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Autore: phoenix_esmeralda    28/11/2012    1 recensioni
Beatrice anni fa ha commesso uno sbaglio. Uno sbaglio enorme che le è costato un'amicizia davvero importante e un amore che forse avrebbe potuto darle la felicità. E oggi che è cresciuta e si rende conto dei suoi errori, è costretta a rivedere Lukas e a chiedere il suo aiuto. Ma come può ancora guardarlo in faccia dopo quello che gli ha fatto?
Prima classificata al contest "Viva le emozioni!" di Frantasy
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Parlare senza sforzo e senza costrizione

 

 
Ieri non ero in me. Non riesco a pensare ad altro, mentre me ne sto seduta sotto il portico di casa a osservare il riflesso del sole sull’acqua del lago.
Ieri sera ero stanca, spaventata e sovraeccitata; per questo ho agito come ho fatto.
Non mi sono pentita di aver dato il cristallo a Lukas, quello era un gesto pensato e ponderato, prestabilito fin dal pomeriggio; parlo, naturalmente, del bacio: un gesto impulsivo cui non avrei mai creduto di poter indulgere.
Baciare una persona che mi detesta. Dire che avrei dovuto farlo sette anni fa.
E l’espressione sconvolta del suo viso!
Affondo la faccia tra le mani, vergognandomi profondamente di tanta sfacciataggine. Davanti a Serena, per giunta!
Essere stata così vicina a Lukas ha scatenato in me, nelle ultime ore, il riavvolgersi di miriadi di ricordi comuni; nella mia testa si sono alternati senza sosta i fatti di ieri sera a tutti quelli degli anni trascorsi insieme in passato.
Prima di detestarci cordialmente, Lukas ed io eravamo autenticamente affiatati. Capitava che litigassimo da bambini, come da adolescenti successivamente e, mi duole dirlo, quasi sempre per colpa mia. Per quel tratto di carattere cocciuto e tiranno che mi sono trascinata fino all’età adulta e contro cui ancora a volte devo combattere. Non che Lukas fosse un santo, anche lui sapeva essere irritante, ma tacciarlo di permalosità dopo la nostra rottura è stata un’ingiustizia plateale.
Spingo i piedi a terra per mettere in moto il dondolo e in un istante rispuntano davanti ai miei occhi tutti i momenti passati insieme quassù. Noi bambini, con la foga di spingere il dondolo oltre le sue possibilità massime, arrivando una volta persino a farlo ribaltare. Non ci eravamo affatto spaventati, l’avevamo trovato eccitante.
Da ragazzini invece, seduti qui, c’erano state chiacchiere e confidenze. Non so perché mi fossi fissata a voler scoprire il segreto di Lukas... Tra me e lui l’intimità non era mai mancata.
Sul quel tavolino, dove ancora riposa il mio computer, una volta ci eravamo messi in testa di cucinare un salame di cioccolato. Avevamo imbrattato con gli ingredienti tutto il portico, prendendoci una ramanzina tale da mia madre da decidere di restare al largo da simili esperimenti per mesi.
C’era poi un grosso masso in riva al lago, appena all’inizio del bosco, che usavamo come trampolino per le nostre gare di tuffo. Fino ai dieci anni le nostre forze erano state equiparabili, permettendoci di vincere un po’ per uno, ma crescendo Lukas era diventato sempre più forte, veloce e abile. Così, perso lo stimolo della gara, avevamo inventato nuovi giochi. Lukas mi prendeva in braccio e mi gettava in acqua, misurando ogni volta quanto lontano riuscivo ad arrivare. Ridevamo tanto... così tanto che oggi mi vengono le lacrime agli occhi ripensandoci.
Quel masso enorme era anche il luogo in cui ci trovavamo quando dovevamo riconciliarci dopo un litigio. Il primo a cui passava la stizza lasciava l’anello di gomma in vista sotto il portico come segnale, poi si andava a sedere sul masso e aspettava finché anche l’altro, trovato l’anello,  si sentiva pronto a fare pace. Quello era il posto in cui riuscivamo a parlare davvero, a cuore aperto, senza sforzo e senza costrizione. Quante riconciliazioni ha visto quel masso nel corso degli anni!
Eppure, dopo il terribile fatto accaduto sette anni fa, non ho mai pensato di andare a sedermi lassù in attesa di Lukas.
Forse avrei dovuto farlo.
Guardo le mie dita: al medio è tornato ad abitare l’anellino, dopo essere rimasto nelle mie tasche per quattro giorni.
Avvicino ancora una volta i polpastrelli alle labbra, là dove ho sfiorato le sue. Chiudo gli occhi e rievoco l’emozione che ho avvertito, ora forse addirittura più forte dopo aver ricordato il nostro passato insieme, dopo aver riassaporato i sentimenti che provavo per lui.
Sono ancora in questa posizione quando il dondolo si abbassa sotto di me, schiacciato da un nuovo peso al mio fianco. Apro gli occhi spaventata e lui è lì, seduto accanto a me. Non dice nulla e fissa il lago oltre il portico.
Sentirlo così vicino dopo tutto questo tempo, dopo tutto ciò che è successo, mi fa trattenere il respiro. Lui rimane in silenzio ancora per un lungo momento, poi dice piano, senza voltarsi – I tuoi genitori non ci sono?
Espiro lentamente l’aria trattenuta.
- No. Da quando ho iniziato l’università vengo spesso io a studiare e a fare la guardia al passaggio. Loro arrivano solo nei week-end.
- Quindi non sanno nulla della tua decisione?
Scuoto la testa, piano.
- È una mia scelta, riguarda il mio futuro.
- Sono custodi del passaggio e tu sei la loro unica figlia. Vieni da Oltrelago, non sei di questo mondo.
- Sì che la sono. Io vivo qui, studio qui e qui lavorerò.
Mi giro a guardarlo e incontro i suoi occhi blu; leggo in loro una tranquillità cauta.
- Lukas... tu assolverai a questo compito alla perfezione. Se supererai la prova, neppure la regina avrà da obiettare!
- Perché?
- Cosa, perché?
- Perché vuoi che sia io a farlo?
Mi alzo in piedi e mi avvicino alla balaustra che circonda il portico. Assieme al mio futuro da custode, perderò questa villa e questo lago, forse sono queste le cose che mi struggono di più.
- Te l’ho spiegato il perché.
Lui non dice nulla, il suo silenzio tace alle mie spalle e per un momento temo che lui se ne sia andato.
- Credi che su di noi ci siano ancora ombre? – Chiedo allora, perché non ho il coraggio di voltarmi a controllare. Preferisco parlare al vento,  piuttosto che vedere la sua assenza.
- Non lo so – mi risponde.
È ancora qui.
- Pensavo a te poco fa – mormoro – Ricordavo tante cose che per molto tempo non avevo più avuto in mente. Mi dispiace... di aver rovinato tutto.
- Accetto le tue scuse, Bea – la sua voce non è calda come in passato, tuttavia mi tranquillizza dopo tanta indifferenza – A farmi impazzire era la tua inconsapevolezza di quanto male mi avessi fatto, ma dopo le tue parole di ieri sera ho ridimensionato quello che è successo. È accaduto tanto tempo fa e adesso voglio andare oltre.
Annuisco senza voltarmi.
- Sono venuto per dirti che accetto il tuo dono e che oggi ti saluto senza rancore.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime per quelle parole che mi liberano da una colpa trattenuta troppo a lungo e che al contempo mi congedano definitivamente da una persona che non ha mai smesso di essere importante.
Non mi volto mentre i passai di Lukas si allontanano. Lo lascio andare via così.
 
Quando  mi stacco dalla balaustra è già trascorso un quarto d’ora, ho lasciato che le lacrime mi si asciugassero sulle guance a simbolo di un dolore che mi sono procurata da sola.
Ma quando torno verso il dondolo, mi accorgo di un cerchietto nero appoggiato sopra i cuscini. Lo prendo in mano a fatica, tanto mi tremano le dita, lo rigiro presa da un’improvvisa emozione. E allora vedo anche il biglietto poco più in là.
Riconosco immediatamente la calligrafia di Lukas, anche se sono passati tanti anni.

 

 
"Se c’è qualcosa che senti di dovermi dire riguardo al bacio di ieri... sai dove trovarmi.
 Ti aspetterò fino a stasera."

 

 
Se c’è qualcosa che sento di dovergli dire riguardo al bacio di ieri..?
Mi stringo il biglietto al petto convulsamente, in preda ad ansia e agitazione. È chiaro che con il mio gesto e con le parole che l’hanno accompagnato, devo aver risvegliato degli interrogativi in Lukas.
Ma io voglio dargli risposte?
Sì, lo voglio.
Non è più tempo di ritrosie, non voglio più ricorrere a infantili mezzucci. Assesterò una batosta a quel maledetto orgoglio che mi ha impedito finora di parlare!
Sfilo le ciabatte e indosso le scarpe da ginnastica, poi inizio letteralmente a correre verso la foresta. Non so cosa dirò, una volta arrivata. Voglio solo ritrovarmi là, al grande masso con Lukas, come un tempo.
Arrivo trafelata, sudata fradicia e piegata in due da una fitta al fianco. Lukas è seduto in cima al masso e mi osserva stupito, come se non si fosse aspettato di rivedermi davvero.
Mi arrampico accanto a lui ansimando come un treno a vapore.
- Ho detto che ti avrei aspettato fino a sera, non c’era bisogno di correre così tanto.
- Non volevo perdere il coraggio prima di arrivare. – Allungo una mano e gli porgo l’anello. Lo prende e lo infila al dito.
In silenzio studia il mio volto, attorno a noi le piante fremono al vento. L’aria profuma di acqua e resina. Non riesco a credere di essere veramente qui con Lukas, ho sognato questo masso e questo momento per decine di notti in questi anni. Talmente tante volte che ora devo ricordarmi tutto quello che è accaduto negli ultimi tre giorni, per essere certa che sia vero.
- Sei cambiata, Bea – mi dice all’improvviso, facendomi sussultare – Ti trovo diversa, più consapevole.
- Più matura? – azzardo. Il calore del corpo di Lukas è confortante, mi raggiunge nonostante lo spazio che ci separa. Lo spazio minimo concesso dal masso.
- Sì, credo di sì – mormora, con un accenno di sorriso.
Mi stringo le ginocchia con le braccia e chiudo gli occhi.
- Lo so, sono stata testarda, cocciuta e orgogliosa.
- Quello che mi sono sempre domandato è stato... perché? Perché hai voluto a tutti i costi impormi di parlare? Eravamo amici, non c’erano tante cose che ti nascondevo. I miei sentimenti erano... area privata.
- Non me li avresti mai rivelati?
- Non lo so. C’erano giorni in cui ero convinto che ti avrei parlato, altri in cui pensavo che il mio segreto sarebbe morto con me. Non so cosa sarebbe successo, se non fosse accaduto... quello che è accaduto.
Sospiro. Guardo il lago.
Siamo qui, sul nostro masso. Qui non devo avere paura.
La mano di Lukas è appoggiata poco distante dalla mia, cautamente la copro con le mie dita.
Lui alza gli occhi su di me sorpreso.
- Stavo cercando un modo di... avvicinarti a me - confesso - Non solo come amica, intendo. Ma avevo paura di espormi, di essere rifiutata, di perderti... non so. Qualunque cosa mi sembrava meglio piuttosto di parlarti apertamente. E ho combinato un casino impensabile.
La sua mano trema sotto la mia, mi sembra che diventi più fredda.
- Sarebbe stato più semplice dirmelo – sussurra.
- Sì. È talmente assurdo. Ti ho strappato a forza un segreto che io stessa mi rifiutavo di rivelare. Il mio orgoglio e la mia superficialità hanno fatto danni terribili... per questo oggi voglio calpestarmi pur di essere sincera. Ero innamorata di te. La sono ancora, temo... rivederti è stato shoccante. Non mi nasconderò più Lukas, rifiutami apertamente così non ci saranno altri malintesi.
Lui gira lentamente la mano sottosopra e stringe la mia. Percepisco la sua tensione, la confusione... l’indecisione.
- Volevo diventare custode per stare vicino a te – dice alla fine – Non devo necessariamente prendere il tuo posto, possiamo affrontare la prova entrambi.
- Se diventiamo tutte e due custodi, dovremo abitare insieme alla villa – gli faccio notare – Cioè, potremmo anche fare dei turni, ma...
- Non voglio fare dei turni, Bea.
Deglutisco.
- L’altra notte, quando ho dormito nel mio vecchio letto alla villa, non ho fatto che pensare a te, due stanze più in là – continua -  Non sarei stato così tanto in collera con te, se tu non fossi stata così importante. Ti ho amata e odiata in egual misura, più mi mancavi e ti pensavo, più la rabbia per ciò che mi avevi fatto cresceva. Ma ora la rabbia se n’è andata.
Lascio la sua mano e mi alzo in piedi. Guardo l’acqua. Quanto può essere fredda?
- Affidiamoci al destino – gli propongo – Se riesci a buttarmi oltre quella foglia che galleggia, tenteremo insieme la prova!
Mi sfilo velocemente le scarpe, tolgo la maglietta e i calzoncini al ginocchio. Sono stata tante volte davanti a Lukas in costume da bagno, che la biancheria intima non può metterlo in imbarazzo. Lui si alza a sua volta, si toglie scarpe e maglietta.
È più muscoloso di un tempo, più forte e misurato.
- Qual è la foglia? – mi dice, mentre mi solleva senza sforzo. Il contatto con la sua pelle accelera il mio battito cardiaco. Succedeva anche sette anni fa, ma oggi sono molto più consapevole del mio corpo e del suo.
- Quella larga e gialla – dico.
In un istante sento le sue braccia abbassarsi e  poi lanciarmi di colpo. Faccio appena in tempo a girarmi per cadere in tuffo nell’acqua, così fredda da tagliarmi il respiro a metà. Agito rapidamente i piedi mentre cerco di scaldarmi e un istante dopo un’ondata di schizzi mi travolge, a indicare che Lukas si è buttato poco più in là.
- Che dici, ho vinto? – ansima raggiungendomi.
Mi guardo intorno in cerca della foglia gialla, ma non si vede da nessuna parte.
- Forse l’abbiamo affondata, temo che dovremo ritentare.
- D’accordo – dice lui e mi passa una mano dietro alla schiena. Pelle contro pelle, non so più se il mio corpo trema per il freddo o per Lukas.
- Non dovrò aspettare altri sette anni per un bacio, vero? – mi chiede, aumentando la stretta.
- Non lo so. Dipende da quanto lontano riuscirai a gettarmi la prossima volta!
Lui ride. Sono mille secoli che non sento la sua risata, il suo petto vibra contro il mio, i capelli neri gli si appiccicano ostinatamente alle guance regalandogli un aspetto innocente.
- D’accordo, baciami – concedo.
Lui si stacca – Neanche per idea, dobbiamo guadagnarcelo! Avanti, pronta al lancio?
Lo seguo mentre nuota fino al masso, frustrata e felice al contempo. Stavolta volerò così lontano da non lasciare nessun dubbio e poi lo bacerò talmente a lungo da esaurirgli tutta l’aria nei polmoni.
Oh, lo so, non è che io sia cambiata proprio del tutto in questi anni: litigheremo ancora e forse ci feriremo a vicenda.
Ma chiederò scusa, sempre.
Lo farò ogni volta che una mia parola o un mio gesto scuriranno di dolore i suoi occhi. Adesso so che posso farlo.
- Pronta? – dice lui, sollevandomi da terra.
Apro le braccia, mi metto in posizione e poi... sto volando! Per un istante rimango così, appesa al cielo, tra le nuvole e il lago.
Questa volta lo so, arriverò più lontano di qualunque confine.
 
  
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