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Autore: GuruGuru90    28/11/2012    4 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa succede dopo il finale di Brotherhood? Allora leggere e lasciate recensioni :)
Tratto dal secondo capitolo: “Vista quella tranquillità ebbe l’occasione di riflettere ancora una volta, come quella mattina, su quello che lui e Al stavano facendo. Era anche un modo per ringraziare quelli che per tutto il tempo gli erano stati vicini. Roy, Riza, Izumi, Hughes, Havoc, Breda, Falman, Fury, Armstrong, Ross, Brosh, Winry… Già Winry…
Prese il suo orologio da taschino e lo guardò pensando all’ultima volta che aveva inciso qualcosa su un orologio, per la precisione sull’orologio dei cani dell’esercito. In quella triste circostanza vi aveva inciso la data del giorno in cui lui e suo fratello avevano dato fuoco alla loro casa. Era un monito per andare avanti..
Anche ora ne aveva uno.. Prese una penna dal cassetto del suo comodino e cominciò a raschiare la parete interna dell’orologio.
Questa volta c'era scritto: “DO IT FOR HER,W”. Fallo per lei.. "
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric | Coppie: Edward/Winry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve salve salve, gente! :) Sono felice di annunciarvi che il quarto capitolo è arrivato ed è tutto per voi adesso. Hayley_Gin91 ha fatto un eccellente lavoro, secondo me. Ho letteralmente adorato tutti i capitoli che ha scritto per questa storia, ma questo mi ha lasciata senza fiato. Spero sarà così anche per voi! :D
E mi raccomando, fatele sapere che ne pensate con una recensione, anche brevissima: sia a me che a lei farebbe davvero piacere.
E adesso.. Buona lettura <3



Ancor prima di scendere dal treno, Ed venne investito dal chiacchiericcio e la vitalità della stazione gremita di gente della capitale. 
Fece un passo sul marciapiede e inspirò a pieni polmoni l’aria densa e pesante di Central City. 
Rievocò con un misto di malinconia e affettuosità gli anni passati quando, accompagnato da un’enorme e ingombrante armatura, era ancora un ragazzino che viaggiava di città in città alla ricerca della Pietra Filosofale. Quante volte era partito e arrivato in quella stazione? 
- Ah, che stanchezza!- sbadigliò, stiracchiandosi. - Questi sedili sono diventati ancora più scomodi dall’ultima volta.- 
Winry, arrivata alle sue spalle, sbuffò, poggiando la valigia in terra. - Parli proprio tu che hai dormito per tutto il tempo.- 
La ragazza si drizzò, massaggiandosi la schiena; non solo non era riuscita a dichiararsi, pensò contrariata, ma, tra la tensione per la presenza di Scar in quell’angusto scompartimento e l’imbarazzo per Ed che russava a bocca aperta, aveva passato tutto il viaggio con le spalle rigide, neanche fosse seduta su uno spillo. 
Ed fece per ribattere quando qualcuno gridò il suo nome. Ebbe appena il tempo di chiedersi a chi appartenesse quella voce potente che si ritrovò imprigionato in un abbraccio spezza ossa. 
- Edward Elric!- esclamò commosso il Maggiore Armstrong. - Sono felice di rivederti!- 
Ed cercò di liberarsi da quella presa ferrea ma inutilmente. - M-Maggiore… non respiro…- bofonchiò, in cerca d’aria. 
- Al Quartier Generale abbiamo sentito tutti la tua mancanza, sai?- fece l’altro, ignorando i movimenti convulsi del ragazzo e la sua faccia che pian piano stava assumendo una sfumatura violacea. 
Winry ridacchiò, constatando che quell’omaccione non era cambiato di una virgola; sempre altissimo, i possenti muscoli ben nascosti sotto la divisa dell’esercito. A parte il ricciolo biondo a cascargli sulla fronte, la sua pelata era perfetta, esattamente come la forma precisa e ricercata dei baffi. Per chi non lo conosceva, appariva come un militare burbero e autoritario ma, sotto quelle sopracciglia inesistenti, i suoi occhi chiari esprimevano tutto il suo buon cuore. 
- Oh, Winry-san!- L’Alchimista Nerboruto rimise un Edward decisamente provato a terra e le strinse energicamente le mani. - Benvenuta a Central City. La trovo in gran forma.- 
- Grazie.- sorrise Winry, cercando di mantenere l’equilibrio di fronte a tutto quell’entusiasmo. - Anche lei non è da meno, Maggiore.- 
Lo sguardo di Armstrong però era ora concentrato alle spalle della giovane, sullo stesso treno dal quale il Maggiore Miles e Scar si apprestavano a scendere. 
- Salve, Maggiore Armstrong.- salutò Miles, portando una mano in fronte. 
Alex si congedò da Winry per avvicinarsi ai due uomini. - Maggiore Miles, Scar-dono, ben arrivati.- disse, mettendosi sull’attenti. L’onorificenza che aveva seguito il nome di Scar stridette non poco alle orecchie dei presenti. - Vi stavo aspettando. Ho il compito di scortarvi fino al vostro hotel. C’è una macchina che ci aspetta quindi permettetemi di portare i vostri bagagli.- aggiunse, indicando le anonime sacche che si portavano dietro. 
Scar si sistemò meglio lo zaino in spalla. - Non ce n’è bisogno.- borbottò, per niente abituato a un trattamento tanto ospitale. 
- E noi?- si intromise Ed, massaggiandosi il collo. - A noi non chiede di lasciarle i bagagli, Maggiore?- 
- Ed!- lo sgridò Winry, sfilandogli una gomitata nelle costole. - Non lo ascolti.- si scusò poi la Rockbell, sovrastando le imprecazioni di un già abbastanza ammaccato Edward. - Questo stupido può portarseli benissimo da solo i bagagli.- 
- Veramente, voi non verrete con noi.- li informò Armstrong. 
I due ragazzi si bloccarono, stralunati. - Eh?- 
- Il vostro accompagnatore è in ritardo?- Il Maggiore fece vagare lo sguardo intorno, indugiando in un punto sopra le loro teste. - Ah, no, eccolo lì!- 
Un ufficiale dell’esercito si era fatto largo tra la folla e, con sommo stupore di Ed e Winry, ora si avvicinava a passo svelto e deciso nella loro direzione, il lungo soprabito scuro che sbatacchiava a ogni passo. Quando si fermò, unì i tacchi, le braccia ben aderenti al corpo e fece un piccolo inchino col capo. - Spero di non avervi fatto attendere troppo, Edward-kun, Winry-chan.- 
- Tenente Hawkeye!- esclamarono questi in coro; quasi non la riconoscevano con quei corti capelli sbarazzini a scoprirle il viso. 
- Ora è l’assistente del Comandante Supremo.- rettificò Armstrong con orgoglio. 
- Rimango pur sempre un Tenente.- si schernì Riza. - Grazie per averli accolti al posto mio, Maggiore Armstrong.- 
- E’ stato un vero piacere per me.- cinguettò l’altro, stringendo per la seconda volta Edward in una morsa affettuosa e potenzialmente letale. - Bene.- annunciò poi, lanciando un’occhiata di traverso al Maggiore Miles e a Scar. - Noi andiamo. Ci vediamo questa stasera.- 
I due gruppi si salutarono e, quando i due militari e l’uomo di Ishbar scomparvero alla loro vista, il Tenente Hawkeye si rivolse nuovamente a Ed w Einry. - Che ne dite se ci incamminiamo anche noi?- 
- Ah, era ora!- esclamò Edward. - Fra il Maggiore Armstrong e il treno, mi sento le ossa a pezzi!- 
Uno sguardo severo stava già facendosi largo sul viso di Winry. Ed scattò in avanti e si portò velocemente in testa al gruppo, sfuggendo alla furia dell’amica e, probabilmente, anche alle sue sberle. 
Il Tenente sorrise, appurando che i loro teatrini erano rimasti gli stessi di una volta. - Il viaggio è stato faticoso?- 
- Un po’.- ammise Winry, camminando al suo fianco. 
Ed incrociò le mani dietro la testa. - La prima cosa che chiederò a Mustang, ora che è Comandante Supremo, sarà di sostituire questi vecchi e sgangherati vagoni con altri nuovi e supercomodi.- sussurrò quasi a se stesso, uscendo in una trafficata Cental City. 
Il tenente Hawkeye doveva averlo sentito perché, con la coda dell’occhio, Ed la vide stirare le labbra in un altro piccolo sorriso. 
- E’ stato Mustang a mandarla a prenderci, Tenente?- domandò ancora il ragazzo, fermandosi sul marciapiede. 
Riza annuì, accompagnandoli verso un’automobile dell’esercito parcheggiata poco lontano. - Avrebbe voluto venire anche lui ma, sapete, ultimamente ha un sacco di lavoro da sbrigare ed è stato costretto a rinunciare.- 
Costretto da lei, casomai, Tenente, pensò Edward, sghignazzando. 
L’autista li aiutò a caricare i bagagli, dopodiché salirono in macchina e partirono. 
La capitale di Amestris era esattamente come la ricordavano: grande, colorata, piena di vita. Le strade asfaltate e affollate, il traffico e i palazzi addossati l’uno all’altro, i negozi più svariati e le locande dalle quali provenivano gradevoli profumi, i cantieri sempre in costruzione e i fiorai agli angoli delle vie… 
- Riza-san.- disse Winry d’un tratto, lo sguardo perso fuori dal finestrino. 
Il Tenente voltò il capo verso il sedile posteriore, interrogativa. 
- Possiamo fermarci in un posto prima di andare in albergo?- 

Winry suonò il campanello, le dita tremanti. 
Era agitata ed emozionata al tempo stesso al pensiero di poter rivedere la signora Gracia e riabbracciare la piccola Elicia. 
Se l’era ripromesso; la prima cosa che avrebbe fatto una volta arrivata a Central City sarebbe stata andare a far visita in casa Hughes. Ed ora eccola lì. 
Suonò una seconda volta, nel caso non avessero sentito. Ma dall’interno non proveniva alcun rumore. 
- Allora?- chiese Ed, fermo tre gradini più in basso, nel cortile erboso e ben curato. 
- Forse non sono in casa.- commentò Winry abbattuta, suonando ancora. 
Il cancelletto in ferro stridette, attirando la loro attenzione. 
- Tenente Hawkeye, cosa…?- La signora Gracia spalancò gli occhi per la sorpresa. - Edward-kun, Winry-chan!- 
Elicia abbandonò la mano della madre e, euforica, si fiondò letteralmente su Winry, rischiando di sbattere contro Ed nell’impeto della corsa. - Sorellona, sono felice che tu sia tornata! Mi sei mancata tanto!- esclamò, stringendole i fianchi. 
- Anche tu, Elicia-chan!- Winry le carezzò la testa, poi l’allontanò da sé e si inginocchiò per osservare il suo faccino sorridente. - Sei diventata grande. Quanti anni hai adesso?- 
- Sette.- ripose Elicia, gonfiando il petto. 
Winry sfoggiò un’espressione colpita. - Non mi dire! Allora avrai già cominciato la scuola.- 
Elicia annuì, indicando lo zainetto trapuntato da mille fiori colorati che portava sulla schiena. 
- Alla tua età,- si intromise Ed, avvicinandosi. - dovresti stare più attenta a dove metti i piedi.- Si chinò fino a quando il suo viso e quello di Elicia non furono alla stessa altezza, poi le diede un buffetto sulla fronte. - Stavi quasi per farmi cadere, lo sai?- 
- Ed!- lo spintonò Winry. - E’ solo una bambina, lasciala in pace.- 
Elicia però continuava a guardare il ragazzo impassibile. - E tu chi sei, fratellone?- 
Ed fece una smorfia. - C-come chi sono?- Ben più che infastidito dal fatto che quella nanetta non ricordasse neppure il suo nome, assunse quello che doveva essere un tono d’importanza e strepitò - Sono io, Edward. Edward Elric, l’Alchimista d’Acciaio.- 
Ma Elicia continuava a non riconoscerlo, così Gracia pensò bene di andare in aiuto della figlia. - Lui è un amico di papà, Elicia. E’ venuto spesso a casa nostra con suo fratello. Te la ricordi “la grande armatura”?- 
Un lampo di comprensione attraversò il viso della piccola che, prima guardando la madre e poi puntando un dito contro Ed, esclamò - Tu sei “il fratello piccolo”!- 
Come una bomba a orologeria, Ed esplose - Chi hai chiamato piccolo, specie di bassotto con le codine?!- gridò, cominciando a tirarle i capelli. 
Il Tenente Hawkeye scosse il capo, segretamente divertita. Winry invece sospirò sonoramente, passandosi una mano sulla fronte, più esasperata che mai da quell’eterno Peter Pan. 
- E’ bello sapere che non siete cambiati anche dopo tutti questi anni.- ridacchiò la signora Gracia, tradendo qualche ruga d’età. 
- Invece Elicia-chan sta crescendo proprio bene.- affermò Winry, guardando la bambina tirare le guance di Ed. - Sta facendo davvero un gran lavoro con lei, Gracia-san.- 
La donna scosse appena il capo. - Io non sto facendo quasi nulla. E’ lei che è una bambina straordinaria.- Continuò a guardare con amore la figlioletta per qualche altro minuto ancora, poi, sommessamente, aggiunse - Mio marito sarebbe stato fiero di lei.- 
Winry si girò a guardarla e, anche se sorrideva, vide che il verde dei suoi occhi era oscurato da un velo di malinconia. 
D’improvviso, quasi realizzandolo solo in quel momento, si sentì sopraffatta da un moto di tristezza al pensiero di tutto il dolore e la solitudine che la signora Hughes doveva aver sofferto dopo la morte del marito. 
- Lo sarebbe stato sicuramente.- confermò Winry, abbassando lo sguardo. 
Gracia, che doveva aver notato la sua inquietudine, le prese una mano nella sua. - Che ne dici di andare a fargli visita?- 
Quasi senza pensarci Winry fece per accettare ma si bloccò all’improvviso. - Mi piacerebbe molto ma non so se…- tentennò, rivolgendo una domanda silenziosa al Tenete Hawkeye; del resto, si era scomodata a fare da scorta a Ed e lei e non voleva disturbarla ulteriormente con le sue faccende personali. 
Riza però alzò lo sguardo al cielo, osservando il lento passaggio delle nuvole pigre sulle loro teste. - Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di rientrare in albergo.- 
Winry le sorrise grata poi, sbuffante, si avvicinò a Ed e lo agguantò per un orecchio. 
- Ehi, Winry!- esclamò l’altro, divincolandosi. - Mollami! Mi fai male!- 
Winry ignorò bellamente le sue proteste e lo trascinò via, provocando altre risatine alle sue spalle. 
Ben presto furono tutti in macchina; la signora Gracia aveva preso posto sul sedile posteriore insieme ai due ragazzi di Resembool e, anche se la piccola Elicia non occupava molto spazio, si stava comunque un po’ stretti là dietro, cosa che Ed non aveva mancato di far notare con i suoi brontolii. Smise soltanto quando chiese a Winry dove erano diretti e, una volta scoperta la destinazione, si limitò ad annuire e scrutare la città fuori dal finestrino, stranamente silenzioso. 
Il viaggio tuttavia durò poco; l’auto si fermò quando incapparono al primo fioraio sulla strada. Comperarono un grande mazzo di fiori variopinti e, dato che non era molto distante dal punto in cui si trovavano, si incamminarono a piedi verso il cimitero di Central City. 
Passeggiarono amabilmente, parlando allegramente del più e del meno, come una vecchia combriccola di amici che si riunisce dopo tanto tempo mettendosi al corrente delle novità sulle reciproche vite. Inevitabilmente, Edward ed Elicia ripresero a punzecchiarsi giocosamente, suscitando per l’ennesima volta l’ilarità generale. 
Continuarono così per diversi minuti, fino a quando non raggiunsero le fredde grate grigie montate sul basso muretto che delimitavano il cimitero. Le loro voci scemarono gradualmente mentre il prato verdeggiante e le tombe entravano nella loro visuale, fino a quando non si spensero del tutto, facendo cadere un silenzio carico di reverenza. 
Arrivati davanti all’ingresso, Edward e Winry indugiarono un attimo. 
La signora Gracia li sorpassò e voltando appena il capo nella loro direzione sorrise - Per di qua.- 
I ragazzi e il Tenente, che aveva accettato di buon grado ad accompagnarli, la seguirono tra le file di lapidi tutte uguali e ben allineate e, ben presto, si fermarono davanti a quella del “Brigadiere Generale Maes Hughes”. 
Elicia si accovacciò e depositò il suo mazzolino di margherite sulla tomba del padre. Poi fu la volta di Winry. 
Con sua grande sorpresa, Ed le circondò le mani che tenevano i fiori con le proprie, accompagnandola, quasi a voler intendere che anche lui era lì vicino. Quando si rialzarono, continuarono a guardare la tomba del Tenente Colonello, senza realmente vederla, ognuno assorto nei propri pensieri. 
Winry ripensò al giorno in cui aveva conosciuto il signor Hughes, quando l’aveva trascinata a forza alla festa di compleanno della sua adorata figlioletta. Le scappò un sorriso quando rivide l’eccitazione sulla faccia occhialuta che il signor Hughes aveva stampata quel giorno. Si era sentita subito a casa con lui e la sua famiglia, anche se aveva passato con loro pochissimo tempo. 
Le salì un groppo in gola al pensiero di non poter vedere mai più quella figura autoritaria e rassicurante, quelle spalle larghe che tanto le ricordavano quelle di suo padre. 
Eppure le lacrime non fuoriuscirono. Perché lei era diventata una donna forte e sapeva che, anche se molte delle persone a lei care non c’erano più, c’era molto altro per cui vivere ed andare avanti. Lui era una ragione più che valida. 
Edward, invece, nonostante fossero passati anni dalla morte del Tenente Colonello, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di colpevolezza che gli gravava in fondo al cuore; malgrado la signora Hughes lo avesse rassicurato che suo marito era esattamente quel genere di persona che aiutava gli altri anche a suo discapito, non riusciva a dimenticare i suoi singhiozzi che l’avevo seguito fuori dalla porta della sua casa. 
Se solo non lo avessi coinvolto, pensò con rammarico, stringendo i pugni. 
Winry notò il turbamento negli occhi di Ed e, senza rompere quel silenzio che si era creato, gli toccò delicatamente il dorso contratto della mano. 
Ed, preso alla sprovvista, guardò stupito la mano di Winry sulla sua. Alzò lo sguardo, trovando quello cristallino e così familiare della sua amica d’infanzia e sentì che, all’improvviso, tutti i suoi sensi di colpa scivolavano via come gocce d’acqua su un vetro. 
Ed intrecciò la mano a quella di Winry e tornò a guardare davanti a sé, un po’ imbarazzato, certo, ma ora in pace con se stesso; aveva imparato a sue spese che i morti non potevano tornare in vita ma il fatto di aver ridato un corpo ad Al, di essersi ripreso il suo braccio, di essere riuscito a salvare tutta la gente di Amestris da un destino peggiore della morte, avere accanto tanti amici fidati e soprattutto lei, lo consolarono un po’. 
Aver realizzato tutte quelle cose, cose che all’epoca sembravano lontane e impossibili, significava che Maes Hughes non era morto invano. 

******** 

Si era già fatto buio quando raggiunsero il vecchio albergo militare che aveva ospitato Ed e Winry tante volte già in passato. 
- La festa si terrà al Quartier Generale, giusto?- si informò Ed, mentre l’autista scaricava i bagagli. 
Cercò di ricordare ciò che aveva letto sull’invito del Maggiore Miles, grugnendo di sdegno al pensiero di non essere considerato abbastanza importante da riceverne uno formale anche lui. 
Il Tenente annuì. - Passerà una macchina a prendervi per le nove.- 
- Ottimo.- Ed agguantò la sua valigia, salendo i gradini che lo separavano dalla porta d’ingresso dell’albergo. - Grazie di tutto Tenente, ci vediamo più tardi.- 
Tuttavia, prima che avesse il tempo di poggiare uno stivale sul primo gradino, Winry esclamò - Ed, dove stai andando?!- 
Il ragazzo si fermò e si voltò a guardarla, inarcando un sopracciglio. - Sono esausto e voglio farmi una dormita prima della festa.- 
- E la mia valigia?- 
Edward fece un gesto impaziente con la mano, riprendendo a salire le scale. - Fatti aiutare dal fattorino.- 
Winry prese fiato per protestare ma Ed era già scomparso dietro la pesante porta. - E’ sempre il solito!- sbuffò, frustrata. 
Il Tenente Hawkeye sorrise comprensiva. - Se è così allora va bene.- 
- No che non va bene.- si infiammò Winry, sollevando la valigia quasi con ferocia. - Non si cura mai di chi gli sta intorno, nè dei loro sentimenti o… dei miei.- sospirò triste. Poggiò la valigia sul marciapiede, come se d’un tratto fosse diventata troppo pensate o lei troppo fragile per tenerla sollevata. 
Riza era una donna già fatta e certamente piena d’esperienza, e ammetterlo davanti a lei mise Winry non poco a disagio. Ma era stata una lunga giornata, lei era stanca e i suoi nervi particolarmente suscettibili alle consuete ma cattive maniere di Ed. Per non parlare della sua ottusità, da non dimenticare. 
Poi però, quasi si fosse resa conto di ciò che aveva appena confessato, tentò di rettificare. - Cioè… insomma… non volevo dire che mi… che lui mi…- 
Riza si ritrovò catapultata qualche anno indietro ma con Winry al posto di Edward, entrambi impacciati e ingenui, a negare un amore così palese e tangibile. 
Il Tenente Hawkeye mise una mano sulla spalla di Winry. - Da quant’è che li conosco, Edward-kun e Alphonse-kun hanno aiutato moltissima gente. Può non darlo a vedere ma a Edward sta a cuore molta più gente di quanta ammetterebbe mai. E,- aggiunse, dandole due pacche incoraggianti. - tu sei una di quelle.- 
L’autista chiuse il portabagagli, quasi a mettere fine alla conversazione. Rientrò in macchina, seguito quasi subito dal Tenente. 
Un piede sull’auto e l’altro sull’asfalto, Riza fece capolino oltre il tettuccio; Winry continuava a guardarla sconcertata, come se le se fosse sfuggito qualcosa. - Non crucciarti. Gli stai a cuore molto più di quanto tu possa immaginare.- 
Winry guardò l’auto allontanarsi e sparire, confondendosi col cielo scuro. 
Le parole del Tenente l’avevano lasciata di stucco, confusa, ma non ebbe molto tempo per rifletterci sopra perché qualcuno gridò - Signorina Rockbell!- 
Winry si girò e vide un ragazzo dalla pelle scura e una gran massa di ricci crespi, coperti da un berretto, avvicinarsi. Notò che indossava la divisa dell’albergo. 
- Benvenuta. Mi permette?- disse, indicando la valigia ai suoi piedi. 
Winry annuì e fece un passo indietro. - Grazie.- 
Il fattorino afferrò il manico rigido e sollevò. - Il signor Elric aveva ragione. Come avrebbe fatto una ragazza da sola a portare tutti questi chili?- commentò, sbuffando di fatica a ogni passo. 
Winry aprì bocca per chiedere qualcosa ma la richiuse quasi subito, lasciando un sorriso a incresparle le labbra. 
Che Ed fosse privo di tatto era un fatto appurato, ma ora aveva la certezza che si preoccupava per lei a tal punto da mandare qualcuno ad aiutarla, e non solo. Le parole di Riza le solleticarono la mente, accendendo una nuova speranza dentro di lei; se c’era anche solo una possibilità di riuscire a far breccia nel cuore di Ed, lei l’avrebbe colta al volo. 

******** 

Era ormai da qualche minuto che Winry stava seduta sul bordo del letto, pestando un piede sul pavimento. 
Controllò l’orologio alla parete: le 20:37. 
Riprese a pestare convulsamente la moquette. Le scarpe nuove, che tuttavia aveva comperato molto tempo prima, cominciarono a farle male, così, giusto perché la tensione le attanagliava le viscere e non la faceva rimanere ferma per più di mezzo minuto, si alzò ed entrò nel piccolo bagno. Si fermò davanti al lavandino e si specchiò sulla modesta superficie riflettente che lo sovrastava. Ricontrollò il trucco, diede una sistemata ai capelli e fece qualche giro su se stessa per essere sicura che l’abito cadesse alla perfezione. 
Era la quinta volta che ripeteva quei passaggi e, tutte le volte, ritoccava dettagli banali: la piega della gonna, la posizione del ciondolo sul collo, il modo in cui le cadeva un ciuffo sulla fronte che, puntualmente, ritornava al suo posto, esattamente dove doveva stare. 
Tornò nella sua stanza, dove le lancette dell’orologio la informarono che erano passati appena tre minuti da quando l’aveva guardato l’ultima volta. 
Prese un respiro profondo per calmare i nervi. 
Edward non le aveva dato un orario preciso. Le aveva detto soltanto che l’avrebbe chiamata non appena fosse arrivata l’auto che li avrebbe scortati alla festa. 
Il Quartier Generale non era propriamente vicino al loro albergo perciò si era aspettata di vederlo comparire alla sua porta già da un pezzo. Eppure era almeno un quarto d’ora che non si sentiva volare un mosca, eccezion fatta per i suoi sospiri carichi d’ansia. Ansia per quello che Ed avrebbe pensato vedendola agghindata come un’elegante signorina e non con la solita tuta da meccanico e la bandana in testa. Ansia perché lei non era abituata a certe situazioni e non aveva la più pallida idea di come affrontarle. Ansia di sbagliare, di non essere all’altezza. Della festa. Di lui. 
Stava per riprendere posto sul materasso troppo morbido quando tre colpi alla porta spezzarono il silenzio. 
Winry affondò i palmi nelle lenzuola e, agitatissima, si diede una spinta, sfrecciando verso l’ingresso. Passò una mano tra i capelli, stirò un’ultima volta il vestito e, cercando di darsi un contegno, aprì la porta. 
Il sorriso le si smorzò insieme all’entusiasmo. 
- Scusi il disturbo, signorina.- disse il responsabile dell’albergo, un signore dalla chioma e i baffi imbiancati. - La vostra macchina è arrivata. E’ giù che vi aspetta.- 
Winry diede un’occhiata nel corridoio. - Grazie ma… Edward Elric dov’è?- 
Il responsabile si strinse nelle spalle, lanciando un’occhiata alla porta della stanza accanto alla sua. - Ho bussato e chiamato più volte ma non ha risposto nessuno.- 
Winry si accigliò, colmando con due lunghi passi la distanza che la separava dalla camera 502. - Ed!- gridò, tempestando di pugni la porta. Il responsabile trasalì vedendo quanta foga ci metteva. - Ed, apri la porta!- 
Edward, dall’altro lato della lastra di legno, si stiracchiò tra le coperte. Si grattò la pancia che come al solito si era scoperta durante il sonno e aprì appena gli occhi, concentrandoli sul ventilatore a pale del soffitto. 
Gli venne quasi un infarto quando sentì le minacce attutite di Winry oltre la porta - Ed, mi hai sentito?!- 
Allarmato, spalancò gli occhi e scattò su a sedere. - Cavolo!- esclamò, la voce ancora impastata dal sonno. Si districò a fatica dalle coperte e saltò giù dal letto. 
L’orologio appeso al muro segnava le 20:44, scandendo i secondi che gli mancavano prima che Winry buttasse giù la porta e lo uccidesse con una chiave inglese delle dimensioni e il peso di una clava di ferro. 
Aveva dormito troppo e ora non aveva nemmeno il tempo di farsi una doccia. 
Si sfilò i pantaloni e, saltellando, ne infilò un altro paio, neri ed eleganti. Agguantò una camicia ben stirata e, cacciandosela sulle spalle, corse ad aprire la porta, prima che Winry la togliesse dai cardini. Il che sarebbe stato un problema; privo dell’alchimia, non ero certo allettato dalla prospettiva di dover pagare i danni all’albergo. 
- Si, si, ti ho sentit…- Ed si bloccò, una mano sulla maniglia, ancora mezzo svestito e ora con un’espressione da pesce lesso dipinta in viso. 
Esatto, da pesce lesso. Non poteva essere altrimenti, perché la ragazza che lo stava incenerendo con lo sguardo era la più bella che avesse mai visto in vita sua. 




Ci avviciniamo sempre più al capitolo cardine, il prossimo :)
Continuate a seguire questa storia, perchè vedrete un Ed che neanche immaginate :P
Alla prossima, GuruGuru90&Hayley_Gin91 <3
  
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