1 Non sono forse una persona anch'io?

Quel giorno a Londra pioveva.

Non era una delle solite scrosciate d'acqua, era un vero e proprio acquazzone.

Sentivo i miei piedi negli stivaletti completamente zuppi mentre affrettavo il passo.

Mi dicevo continuamente “Coraggio! Sei quasi arrivata!”.

Era stato un pomeriggio veramente stressante.

Era stato un fiasco totale, come direbbe un qualsiasi popolano, la giornata più brutta della mia vita.

Ero stata invitata dagli Harvey.

Il loro erede, il futuro duca di Manchester aveva coraggiosamente chiesto la mia mano.

A mio padre.

Io, infatti, non ne sapevo niente.

Non l'aveva chiesta alla diretta interessata, ma ad un vecchio, monotono e tradizionalista comandante dell'esercito britannico che, in qualità di padre, aveva qualsiasi diritto sui suoi eredi.

Su sua figlia, in particolare, in quanto io ero l'ultima di cinque figli, tutti maschi.

Da bambina, ero convinta fosse un privilegio per pochi, avere quattro, allegri e simpaticissimi fratelli, ma con il passare degli anni avevo imparato che l'unico privilegio di cui godevo fosse quello di essere nata.

Io non avevo alcuna libertà nei confronti di nessuno e nessuno mi doveva nulla.

Me ne accorsi definitivamente quel giorno, quando la mia vita stava prendendo una piega da me non desiderata a causa di altri.

Non credevo alle mie orecchie:

-Certo, mio caro duca. Credo che questa sia più bella coppia che abbia mai visto. Acconsento senza esitazione alla vostra proposta- aveva detto mio padre.

“Come sarebbe a dire senza esitazione? Quale proposta?” avevo pensato, sospettosa.

Intanto il “signorino Harvey”, come lo aveva chiamato l'altezzoso maggiordomo che era entrato in sala, guardava fisso nel vuoto, con un'espressione soddisfatta e di superiorità e, ad un certo punto, mi aveva preso una mano e aveva detto -Mia cara, sono infinitamente felice di avervi come mia futura moglie.-

“Un momento! E questo chi l'ha deciso?” Mi ero subito detta, attenta a non far trasparire nessuna emozione, anche se la mia faccia diceva il contrario.

-Mia cara, vi sentite forse male?- aveva detto tutto smielato il mio “futuro sposo” (che non avrebbe avuto più di diciotto anni), mettendoci così tanto zucchero in quelle parole da farmi venire il voltastomaco.

Mi ero fatta coraggio e, assumendo l'espressione più seria e contenuta che possedevo, il che mi riusciva piuttosto difficile a causa di tutta la rabbia che provavo, gli avevo risposto -Sto bene, grazie, ma non gradisco i vostri altezzosi modi di fare-.

Intanto, tutto intorno a me si era fermato. Nessuno, ero certa, credeva a quello che aveva appena sentito: una donna, una quindicenne piuttosto, si era rifiutata di piegare il capo, docile, e di sottomettersi a qualcuno superiore a lei.

Mio padre mi fissava con un'espressione scioccata, ma si riscosse subito e, fatto un passo avanti, mi diede uno schiaffo talmente forte da farmi cadere per terra.

Prima di svenire sentii dire un sommesso -La scusi, signor Harvey, ella non sa quel che dice...-.

Subito dopo, chiamate le domestiche, i padroni di casa mi avevano fatto adagiare sull'immenso e incredibilmente pacchiano divano del soggiorno e mi avevano fatto rinvenire con dei sali.

Non appena mi sentii cosciente, afferrai il mio ombrello e, senza farmi vedere da nessuno, uscii da quella casa enorme e soffocante, ritrovandomi immediatamente a contatto con l'umida aria londinese.