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Autore: black nemesis    15/06/2007    3 recensioni
i system of a down, la musica rock, la birra (possibilmente rossa doppiomalto), gli amici, la fotografia, il canto...questo è tutto quello che basta a Luna, 16 enne "maledetta", per essere felice. aggiungete nuovi amici, una città sconosciuta, un luogo di ritrovo nascosto, e un angelo biondo che sembra essere caduto dal cielo apposta per lei...ed ecco che parte questa "storia di ordinaria follia adolescenziale". i pensieri, le paure e i sogni di un gruppo di teen agers allo sbando nella "metropoli" modenese! (leggete e commentate vi pregooooo!!!!)
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“can’t you see i’m terrified? A sea of tears is all i see...” PROLOGO Pioveva la sera che mi sono trasferita a Modena con mio padre. Ci eravamo lasciati il passato alle spalle io e lui, come veri compagni d’avventura. Lui ansioso di allontanarsi dalla delusione di un matrimonio fallito, io curiosa di scoprire quali novità avrebbero condizionato la mia vita in una nuova città. Non che fossi arrabbiata con mia madre, dopotutto non era colpa sua se i miei avevano deciso di lasciarsi. È una cosa che non si può prevedere; quando un matrimonio finisce male, spesso la colpa non è di nessuno se non forse della propria ingenuità. Quando ci si sposa si spera di essere felici per sempre, ma a volte accade che i piani vengano un tantinello cambiati. Ma mi accorgo che sto divagando...dove ero rimasta? Ah si...il mio arrivo a Modena. Grande accoglienza mi serbava questa città! Nuvoloni scuri carichi d’acqua che incombevano sulla mia testa e un vento forte che presagiva bufera. E per fortuna che eravamo in Agosto! Ricordo mio padre che brontolava al posto di guida, imprecando contro la pioggia e pregando che non cominciasse a grandinare o la bufera avrebbe danneggiato la carrozzeria della sua Lancia Libra nuova (e non vedo poi di cosa si sarebbe dovuto lamentare visto che l’auto non era nemmeno sua, ma dell’azienda di computer per cui lavora!). Ricordo che la macchina girava un po’ alla cieca per le vie della città, poichè a causa della poca visibilità data dalla pioggia era difficile orientarsi. Osservavo le goccioline d’acqua scorrere lungo i vetri del finestrino e osservavo questi edifici sconosciuti, chiedendomi come sarebbe stata la mia nuova casa. Non sapevo ancora nulla di quello che mi aspettava venendo qui. Il vibrare della macchina in corsa mi cullava dolcemente e restavo assorta ad occhi chiusi ad ascoltare la musica dal mio lettore mp3 nuovo (i vantaggi di avere un padre che ha appena ottenuto un aumento di stipendio). Che musica ascoltavo, poi? Non ricordo con esattezza, ma so che in quel periodo mi ero esaltata esageratamente per i System Of A Down e sono quasi sicura che fosse quella la colonna sonora del mio viaggio. A posteriori mi immagino ancora lì in quella macchina a canticchiare a mezza bocca il ritornello di “Toxicity” mentre guardo le file di case e palazzi sconosciuti sfrecciare veloci al mio passaggio. -eating seeds through the best time activity...the toxicity of our city of our city...- -cos’hai detto, luna?- -niente, papà, stavo solo canticchiando...- -dai, che siamo quasi arrivati.- schizzai fuori dalla macchina con il cappuccio della felpa calato sulla testa e andai a ripararmi sotto il portico di un palazzo poco distante. Mio padre mi seguì poco dopo e tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi per aprire un grosso portone di legno. -è questa casa nostra?- chiesi. -si...è un appartamento piuttosto grande, lo stabile è una trifamigliare, quindi non è un vero e proprio condominio...non ha nemmeno l’ascensore. Ma credo che ti piacerà, vedrai...- seguii il mio vecchio sulle scale che portavano al nostro appartamento. L’edificio aveva uno stile vagamente vittoriano, le scale erano ampie e lise dal tempo, la casa doveva avere più di 50 anni! Salimmo fino al terzo ed ultimo piano fermandoci davanti ad una porta blindata con sopra una targhetta d’ottone con su scritto “Marasti” . -eccoci qua...benvenuta a casa, luna- esordì mio padre spalancando teatralmente il portone. Mi sporsi con la testa all’interno e devo dire che rimasi letteralmente stupefatta: la casa era veramente bella! l’arredamento era un misto di stile barocco e moderno e, sebbene ci fossero lampade di legno laccato accanto ad oggetti decisamente tecnologici, come lo schermo tv al plasma con dolby surround, i vari elementi trovavano la giusta armonia l’un con l’altro e rendevano l’ambiente molto accogliente e famigliare. Possibile che mio padre avesse avuto un’ispirazione da designer così favolosa da aver arredato da solo la casa? Mio padre dovette aver interpretato giustamente la mia espressione quando disse, ridendo: -Lo so, non è opera mia...mi sono affidato ad una arredatrice professionista...comunque non ha fatto un cattivo lavoro, vero?- -assolutamente no papy! È bellissima...!- -allora aspetta di vedere la tua stanza...per di qua...!- mi condusse alla fine del corridoio dove ci fermammo di fianco ad un muro con una porticina di legno del color della parete. Lo guardai perplessa. -mi hai confinato nel ripostiglio delle scope?- chiesi, alzando scettica un sopracciglio. -apri!- ripose laconico mio padre. Aprii la porta e mi ritrovai davanti, non un ripostiglio, come mi aspettavo, bensì una scala che saliva in alto. Sempre più stupita, entrai e cominciai a salire le scale, con mio padre che mi seguiva senza parlare. Appena giunsi al piano di sopra il mio cuore saltò un battito. Davanti ai miei occhi c’era una stanza enorme, quasi un piccolo appartamento, che mio padre aveva arredato riadattando un piano mansardato a stanza da letto. Sotto la finestra c’era un ampia scrivania con un portatile nuovo (wow un portatile tutto mio!), e dietro ad un muro separatore c’era la mia stanza da letto con il bagno adiacente. A parte un armadio il letto e la scrivania, la camera era ingombra e mio padre mi spiegò che aveva preferito lasciare a me la decisione su come arredarla. Favoloso. Avevo quasi le lacrime agli occhi dalla felicità. Era tutto bellissimo e pensare che mio padre aveva fatto tutto questo solo per rendermi felice e per non farmi sentire nostalgia di casa...era davvero meraviglioso. Oddio, sto trascendendo nel sentimentalismo, non vorrei che questa storia diventasse melensa all’inverosimile...Forse è meglio arginare le emozioni! Il resto della serata lo passammo a trasportare in casa gli scatoloni con la nostra roba dall’auto fino in casa, ordinando una pizza d’asporto da mangiare nel nostro nuovo tavolo. Mio padre fece anche una cosa talmente trasgressiva da farmi rimanere allibita. Mi concesse di brindare con lui con un bicchiere di birra, cosa che non avevo mai ottenuto in 16anni di vita! Finita la pizza ero veramente distrutta per la serata, così mi alzai dal tavolo, baciai il mio vecchio benefattore sulla guancia e salii in camera, dove mi buttai sul letto sospirando col sorriso sulle labbra. Tutto sommato, non era iniziata male la mia nuova vita.
  
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