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Autore: toasterxx    28/11/2012    6 recensioni
Una ragazza, Jane cerca di far cambiare in meglio Justin, stufa dei suoi comportamenti che in un modo o nell'altro la riguardano. Col passare del tempo scopre la causa di quell'atteggiamento menefreghista e misterioso del ragazzo, costruendone un rapporto. spero vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: AU | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti
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Mi avvicinai alla porta marroncina, quella che ero abituata ormai a vedere tutti i santi giorni, impugnai la maniglia fredda girandola, e rimasi ancora qualche secondo lì bloccata. Poi finalmente entrai in casa. L'aria era accogliente: c'era profumo di rose, il solito profumo che c'è in casa, un calduccio che proveniva dal camino in fondo al salotto rendeva tutto ciò perfetto. 
 
''Come spieghi questo ritardo?'' disse mio padre, riportandomi alla realtà. Alzò leggermente gli occhi dal giornale, non dandomi neanche tempo di entrare in casa. 
 
Diedi una spinta con la mano alla porta alle mie spalle, lasciando che si chiudesse da sola. Poi avanzai verso le scale di fronte a me, senza dar peso alle sue parole.
Manco fossi andata chissà dove, ero a scuola. 
 
''Mi hanno trattenuto, nulla di che'' dissi saltellando i gradini, per fare più in fretta, in modo da evitare il discorso. Girai l'angolo verso camera mia, per poi lasciare cadere la borsa sull'uscio della porta. Nel frattempo, dalla stanza affianco, uscì di fretta Timmy, mio fratello. Era un tappo, anche se aveva solo otto anni. Non lo sopportavo, e i miei genitori spesso mi obbligavano a guardarlo, quando loro uscivano per andare a lavoro. Si metteva sempre contro di me, faceva di tutto per farmi mettere in castigo.
Non mi guardò neanche. In mano aveva due mostriciattoli, che iniziò a lanciare contro i muri del corridoio. Lo guardai, alzando gli occhi al cielo.
 
''Se me ne arriva anche solo uno, sei morto'' gli sussurrai, cercando di non farmi sentire da mia madre o mio padre. Si girò frettolosamente verso di me, tirando fuori la lingua, per poi fare una pernacchia. Mi guardò soddisfatto e poi ritornò ai suoi giocattoli, lanciandoli ancora ovunque, quasi beccandomi.
Quando odio quel moccioso inutile. 
 
''E perchè mai?'' urlò mio padre dal salotto, rispondendo alla mia frase di prima. Poggiai lo sguardo sul fondo delle scale. Poi controllai l'orologio al di sopra del varco della gradinata, erano quasi le due del pomeriggio, a avevo troppa fame.  
Andai dritta passando in mezzo a mio fratello e ai suoi stupidi giochi, per poi chiudermi in bagno e insaponarmi bene le mani sudate. 
 
''Nulla, una professoressa mi ha chiesto una cosa e ho perso il pullman.''  improvvisai scendendo al piano inferiore. 
Mio padre stava ancora leggendo il giornale, mia madre invece girava qua e la per la cucina, stava preparando il mio pranzo. 
 
''Cosa ti ha chiesto la professoressa? Questa cosa poteva chiedertela in un altro momento, invece che farti perdere il pullman,però'' disse mia madre, sottolineando la parola 'cosa'.
 
Mi andai a sedere in una sedia, spingendola con il piede verso la tavola, e sorseggiando un bicchiere d'acqua. ''Nulla mamma, solo se potevo dare una mano ad un ragazzo della mia classe, visto che vado bene a scuola.'' ovviamente mi stavo inventando ogni cosa, però dovevo dare qualche soddisfazione a quei due. Feci una breve pausa, poi continuai. ''ma ha cambiato subito idea, dicendo che quel ragazzo avrebbe fatto ripetizioni, quindi non ce ne sarebbe stato bisogno''
alzai lo sguardo facendo un finto sorriso a mia madre, che soddisfatta tornò a cucinare. 
 
 
Era pomeriggio, mi ero appena svegliata dopo una bella dormita, e non avevo assolutamente voglia di fare i compiti. Controllai l'orologio del telefono, erano le quattro e mezza, e presto mia madre sarebbe andata a lavoro, e mi avrebbe lasciato con quella sottospecie di bambino, da sola, visto che mio padre era andato a lavorare qualche ora fa.  
Uscii dalla mia stanza e camminai lungo il corridoio vuoto e silenzioso fino al bagno, per sciacquarmi la faccia. 
Alzai la testa, guardandomi allo specchio di fronte a me. 
Non riuscivo a vedere nulla di particolare in me. Occhi castani, capelli tendenti al biondo. Scossi la testa e tornai in camera. 
'Domani devo assolutamente parlare con quello stronzo' pensai, ricordando dove mi aveva lasciata marcire la mattina stessa.
 
''Jane!'' urlò mia madre, prolungando la 'a'. ''Scendi un secondo'' disse poi a tono normale. 
 
Alzai gli occhi al cielo. Probabilmente, anzi, sicuramente, mi avrebbe detto che sarebbe andata a lavoro, e che dovevo guardare Tim. 
E cosi fece. 
 
''Vedi di non trattarlo male, ok?'' aggiunse poi. ''Non fare la sorella rompipalle, Jane'' raccomandò con un tono nervoso, quasi rimproverandomi per qualcosa che non avevo -o che lei non sapeva che avrei- fatto. ''No, tranquilla mamma'' sospirai, fissandola dritta negli occhi, sostenendo lo sguardo finchè non tornò a rovistare nella sua borsa, in cerca delle chiavi. 
''Stronza'' sussurrai piano girandomi, sperando che non mi avesse sentito. Quando mi resi conto che ero al sicuro, che non aveva sentito la parola appena detta, ripresi a camminare verso le scale, tornando al piano superiore. ''Ciao'' mi urlò dopo poco, e risposi al saluto. 
Quando sentii la porta d'ingresso chiudersi, mi gettai a peso morto nel letto. Mi girai verso la finestra chiusa alla mia destra, il cielo è nuvoloso, neanche un raggio di sole. 'Questo tempo fa venire ancora più sonno' pensai. Infilai la mano sotto al cuscino, estraendo il telefono da sotto di esso.  
 
''A Lucy: vieni da me?''  almeno avrei fatto qualcosa durante quel lungo pomeriggio nuvoloso. 
Probabilmente Timmy dormiva. O giocava alla play station. Anzi no, ero sicura stesse dormendo, la casa era troppo silenziosa. Magari quell'idiota mi stava preparando un'attentato, dove avrebbe iniziato a lanciare tutti i suoi giocattoli contro di me, a quel punto gliele avrei date.  
Sentii il telefono vibrare.
 
''Da Lucy: Non posso dolcezza. Mia madre vuole che oggi studi tutta quella merda per domani!'' 
 
Ah, perfetto. La stessa cosa che dovrei fare anche io, ma che non avevo la minima intenzione di fare. Non avevo voglia di stare a casa a non fare niente, e nemmeno a studiare. All'idea di alzarmi dal letto mi pesavano le gambe, ma nonostante ciò mi alzai dal letto decisa, stringendo il labbro superiore e quello inferiore tra di loro. 
Cautamente aprii la porta di camera di mio fratello, sbucando con la testa, e notai che dormiva tranquillo sotto le coperte calde. Richiusi la porta facendo attenzione a non fare il minimo baccano per non farlo svegliare. 
 
Tornai in camera mia raccogliendo la giacca che avevo gettato sul letto qualche ora prima, poi mi avviai in silenzio giù per le scale, uscendo fuori nel mio cortile.
Per sbaglio chiusi la porta velocemente, senza fare caso al rumore che avevo causato con quel gesto. Imprecai mentalmente alzando gli occhi al cielo, dopo aver sentito quel baccano. 'spero non si sia svegliato' pensai. Mi allontanai dalla casa, girandomi un'ultima volta verso la finestra di camera di mio fratello, sperando non si fosse svegliato e non mi avesse visto. 
Non avevo ancora la più pallida idea di dove andare o cosa fare, e appunto per questo inizai a camminare lungo i quartieri freddi di quel pomeriggio. 
'Potrei andare al parco' pensai, svoltando l'angolo che conduceva a quella destinazione. Completai il tragitto arrivando all'ultima curva prima del parchetto. 
Quella zona è bellissima. Il parco è enorme, tutto verde con fiori di ogni colore. Da un'aria allegra. La in mezzo c'è un laghetto e intorno un sacco di panchine, vado spesso lì. 
Stavo per attraversare l'ultima strada prima dell'entrata, quando sentii delle urla, e insintivamente mi girai. 
 
''Sei un coglione! Ora sparisci da questa casa, e torna dopo cena!'' 
 
Mi spostai accostandomi dietro un muretto, scendendo qualche scalino, per continuare a spiare la situazione ma nello stesso tempo non farmi riconoscere. Sulla porta c'era un uomo, sulla quarantina, che urlava verso la strada. Sembrava disperato, insultando il povero malcapitato. Spostai la testa leggermente, per guardare chi fosse la vittima. Diressi il mio sguardo verso la strada, verso la direzione nel quale l'uomo urlava tutti gli insulti possibili. Poi vidi una persona. Un ragazzo, per essere precisi. Puntai il mio sguardo su di lui, che guardandosi i piedi camminava sul marciapiede, senza neanche più ascoltare gli insulti dell'uomo, che continuava ad urlare. 
Finita la scenata, l'uomo ritornò in casa, sbattendo la porta, e in quel momento salii le scalette e tornai ad attraversare la strada dirigendomi verso il parco. 
Continuavo a guardare il ragazzo, probabilmente anche lui stava andando lì. 
Fissava la strada sotto ai suoi piedi, con il cappuccio che lo copriva perfettamente. Stringeva i pungi che scendevano lungo i suoi fianchi. Poi tirò un calcio ad una lattina che qualcuno aveva lasciato lì, facendola rimbalzare in mezzo alla strada.
Come avevo già intuito, il ragazzo entrò nel parco davanti a me, sedendosi su una panchina affianco al laghetto, sembrava furioso. 
Era rivolto in avanti, con la schiena piegata che si fissava ancora i piedi. 
 
Entrai anche io nel parco, con l'obiettivo di sedermi il più distante da lui possibile, per evitare sfuriate contro di me. 
Stavo passando accanto a lui, girando intorno al laghetto. Lo stavo fissando incuriosita, quando pestai una foglia, che richiamò subito l'attenzione del ragazzo, che alzò la testa. 
Lo riconobbi subito. Biondo, sguardo perso nel vuoto, era Bieber. I suoi occhi erano rossi, probabilmente si stava sfogando piangendo. 
Anche lui mi riconobbe subito, e non perse tempo per voltarsi da un altra parte, tornando a fissare il pavimento sotto ai suoi piedi. 
Rimasi a fissarlo ancora per un po, sedendomi nella panchina parallela a lui. 
'chissà che casino aveva combinato per farsi dire quelle cose' pensavo, cercando di non fissarlo a lungo. Avevo l'istinto di alzarmi, di ricordargli quanto se lo fosse meritato, qualsiasi cosa gli fosse accaduta, stavo per alzarmi, lo avevo beccato nel suo unico momento di debolezza, ma mi venne solo una fitta al cuore quando lo sentii singhiozzare, mentre piangeva. 
Si coprì il viso con mano, rendendosi conto del gemito che aveva appena fatto, poi dopo qualche secondo si alzò, e attraversò la strada dove ero passata io qualche secondo fa, girando verso la città. Dovevo seguirlo?


 
giorno bitches. c':
come state? alors, come potete vedere (?) ho finalmente aggiornato. lol
si, 'sto capitolo sarà ancora un po' così,
ma dal prossimo inizierà a movimentarsi. kjhgds
purtroppo ho solo tre recensioni nel capitolo precedente, 
però ho deciso che devo arrivare almeno a cinque in questo per poi continuare, 
okay? come vi è sembrata? uu
quindi susususususu recensite dai. se me lo chiedete, ricambio in qualche modo. uu
adios, ci vediamo al prossimo. per informazioni (?) lol contattatemi su twitter. sono @darkinkasdfg c:
byeeeee. ekjhgf
  
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