che aveva insegnato ai suoi fan di non avere paura e di esprimere sempre i propri sentimenti senza timore. Ed adesso non ci riusciva, e si vergognava di questo.
Avrebbe dovuto chiamarlo. Avrebbe dovuto chiamare Taylor e sentire cosa aveva da dirle. Ne sentiva il bisogno. Ma di nuovo, qualcosa la tratteneva. Le lacrime cominciarono a sgorgare, senza darle tregua. Non sapeva come avrebbe fatto a tirare avanti così.
Stava quasi per mettere a posto la chitarra, spegnere il cellulare e mettersi a letto, in un vano tentativo di addormentarsi, quando l'IPhone tremò di nuovo.
Senza esitazioni, Taylor prese la chitarra e, con una melodia dolce e triste, coprì quel suono che la tormentava, e l'urlo straziante di dolore del suo cuore.

9 mesi dopo.

Taylor Lautner sfogliò furiosamente il libretto di Red, cercando qualcosa, qualsiasi cosa, un singolo segno di lui.
Lo aveva comprato, nonostante si fosse ripromesso di non farlo - la Swift, la sua amata Swift, si era fidanzata. Non sarebbe stata più sua, ormai - non era riuscito a resistere alla tentazione di cercare qualche segno che la ragazza aveva pensato a lui, in quegli ultimi dieci mesi. Avrebbe accettato anche una canzone sul loro scrontro / incontro di quella sera, quella sera terribile in cui l'aveva accusata di essere falsa. Qualsiasi cosa, purchè lo convincesse che lei non lo odiava, non del tutto almeno.
L'aveva chiamata cento, mille, diecimila, milioni di volte. Sapeva che spesso rimaneva sveglia ad ascoltare musica, o a fare musica, e quindi aveva sempre scelto le due. Quando stavano insieme, lei gli aveva rivelato che era il momento che preferiva della notte, perchè le luci della città non nuocevano alla meravigliosità chiara delle stelle, che in quell'istante brillavano più belle e più lucenti di sempre. Lui sapeva quanto lei amasse le cose che brillavano. Anche lui le amava, le amava da quando aveva visto i suoi occhi per la prima volta. A suo parere, non esisteva stella più luccicante.
Ma adesso, rassegnato mentre fissava il libretto del cd, si sentiva umiliato e deluso. Non c'era niente, o almeno, niente per lui. Non si riconosceva in nessuna di quelle canzoni. Non c'era un solo indizio che le riportasse a lui, nemmeno nei messaggi segreti - sapeva benissimo che era una delle parti che la Swift preferiva.
Avrebbe voluto sotterrarsi centomila chilometri sotto la superficie terrestre. Era così stupido. Lei era fidanzata. Era uscita con altri ragazzi. E a lui non ci pensava più. E faceva bene, visto come l'aveva trattata quella sera.
Ricordava il bacio con la stessa intensità. Si faceva mille domande. Perchè non aveva impedito che lei si separasse? Perchè non l'aveva stretta, e baciata con più passione? Perchè era un idiota, un idiota orgoglioso. E adesso si sentiva uno schifo.
Si sentì invadere dalla rabbia. Con una mano, liberò il tavolo e buttò a terra cd, custodia e libretto. A passo svelto si diresse verso la porta, afferrò un giaccone ed uscì, lasciando tutto com'era. Non stava andando da nessuna parte in particolare, voleva solo camminare e sfogare la rabbia. O almeno così credeva.
Andò avanti per un tempo che sembrò infinito. Era freddo, ed il giaccone non lo proteggeva dai brividi. Non erano brividi di freddo. Continuava a pensare a Taylor. Ai suoi capelli. Al suo viso, ai suoi capelli. Al suo corpo...
Scosse la testa, veloce, per scrollarsi quei pensieri dalla mente. Ma non era facile, non lo era per niente. Continuavano a tornargli in mente immagini: occhi blu, ciuffi biondi, pelle chiara a contrasto con la sua, scura e abbronzata.
Si fermò di colpo quando si accorse dove era arrivato.
La casetta bianca sembrava quasi sorridergli, invitarlo. Le tendine azzurre, alla finestra della prima camera a destra, in alto, lo facevano sentire a casa. Era un sacco di tempo che non andava lì, che non si fermava lì davanti. L'ultima volta aveva visto quella casa dal finestrino scuro della sua macchina sportiva. La volta precedente, era stato fermo sulla soglia, ad ascoltare incantato la donna della sua vita parlargli con voce dolce.
Il cancello era socchiuso; Taylor era a casa. Era strano, si disse. Avrebbe dovuto essere da qualche parte, a promuovere il cd, a cantare le nuove canzoni che - tanto per farsi ancora un po' più male ricordandolo - non erano per lui.
Senza accorgersene, spinse il cancello ed entrò. Non sapeva nemmeno perchè lo stava facendo; sempre ammesso che lei gli avesse aperto la porta, cosa avrebbe potuto dirle? “Grazie di non aver nemmeno pensato a me per il tuo nuovo album”. Non sarebbe stato giusto; la vita era sua, le canzoni sue, e lui non poteva arrivare davanti a casa sua e fare l'offeso per una cosa del genere. Di nuovo, si disse che era uno stupido.
Ma non fece in tempo a pensarlo, che la porta, su cui era appeso un gatto di polistirolo che reggeva un cartello con su scritto 'Welcome', si spalancò. E la vide, alta, bionda, pelle chiara, occhi di cielo. Come l'aveva immaginata venendo lì. E lo guardava, non come aveva immaginato, non con astio o con fastidio: lo guardava con sincera sorpresa. Indossava una t - shirt bianca con un gatto stampato sopra e dei pantaloni della tuta, e teneva i capelli raccolti in uno chignon disordinato, ma rimaneva comunque la creatura più bella che Taylor avesse mai visto. I suoi occhi risplendevano, si erano accesi nell'istante esatto in cui aveva incrociato il suo sguardo, lo vedeva anche da lontano. Senza accorgersene, il ragazzo affrettò il passo. E la Swift, scossa la sorpresa iniziale, aveva lasciato la soglia della casa ed era corsa nel freddo pomeriggio di novembre, stringendosi una mano al petto. L'altra mano la protese verso di lui, mentre correva veloce lungo il sentiero di ghiaia, come se potesse raggiungerlo prima, in quel modo. Anche lui cominciò a correre, ad accorciare la distanza, spinto da qualcosa, da quel qualcosa che, da quando si erano lasciati, non l'aveva mai abbandonato: il suo amore incontenibile per lei.
- Taylor! Tay! - urlò la ragazza, avvicinandosi sempre di più, inciampando nella ghiaia con le scarpe da ginnastica. Rischiò di cadere ma si riprese in fretta e, con le lunghe gambe, in pochi istanti lo raggiunse. Lui aprì le braccia e lei gli si buttò addosso, stringendolo così forte da togliergli il respiro. Lautner perse l'equilibrio ed entrambi urlarono mentre cadevano sul sentiero freddo. Taylor si fece male alla schiena quando atterrò sui sassi freddi del vialetto, ma quando aprì gli occhi, dimenticò ogni dolore, dimenticò ogni cosa. Perchè la ragazza lo stava guardando dritto negli occhi, con un sorriso così grande che Taylor avrebbe voluto stringerla e baciarla, mordendole le labbra e passandole le mani tra i capelli. I suoi occhi erano ancora più blu di come li ricordava, ancora più luminosi e splendenti. Quando aveva aperto la porta, per un attimo, erano stati freddi, bui, ma poi l'aveva visto, ed il suo viso si era illuminato come irradiato dai raggi del sole. Era scombussolata e disordinata ma per Taylor non era mai stata più bella di così.
La Swift si alzò, imbarazzata, con le guance in fiamme. Lautner non riusciva a smettere di pensare che fosse bella, bellissima. Si alzò anche lui, così in fretta che rischiò di cadere di nuovo. Si guardarono per un istante così lungo che sembrò infinito, nero contro blu, terra contro cielo. E poi la ragazza si fece avanti e si strinse a lui. Sembrava così piccola, nonostante fosse quasi più alta di lui; ma mentre lo abbracciava, sembrava una bambina che aveva appena ritrovato il suo giocattolo preferito.
- Tay... Io... Pensavo che non ti avrei più rivisto - disse, la voce piena di pianto. Stava piangendo? Senza pensarci - con lei gli veniva naturale agire d'impulso - le prese il viso tra le mani e lo sollevò. Aveva le guance rigate di lacrime, ma sorrideva, era felice. Non l'aveva mai vista così.
Per lui fu inevitabile. Non aspettava altro da dieci mesi e non aveva intenzione di attendere oltre. Si chinò su di lei e la baciò, dolce ma impetuoso. Dapprima, la ragazza spalancò gli occhi sorpresa e si staccò dal suo abbraccio, ma Taylor non aveva intenzione di mollare la presa. E la Swift, dal canto suo, non aveva atteso che quello da quando l'aveva visto entrare nel suo giardino dalla finestra della cucina. Per questo smise di opporre resistenza, lo abbracciò e si lasciò andare.
Taylor controllava a stento le emozioni che lo rimescolavano. Sentiva le farfalle nello stomaco, il cuore a mille ed il cervello, beh, quello era completamente andato già da un po'. Sapeva un sacco di cose: lei era fidanzata, qualche paparazzo avrebbe potuto beccarli, e per entrambi sarebbe stata la fine. Ma non gliene importò un fico secco. Anzi, strinse la ragazza ancora di più ed approfondì il bacio, mordendole il labbro e accarezzandole la schiena. La sentì fremere mentre le scioglieva i capelli, che le caddero morbidi sulle spalle. Lui vi infilò le mani, e lei tremò di nuovo. Il ragazzo sentiva il cuore rimbombare nelle orecchie; avrebbe voluto che quel momento non finisse mai perchè, per quanto fosse lungo il loro bacio, non sarebbe mai stato abbastanza. Ma un pensiero fastidioso cominciò a ingombrare la sua mente; ben presto, si trasformò in una consapevolezza, così grande e così pesante da impedirgli di andare avanti.
Prese la Swift per le spalle e l'allontanò da lui con dolcezza; gli costò un grande sforzo di volontà, ma ci riuscì. La ragazza rimase un attimo imbambolata, intontita da quello che era appena successo; ma poi si riprese e gli lanciò un'occhiata stranita.
- Tay? - fece, flebile come un soffio di vento. Lautner dovette serrare i denti per impedire ai suoi impulsi di prendere il sopravvento.
- No, Swifty - disse lui. Staccò le mani dalle sue spalle e si allontanò di un passo. - No, non possiamo. Tu. Tu sei fidanzata. E tra noi è finita da tempo ormai.
La bionda spalancò la bocca, a metà tra la sorpresa e la delusione. Incrociò le braccia, come se dovesse sorreggersi per non cadere a pezzi. - Cosa stai dicendo, Taylor? Cosa diavolo sei venuto a fare? - sbottò, alzando il tono di voce ad ogni parola. - Vieni qua, entri nel mio giardino, senza chiedere niente, mi baci, e poi dici che non possiamo? Mi stai prendendo in giro!?
Il ragazzo smise di guardarla. Si ficcò le mani nelle tasche e cominciò a calciare per terra. Non sapeva cosa rispondere; aveva la sensazione che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata mal interpretata. La ragazza che amava, di fronte a lui, sembrava sul punto di spezzarsi; si era chinata a terra, reggendosi lo stomaco come se stesse per vomitare, e piangeva.
Taylor non resistette oltre. Si buttò vicino a lei e la strinse tra le braccia, mentre lei continuava a piangere, apparentemente inconsolabile. Cercò di divincolarsi.
- Lasciami. Lasciami! - gli urlò, tanto che lui la lasciò davvero. La Swift si alzò, fece qualche passo verso casa e poi si fermò. Girò appena la testa verso di lui.
- Cosa vuoi? Se non sei qui per... Cosa vuoi, Lautner? - disse, piatta. Taylor si sentì morire; lei non l'aveva mai chiamato così. - Sono dieci mesi che non ci vediamo, come ti permetti di venire in casa mia, di baciarmi in quel modo? Non siamo nemmeno più amici!
Il moro non l'aveva mai vista in quelle condizioni. Certo, gli era capitato di vederla arrabbiata, ma non così: era furiosa, disperata. Taylor comprese che, ancora una volta, non aveva capito niente.
- Tay... Mi dispiace - riuscì a dire. - Non dovrei nemmeno essere qui. Ma ti ho chiamata così tante volte, e tu non mi hai mai risposto... Pensavo mi odiassi.
La ragazza lo fissò impalata, scuotendo la testa. Non era nemmeno sicuro che lo stesse ascoltando.
- Quello che è successo la sera della premiazione... Mi dispiace, Tay - continuò, a fatica. - Io avevo ancora tante cose da dirti, ma non me ne hai dato il tempo. Ho cercato di parlare con te ma non me ne hai mai data l'occasione. Ho cercato di resistere ma non ce l'ho fatta, dovevo vederti. Parlarti. Quando sono uscito di casa, non era mia intenzione venire qui, ma non me ne sono nemmeno reso conto. Ti prego Tay.
Si avvicinò, cauto, e lei non si mosse. Fece un altro paio di passi e la raggiunse; poi la strinse di nuovo tra le braccia, mentre lei rimaneva inerme. Perchè gli appariva così distrutta? Era stato lui a ridurla in quelle condizioni.
- Volevo solo parlarti ma quando ti ho visto corrermi incontro, e guardarmi come se fossi la cosa migliore del mondo per te... Non ce l'ho fatta. E mi dispiace - continuò il ragazzo, baciandole i capelli. Subito dopo averlo fatto, se ne pentì. Non doveva farlo. - E dire che quando sono uscito di casa, ero anche arrabbiato con te.
La Swift alzò la testa. Aveva gli occhi rossi, e questo faceva emergere ancora di più il blu intenso delle sue pupille. - Arrabbiato con me?
- Sì. Me ne vergogno quasi. Ho comprato Red, sai? Volevo vedere se c'era qualcosa su di me. Adesso mi sembra tutto così ridicolo. Non avevi niente da dire su di me. Ho rovinato tutto, non avrebbe avuto senso - disse, più a se stesso che alla ragazza. Era vero, arrabbiarsi per le canzoni era stata una cosa ridicola, ed infantile. Ma si era sentito così umiliato, e deluso.
Tra le sue braccia, la bionda sussultò. Taylor la guardò di nuovo: lei distolse lo sguardo, le guance rosse. Continuò a guardarla, interrogativo, ma lei si strinse a lui, nascondendosi alla sua vista.
- Tu non hai rovinato niente - mormorò semplicemente. - Io... Dovevo prendermi una pausa. Quello che è successo quella sera mi ha ferita troppo.
- Ed è giusto che tu sia passata oltre - fece allora lui. La scostò di nuovo da sé, ma lasciò le mani sulle sue braccia. Non riusciva ad interrompere quel contatto. - E non è giusto che io ti abbia baciata. Non avrei dovuto. Tu sei fidanzata, ed io sono un cretino.
Taylor spalancò gli occhi, così sorpresa che ogni traccia di tristezza sul suo volto scomparve. - Fidanzata?
- Sì, Swifty, ed io sono un cretino - ripetè lui. - Vorrei solo che...
- Aspetta, Tay - lo interruppe lei, scrollandosi le sue mani di dosso e riavvicinandosi. - Io non sono fidanzata. Non sto nemmeno uscendo con qualcuno ultimamente.
- Ma... Tu, e il Kennedy... - balbettò lui. Okay, era ufficiale. Aveva smesso di capirci qualcosa già da un bel po'. Lasciò cadere le braccia ed aspettò spiegazioni.
La bionda si fece improvvisamente più cupa. - Io e Conor non ci sentiamo più. Sono molto impegnata con la promozione dell'album e... Le cose non funzionavano più già da un po' tra noi.
Taylor faticò non poco a contenere il sollievo che quelle parole gli avevano procurato. Allungò una mano e accarezzò piano la guancia della ragazza. - Oh, mi dispiace, T. Ma era successo qualcosa? - chiese, tentando di non suonare sarcastico. Pensò alla sfilza di ragazzi che le aveva spezzato il cuore, e sperò per Kennedy che lui non fosse uno di loro.
Ma la ragazza scosse la testa. - No, ero io il problema. Io... io non riusciva a smettere di pensare ad un'altra persona. E questo ha ucciso il nostro rapporto.
Taylor smise di accarezzarle la guancia. Era il giorno delle strane rivelazioni, quello. Si chiese se la persona a cui pensava la sua amata fosse lui. Ma non aveva il coraggio di chiederglielo. Sarebbe stato imbarazzante.
La Swift si strinse tra le braccia e tremò. - Senti, non prenderla come una proposta strana, ma ti va di entrare? Sto gelando qua fuori.
Lui annuì; si avviarono verso casa fianco a fianco. La ragazza continuava a sfregarsi le braccia e a non guardarlo: Taylor era convinto che lei gli nascondesse qualcosa. Entrarono in casa e lei chiuse la porta. Sorrise, felice per il calore che invadeva l'ingresso. Si diresse verso un salotto lì vicino e fece cenno a Taylor di seguirla.
Il ragazzo guardò con attenzione ogni minimo particolare di quell'abitazione, imprimendolo nella mente a fuoco. Si vedeva che era la casa della Swift: foto di gatti ovunque, mobili in stile vintage, plettri di chitarre sparsi qua e là. La bionda non era mai stato un tipo ordinato, si disse Taylor.
Nel salotto, c'era un camino dall'aria retrò acceso. Non c'era traccia della ragazza, quindi Taylor rimase impalato lì in mezzo per un po', indeciso; non sapeva se addentrarsi nella casa e cercarla o se aspettarla lì, magari seduto su uno di quegli invitanti divani - stranamente, rossi. Non si era accorto di come gli facessero male i piedi. Alla fine cedette e si sedette, appoggiandosi allo schienale e chiudendo gli occhi. Chissà dov'era finita la Swift. Forse avrebbe dovuto chiamarla. Stava per farlo, quando un gatto grigio e bianco gli balzò sulle ginocchia, sibilando.
- Ti consiglierei di spostarti da lì - fece una voce alle sue spalle. - Quello è il posto di Meredith, e ne è molto gelosa.
Taylor si voltò a guardare la sua omonima, che tentava di reprimere una risata, reggendo una tazza fumante con entrambe le mani. Seguì il suo consiglio e si spostò; il gatto lo lasciò perdere, ed andò ad acciambellarsi nell'angolo, facendo le fusa.
-E' una gatta molto dolce - affermò la ragazza, sedendosi accanto a lui. Appoggiò la tazza sul tavolino lì di fronte, e poi si mise a grattare la pancia all'animale, che miagolò gioioso. - Ma non azzardarti a rubarle i suoi spazi perchè diventa una tigre.
-Va bene, prenderò nota per la prossima volta - sdramatizzò lui. La ragazza gli sorrise, facendogli battere il cuore. Prese la tazza e cominciò a sorseggiare, in silenzio. Rimasero in quel modo per un bel po', osservando le fiamme danzare dinanzi a loro, senza tenere conto del tempo. Il ragazzo allungò il braccio e lo mise intorno alle spalle della Swift, che non si mosse.
- Dove eravamo rimasti? - disse invece.
- Hai detto che tu e il Kenn... Conor avete rotto perchè tu continuavi a pensare ad un'altra persona - mormorò lui, continuando a fissare il fuoco.
Lei rimase in silenzio per un altro po', prima di dire: - Hai detto che eri arrabbiato con me perchè pensi che non ci siano canzoni per te in Red.
Finalmente, Taylor spostò lo sguardo su di lei. Sembrava imbarazzata; le sue guance erano rosse, non sapeva se per il calore o se per altre cose. - Sì, è così - confermò.
- Aspetta qua - disse lei. Si liberò dal suo abbraccio e scomparve dietro una porta. Taylor si mise ad osservare Meredith, che se ne stava a pancia in su ronfando beata. Se la Swift fosse stata un gatto, probabilmente sarebbe stata Meredith. Non sapeva perchè lo pensava, ma aveva questa sensazione.
Finalmente, la bionda riapparve. Portava con sé una chitarra; Taylor la guardò curioso.
Lei nemmeno gli badò. Si sedette accanto a lui ed imbracciò la chitarra. Per lei sembrava una cosa naturale, come se lo strumento fosse parte di lei. Finalmente lo guardò, i suoi occhi blu sprizzavano serietà.
- Riguardo a quello che hai detto - mormorò, poi cominciò a suonare. Nonostante il ragazzo avesse ascoltato solo una volta l'album, riconobbe subito la canzone: I Almost Do. Taylor cominciò a cantare, piano, come se stesse parlando con sé stessa. Anche quello gli veniva naturale, era parte del suo essere; non sarebbe stata Taylor Swift, se non fosse stato così.
Il ragazzo ascoltò il silenzio, affascinato di come lei riuscisse a perdersi nella sua stessa musica. Era completamente persa, mentre suonava e cantava, ed era una delle cose che Taylor amava di lei.

Oh, we made quite a mess, baby; it's probably better off this way. And I confess, baby: in my dreams you're touching my face, and asking me if I want to try again, with you... And I almost do.

Quando la Swift finì di cantare, il ragazzo accennò un applauso, che la fece sorridere. Un sorriso così luminoso, che riuscì a riempirlo di calore. Ma continuava a non capire.
-Tay - disse lei. Posò la chitarra a terra e strisciò verso di lui. Con sua grande sorpresa, gli prese il viso tra le mani. - Tay, la persona a cui non riesco a smettere di pensare, sei tu. Lo capisci, vero? E l'unico motivo per cui non ti ho mai risposto, era che avevo paura. Paura che se ti avessi detto ciao, saremmo arrivati a un altro addio. Non riesco a smettere di pensare a te, tanto che ne ho scritte due di canzoni su di te. E anche se non avevo aggiunto grandi particolari, pensavo che avresti capito. Che non ti odio, e che mi manchi. Ma evidentemente ho sbagliato qualcosa. Time is taking its sweet time erasing you. And you've got your demons and darling, they all look like, me.
Taylor era stupefatto. Come aveva fatto a non capire che quelle canzoni erano per lui? Come aveva fatto ad essere così cieco? Adesso tutto tornava: lei pensava ancora a lui, non lo odiava. Le mancava. E adesso riusciva anche a capire, i piccoli dettagli di quei testi, cose che solo loro potevano capire. Il cuore gli batteva così forte che temeva che sarebbe scoppiato di gioia. La speranza inondò la sua mente. Trascinò la Swift sopra di sé, la strinse forte e poi la baciò. Mille, diecimila, centomila volte. Non voleva fare altro per il resto della sua vita. Sentì Meredith miagolare ma non ci fece nemmeno caso. La ragazza gli infilò le mani nei capelli, gli accarezzò il collo; Taylor realizzò che tutto questo gli era mancato. Fece scorrere le mani lungo la schiena della bionda. Gli era mancato tutto di lei, il modo in cui i loro corpi aderivano, come si incastravano, come se fossero fatti per stare insieme.
Si staccarono un secondo, perdendosi l'uno negli occhi dell'altra. Taylor sapeva che sarebbe esploso se non gliel'avesse detto. Quindi, prese fiato e, prima che lei si riavvicinasse, gli posò un dito sulle labbra.
-Tay, aspetta. Devo dirti una cosa, me la sto tenendo dentro da dieci mesi - gli disse, accarezzandole le labbra. La guardò negli occhi, e vide che lei sembrava quasi commossa. Già sapeva cosa stava per dirle. Ma questo non lo fermò. - Io ti amo. Ti ho amata, e ti amerò sempre. Non ho fatto altro da quando ci siamo lasciati, e questo sentimento, queste parole mi hanno tormentato fino ad oggi. Non hai idea di quanto sia felice ora.
- Oh, Tay. Tay Tay Tay - fece lei, appoggiando la testa sul suo petto. Taylor sapeva che poteva sentire il suo cuore battere come un tamburo. - Non sai quanto ho desiderato che mi dicessi questo.
Si accanì di nuovo sulle sua labbra. Anche quelle si incastravano alla perfezione. Si appartenevano, e non si sarebbero separati mai più. Taylor ne era sicuro. Continuò ad accarezzarla, lento, dolce, riscoprendo il suo corpo e compiacendosi di come lei tremasse al suo tocco. Entrambi erano coscienti di come sarebbe finito, quel crescente accalcarsi di emozioni, ed entrambi non aspettavano altro...
Almeno finchè il cellulare della Swift non si mise a suonare.
Sulle prime lo ignorarono. Erano completamente persi l'uno nell'altra, in un modo tutto loro. Ma quell'aggeggio infernale continuava a suonare, così alla fine, la bionda interruppe il bacio, si allungò verso il telefonino e guardò chi era.
- E' Scott - disse, riferendosi a Scott Borchetta. - Potrebbe essere importante. Devo rispondere.
Senza aspettare risposta, si alzò e rispose alla chiamata. - Pronto, Scott? E' successo qualcosa?
Taylor si tirò su a sedere e la guardò a lungo, per tutta la durata della chiamata. Era così bella, mentre telefonava si muoveva per la sala, si attorcigliava i capelli tra le dita. Incrociò il suo sguardo e gli sorrise. Non vedeva l'ora che la telefonata si concludesse, in modo che potesse finalmente riabbracciarla.
Dopo un po', la ragazza chiuse la chiamata e tornò da lui. Sorrideva ancora, come una bambina la mattina di Natale, e Taylor non poteva credere che fosse lì, con lui. Che fosse di nuovo sua.
La strinse di nuovo a sé.
- Dove eravamo rimasti? - le chiese, sfiorandole il naso con un dito. Anche il suo naso era perfetto, piccolo e a punta. Lei ridacchiò, un suono angelico che le veniva dal cuore.
- Credo, più o meno qua - fece la Swift, fiondandosi sulle sue labbra. Ogni volta che si scambiavano un bacio, sembrava sempre la prima volta; era strano, visto che il loro primo bacio era stato in mezzo a un campo da baseball, circondati da telecamere e microfoni.
Ma erano passati quasi tre anni. Ed era tutto diverso, nuovo. Adesso si conoscevano, erano consapevoli dei loro sentimenti, delle loro labbra a contatto, del calore dei loro corpi vicini, e dei loro respiri sincronizzati. Le sensazioni scorrevano tra loro come un fiume in piena, rendendo tutto più magico.
Ma non era destinato a durare.
Il cellulare della bionda squillò di nuovo. Taylor imprecò, mentre lei si alzava e gli lanciava uno sguardo di scuse. - E' di nuovo Scott. Solo un attimo.
Ma non fu un attimo. Passò una buona mezz'ora, nella quale la Swift cominciò a camminare nervosamente per la stanza. Ogni volta che sembrava che stesse per chiudere, l'uomo dall'altro capo del telefono ricominciava. Taylor si alzò in piedi e si mise di fronte a lei, per impedirle di scavare un solco sul pavimento, a forza di camminare. Lei lo guardò, lo sguardo stufato e annoiato. Il ragazzo allungò una mano e le sfiorò una guancia, facendola sorridere di nuovo.
Finalmente, anche quella telefonata si concluse. I due si abbracciarono, lì, in mezzo alla stanza. Non riuscivano a non toccarsi, l'attrazione tra loro era troppo forte.
La Swift si strinse forte a lui. - Ho sognato questo momento per mesi, sai? Non facevo altro che pensarci, e pensarci e..
Lui la zittì con un bacio. Sembrava la volta buona. Taylor moriva dalla voglia di toccarla, di toccare la sua pelle, di sentire il suo cuore battere e ricoprirla di baci. Ma non era davvero la serata adatta, perchè il telefono suonò di nuovo.
Questa volta, fu la bionda ad imprecare. Taylor ne fu sorpreso; non l'aveva mai sentita dire qualcosa di più volgare di “diamine”. Evidentemente, doveva essere sull'orlo di una crisi isterica.
Si allontanò da lui stizzita e rispose di nuovo, in tono monocorde. Lui si appoggiò allo schienale del divano, in attesa. Anche questa telefonata sembrava non finire mai. Il moro vedeva che la ragazza stava per perdere le staffe. Si massaggiava le tempie e sibilava contro il telefono. Era davvero, davvero strano vederla così.
Quando la Swift riattaccò, non lo stava guardando. Era voltata verso una finestra; il cielo si stava imbrunendo. Chissà quanto tempo era passato.
- Non funzionerà nemmeno stavolta, vero?
La voce carica di pianto della ragazza arrivò alle orecchie di Taylor a frammenti. Gli lanciò un'occhiata di fuoco, incapace di capire cosa volesse dire, e la raggiunse, facendola voltare.
La bionda stava piangendo. In silenzio, come si piange la morte di qualcuno caro. Aveva gli occhi chiusi, quindi Taylor la scosse un po', per farglieli aprire. Si lasciò affondare in quei pozzi blu, tanto che quasi non sentì cosa gli stava dicendo lei. Parlava piano, più a se stessa che a lui, e si ripeteva la stessa frase: non funzionerà.
- Cosa stai dicendo, Tay? Ehi, guardami - la incintò. Lei sollevò la testa, il viso distrutto, stanco.
- Sarà di nuovo come prima - singhiozzò lei. - Staremo bene per un po', poi i miei impegni ci allontaneranno di nuovo, e ci perderemo, T. Ci perderemo. E io non posso sopportarlo, non una seconda volta.
Dentro Taylor, l'angoscia saliva impetuosa. Cosa stava dicendo? Era impazzita? Prima stava andando tutto bene. - Ehi, Swifty, calmati. Non andrà così, chi lo dice?
- Io lo dico! Non lo vedi? Non riusciamo nemmeno a... a... a passare una serata insieme, senza che la mia spaventosa carriera non ci interrompa! - sibilò lei. Le lacrime continuavano a scivolare, copiose, sulle sue guance. Tremava come una foglia, sembrava in preda alle convulsioni.
Il ragazzo dovette deglutire, per mandare giù l'amaro che aveva in bocca. Purtroppo quello che stava dicendo la Swift era vero; ma non capiva perchè lei avesse così poca fiducia in loro due. Le prese il volto tra le mani. - Tay, ti prego, ragiona. Sono passati tre anni. Siamo cresciuti. Ce la possiamo fare.
- No, non possiamo. Io non ce la faccio, T. - sussurrò lei. - Vivrei con l'ansia che possa succedere di nuovo, la paura tornerà e alla fine romperemo, di nuovo. E io non lo sopporterei, Tay, ne morirei.
Lui la abbracciò, così stretta che avrebbe potuto soffocarla. Perchè stava succedendo tutto ciò? Non si meritavano la felicità? Non avevano il diritto di stare insieme? - Perchè, Swifty? Perchè dici questo?
- Perchè ti amo, idiota! Ti amo così tanto che in questi anni, nel tentativo di contenerlo, sono quasi esplosa! - gli urlò contro lei, scoppiando in un pianto a dirotto. - Ed è proprio perchè ti amo che non ho intenzione di ripetere tutto, un'altra volta.
- E' per questo che uccidi tutto sul nascere? Non vuoi nemmeno provarci? - balbettò Taylor. La sua voce era aspra, perchè stava tentando di non piangere. Non davanti a lei.
- Io vorrei, Tay, lo vorrei davvero - singhiozzò la bionda, appoggiando il viso sul suo petto. - Ma non posso, non ce la faccio. E mi dispiace così tanto che vorrei morire.
Quando sentì quelle parole, Taylor non resse più. Una lacrima scivolò sul suo volto, e le sue spalle cominciarono a sussultare. - Non farmi questo, Swifty. Ti prego.
- Non voglio, ma devo - mormorò lei.
- Non devi fare niente.
- Lo devo fare per la mia sanità mentale - rispose la ragazza, sussultando. Taylor la sentiva fragile tra le sue braccia; stava per spezzarsi, e lui con lei.
- Ti importa solo di te stessa? - gli gridò contro lui. Era come quella sera della premiazione, anzi, mille volte peggio; perchè quella sera non aveva speranze, ma adesso, adesso lei le stava mandando in frantumi, tutte.
- Io lo faccio anche per te! Non riusciremmo più nemmeno a guardarci in faccia! E io non voglio questo - gli disse lei, guardandolo, gli occhi rossi e disperati. - Non piangere, ti prego.
- Non ce la faccio - le disse lui in risposta. - Senza di te non ce la faccio. Ti avevo appena ritrovata, non voglio perderti di nuovo. Io ti amo, Taylor Alison Swift. Con tutto me stesso. Perchè non lo capisci?
- Io provo la stessa cosa, T. Ed è per questo che dobbiamo lasciarci andare. Prima che faccia troppo male - sussurrò lei, impercettibile. Nella sua voce c'erano tristezza, ansia e rassegnazione. Non vedeva davvero nessuna speranza. Niente. I suoi occhi erano spenti, pieni di rammarico e di rimpianto. Ma spenti.
A Taylor cascarono le braccia. Si sentiva debole, come un animale ferito. Avrebbe voluto correre fuori ed urlare. Non si era mai sentito così afflitto, senza più nessuna voglia di andare avanti.
La biondina piangeva, coprendosi il viso con le mani, i capelli dorati a coprirla, a proteggerla. Era così fragile. Nonostante fosse più grande di lui, sembrava una bambina. Taylor non avrebbe voluto lasciarla andare, mai. Ma sapeva che lei non gliel'avrebbe permesso; e che in fondo, nelle parole della Swift, c'era un fondo di verità.
Ma voleva avere un ultimo ricordo, un ricordo su cui crogiolarsi, su cui farsi del male, ripensandoci e tirandolo fuori in ogni momento. Per ricordarsi che non era riuscito a tenersi l'amore della sua vita.
- Una notte.
La ragazza alzò lo sguardo. Il suo volto era stupito, la disperazione messa dapparte per un attimo. - Cosa?
- Voglio solo una notte, Tay. Una notte con te. L'ultima. Ti prego - azzardò lui. Non sapeva con che coraggio le chiedeva una cosa del genere. Chissà cosa avrebbe pensato lei. Sicuramente che era un pervertito, o un maniaco, o qualcosa del genere. Ma voleva solo che fosse sua, per un'ultima volta. Come avrebbe dovuto essere per il resto delle loro vite.
Con sua grande sorpresa, il volto della ragazza si sciolse in una maschera di dolcezza. Lui deglutì, in ansia, mentre lei si avvicinava. La abbracciò, quasi sollevandola da terra, spinto dal desiderio, dall'amore, dalla voglia di lei.
Quando lei si avviciniò al suo orecchio e sussurrò un “ti amo” appena accennato, Taylor capì che, almeno per quella sera, si sarebbero amati come avrebbe dovuto essere. Per un istante si sentì pieno di gioia: anche lei lo voleva, sapeva che erano fatti l'una per l'altro. Ma dall'altra parte arrivò la consapevolezza che, dopo quella notte, non ce ne sarebbero state altre. Una notte per amarsi. Non sarebbe mai stata abbastanza.
Non volendo sprecare nemmeno un attimo, Taylor sollevò davvero la ragazza da terra, prendendola per i fianchi; lei si avvinghiò a lui, mentre le loro bocche si cercavano, fameliche, e si trovavano, incontrandosi in un bacio lungo e che trasmetteva tutta la disperazione e l'attesa per quel misero istante di vita che si concedevano. Gli occhi chiusi, il cuore a mille, si concessero un bacio più profondo e meno cauto del solito; ogni bacio poteva essere l'ultimo. Entrambi avrebbero voluto che non fosse così.
Si strinsero, cercandosi, baciandosi, cercando di assorbire quell'amore, di tenerlo dentro, perchè era l'unica cosa che poteva salvarli dall'oblio.
Fu la Swift la prima a fermarsi. Si separò dolcemente, sotto lo sguardo torvo e pieno di desiderio di lui. Si divincolò e lui la mise a terra, senza smettere di fissarla. Voleva memorizzare ogni parte di lei, le ciglia lunghe, le labbra morbide e le guance rosa. Ma lei lo prese per mano e lo trascinò verso la porta dietro la quale era scomparsa prima, per andare a prendere la chitarra. Taylor capì all'istante, e per un momento, fu grato. Non sapeva bene a cosa, ma sapeva che lo era. Forse era grato a quei capelli biondi, a quelle labbra rosa per i baci, o semplicemente a quegli occhi, una vera droga per lui.
Ma per quel momento, mentre la ragazza che amava spingeva la porta e lo guidava su per una rampa di scale, si sentì in pace col mondo.


La mattina seguente era freddo, ancora più freddo di quando il ragazzo era arrivato lì.
La Swift si strinse nel cappotto leggero che si era buttata addosso prima di scendere con lui; le ci erano voluti anni per alzarsi, per lasciare le lenzuola. Non avrebbe voluto interrompere l'incanto che aveva trovato quella mattina, svegliandosi alla luce dell'alba che entrava dalla finestra. Non avrebbe voluto interrompere l'abbraccio con Taylor, ma aveva dovuto. Ultimamente faceva più quello che doveva che quello che voleva. Avrebbe voluto trattenerlo, mentre lui guardava il sole sorgere all'orizzonte, impalato sul portone di casa. Alla bionda sembrò così bello, ma così lontano; stava uscendo dalla sua vita, almeno da quella amorosa.
Ma lei non poteva permettersi di perderlo, un'altra volta. Era contenta di averlo ritrovato, ma una relazione implicava troppe, tante cose, e sapeva che prima o poi, avrebbero rotto di nuovo. E lei sarebbe morta davvero. Spezzata dal troppo amore.
Il moro si voltò, rivolgendole un sorriso timido. Nei suoi occhi, la ragazza vedeva che stava ripensando a quella notte, a loro due. A quello che stavano lasciando andare.
Le si strinse il cuore e le tornò la voglia di piangere. Quella mattina l'aveva fatto a lungo, appoggiata al petto di Taylor che le accarezzava i capelli, quando la consapevolezza le si era abbattuta contro. Non poteva credere che lo stesse facendo davvero. Non aveva pensato che a lui, l'amore per lui l'aveva accompagnata da quando si era lasciati, ed adesso, lo stava lasciando andare. Perchè voleva averlo nella sua vita, anche solo come amico; rischiare con una nuova relazione e poi finire come la prima volta, sarebbe significato perderlo. Perchè per una volta si può tornare indietro. Ma non due.
Il moro si avvicinò a lei e le sfiorò una guancia, così leggero che non poteva dire se lo avesse fatto davvero o no. Le lacrime stavano per uscire, lo sentiva. Non riusciva a dirgli addio.
- I can't say hello to you and risk another goodbye - canticchiò, la voce rotta dal pianto. - Sapevo che sarebbe successo.
- Ehi, Swifty, ehi - la richiamò lui, abbracciandola. - Va tutto bene.
E lei cercò di convincersene. Ma senza successo.
Il pianto finalmente si sfogò quando lui le sollevò il mento per un ultimo bacio.
- Mi dispiace - sussurrò la ragazza. - Ti amo.
- Ti amo anche io, Tay - disse lui. - Lo farò sempre. E questo non è un addio. Okay? Continueremo a sentirci.
- Ma non sarà lo stesso - mormorò. Ma lo disse così piano che lui non la sentì. Si abbracciorono a lungo, così a lungo che il sole sorse e inondò il giardino di luce.
- Devo andare - fece Taylor. La Swift lo strinse; non voleva che se ne andasse. Voleva cambiare idea, riportarlo dentro, e tenerlo con sé per l'eternità. Ma non poteva, e si maledì per questo. Quindi disse solo: - Okay.
Si baciarono di nuovo, una, dieci, cento, mille volte. Non ne avevano mai abbastanza. Ma il sole sembrava incombere su di loro, come la consapevolezza che niente di tutto ciò sarebbe stato reale.
Quindi lui le sfiorò le labbra un'ultima volta, e poi si allontanò. Si incamminò lungo il vialetto ma, dopo pochi metri, si voltò a guardarla di nuovo.
La ragazza sentì di nuovo l'impulso, fortissimo, di corrergli incontro, di trattenerlo. Di dirgli che lo amava. Ma i suoi piedi rimasero incollati sulla soglia.
Taylor la salutò con un gesto della mano, e lei fece altrettanto.
Senza nemmeno accorgersi delle lacrime che le scorrevano sulle guance.

I bet, you're sitting in your chair by the window, looking out at the city and I hope, sometimes you wonder about... me.

A
ngolo Autrice

B
uonasera! Lo so, sono anni che non scrivo niente... Ed eccomi, torno con una nuova os, sui miei amati TaylorSquared. Tutto scatenato dal nuovo album della Swift! Allora, le canzoni citate qua sono questa e questa. Non chiedetemi come le ho collegate a Lautner perchè è troppo complicato HAHAHAHAHAHH però vi consiglio di ascoltarle, perchè sono meravigliose.
Come al solito, dedico questa os a MaryLouise, la persona e l'amica migliore del mondo.
Grazie ad Effy
per la copertina.
E ovviamente, grazie a voi per essere arrivati fin qua :33
  
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