Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: LH2    27/11/2012    6 recensioni
-fallo- esclamo' respirando a fondo. -fallo ancora, ti prego- continuo' decisa. -cosa?- provai a chiedere.
-ridi. Ridi ti prego. Mi fa sentire meglio- e potei giurare che si stesse vergognando mentre pronunciava quelle parole.
Ma, neanche fosse un ordine, feci come richiesto e sperai davvero si stesse tranquillizzando.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Chiara,
che spera, stalkera e si dispera con me 24 ore su 24.

 












She's not afraid of all the attention.
She's not afraid of running wild.
How come she's so afraid of falling in love?











20:03 pm

Quando mi ingaggiarono per suonare ad una delle feste più importanti e popolari di Mullingar non potevo crederci. Ero elettrizzato e scioccato allo stesso tempo; stavo cercando di farmi un nome, e' vero, ma chi davvero mi conosceva? La maggior parte del tempo lo passavo nel garage di casa mia, con le cuffie in testa e la musica che riempiva solo le vene del mio corpo.
Era personale il modo in cui mi approcciavo a lei, la mia musica.
Nessuno sapeva davvero cosa facessi ogni pomeriggio dalle tre esatte alle cinque e quarantacinque, ma non sembrava interessasse, perciò' oltre ad esibirmi davanti al gatto randagio che passava tutti i giorni davanti casa, non ero abituato ad un vero pubblico, di umani si intende. Ma Jordan mi aveva trovato un ingaggio, o meglio mi aveva pregato di farlo al posto di non so chi che aveva mollato per non so quale motivo, percio' c'era poco da lamentarsi.
Ecco la mia vita era tutta un "non so" per questo non mi preoccupai di chiedere i motivi della sua richiesta: mi pagavano, e questo mi bastava per comprarmi un nuovo paio di scarpe, e perché no, magari un nome.
Quando mio fratello mi lascio' davanti alla villa, ci pensai altri due secondi prima di mettere piede fuori dalla sua Range Rover; ero vestito di tutto punto, e quello non ero davvero io.
Non era il genere di posto in cui mi sarei immaginato di esibirmi, e quelle non erano decisamente le persone che mi sarei aspettato di intrattenere. -pensa che almeno il cibo e' gratis- sussurro' Greg dandomi una pacca sulla spalla. Sorrisi pensando che non poteva che darmi una motivazione migliore per entrare li dentro; lo salutai e con la chitarra nella sua custodia, mi incamminai al portone d'ingresso. Mi scompigliai i capelli cercando di renderli più accettabili dell'ultima volta che mi ero guardato nello specchietto retrovisore e suonai il campanello; una donna sulla quarantina mi apri' nervosa. Notando il suo sguardo interrogativo balbettai un "sono Niall. Il musicista" ma lei quasi sembro' non credermi sulla parola e, facendo un cenno con la mano, mi fece entrare titubante.
La sala era vuota, segno che la gente doveva ancora arrivare; la presunta cameriera mi trascino' dietro quello che doveva essere un palco e mi lascio' nelle mani di un certo John, che tutto sembrava, tranne un'esperto in materia. In realtà neanche lui sapeva di cosa stava parlando e dopo avergli corretto alcuni termini "tecnici" acconsenti' nel lasciarmi da solo, e organizzarmi con gli impianti. Non poté fare scelta migliore visto che li, l'unico che sapeva dove mettere le mani ero io. Accordai la chitarra e posizionai dietro una quinta lo sgabello su cui mi sarei dovuto sedere; ebbene si, io suonavo solo seduto. Non sto enfatizzando, riuscivo a suonare davvero solo su quegli stupidi pezzi di legno; le mie dita prendevano improvvisamente sensibilità e il cuore ricominciava a battere regolarmente, almeno quel tantino che serviva per far in modo che la voce uscisse dalla mia bocca.
Preparai con l'aiuto di un certo George l'amplificazione, assicurandomi che funzionasse e che non creasse problemi proprio nel momento della performance; che poi tutto mi sembrava tranne che una performance quella. Ma dove ero finito? Facevo ancora in tempo a scappare?
Scossi la testa e cercando il plettro nella tasca iniziai a strimpellare qualche nota. -non adesso- taglio' corto Susy, la donna che credeva fossi l'impostore fintosi musicista. Portava in mano un grande vassoio pieno di tartine al tonno, caviale e chi ne ha più ne metta; mi alzai di scatto e cercai di afferrarne una. Adirata, con un gesto scattante me l'allontano' da sotto il naso -queste sono per gli invitati- disse con sorriso beffardo. -se vuoi qualcosa vai in cucina- e si allontano' chiamata da un'altra cameriera.
-ci sono gli avanzi per caso?- provai ad urlargli, ma era già sparita dietro un grande proiettore.
Non puoi suonare, non puoi mangiare, che festa e'? Un mortorio semmai.
Non intuii come un'invito la sua affermazione ma, poiché stavo seriamente pensando se andarmene o no e vista anche l'accoglienza, scesi le scalette del palco e seguii la prima persona che aveva del cibo tra le mani. Se dovevo andarmene, minimo gli avrei svuotato la cucina prima.
Aprii una porta scorrevole, dalla finestrella ad oblò, classica dei film anni 90, e mi ci infiltrai dentro; non avevo mai visto una cucina del genere, probabilmente non avevo mai visto una stanza così grande. Tutti con la stessa uniforme, con le stesse espressioni tirate in volto e una voglia matta di essere ovunque tranne che li; appoggiai la chitarra in un angolo che non dava troppo di impiccio e mi avvicinai esitante verso il primo ragazzo dalla faccia amichevole. Stava impastando qualcosa che dava tutta l'idea di una pizza; lo guardai sognante e aspettai che notasse la mia presenza prima di fare un cenno di saluto con la mano. -sei il nuovo aiuto cuoco?- mi chiese lui senza alzare neanche gli occhi. -no il musicista- gli sussurrai accennando un sorriso. -ah- si limito' a rispondere e passandomi un matterello mi disse -hai la faccia di uno che sa fare una crostata alla frutta-.
Sgranai gli occhi indietreggiando e rischiando di far cadere la bottiglia di champagne che un altro ragazzo stava attentamente trasportando. -ehi no io non..- -tranquillo ti aiuto io- e facendomi l'occhiolino me lo porse di nuovo più convinto. Roteai gli occhi e lo afferrai senza pensarci troppo; mi fece vedere il movimento ed io lo seguii preciso.
-ehi Jamie!- una voce femminile quasi non mi fece trasalire, facendomi scivolare dalle mani il matterello; la ragazza spunto' dietro le spalle del probabile Jamie e gli scocco' un bacio sulla guancia.
Ok, troppi nomi in così poco tempo.
Alzai il volto per vedere di chi si trattasse, visto che nella stanza era l'unica ad avere tutta quell'enfasi, ma notai incredulo che nessuno al suo arrivo si scomodo' a girare la testa come me.
L'atmosfera sembro' risollevarsi e lei, bella in tutta quella semplicità, si sedette sul bancone salutando la meta' delle persone presenti. -Cassie- fece lui con un cenno del capo. La vidi prendere dei salatini con la mano che, con nonchalance, porto' alla bocca, incrociando le gambe. I suoi occhi erano incredibilmente verdi, in totale contrasto con la pelle chiara; il naso alla francese non faceva che muoversi a destra e sinistra facendo risaltare leggere lentiggini che aveva su di esso e sulla guance. I capelli erano neri come il carbone ma ero quasi certo fossero tinti, e che sotto quella lunga chioma scura si nascondessero luccicanti ciocche color rame.
Scosse la testa verso destra guardandomi accigliata -e tu chi sei?- esordi' prima di mordere una patatina. Era completamente a suo agio in quel posto apparentemente così diverso da lei; i vestiti che indossava non davano l'idea di appartenere ad una cameriera: le gambe magre erano nude ma sopra portava degli shorts a vita alta, dove all'interno aveva accuratamente infilato una maglietta bianca più casual. Una giacca in pelle ricadeva sulle spalle, lasciando intravedere un piccolo tatuaggio sull'incavo della clavicola. Si schiarì la voce continuando a fissarmi; anche Jamie mi diede una gomitata e, sbattendo gli occhi più volte, tornai in me. -Niall- dissi strofinandomi il naso con la manica della giacca; la farina salto' su di noi, ma lei quasi divertita, rise arricciandosi una ciocca di capelli tra le dita. -sei il nuovo aiuto cuoco?- chiese anche lei sorridente. Abbassai gli occhi guardando il completo nero che indossavo -ma vi sembro un aiuto cuoco?- esclamai più rivolgendomi a Jamie, che alzo' le spalle non curante. Lei mi porse una patatina gentilmente, mentre si sistemava più comoda sul bancone. Mi guardo' aspettando di ricevere una risposta circa la mia identità -sono il musicista. Cioe' devo suonare qua- balbettai imbarazzato. Sposto' i suoi grandi occhi verdi sulla chitarra non poco distante da li e si volto' irritata verso di me; improvvisamente sentii di aver detto qualcosa che non andava e per quanto volessi credere che non mi importasse, sentii i brividi salire. -quindi sei tu..- sussurro' scocciata. Era come se stesse osservando ogni mio minimo movimento, come stesse scrutando ogni minima parte del mio corpo; e mi sentii nudo.
Si, perché con quello sguardo era in grado di farti sentire piccolo ed insignificante in men che non si dica.
Si volto' verso Jamie -doveva suonare Matty ma mia madre "casualmente"- fece le virgolette con le dita -ha fatto in modo che non potesse- alzo' un sopracciglio e scendendo dal tavolo con un saltino, mi sfioro' il braccio con i capelli. -ed eccoti qua- si morse il labbro, avvicinandosi alla mia chitarra; la prese e indossando la cinghia inizio' a toccare le prime corde. -ehi ehi- le dissi interrompendola e riprendendomi quella che io ero solito chiamare la mia meta'.
Prese una tartina da un altro vassoio, incurante del duro lavoro che il cuoco stava facendo per creare una composizione, e se la porto' alla bocca -non e' male. Forse qualcosa di buono la puoi tirare fuori- rise facendomi la linguaccia -al massimo hai sempre il tuo facchino che può salvare la situazione- rispose, tutto tranne che ironica. -Cas!- esclamo' Jamie evidenziando la sua inadeguatezza. -che c'e'?- disse lei dubbiosa -dai e' carino!- esclamo' incurante della mia presenza.
Mi sembrava così strana, a dire certe cose, a comportarsi in quel modo, a muoversi con così tanta sicurezza. Seduta come una bambina, dalla risata facile e dalla battuta pronta, scrutava ogni minimo dettaglio, mettendo tutti in soggezione e a loro agio allo stesso tempo. -perche' non suoni qualcosa?- continuo' lei fissando gli occhi nei miei. Rimasi senza fiato, non tanto perché fosse incredibilmente bella ma più perché' non si vergognava di comportarsi con così tanta spontaneità.
Cioe', aveva appena detto che mi trovava carino, e mi stava fissando senza staccare gli occhi dai miei, eppure non sembrava realmente interessata.
Forse lo faceva con tutti, pensai; e' un gioco ed io ci sto spudoratamente cascando. -no- dissi io con ovvietà. Alzo' un sopracciglio sorpresa -no che non suono. In cucina, con la gente che impreca Dio per preparare tutto alla perfezione e tu che mi guardi con quello sguardo intimidatorio, pronto a giudicare ogni mia minima mossa!- risposi turbato.
Ok, mi ero appena giocato il lavoro. Lei e' la proprietaria di casa ed io mi sto rifiutando di fare ciò per cui sono stato ingaggiato.
Rimase per pochi secondi immobile, ma poi, come se niente fosse, alzo' le spalle disinteressata. -domani sera andiamo al Joyce?- esclamo' rivolgendosi a Jamie che, come se non si fosse accorto del suo modo di fare completamente insensato, aveva rifiutato l'offerta dicendo che doveva lavorare, per lei.
-che palle che siete tutti oh- sbuffo' sistemandosi gli shorts e abbracciando con le braccia le gambe. -io me ne vado- continuo' portando la testa all'indietro. Un sorriso compiaciuto le compari' sul volto -ce l'hai la macchina Nailon?- mi chiese tranquilla. La guardai allucinato scuotendo la testa; ma da dove era uscita? -no e mi chiamo Niall- risposi secco tornando al mio impasto; perché mai continuavo a cucinare quando anche Jamie aveva smesso ed era uscito fuori a fumarsi una sigaretta?
Presi la chiatarra sulla spalla, e stufo di rimanere inerme sotto lo sguardo della finta bruna, mi incamminai verso la porta. -dove vai?- chiese incrociando le braccia. Ecco, mi stava per dire che mi aveva licenziato e che se proprio dovevo uscire da li, era solo per dirigermi verso la porta d'ingresso. Alzai gli occhi al cielo e mi voltai cercando di mantenere la calma -di la'- risposi scocciato. Rise e, prendendomi per la giacca, mi trascino' dalla parte opposta -andiamo dai. Questa festa non e' neanche iniziata che già e' una noia mortale- rispose ironica. -ma io devo suonare!- dissi obiettando. -per chi? se me ne vado io per chi suoni Neial?- esclamo' quasi innervosita. -cazzo ma non ci riesci a pronunciarlo bene? E' Niall! Non mi sembra tanto complicato- ero esasperato. Dieci minuti con lei e ne stavo uscendo pazzo, non potevo pensare a più di un'ora insieme.
-ok calmati pero' eh- disse, avvicinandosi ad un uomo sulla trentina. -Francis me la presti la macchina?- le chiese mettendo il broncio. -già te la svigni?- rispose poco stupito, continuando a riempire con la cioccolata una montagna di bignè. -si, non ce la faccio più credimi- disse facendo areare la maglia che indossava come avesse caldo. -questo posto mi fa venire la claustrofobia- continuo' massaggiandosi le tempie. Claustrofobia? Mi voltai per dare un'altra occhiata alla cucina e ripetermi in testa perché stavo ancora li a parlare con una che si sentiva oppressa in un posto del genere.
L'omone tiro' fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e le tiro' su impedendogli di prenderle -io non ti ho visto- disse autoritario. -non scappare dal paese, non cambiare cittadinanza o non sposarti clandestinamente okay?- continuo' serio. Mi scappo' una risatina ma quando mi tiro' un'occhiataccia capii che non stava affatto scherzando.
Gliele porse -ah e riportamela intera- disse dandogli un colpetto dietro la spalla. -te e la macchina magari- sussurro' senza forze.
-sei il migliore!- e facendogli l'occhiolino la vidi scomparire veloce dietro la porta della veranda.
Se prima mi sentivo di troppo, in quel momento, quando spari' dalla mia vista, fu il contrario. Ero vuoto e senza aspettative. Cosa dovevo fare? Dove dovevo andare? Avevo solo la mia chitarra sulla spalla, peccato non potesse suggerirmi.
Senza pensarci troppo, tanto non lo stavo facendo per niente quella sera, la seguii di fuori; velocizzai il passo e aprii violentemente la porta, neanche avessi paura di perderla. Una sonora risata mi colpi' da dietro, facendomi raggelare il sangue. -lo sapevo- esclamo' scuotendo la testa. -andiamo dai- e senza che riuscissi ad aggiungere altro la seguii, perché tra i due l'unica che sapeva che direzione far prendere alla serata era lei, o almeno credevo.




21:17 pm

-la puoi mettere dietro la chitarra. Giuro che non te la rubo- rise continuando a guidare. Eravamo in auto da venti minuti e tutto ciò che avevamo fatto era litigare sull'altezza giusta del finestrino che faceva entrare o troppa aria o troppa poca. Poi se ne era uscita con questa affermazione, tanto per alleggerire la tensione. -perche' te ne sei andata via dalla tua festa?- le chiesi curioso abbassando il volume della radio. -perche' era una noia- -ma se non era neanche iniziata? E i tuoi? Ci avranno messo una vita a preparare tutte quelle cose..- continuai dando voce ai miei stessi pensieri. Scrollo' le spalle senza spostare gli occhi dalla strada -fanno sempre tutto il contrario di quello che voglio. Ti va un hamburger?- e per la seconda volta, mi spiazzo' con quella domanda che non c'entrava assolutamente nulla con il discorso quasi serio che stavamo iniziando ad intraprendere. Roteai gli occhi e risposi un incerto "si" che pero' lei prese alla lettera. -ho fame- -ma se ti sei finita tutti i salatini in cucina, e ho visto che mettevi un bignè nella borsetta- dissi indicandola. Lei rise, increspando le labbra -ok lo ammetto. Ho sempre fame, non ne ho mai abbastanza. Il che potrebbe essere un grande problema, ma io non ingrasso perciò continuo a farlo- sorrise frenando al semaforo. -lo considero un super potere. Ma non dirlo in giro- esclamo' strizzando l'occhio.
Allora qualcosa che avevamo in comune esisteva, pensai. Sorrisi giocherellando con il miei capelli -e' un super potere molto invidiato credimi- dissi. Mi fisso' con il suo sguardo intimidatorio qualche secondo in più, prima di ripartire veloce allo scatto del verde. Non lo chiamerei tic, ma forse era un'abitudine, quella di osservare così incessantemente le persone. Cosa riusciva a vedere? Avrei voluto saperlo perché sembrava sempre che sapesse cosa dire o fare. Soprattutto quando guardava me: sembrava leggermi l'anima.
-lo sai che hai proprio bei occhi?- esclamo' improvvisamente, continuando a guardare davanti a se'. Sorrisi tra me e me non potendo credere a quello che aveva appena detto; da quando le ragazze si comportavano così? Da quando erano così sincere?
-ma tu fai sempre così?- le chiesi ridendo -te ne esci con..- gesticolai impacciato -queste frasi senza senso?-.
Rise sonoramente, probabilmente contagiata da me, e parcheggio' in uno spiazzo vuoto. -ho solo detto che hai bei occhi. Sono azzurrissimi diamine- rispose spegnendo la macchina. -se ti da fastidio non te lo dico più- scese, sicuramente indifferente all'esito della mia risposta.
Presi la chitarra in spalla e chiusi lo sportello -tanto lo faresti comunque- e sorrisi, perché era eccentricamente buffa e dannatamente bella.
Si infilo' uno zuccotto nero che le copriva quasi gli occhi e con la pochette in mano, entro' nel locale incurante anche della mia presenza. Apri' la porta e aspetto' che la raggiungessi prima di chiuderla; conosceva quel luogo, perché si muoveva con tranquillità e padronanza, perciò mi limitai a seguirla con sempre più domande per la testa. Si appoggio' al bancone e sporgendosi leggermente, evidenziando ancora di più le sue curve, disse qualcosa all'orecchio del cameriere.
Non mi passo' inosservato che la meta' degli uomini che si trovavano nel pub avevano posato gli occhi su di lei appena entrata; ogni sua movenza era ipnotica e mi ritrovai come uno stupido a bearmi di quell'eleganza che era innata, ne ero certo. I capelli le scivolavano morbidi sulle spalle e con un semplice gesto della mano se li sposto' delicatamente.
-lo so. Fa quest'effetto- mi sentii sussurrare all'orecchio. Mi spaventai quasi e senza accorgermene, feci cadere un bicchiere di vetro ormai vuoto dal bancone. -cosa?- provai a balbettare. Il tipo dagli occhi vitrei mi aveva appena scoperto. Lo vidi ridere e passarmi una birra -dico che Cassie fa questo effetto a tutti- sospiro' profondamente -basta uno sguardo- appoggio' i gomiti sul tavolo -e sei fottuto-
Me ne sono accorto, avrei voluto rispondere. -ce l'ho già una ragazza- dissi assaporando il primo sorso. Lui alzo' gli occhi al cielo poco convinto -meglio così allora- esclamo' prima di ascoltare l'ordinazione di una coppia accanto a me.
Cassie in tutto ciò, aveva ordinato due hamburger con chissà quante salse e strati di carne; li aveva presi e portati ad un tavolo li vicino. Con una patatina fritta in bocca si volto' verso di me inclinando la testa; come se me lo avesse chiesto, la raggiunsi, perché era l'unica cosa che volevo fare.
Ok, probabilmente aveva ragione il tipo del bar: ero fottuto.
Mi avvicinai riluttante -ho ordinato un po' di tutto- sorrise, scuotendo la testa -tanto per essere sicuri di non perderci il meglio eh- risposi, sorseggiando la coca cola di fronte a me. Appoggio' la testa sulla poltroncina di velluto ricominciando a fissarmi. -che c'e' adesso?- sospirai alzando gli occhi al cielo. -stavo pensando..- disse prendendo una patatina tra le dita -che hai delle belle labbra- non era per niente in soggezione, anzi sembrava divertita.
-pure?!- risposi ironico alzando un sopracciglio. Voleva giocare, che iniziassimo la partita. Non sarei stato una delle sue pedine; era abituata a vincere, forse perché gli piaceva vincere facile. -cambio di personalità?- disse lei sorpresa. -che fai adesso eviti la mia domanda?- risposi sicuro. Alzo' le spalle e bevve un sorso della birra che aveva davanti -non ho problemi a dirti che ti trovo..come dire, carino- si passo' la lingua sulle labbra, bagnandole e rendendole più lucide. -ma si ferma li la cosa- arrotolo' i capelli scuri con l'indice.
-dal momento che fai un apprezzamento, dovresti sapere che l'altra persona proverà sembra a raggiungere la seconda base- -perche' e' già prima base fare un apprezzamento su un ragazzo?- esordi' divertita. Beveva la sua birra come fosse acqua, scendeva giù liscia, e non so per quale motivo me la immaginai nella stessa posizione, con in mano la stessa birra e la stessa ironia, ogni venerdì sera.
Forse non solo il venerdì; in quel posto ci passava più tempo di quanto anche io potessi pensare.
-hai capito cosa intendo. Con questo tuo comportamento ti metti solo nei guai- volevo dargli un consiglio; chissà di quante persone era e sarebbe stata. -e mi sto mettendo nei guai anche ora Niall?- quella sua schiettezza mi prese alla sprovvista.
Si, ti stai mettendo nei guai, anzi ci stai facendo mettere me. -ho una ragazza- risposi freddo addentando il primo morso dell'hamburger. Batte' le mani per niente sorpresa o preoccupata -questa e' l'ultima risposta che potevi dare..- il cameriere arrivo' portando maionese e ketchup, e interrompendo il discorso. Lo ringrazio' con un sorriso per poi spostare di nuovo lo sguardo su di me -e comunque non saro' io a baciarti-
Deglutii evitando per poco di strozzarmi -questa e' la tua tattica? Scommetto che ci cascano tutti-
Annui' divertita -tutti-




22:04 pm

Dopo quaranta minuti eravamo nella stessa posizione, ma con quattro pinte di birra in più. La vidi alzarsi dal tavolo, prendermi le mani e facendomi alzare in piedi. -dai- disse piagnucolando. Risi accondiscendente e mi lasciai trasportare dal suo profumo di arancia. Fece un giro su se stessa e disse al barman di alzare la musica; muoveva i fianchi lentamente, portando le mani tra i capelli e dando spettacolo di se' davanti ai presenti. Mi sentii un attimo irritato dagli sguardi degli altri, perciò la avvicinai a me posando le dita sul suo bacino. -la gelosia e' ammissibile in terza base- rise voltandosi di spalle e permettendomi di annusare i suoi capelli. -sei ubriaca. E stai dicendo cazzate- risposi facendola rigirare.
I suoi grandi occhi verdi incrociarono i miei e per la prima volta, sentii la sua impotenza di fronte a me. Forse la birra stava facendo un buon lavoro, perché d'un tratto mi sembro' più umana. Appoggio' la testa sull'incavo della mia spalla, annusando la mia maglietta. -questo neanche in quinta base- la stuzzicai, facendo scorrere le mie dita lungo la sua spina dorsale. Sentii i brividi percorrerle il corpo, il nervosismo sotto la pelle e i respiri profondi all'altezza delle orecchie. -sei ubriaco. E stai dicendo cazzate- mi imito' lei ridendo. Infilo' le mani tra i miei capelli biondi e mi fece alzare la testa, posizionandola di fronte alla sua, distante pochi millimetri.
Sentivo le mie labbra chiedere delle sue; l'alito fresco non faceva che invogliarmi maggiormente, così come il sorriso perso. Perso. Non era in lei, l'avevo probabilmente persa da almeno trenta minuti.
Lei era immobile con gli occhi leggermente chiusi; sapevo non avrebbe diminuito le distanze, aspettava lo facessi io. Ma i suoi occhi erano vuoti ed io avevo bisogno di loro. Avevo bisogno di sentirmi dire che non era uno sbaglio, che non stavo rischiando tutto per niente, che quel bacio avrebbe portato a qualcosa.
Invece lei continuava a ballare, come faceva sempre in quel pub; come faceva con tutti gli uomini che incontrava sul suo cammino. Uomini come tanti, affascinanti e desiderosi, quanto indifferenti e senza tatto.
E fu per quello forse che mi allontanai; la scansai strofinando le mani sui jeans e voltandomi verso l'orologio appeso sopra il bancone. -dovremmo andare- risposi poco deciso. Sembro' non accorgersi del mio improvviso cambio di umore, o forse era solo il suo modo di fare.
Annui' con la testa e avvicinandosi al nostro tavolo, tiro' fuori dalla borsetta le chiavi della macchina. Le chiuse nella mano e, facendo strusciare la pochette sul legno rovinato, se la porto' sotto il braccio; le presi la mano inconsapevolmente e la condussi verso l'uscita.
Camminava traballante eppure continuava a lamentarsi di sciogliere la mia mano dalla sua, perché per lei era troppo sdolcinato ed inammissibile anche in trentesima base.
Arrivammo davanti all'auto e appoggiandosi allo sportello perfettamente lucido inizio' a rovistare nella borsetta. -tieni- mi disse, tirandomi distrattamente le chiavi. Non aspettandomi quell'azione non riuscii a prenderle al volo, cosi' mi colpirono lo zigomo sinistro provocandomi un dolore allucinante. Urlai portandomi la mano sulla guancia ed iniziando a massaggiarmela; l'odore aspro del sangue otturo' subito le mie narici e mentre lei rideva, ignara delle ferita, mi accasciai a terra nauseato.
Si sporse interrogativa e mi raggiunse dall'altra parte della macchina -che cos..?- si porto' le mani sulle labbra e si inginocchio' preoccupata. Tenevo gli occhi chiusi cercando di mantenere la calma; ci mancava solo che gli dicessi che ero terrorizzato dal sangue e mi avrebbe probabilmente lasciato a piedi. -dai ridi avanti- le sussurrai mordendomi il labbro per il dolore che ancora pulsava. Mi scanso' la mano -cazzo- disse, e prendendo da terra le dannate chiavi che avevano centrato in pieno la mia faccia, apri' veloce lo sportello. Alzai una palpebra solo per capire quello che stava facendo e se potevo fidarmi delle sue doti mediche.
-che fai?- chiesi quasi spaventato; non mi fidavo, non mi fidavo affatto. Lei e le sue strambe idee sulla vita, fino a quel momento, non avevano portato a niente di buono. -prendo dei fazzoletti ma adesso rientro per chiedere del ghiaccio- rispose autoritaria.
Se per un attimo mi ero dimenticato che lei era ubriaca, ed io brillo, nel momento in cui porse il pacchetto a cinque centimetri dalla mia mano lo ricordai immediatamente. Non riuscii a trattenere una risata, nonostante la guancia sanguinante e la nausea in corpo; la contagiai e con gli occhi che brillavano, accenno' uno "scusa" con le labbra ormai prive di lucida labbra. -arrivo- mi sussurro' e aiutandomi ad alzare per sedermi in macchina, si dileguo'.
Usai cautamente il fazzoletto nella parte che bruciava come fuoco, e aspettai il suo ritorno con pazienza. Mi sistemai comodamente e appoggiai la testa sulla testata del sedile; aprii leggermente il finestrino per far passare l'odore di sangue, che sicuramente non c'era, ma per me era ben nitido vista la mia fobia.
Sali' dalla parte del guidatore e appoggio' delicatamente il ghiaccio senza pronunciare parola -ecco- disse smorzando un sorriso. La lasciai fare mentre smorfie di fastidio si disegnavano sul mio volto, ad ogni contatto del ghiaccio sulla pelle.
-fa male?- chiese quasi sorpresa. -no perché? E' stata divertente soprattutto la parte in cui mi tiravi il mazzo di chiavi a, minimo, un metro di distanza- risposi ironico, girando la testa verso di lei e guardandola in cagnesco.
Sbuffo' offesa -credevo avessi i riflessi lucidi!- esclamo' alzando gli occhi al cielo. -di solito un minimo di preavviso si da sempre prima di fare una cosa..- dissi convinto togliendogli dalle mani il ghiaccio e tamponando la ferita da solo. -te l'ho dato- disse incrociando le braccia e sedendosi per bene sul sedile, guardando davanti a se'. Scossi la testa scoraggiato -sei ubriaca. E' inutile provare a fare un discorso sensato con te in questo momento- -senti chi parla! Non e' che stai meglio di me- rispose mordendosi un'unghia. -ho bevuto due birre. Per me scendono giù che e' una meraviglia- risposi fiero. La vidi ridere sotto il naso -si vede!- chiuse i capelli in uno chignon mal fatto e si tolse il giachetto di pelle che indossava.
Giro' la chiave della macchina senza dire nulla -wo wo wo che fai?- le girai dalla parte opposta e la spensi. Mi diede una spinta all'indietro -andiamo via di qua. Inizia a diventare noioso- e la riaccese. La rispensi -ma tu non sei normale! Vuoi forse ucciderci a tutti e due?!- aprii la portiera non permettendogli di muoversi. Come se fosse la cosa più tranquilla del mondo, mi guardo' adirata. -ti volevo fare solo un favore eh! Ti sei fatto male e non volevo farti guidare. Ma se pensi di stare meglio di me, tieni- mi disse sfilandole e porgendomele.
Ok, ero scampato alla fobia del sangue, non potevo sfuggire anche a questa.
-no..io non guido- dissi titubante. Sembro' non capire -vedi? allora che vuoi Nialler? posso chiamarti così?- eccola che ricominciava con la parlantina da psicopatica. Mi portai le mani in fronte -uno: mi chiamo Niall cavolo! E due: non guido nel senso che non so guidare- il tono della mia voce si abbasso' notevolmente ma afferro' la mia affermazione comunque.
Prima alzo' un sopracciglio credendo stessi scherzando, ma quando non ci fu risposta da parte mia, capii che stavo dicendo la verità e vidi comparire dalle sue labbra un sorrisetto diabolico. Si trasformo' presto in una sonora risata, con tanto di indice puntato addosso e smorfie facciali. Non facendocela più a sentirmi deriso sbuffai, uscendo dalla macchina. Chiusi lo sportello e senza neanche il tempo di girarmi e specificare (come se non fosse ovvio) il motivo di quella decisione, lei premette l'acceleratore a tutto gas e parti' veloce, sparendo dalla mia vista.
Immobile e incredulo, risi istericamente. -non ci credo..- sussurrai tra me e me. Tirai fuori il telefono, cercando tra la rubrica il numero di mio fratello.
-hai dimenticato la tua chitarra in macchina- la sua voce mi fece trasalire.
Mi voltai, vedendola con l'espressione saccente e le mani sullo sportello del passeggero. -dai credevi davvero fossi così stronza?- lo apri' invitandomi a entrare. -si- affermai sincero. -e comunque io non ci entro in macchina con te-.
Colpi' il manubrio e spense la macchina; scese veloce, fece il giro per raggiungermi e mi spinse verso il posto del guidatore. -credo sia arrivato il momento di imparare- mi butto' dentro e chiuse lo sportello.
Sbattei gli occhi senza riuscire a dire nulla -adesso?- -hai detto che due birre non ti hanno fatto nulla..- continuo' stuzzicandomi. -si ma non mi faccio insegnare a guidare da te!- risposi ovvio. -perche' scusa?-
Scossi la testa esausto -perche' sei u-b-r-i-a-c-a! Lo capisci?!-




23:21 pm

Alle undici di sera avevamo già discusso, distrutto l'impianto radio del proprietario della macchina, fatto amicizia con un barbone che passava di la', e ahimè acceso la macchina, pronti ad imparare la partenza.
-allora e' molto semplice. Abbiamo la frizione e l'acceleratore. Te lo ripeto un'ultima volta okay?- -ho capito non sono stupido! Mentre lascio la frizione, alzo l'accelleratore- -lentamente Niall, lentamente- mi interruppe seria. Stufo delle sue raccomandazioni girai la chiave tutto tranne che sicuro di quello che stavo facendo.
La verità e' che non avevo la minima idea. Avevo ascoltato tutte le parole di Cassie eppure mi sembravano arabo. Sapevo cosa fosse una frizione, o il numero delle marce, ma chi l'aveva mai usate veramente? Feci un lungo respiro e, con il piede in tensione sul pedale sinistro, mi preparai a partire.
Ovviamente mi si spense subito. Così come la seconda, terza e quarta volta. -sei troppo frettoloso! Sii paziente e aspetta di sentire lo stacco. Fidati che se fai attenzione si sente- ripete' lei mimando il tutto con le mani. -l'unica cosa che sento e' la tua voce fastidiosamente stridula che mi ripete le stesse cose da quasi un'ora!- risposi urlando io. Incrocio' le braccia, mettendo i piedi sul cruscotto -va bene. Perfetto. Allora fai da solo visto che sei tanto bravo- esclamo' offesa.
Quando alla settima volta riuscii a farla partire, non si congratulo'.
Io, d'altro canto, ero super eccitato ed inizia a sorridere come un ebete -hai visto?- le chiesi euforico, strofinando le mani sullo smoking ormai sgualcito. Lei fece un cenno con le mani e alzo' le spalle -se non ci fossi stata io col cavolo che riuscivi a metterla in moto!- rispose continuando a guardare fuori dal finestrino.
La seconda volta l'accesi ancora più facilmente e senza che lei dicesse qualcosa, feci un giro del parcheggio. Tamburellava le dita facendo finta di niente; ogni tanto mi voltavo cercando un suo sguardo di complicità ma ciò a cui potevo maggiormente aspirare era uno sguardo fulmineo dal riflesso del vetro.
Dopo venti minuti spensi la macchina, voltandomi verso di lei. -dai e' anche merito tuo- mi costava tanto ammetterlo ma era la verità e lei voleva sentirselo dire. -e?- esclamo' continuando a disegnare forme geometriche sul vetro. -e avevi ragione- si volto' facendo segno di continuare -lasciavo la frizione troppo velocemente, si-.
I suoi occhi si illuminarono improvvisamente e cogliendomi alla sprovvista, sorrise. Sorrise e avrei voluto lo facesse all'infinito, perché era di quelli sinceri, che sono capaci di farti sentire meglio, meglio di una medicina.
Forse anche meglio di un bacio. Perché se mi avessero chiesto in quel momento cosa avrei voluto da lei in altre circostanze, avrei comunque risposto un sorriso. Un sorriso mi bastava. Il suo.
Un sorriso che contagia, e infatti l'aveva appena fatto perché le mie guance iniziarono a tirare.
Stava passando troppo tempo da quando i nostri occhi si erano incrociati; troppo tempo senza che lei interrompesse tutto con una delle sue parole pungenti, troppo tempo senza che mi sentissi imbarazzato o fuori luogo.
Percio' continuai a bearmi di ciò che avevo davanti, almeno fino a quando avrei potuto.
Nonostante fosse buio, mi sembro' scorgere le sue guance più rosse; che stava succedendo? Perché ancora non diceva niente?
-lo vuoi vedere un posto?- mi sussurro' sciogliendosi lo chignon e mettendo delicatamente una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Mi morsi il labbro dubbioso -perche' sento che non porterà a niente di buono?- accesi la macchina. -non ti fidi proprio di me eh?- rispose lei divertita. -dimmi la strada- la interruppi cogliendola, forse per la prima volta, di sorpresa.
Posai l'occhio sul suo volto quel tanto che bastava per vederla sorridere soddisfatta.




23:46 pm

Quando arrivammo davanti un enorme cancello non capii subito quale fosse la sua idea. Mi fece cenno di parcheggiare poco lontano dall'entrata e con cautela spensi la macchina. Scese subito, sicura di quello che stava facendo, mentre io, ancora interrogativo e per niente tranquillo, presi la chitarra che era poggiata sui sedili posteriori e me la misi in spalla.
Quando si volto' probabilmente per dirmi qualcosa, rimase sconvolta. -scherzi spero..- disse indicando la chitarra. -non la lascio in macchina- esclamai irritato. -se la rubano? Non rischio di perderla per le tue folli idee- continuai avvicinandomi a lei. Alzo' le spalle -fai come ti pare, ma non ti lamentare se poi trovi difficile scavalcare-
-non ti preocc..che? Scavalcare? Dove?- le domande salirono su inconsapevolmente. Lei non rispose, piuttosto senza curarsi minimamente della mia preoccupazione, si aggrappo' alle colonne del cancello ed inizio' a salire abilmente. La guardai incredulo, mentre balbettavo parole senza senso; ci mise trenta secondi ad oltrepassarlo. Si strofino' le mani e affacciandosi dalle grate esclamo' -dai muoviti- per poi sparire chissà dove.
-no no. Io non scavalco. Assolutamente no!-



23:53 pm

-ce l'hai fatta eh- esclamo' vedendomi arrivare, mentre mi massaggiavo la spina dorsale. -poggiala li- continuo' riferendosi allo strumento che portavo in spalla. Perché' mai mi ero lasciato trascinare da una pazza strampalata che non aveva idea di quello che stava facendo?
Feci come mi disse e senza aggiungere altro, mi avvicinai all'orlo dell'enorme piscina che mi si prospettava davanti. Non avevo neanche guardato dove fossi: tutto intorno a me era immerso nel verde, tranne per lo spiazzo azzurro al centro. Una vecchia casa d'epoca a più piani era situata a pochi metri da noi sulla destra; dava tutta l'idea di essere abbandonata e forse per quel motivo, Cassie era così tranquilla a girovagare li dentro. Se anche io mi stavo rilassando visto il silenzio del posto, l'irrequietezza torno' nel momento in cui un pastore tedesco corse verso la mia parte, buttandosi tra le braccia della mora. Stavo per urlare qualcosa o lanciarmi su di lei per spostarla da li, ma quando inizio' ad accarezzarlo dolcemente capii che non c'era niente di cui preoccuparsi; mi avvicinai incerto e mi accovacciai continuando ad osservarli.
Lei alzo' il volto sorridendo -lo lasciano sempre qua da solo. Probabilmente sono l'unica che ancora lo accarezza- rispose con tono amaro. -e' sempre solo-. Annuii e avvicinando la mano provai a toccarlo. -e' buonissimo- mi assicuro' lei. Mi prese la mano delicatamente e la porto' sul suo dorso -visto?- eravamo così vicini, potevo sentire l'odore di arancia, di cui ormai ero ossessionato. Era ovunque, ed era la cosa più buona che avessi mai sentito.
Il pastore tedesco corse via tornando nella cuccia, lasciandoci da soli in quell'immensa distesa perfettamente curata. -credevo non gli stessi simpatico- disse togliendosi le scarpe -di solito vengo da sola e credevo non accettasse estranei- continuo'. -ma d'altronde, quanto estraneo potresti essere in confronto ai suoi veri padroni?!- e ridendo spensierata, si tolse anche la maglietta, rimanendo in reggiseno davanti ai miei occhi sbigottiti.
Senza dire niente, senza neanche voltarsi verso di me e godersi la mia espressione sconcertata, si libero' anche dei pantaloncini che indossava. Ed io rimasi li, immobile, senza la minima voglia di allontanarmi o chiudere le palpebre. L'avrei fatto se me lo avesse chiesto, ma a lei sembrava non importare; come niente durante tutta quella serata. Le piaceva attirare l'attenzione, lo si poteva notare dal modo in cui si sfilava gli indumenti, o dal movimento dei capelli che lasciavano di tanto in tanto il collo nudo.
Rimase in slip e reggiseno, tuffandosi nella piscina gelida in quella notte di Aprile. La vidi nuotare a filo dell'acqua fino a che, finito il fiato, non fu costretta a risalire. Rise schizzandomi con le dita -che c'e'?- disse falsamente meravigliata. Mi morsi il labbro e, scuotendo la testa, mi sedetti a gambe incrociate sul bordo. -il modo in cui ti muovi..- le dissi sincero. -sei abile e lo sai- continuai fissandola.
Si allontano' nuotando e facendo piccole capriole all'indietro -beh dopo questo piccolo show credevo volessi entrare- ironizzo' facendomi la linguaccia. -non ti ho ancora convinto Niall?- si strizzo' i capelli e nuotando fino al limite della piscina, si appoggio' con i gomiti.
Adesso eravamo ai lati opposti, ma non così distanti da non poterci udire, o solamente guardare.
Sentivo il suo sguardo su di me; adorava provocare.
-e' sempre così facile per te?- risposi io evitando la domanda. -solitamente si- fece lei riprendendo a nuotare. Stavo per rispondere accondiscendente, quando la vidi andare giù con una mossa improvvisa. Non realizzai subito cosa stesse facendo, ma quando non la vidi tornare su, non ci pensai due volte a togliermi la giacca e a buttarmi in piscina.
I capelli fluttuavano nell'acqua e lei sembrava una statua di cera; nuotai verso di lei e la presi tra le braccia preoccupato. -Cassie rispondi ti prego!- urlai scrollandola.
Apri' gli occhi verdi iniziando a ridere; appena capii, mollai la presa infastidito -che stronza. Mi hai fatto prendere un colpo- sussurrai immergendola giù. Mi spinse via, e torno' su riprendendo aria. -stavi solo cercando una scusa per entrare- disse appoggiando le mani sulle mie spalle. -ed io te l'ho data- sentii le sue dita afferrare i miei capelli biondi. Appoggiai le mie mani sui suoi fianchi, trasportandola al bordo della piscina.
Non l'avrei baciata. L'avrei sfiorata forse, facendoglielo desiderare il più possibile, ma no. Non l'avrei baciata. Perché avrei fatto la fine di tutte le altre sue pedine e non era ciò che volevo.
Percio' avrei continuato a giocare, fino a che Cassie non fosse scoppiata.
Le spostai i capelli bagnati, appiccicati sull'incavo del collo, e ci passai un dito delineandone il contorno. La vidi chiudere gli occhi ed irrigidirsi. Strusciai il naso lungo la sua guancia, per poi passare all'orecchio; un sorrisino compiaciuto le si disegno' in viso -ti svelo un segreto Niall..- sussurro' premendo il suo petto contro il mio, mentre inarcava la testa permettendomi di andare più a fondo con i baci. -c'e' una regola che seguo in certe situazioni..- -tipo questa?- la interruppi io. -tipo questa..- esclamo' riposando i suoi occhi su di me.
-io non bacio- rispose ferma. Alzai un sopracciglio senza capire -mi lascio baciare, sempre- disse soffiando sulla mia bocca. -baciare implica trasporto e interesse. Ed e' tutto ciò che non cerchi- spiegai io dando sfogo ai suoi pensieri.
Non so se rimase infastidita dalla mia totale schiettezza, ma d'altronde lei lo era stata per tutta la serata, non poteva obiettare.
Annui' bagnandosi le labbra.
-percio' secondo i tuoi piani..adesso ti dovrei baciare- esclamai chiedendo conferma.
Annui nuovamente.
-e tu me lo lascerai fare-
Alzo' le spalle.
Scossi la testa, incredulo anche della mia stessa spavalderia.
Mi avvicinai, eliminando la distanza tra le nostre labbra; e lei, acconsentendo con la testa, mi diede libero accesso alla sua bocca.
Ma non lo feci. Non la baciai.
E stufa di quell'attesa, mando' al diavolo tutti i suoi buoni propositi di "non coinvolgimento" e mi bacio'. Racchiuse con forza i miei capelli tra le sue dita e mi avvicino' a se, facendosi spazio tra la mia bocca. E a quel punto, raggiunta la mia soddisfazione, non potei che non acconsentire: giocai con la sua lingua, esplorando ogni minima parte. Sentii il suo trasporto che non fece che aumentare il mio; iniziai a lasciare baci umidi su tutta l'estremità del collo, arrivando fino al tatuaggio che aveva sulla clavicola. Scesi più in basso e lei, senza pudore, si abbasso' le bretelle del reggiseno dandomi la possibilità di inoltrarmici.
-avevi detto niente baci- le sussurrai nell'orecchio, mentre inserivo le dita dentro lo slip. -oh andiamo, l'ho fatto pochi secondi prima che lo facessi tu- esclamo', ritornando sulla mia bocca senza darmi la possibilità di rispondere.
E poi un rumore ci distolse dal quel momento perfetto di intimità. -cazzo!- esclamo' lei, allontanandosi velocemente. Vidi una delle luci della villa accendersi improvvisamente, e il mondo mi crollo' addosso: dall'apice del piacere ero passato alla paura più disarmante.
Cassie usci' immediatamente fuori dall'acqua; prese i vestiti per le mani e prendendo il mio braccio, come se fossi una bambola, mi trascino' verso il cancello. -sbrigati!- sussurro' iniziandosi ad arrampicare ancora tutta zuppa. Feci lo stesso, senza neanche voltarmi per vedere se i proprietari di casa si fossero accorti della nostra presenza.
Non potei credere alla mia agilità, fatto sta che in pochi minuti ero fuori casa loro, accanto alla mora, in macchina. Le chiavi, saggiamente attaccate alla portiera, vennero sfilate da lei che le giro' nella serratura per partire.
-ti dispiace se guido io?- fece ironica ed io alzando gli occhi al cielo, feci cenno con la mano di azzittirsi e dare quanto più gas poteva.




00:31 pm

Spense la macchina facendo un lungo respiro. -incredibilmente cinematografico ma da non rifare- esclamo' portando la testa all'indietro. -ne hai tre di piscine a casa tua, e stavamo rischiando di essere denunciati per violazione di proprietà privata!- dissi accendendo al massimo il condizionatore caldo. -mi sembra che non ti stavi lamentando mentre ne usufruivi- continuo' arrabbiata. Non potendo dire nulla per ribattere appoggiai il capo al finestrino -mi sa che e' meglio se la finiamo qua questa serata- dissi convincendo più me stesso che lei.
Sbuffo' accendendo nuovamente la macchina e ripartendo.
-aspetta- la bloccai facendo mente locale. Girai il capo dietro di me e tutto ciò che vidi furono i sedili vuoti; risi ironicamente -non può essere- sussurrai, mentre Cassie guidava tranquilla. Ripercorsi mentalmente l'ultima ora trascorsa e quasi non mi misi a piangere. Mi portai le mani all'altezza delle tempie -no no no no no voglio morire-
In quel momento la mia vita mi cadde addosso.
Non aveva improvvisamente più senso: pensai da quanto tempo avevo quella chitarra, quante volte mi avevano ricattato di distruggermela, quante ore avevo speso per accordarla e quanti giorni era stata l'unica cosa che avevo accanto e che realmente volevo.
La mia vita passo' e si frantumo' in un istante, e con lei quella chitarra che valeva più di tutto, più di me stesso.
-che succede?- disse lei fermandosi al semaforo. -la mia chitarra- piagnucolai agitato. -dobbiamo tornare indietro. Adesso! A costo della polizia o la prigione- continuai deciso. Mi guardo' allucinata -domani te la riporto okay?- rispose tamburellando le dita sul manubrio. -si certo. Come? L'avranno già portata al RIS per farla analizzare, o peggio l'avranno distrutta, buttata!- urlai isterico.
Come faceva a mantenere la calma di fronte ad una catastrofe del genere? Non era abbastanza chiaro a quanto tenessi a quell'oggetto? -ti vedi troppa televisione te..- sussurro' scuotendo la testa. -e comunque ti ho detto che te la riporto. Il modo lo trovo- continuo' serena, ripartendo al verde.
-io devo andare a casa. Questa serata e' stata la peggiore di tutta la mia vita. E tu sei pazza. Sei completamente fuori di testa, lascia che te lo dica!-
Freno' bruscamente, accostando all'angolo della strada. -come scusa?- piego' la testa verso sinistra.
-non ne dovresti essere così sorpresa eh. Fai cose non normali, vivi in un mondo tutto tuo, pieno di regole inventate da te..e del tutto prive di senso. Fissi in modo strano, mangi in maniera esagerata..- -credevo ti piacesse- mi interruppe infastidita. -sei qui a lamentarti del mio carattere, del modo in cui mi comporto e poi? non c'e' stata una volta che hai espressamente detto di volertene andare!- Apri' la mia portiera allungando la mano -fallo! Vattene adesso. Al diavolo te e la tua chitarra di merda!-




00:43 pm

-hai intenzione di non parlarmi ancora per molto?- le chiesi scompigliandomi i capelli.
Accanto a me, sedeva lei, con le braccia incrociate e un broncio che non portava a niente di buono.
-dai te l'ho detto. Mi dispiace- continuai accarezzandogli la spalla. Si scanso' brusca -non mi toccare cazzo- urlo' prendendo in mano il cellulare. -sto ancora aspettando che tu esca dalla mia macchina..- continuo' indifferente. -teoricamente non e' la tua- provai a sdrammatizzare. Non rispose continuando a premere i tasti dell'iphone.
-pero' mettiti pure nei miei panni Cas, ho perso per sempre la mia unica ragione di felicita'. Sono emotivamente a pezzi, non biasimarmi se me la sono presa con la prima persona che mi e' capitata a tiro-.
Si volto' di scatto -te l'ho detto. Ti ci ho messo io in questo casino, ti ci tiro fuori io. Domani mattina l'avrai, punto- affermo' decisa.
Smorzai un sorriso, sporgendomi per girare la chiave. -dai andiamo?- le chiesi alzando la testa. -dove?- rispose sbattendo le palpebre. -credevo lo sapessi. Sai sempre tutto- esclamai stupito.
-credimi, da quando ti ho conosciuto niente e' più così chiaro- esclamo' storcendo il naso. Si volto' verso di me, increspando le labbra -e smettila di guardarmi con questa faccia da cucciolo smarrito. Sei inquietante!- disse spostandomi con l'indice e rigettandomi sul sedile accanto.




02:35 pm

Dopo quasi due ore eravamo seduti al tavolo di una caffetteria isolata nel nulla, con due tazze di caffè caldo e una brioche a testa. Avevamo iniziato a discutere del perché non avessero i cornetti semplici, fino a quando non ero riuscito a convincerla a farle assaggiare quello alla marmellata. Testarda com'era si era rifiutata per almeno dieci minuti, fino a quando, presa da una fame isterica, non aveva acconsentito giudicandola la migliore scoperta degli ultimi cinque anni.
Poi eravamo passati al colore dei suoi capelli, che non si sa come lo giudicava simile alla marmellata di albicocche, fino ad arrivare al suono della mia risata, che secondo lei era geneticamente modificata.
Non era la prima che faceva apprezzamenti contorti sul mio modo di ridere, ma nessuno si era mai espresso così direttamente. -e' che ti viene voglia di ridere anche a te- esclamo' mordendosi un'unghia. La sua smorfia mi contagio' un sorriso e senza accorgermene gli regalai ciò che stava cercando -ecco vedi!- disse gesticolando. -smettila dai che fai ridere anche me!- continuo' sporgendosi per lanciarmi una schicchera. -non sto facendo niente!-
E continuammo così, forse per dieci minuti o venti, senza il minimo ricordo per cui avevamo iniziato.
I capelli ancora bagnati risultavano più scuri in confronto alla pelle chiarissima; si muoveva a scatti, a causa dell'evidente freddo che provava da quando eravamo usciti in fretta e furia dalla piscina. Io anche ero bagnato ma mi ero infilato la giacca, lasciando la maglietta ad asciugare in macchina, come se potesse davvero farlo. Il suo starnuto mi fece tornare alla realtà, la guardai smorzando un sorriso -dovresti asciugarti i capelli o ti ammalerai- le dissi facendo un cenno con la testa. Si strofino' le spalle con le braccia; potevo intravedere dalla maglietta, un tempo perfettamente stirata, il reggiseno zuppo che le risaltava ogni minimo dettaglio. Batte' le mani -bella vista eh?- esclamo' ironica; scosse la testa poggiando le mani sul tavolo e dandosi forza per alzarsi. -vado al bagno- disse facendomi l'occhiolino. -mi accontento dell'asciuga mani come phone- e si allontano' tamponando con le dita le ciocche di capelli.
Rimasi ad osservala fino a che non spari' dalla mia vista; anche con il trucco colato e i capelli arruffati mi sembrava perfetta. Anche con il broncio e le unghie distrutte.
Bevvi lentamente il caffè aspettando che tornasse: erano più di sei ore che stavamo insieme eppure a me sembrava una vita. Puo' una completa estranea rivoluzionarti la vita in questo modo? Perché era entrata come un uragano e aveva sconvolto tutti i piani. Amy era a casa ignara di tutto, facendo zapping in tv con una busta di pop con tra le mani, mentre io ero in una caffetteria sconosciuta, bagnato fradicio e quasi arrestato, con una ragazza di cui a malapena conoscevo il nome e a cui avrei dovuto suonare per la sua festa di compleanno.
La ragazza che, ubriaca, aveva deciso di insegnarmi a guidare e che, inaspettatamente, ci era riuscita.
La stessa che mi aveva convinto ad entrare in quella piscina gelata con lei, e che avevo baciato come se non ci fosse un domani.
Che stavo per fare mia senza pensare alle conseguenze; che avevo odiato per quel modo di fare così sfrontato, e che stavo imparando a conoscere tramite le sue solite frecciatine.
Avevo finito di bere la tazza bollente quando mi ritrovai ad immaginare il suo corpo minuto mentre muoveva i capelli tra le dita per farli asciugare più velocemente; il reggiseno che sicuramente aveva tolto, e che aveva attaccato al muro, giudicandolo il miglior modo per far espellere l'acqua. Le bretelle che poco prima avevo abbassato, la sua bocca che avevo assaporato e il suo profumo d'arancia che era diventato droga. Tutte piccole e forse insignificanti cose a cui non dovevo pensare, che non era ammissibile che provassi.
Una donna sulla cinquantina si schiarì la voce facendomi sussultare -ehi ragazzo- esclamo' indifferente. Mi voltai sorpreso -si?- -la ragazza..e' rimasta chiusa in bagno- continuo' tranquilla. Mi alzai di scatto oltrepassandola -le dica di non urlare come una pazza che adesso arriva qualcuno a liberarla- e tornando dietro il bancone, riprese lo straccio che aveva in tasca e continuo' a lucidare il tavolo.
Corsi nella direzione in cui si era diretta Cassie e sbattei forte sulla porta, quasi credendo di riuscire ad aprirla con le mie esili braccia. La sentivo piangere colpendo debolmente il pezzo di legno che ci divideva -aprite!- continuava ad urlare con voce strozzata. -Cas calmati ti prego!- urlai più forte cercando di tranquillizarla. Appoggiai l'orecchio alla porta cercando di captare ogni suo minimo movimento -mi senti?- dissi calmo. -si- piagnucolo' ansimante -non ce la faccio Niall. Non ce la faccio, mi sento soffocare- continuo' disperata. -ti prego aprimi- disse in un sussurro.
I battiti sulla porta diminuirono smisuratamente e nonostante tutte le spallate che continuavo a tirare, non dava nessun segno di cedimento. -adesso sta arrivando una persona ad aprire okay?- provai a dire guardandomi intorno. -ma tu devi stare calma. Ci sto io qua, sono a due centimetri da te. Non vado da nessuna parte- ogni parola sembrava poco confortante. -parliamo okay?- provai a dire -dimmi cosa vedi davanti a te- le chiesi dolcemente. Per un secondo non parlo' e temetti il peggio, ma quando sentii una leggera risata oltrepassare la porta mi sentii subito più sollevato. -ci sono scritte e disegni- esclamo' dubbiosa. -che tipi di disegni?- continuai accovacciandomi a terra. La senti ridere più sonoramente -non vuoi saperlo davvero..- esclamo'; e sentivo il nervosismo diminuire. -invece si- insistei io, senza capire. -ci sono…peni ovunque. Li hanno disegnati ovunque-.
Non aspettandomi quella risposta iniziai a ridere come un cretino, nonostante la situazione non fosse delle più opportune; eppure la contagiai. Continuammo ancora e ancora, come pochi minuti prima stavamo facendo seduti su quelle poltrone che puzzavano di vecchio. -fallo- esclamo' respirando a fondo. -fallo ancora, ti prego- continuo' decisa. -cosa?- provai a chiedere. -ridi. Ridi ti prego. Mi fa sentire meglio- e potei giurare che si stesse vergognando mentre pronunciava quelle parole.
Ma, neanche fosse un ordine, feci come richiesto e sperai davvero si stesse tranquillizzando.



03:07 pm

-che serata di merda..- esclamo' lei improvvisamente. -avevi ragione te. Era meglio che rimanevamo tutti alla mia festa- sospiro' lievemente. Seduti agli opposti, traducevamo ogni minimo movimento.
Ed era più semplice così.
Senza imbarazzo, eravamo noi.
-ad essere sinceri non mi pento di essere qui ora- risposi, vedendo un tipo con in mano la cassetta degli attrezzi, avvicinarsi annoiato.
Gli feci cenno di fare il suo lavoro ed aprire, mentre io tenevo occupata Cassie dall'altra parte. -io si. Preferirei dall'altra parte della porta, con te- -con me addirittura?- esclamai sorpreso. Rimane' in silenzio per qualche istante -grazie- e il suo sussurro mi irradio' la mente.
Si accorse del rumore di un cacciavite, e quando finalmente l'uomo giro' la maniglia, lei usci' di corsa dandogliela quasi in faccia.
Si strinse nel mio abbraccio, iniziando a singhiozzare come una bambina; la testa nascosta nell'incavo del collo e le mani intrecciate forti tra i miei fianchi. La lasciai sfogare accarezzandogli la testa -tranquilla. E' finito, sei fuori- le sussurrai all'orecchio. Tiro' su la testa, mostrando gli occhi gonfi di pianto e continuando ad ansimare nervosamente. Balbettai qualcosa, ma blocco' tutto sul nascere tappandomi la bocca con la mano e posando delicatamente le sue labbra sulle mie.
E quasi stentai a crederci.
Attorciglio' le dita tra i miei capelli mentre la sua lingua giocava divertita con la mia; sentii il ritmo del mio cuore battere sempre più forte e sembro' un sogno. Di quelli troppo belli per essere veri, che finiscono subito e che vorresti si ripetessero all'infinito.
Ma questa volta ero li, a bearmi del suo profumo e a tenerla stretta tra le mie mani; non sembrava volesse allontanarsi da me, bene. Perché giuro l'avrei tenuta li per sempre.
Al diavolo quel bagno claustrobico o le brioche probabilmente andate a male. A me bastava lei.
E mentre l'appoggiavo delicatamente al muro del corridoio, esplorando con le mani ogni estremità del suo corpo, il telefono nella tasca inizio' a vibrare.
Feci finta di niente, sfiorandogli con le dita le guance, ma lei se ne accorse comunque e staccandosi con fatica, sussurro' -dovresti rispondere-.
Inarco' la testa e facendomi spazio, mi invoglio' a prender il cellulare. -pronto?- esclamai infastidito. Amy dall'altra parte della cornetta mi chiedeva come mai non fossi ancora tornato a casa -te l'avevo detto, dovevo suonare a quella festa. Dove vuoi che sia ancora?- mi allontanai cercando di non farle udire la conversazione, ma Cassie ancora sconvolta dallo spavento di prima e dal bacio che improvvisamente mi aveva donato, aveva già posato sul tavolo cinque pound e si era diretta fuori dalla caffetteria.
Non voleva sentire, se c'era una cosa di cui non la si poteva incolpare era di ficcanasare nella vita altrui. Cioe' lo faceva, ma in un modo, come dire, educato. Invadente si, ma educato.
Si chiuse nella giacca di pelle e cammino' a passo svelto verso la macchina. -non lo so quando torno. Ci sentiamo domani okay?- e senza sentire la sua risposta attaccai frettolosamente.
Entrai in macchina, al posto accanto al guidatore. -fa freddo eh- esclamai cercando di cambiare discorso. -non svagheggiare. Non mi impressiona mica che hai una ragazza- disse accendendo la macchina. La guardai confuso; sembrava tranquilla ma dal suo tono di voce percepivo un filo di irrequietezza. -lo so- risposi in un sussurro.
-credo sia meglio che ti accompagni comunque- continuo' accendendo la macchina.
Appoggiai la testa sul finestrino rimettendomi indosso la maglietta ormai quasi asciutta.




03:33 pm

-e la finiamo così?- esordii di getto quando spense la macchina davanti al vialetto di casa mia.
Non aveva detto una parola per tutto il tragitto; prima l'avevamo quasi fatto, poi mi aveva anche baciato e adesso mi diceva addio come niente fosse? No, non ci stavo.
La vidi giocherellare con le chiavi, mentre guardava davanti a se' -non e' mai iniziato nulla- rispose fredda voltandosi di scatto. -tu hai una ragazza ed io non sono fatta per le relazioni. Mi diverto, e mi basta questo- continuo' improntando gli occhi cristallini nei miei -ammetto che ancora mi sto chiedendo perché mai ti abbia baciato ben due volte, ma sono domande a cui non posso rispondere. O meglio non ho proprio voglia- si morse il labbro, socchiudendo le palpebre.
-che fai adesso non mi guardi nemmeno più in faccia?- risi portandomi le mani in fronte. -io me le farei due domande sul perché mi hai baciato..- -sul perché ci siamo baciati- mi corresse interrompendomi. -si ok mettila come ti pare. Vuoi sentirti dire che ti ho baciato io? Fai come vuoi, non ho problemi ad ammetterlo perché mi andava. Si, mi andava di baciarti Cassie. Ma non starò qui a rinfacciarti tutto quello che e' successo stasera percio' okay- aprii la macchina infuriato senza voler aspettare altri due secondi e sentirmi dire che "era stato bello ma finiva li".
Che stronza, avevo pure perso per sempre la mia chitarra per lei. Per entrare nella sua stupida vita ed uscire come una comparsa.
Gia' mi aveva preso in giro abbastanza; sarei tornato come niente fosse in casa, dimenticandomi di lei e della serata trascorsa. Ci avrei dormito su e il giorno dopo mi sarei svegliato sereno come sempre, ringraziando il cielo di avermi fatto incontrare Amy che era dolce, premurosa e straordinariamente normale.
Avevo bisogno di normalità, e lei era tutto fuorché quello.
-aspetta- sbuffo' sbattendo la portiera. Si avvicino' incrociando le braccia e guardandosi intorno, quasi avesse timore della sua stessa ombra. -okey e' vero. Anche a me andava di baciarti- alzo' gli occhi al cielo, quasi infastidita -sei..bello- faceva fatica a parlare -hai degli occhi ipnotizzanti, mai visti di così. E la tua risata e'- fece una pausa -wow. La tua risata e' perfetta. E no, di solito non bacio il primo che capita, se e' questo che stai pensando- fece altri tre passi avanti -e non credere che sia facile ammettere tutte queste cose adesso, perché io non bacio mai. E te l'ho già spiegato- socchiuse le labbra quasi ripetendolo a se stessa -e non so perché ti ho baciato. Dai, neanche so perché sto qui a spiegarti il motivo per cui l'ho fatto!- rise istericamente.
La presi per un polso e senza lasciargli finire di parlare la avvicinai a me, scoccandogli un bacio a fior di labbra. Lei mi lascio' fare, accarezzando delicatamente le mie guance. -ecco, avresti dovuto interrompermi un po' prima che spiattellassi tutta la verità ma meglio di niente- esclamo' storcendo il naso. La strinsi forte sussurrandogli all'orecchio -che fai me lo lasci il tuo numero allora?- -questa e' la prima base..- rispose pensandoci su -io dico che la seconda l'abbiamo già superata- e percorsi con un dito la nuca, fino a scendere più in basso.
-facciamo che ti riporto la chitarra domani e ti do una risposta- continuo' sicura. -troppe emozioni in una sera Nialler- -Niall- la corressi sbuffando. -per me sei Nialler okay? Lo sai che tanto faccio di testa mia! Che ti arrabbi a fare?!-
Scossi la testa sciogliendomi dalla sua presa.
-e fu così che non la rividi più..- scherzai tirando fuori le chiavi di casa.
-quanto vorrei che fosse così…- rispose entrando in macchina.
Parti' ancora prima che potessi realmente aprire la porta; temetti di aver fatto la stronzata più grande del mondo a lasciarla andare così.
Che garanzia avevo? Poteva essere stato solo un sogno. Non c'erano prove, ne' certezze.
Solo una macchia di rossetto sulla mia maglietta.


















[…]
















-sei venuta davvero-
-con la chitarra..-
-non so se sono più felice di rivedere te o lei-
-non mi offendo eh-
-lo so-
-hai da fare adesso?-
-assolutamente no..-
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: LH2