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Autore: Natalja_Aljona    27/11/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentoottantasei





Trecentoottantasei

I never wanna die, I never wanna leave, I never say goodbye

Non voglio morire, non voglio lasciare, non voglio dire addio

 

  Maybe you was right 

Didn't want a fight

I should have known 

Couldn't see the signs

 Couldn't run a lie 

I should have known

 

Forse avevi ragione tu

Io non volevo una battaglia

Avrei dovuto saperlo

È impossibile non vedere i segni

È impossibile vivere una bugia

Avrei dovuto saperlo

(I should have known, Foo Fighters)

 

Krasnojarsk, 5 Maggio 1845

Trentaduesimo compleanno di Nikolaj Vasil’evič Zirovskij

 

-Se tu l’avessi saputo, che lei stava con me, che doveva sposarmi... Se lei te l’avesse detto...

Ti saresti fatto qualche scrupolo?-

Geórgos lo guardò con aria di sufficienza, aspirando un’altra boccata di fumo dalla sigaretta appena accesa, giusto per dimostrare quanto e come lo stava ascoltando.

-No-

Feri si sforzò d’ignorare il suo sguardo di scherno, il suo ostentato atteggiamento di superiorità.

Avrebbe voluto tirargli un pugno in un occhio, ma si trattenne.

Era fin troppo evidente che lo Spartano stava cercando in tutti i modi di provocarlo e farlo spazientire, chissà per quale perversa soddisfazione, e poi non era ancora il momento.

-Lo sapevo. Lo sapevo già. Per questo l’hai sposata. Perché non hai mai pensato a me.

Perché non hai mai capito niente. Solo il tuo amore per lei-

-Perché?-

-Что?-

Čto?

Cosa?

-Perché avrei dovuto pensare a te? Io ero innamorato di lei. Di te cos’avrebbe dovuto importarmi?

Ch'eri il suo fidanzato? Sinceramente, avresti fatto migliore figura a far finta di non esserlo, visto come si comportava con me la tua presunta ragazza.

Non credere che si sia fatta chissà quanti e quali scrupoli di coscienza, la tua Alja...

Non credo che fosse divorata dai tormenti interiori tutte le volte che mi baciava.

A meno che non mi baciasse per placare i suoi tormenti interiori! Sai che non ci ho mai pensato?-

-Sei un vero bastardo...-

-E tu sei sempre stato un illuso. Feri Desztor, puoi farti osannare quanto vuoi da quei quattro cretini del tuo quartiere, puoi anche farti chiamare Capitano, sebbene sia terribilmente ridicolo nonché del tutto inopportuno, ma Lys non è più affar tuo. Te la puoi proprio scordare-

Feri rimase a dir poco scioccato dalla sua arroganza.

Quello.

Era quello il momento perfetto per tirargli un pugno in un occhio.

 

Krasnojarsk, 17 Marzo 1844

Venticinquesimo compleanno di Feri Desztor

 

Проспект Невский

Воскресенье 17 Март 1844

Статья из Акакий Дмитриевич Ульянов

Prospekt Nevskij

Voskresen’je 17 Mart 1844

Stat’ya iz Akakij Dmitrievič Ul’janov

La Prospettiva Nevskij

Domenica 17 Marzo 1844

Articolo di Akakij Dmitrievič Ul’janov

 

“Gli ussari stanno raccogliendo l’Esercito!”.

Con queste parole Csák Desztor, ventisette anni, ex tenente di cavalleria degli ussari di Krasnojarsk e Rivoluzionario ungherese, ha avvertito suo fratello, Feri Desztor, venticinque anni compiuti proprio oggi, nonché Capitano dell’Esercito di Forradalom.

Come sapete, l’assedio di Krasnojarsk, cominciato diciannove giorni fa, ha segnato l’inizio della Guerra Civile Siberiana.

Alle ora dieci e ventuno minuti del giorno di oggi, Domenica 17 Marzo 1844, come ci ha appena riferito il nostro Csák Desztor, gli ussari di Krasnojarsk stanno raccogliendo l’Esercito, ed entro questo pomeriggio saranno pronti ad attaccare.

“Per Natal’ja”.

Questo è tutto quanto son riuscito a strappare di bocca a Feri Desztor.

Questo è tutto quanto il nostro eroe ha voluto rilasciare.

 

A. D. U.

 

San Pietroburgo, 26 Luglio 1843

 

-E così tu sei la sorellina di Nočen’ka, eh?-

Šamil' Hennadievič Jakovlev accarezzò col dorso della mano la guancia candida di Lidija, che sussultò.

Era quasi impercettibile, la sua presenza accanto a lui.

Così silenziosa, pensierosa, assorta.

Non si era disperata, non aveva pianto.

Aveva un autocontrollo straordinario, ammirevole perfino per un soldato dello zar.

Anche Elena aveva placato presto le sue lacrime.

Aveva pianto in silenzio per le prime verste, con la testa abbandonata sulla spalla di Savelij, ma poi si era calmata, riacquistando uno sguardo fiero e una compostezza degna di sua figlia e di suo marito.

Aveva capito che il male più grande che potevano fare gli Zaristi era far bruciare in gola il sangue della sconfitta, e poi prodigarsi per far infettare la ferita.

Così alla fine i deportati morivano stremati dai loro stessi fantasmi.

Le botte e i fucili non uccidevano mai più del rammarico di non aver resistito abbastanza, di non esserci riusciti.

Prima ancora della luce, del futuro e della vita, gli Zaristi strappavano la dignità.

Né Savelij né Lidija l’avrebbero rimproverata, se lei avesse ceduto ancora.

Ma era Elena la prima a non volere.

Non aveva mai avuto il loro coraggio, ma era l’occasione giusta per imparare.

Stoicismo, ecco cosa ostentavano i Kovalev in quel momento, mentre la carrozza della Polizia Zarista correva verso Omsk.

Alla carezza di Jakovlev, però, Lidija aveva sussultato.

E quel minimo accenno di debolezza fece sorridere Šamil’.

-Sorella- precisò Lidija, scostandosi bruscamente -Ho un anno in più di lui.

E poi, scusate, tenete le mani a posto.

Sono sicura che a Nočen’ka non avreste accarezzato la guancia dicendo: “E così tu sei il fratellino di Lidočka, eh?”-

Šamil’ rise, scuotendo la testa.

Quella sciocchina era divertente, in fondo.

Non aveva ancora capito che il coraggio costava la vita, in un Paese come il loro.

Non aveva ancora capito che lo zar non aveva il suo stesso senso dell’umorismo, e che non era a Forradalom.

Non aveva ancora capito che Feri Desztor e suo fratello sarebbero stati distrutti.

Arrestati e impiccati come tutte quelle teste calde dei loro predecessori.

-Toh. Innokentij Kovalev, l’erede di Feri Desztor, e Lidija Kovaleva, l’erede di Natal’ja Zirovskaja.

Di questo passo, dove andremo a finire? Ad Omsk, bellina mia. Ecco dove andrete a finire-

-Sempre meglio che con voi a celebrare quell’esaltato...-

-Chi?- chiese Šamil’, sinceramente stupito.

-Il vostro maledetto zar!- sbottò la ragazzina, e il sorriso di scherno del giovane Zarista svanì.

Quello non era il capriccio infantile di un’illusa ribelle...

Quello era un vero e proprio affronto.

Lo schiaffo che le si abbatté sul viso, Lidija non se l’aspettava.

Non in quel momento, non così.

Non da uno come Šamil’ Hennadievič Jakovlev.

Da quando i soldati della Terza Sezione l’avevano condotta fuori di casa e costretta a salire sulla carrozza, Lidija non si era mai sentita una vittima.

Non era colpa di suo fratello o dei precedenti rivoluzionari di suo padre, se si trovavano in quella situazione.

Anche lei, almeno nel cuore, era una sovversiva.

E non poteva tradire i suoi ideali.

Non voleva tradirli.

Così, avrebbe sopportato.

Avrebbe pianto il meno possibile, perché quel momento non l’aveva colta impreparata.

Puntò lo sguardo cristallino dritto davanti a sé, dopo lo schiaffo, con un lampo furente nei limpidi occhi grigi, e si coprì la guancia arrossata con i lunghi capelli biondi.

Mordendosi le labbra, sempre più nervosa e stizzita.

Pensando al suo Innokentij, il suo fratellino partito per la Rivoluzione.

Chissà dov’era adesso.

 

Fortezza di Omsk, 1 Agosto 1843

 

-Scendi, Lidočka. Scendi appena la carrozza si ferma. Non lasciartelo ordinare da loro- raccomandò Savelij Kovalev alla figlia, accompagnando le sue parole con una dolce carezza sui capelli dorati di Lidija.

Quest’ultima annuì, quasi stordita dall’esagerata pacatezza che le pulsava nella mente e nel corpo.

Anche quella coraggiosa, speranzosa rassegnazione, quell’audace e fiera arrendevolezza faceva male.

Ma doveva farcela, valeva di più.

La sua forza d’animo valeva di più dell’ombra di quella Fortezza.

Certo, a guardarla da lontano Lidočka poteva anche fare pena.

Con la camicia da notte troppo corta stropicciata dal lungo viaggio e quei lunghi capelli biondi arruffati, la cui luminosità contrastava con il luogo in cui stava per entrare...

I begli occhi grigi colmi di saggezza e consapevolezza, i nivei piedini nudi ancora privi di calli, graffi e infezioni.

Eppure, eccola, appena consegnata alla Mërtvogo Doma.

Era bella, tanto, bella quanto sfortunata.

Non sembrava quel genere di ragazza pronta a scagliarsi contro i potenti per vendicare un torto o pretendere un diritto.

Pareva, piuttosto, quel genere di ragazza che sopportava a testa alta, ma dentro di sé covava qualcosa di terribile, una rivolta ancora più sanguinosa di quella di Pugačëv e Feri.

Ed era per questo ch’era lì.

Perché gli Zaristi avevano diagnosticato a suo fratello la malattia e a lei il sintomo.

L’umile e al contempo spavalda tenacia dei figli di proletari non più disposti a rinunciare alla giustizia.

Così si dirigeva al patibolo che per lei consisteva in mesi e mesi di distruzione psicologica, Lidija, pacata ed intrepida Rivoluzionaria silenziosa.

Suo padre le strinse una mano, e Lidočka sorrise debolmente.

-Non ce la faranno, vero? Non ce la faranno, a ucciderci-

 

C’erano speranze che a un deportato dovevano bastare.

C’erano speranze fortissime che gli Zaristi infrangevano.

Quel giorno, per Lidija, c’era la speranza di un fratello ancora libero, di un ricordo ancora vivido, di un sogno ancora limpido.

C’era una Rivoluzione che non avrebbe combattuto in prima persona, ma a cui comunque apparteneva.

 

Nočen’ka non l’avete preso.

Credete che si fermerà?

Nočen’ka è a Krasnojarsk con Feri.

E vincerà.

 

 

 

Note

 

I never wanna die, I never wanna leave, I never say goodbye: Non voglio morire, non voglio lasciare, non voglio dire addio. Walk, Foo Fighters.

 

Miracolosamente, sono sopravvissuta!

Ieri sono stata la seconda ad essere interrogata in storia, la seconda su ventiquattro, il primo giorno...

Una “fortuna” pazzesca, ma ho preso nove, quindi non posso proprio lamentarmi ;)

Oggi avevo la versione di greco, domani ho inglese...

Vabbé, lasciamo perdere ;)

Passando al capitolo, nella prima parte Gee è stato terribile con Feri, lo so...

Ma non si può certo dire che il Capitano non gliene abbia mai dato motivo, e poi...

Per me, lo sapete, è praticamente impossibile decidere da chi parte stare, tra loro due ;)

Quanto all’articolo di Akakij, ci mostra un breve squarcio della Tret’ya Čast’ della Graždanskaja Vojna Sibirjačka, che vedremo meglio in uno dei prossimi capitoli, ovvero quando gli ussari di Krasnojarsk, di cui fino a poco tempo prima facevano parte anche Pál e Csák, raccolgono l’Esercito per affrontare finalmente il Capitano.

L’ultima parte, dedicata ai Kovalev, è la più importante, nonché quella su cui mi sono soffermata di più.

Non so voi, ma a me Lidija ricorda un po’ Hajnal...

Forse perché anche lei sa bene com’è essere la sorella di un Rivoluzionario, difficile quanto bello.

Ma Hajnal ai lavori forzati non c’è stata, Feri e i suoi fratelli sono sempre riusciti a difenderla, fin troppo, mentre Nočen’ka con Lidija non ci è riuscito, non ha fatto in tempo.

È coraggiosa, Lidočka, nel suo stoico silenzio, nelle sue tiepide speranze, e in quest’occasione più che mai lo dimostrerà.

Quanto a Savelij... Si avvicina il momento di scoprire anche la sua storia, la storia dell’insurrezione alla Ferrovia e della morte del suo migliore amico, Pavel Isaevič Malikov, ucciso dagli Zaristi.

Ai Kovalev adesso è rimasto solo Innokentij, che ancora non sa cos’è successo alla sua famiglia...

Ma loro lo sanno, che lui si salverà.

Si fidano di lui, come sempre.

Anche se lui è il figlio più piccolo, e fino a poco tempo prima era solo uno studente d’ingegneria militare al Genio Militare di Pietroburgo -come Fëdor, già ;) Ma Fëdor ha l’età di Gee, e nel ’43, a ventidue anni, si è diplomato, e nel ’44 ha lasciato il servizio militare per la scrittura e la Rivoluzione-.

Ma è timido quanto coraggioso, Nočen’ka, e non li deluderà ;)

Spero di non avervi deluso neanch’io, con questo capitolo! ;)

 

A presto,

Marty

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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