Correvo per una strada buia e cupa, era già da parecchi minuti che uno sconosciuto mi stava seguendo e mi allarmai subito: aveva un coltellaccio da cucina in mano. Più mi allontanavo, più lo vedevo avvicinarsi. Mi fermai, esausta, dietro una quercia secolare, sperando vivamente di non essere scoperta. Tremavo come una foglia. Faceva freddissimo, la giacca di pelle lucida non bastava a riscaldarmi, e in più ero consapevole che potevo essere aggredita da un momento all'altro. Mi alzai e ricominciai a correre, senza alcuna meta precisa, volevo solamente allontanarmi da quel posto orribile. Ad un certo punto, scorsi un altissimo dirupo a pochi metri da me. Non avevo scelta, sarei comunque finita in una pozza di sangue. Non feci tempo a pensare, che sentii una mano gelida spingermi nel vuoto.



Ho lanciato l'urlo più acuto della mia vita, ed ecco che mi sono risvegliata, grondante di sudore nella mia camera d'appartamento. Scott, il mio "piccolo" Labrador color miele, mi è venuto incontro, alquanto preoccupato.

"Mi mancava solo il risveglio traumatico!". La sera prima, avevo affittato un film horror dalla videoteca vicino casa, pensavo di essere abbastanza grande e matura da dormire tranquillamente per tutta la notte, ma evidentemente non lo ero.

Scott si è allontanato per un attimo, ma è subito ritornato con la sua ciotola di plastica rossa. Aveva fame, e non avevo per niente voglia di alzarmi e dargli da mangiare. Per un attimo ho pensato di rimanere a letto per un altro po', ma ad essere sincera non mi sarei più alzata. Mentre mi dirigevo verso la cucina, ho intravisto l'orario dalla radiosveglia. "Otto e quindici..O-OTTO E QUINDICI?!". Le lezioni sarebbero cominciate alle nove e io ero ancora in pigiama, dovevo assolutamente fare colazione ma non avevo niente da mangiare a casa. Ho lasciato la scatoletta di carne aperta per terra e sono corsa via a prepararmi. Ho preso la prima cosa che mi capitava dall'armadio, mi sono lavata, ho preparato la borsa e mi sono fiondata fuori, senza nemmeno salutare Scott.

Abitavo, e ancora oggi, abito in Slosson Avenue, e l'università si trovava a Victory Boulevad. Ho raggiunto lo starbucks più vicino, e ho preso il mio primo frappuccino al cioccolato da studentessa. Arrivata alla cassa, ho pagato e subito dopo mi sono girata di scatto per correre via all'università. Con tutta quella fretta non mi sono nemmeno accorta della presenza di un ragazzo dietro di me, così ci siamo scontrati, la mia borsa si è rovesciata, e i preziosi libri contenenti centinaia di fogli di importanza vitale, sono finiti per terra, inondando l'intero locale.  Il ragazzo indossava un cappello blu elettrico che gli copriva quasi tutto il viso. Si è subito chinato per aiutarmi a raccogliere i pesanti manuali, ma non appena me li ha restituiti, ho incrociato i suoi occhi. Li avrei potuti riconoscere anche a un milione di chilometri di distanza. Erano i due smeraldi che mi avevano rubato il cuore, molto tempo prima. E' stato un attimo. Ho incontrato il suo sguardo, e tutto intorno a me sembrava come smaterializzato, inesistente, insignificante. Ad un tratto l'assordante brusio e la calca del lunedì erano completamente svaniti, scomparsi dentro a quegli occhi limpidi e cristallini. C'eravamo solo io e il suo sorriso perfetto, null'altro aveva più ragione d'esistere.