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Autore: Party Poison    28/11/2012    1 recensioni
Sequel di Our never ending story. Ho deciso di continuarla partendo esattamente cinquant'anni dopo da dove li abbiamo lasciati. Sono sempre più uniti ma come sempre i problemi non mancano.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1                                                             Introduction – 50 years later

 
Se il principio della loro storia è stato direttamente raccontato dai loro figli, stavolta è il mio turno, assumendo il ruolo di narratrice esterna. La storia parte esattamente cinquant’anni dopo il loro matrimonio, dove Gerard ha ottantasette anni e Frank ne ha ottantatre.

Questi dovrebbero essere i loro anni d’oro e lo erano fino a quattro anni fa. Insomma avevano totalizzato quarantacinque o forse più anni di matrimonio e i figli gli erano immensamente grati per aver fatto di tutto per tenerli nonostante non fosse una cosa normale la loro nascita, per averli protetti quando li deridevano, ma, come ho detto prima, i problemi sono iniziati quattro anni fa.

Frank ogni tanto si dimenticava le cose ma era più che normale alla loro età, e questo capitava anche a Gerard, specialmente se gli chiedevano fatti successi tempo addietro; però ultimamente a Frank succedeva troppo spesso. Dimenticava tutto, anche quello che poteva aver fatto cinque minuti prima. A volte guardava Gerard con gli occhi persi e sofferenti, come se volesse essere salvato da qualcosa. L’unica cosa che Frank voleva era che gli rimanessero impressi nella memoria i loro ricordi. Non voleva dimenticarsi di tutto, non voleva scordarsi i loro momenti belli, specialmente quelli brutti perché ne avevano vissuti davvero pochi e li voleva conservare.
I My Chemical Romance si erano persi di vista. Mikey veniva a fargli visita ogni un paio di mesi ma Ray non si vedeva quasi più e Frank non riusciva quasi più a riconoscerlo quando andava a trovarli a Natale. Si incontravano tutti insieme solo il 25 dicembre, Ray non lasciava più la sua casa. Voleva morire proprio dove era morta Christa tre anni prima per infarto.

Ritorniamo agli Way-Iero. Gerard si era poi deciso di portare il marito dal medico, che gli aveva diagnosticato il morbo di Alzheimer al quinto stadio su sette. Era quasi il più alto, proprio come pensava. In quel momento Frank era cosciente e aveva capito ogni cosa: tutto della sua vita sarebbe andato sfumando, fino a diventare una nuvola senza fine, e ci sarebbe stato anche un momento in cui la nuvola se ne sarebbe andata, sarebbe sparita, e avrebbe combaciato anche con un altro momento. La sua morte.

Gerard lesse nei pensieri di suo marito, come se gli fossero stati chiari sin dall’inizio. Gli prese una mano velocemente, per la velocità che un ottantasettenne poteva avere.

“Non lo permetterò”. Era la stessa frase che gli aveva detto quando Frank voleva donargli il suo cuore.
“È inevitabile. È proprio l’unica cosa che non puoi impedire o fermare o in qualche modo ritardare”, gli portò una mano al volto, “la nostra vecchiaia insieme, Gerard, è la prova che le coppie perfette esistono, che noi siamo noi e che lo saremo sempre, anche dopo la notte. Abbiamo affrontato sempre tutto senza tirarci mai indietro e questo ci ha resi forti. Se un giorno la morte arriverà per portarmi via con sé, gli tenderò la mano e mi lascerò guidare. Quel giorno saprò di aver vissuto tutta una vita con te e sarà uno dei giorni più belli della mia vita. Spero che tu capisca la mia concezione di morte”.
Nessuno poteva portargli via il suo Frankie ma il suo ragionamento non faceva una piega, e sì, capiva il suo punto di vista. Si diressero a piedi dai loro figli, che avevano fatto ritrovo a casa di Bandit.
“Dove stiamo andando?”, chiese Frank.
“Da Bandit e Arthur. Dobbiamo informarli della tua visita e della tua attuale condizione”.
“E chi sarebbero quei due che hai appena nominato?”
“Come chi sono? Sono i nostri due figli”. Gerard era alquanto perplesso, ma Frank non sembrava essere da meno.
“Noi non abbiamo dei figli”.

Questa dimenticanza grave non era che la prima di una lunga serie.

Poteva sentirsi negare tutto Gerard ma non il fatto che non avessero dei figli. Sentirgli proferire quelle parole gli provocò una fitta al cuore senza eguali. Come se avessero preso un ago e avessero continuato a infilarlo e poi a toglierlo.
Poteva essere vecchio, poteva non avere più i suoi capelli color del semaforo che aveva un tempo, non avere il fisico di una volta, l’agilità o quant’altro, ma un cuore e una ragione sì. Effettivamente erano le uniche cose di lui che erano rimaste e non erano cambiate. E che non sarebbero mai cambiate.
“Come sarebbe a dire che noi non abbiamo dei figli?!”, lo guardò ad occhi spalancati.
“Suvvia Gerard, non è che hai delle allucinazioni?”
“Amore mio, Bandit Lee e Thomas Arthur. Questi due nomi non ti dicono proprio nulla?
“Nulla. Dovrebbero?”
“Cherry, Lily, Miles?”. Era l’ultimo tentativo.
“Loro sì, sono i figli di una donna che abitava vicino a me quando non ero ancora sposato con te. Loro cosa centrano?”
“Anche loro sono tuoi figli, e quella donna era tua moglie prima che tu ti sposassi con me”
“Stai dando completamente i numeri. Sicuro di sentirti bene? Io non ti ho mai tradito né tantomeno lasciato né sposato prima, tranne che con te ovviamente”.

Gerard si arrese completamente. Forse se glieli avrebbe mostrati si sarebbe ricordato qualcosa. Dopo che furono giunti da loro, Frank rimaneva sempre perso e quando lo chiamarono ‘papà’ lo fu ancora di più, a tal punto che volle andarsene per ritornare a casa. Gerard non voleva stressarlo o confonderlo, così ritornarono al loro appartamento e si misero sul divano insieme.
Frank ebbe un bagliore di memoria, nel frattempo aveva tra le mani una loro foto insieme.
“Gee, ti ricordi quando facevamo l’amore?”
“Sì, tesoro, me lo ricordo”. Una lacrima gli imperlò il volto, riportandolo per un momento a quei tempi in cui quando andavano in tour si nascondevano o si assentavano per ore per ritagliarsi un po’ di tempo insieme.
“Ti ricordi anche quando il giorno del tuo compleanno ti chiesi di sposarmi in presenza dei nostri figli?”, gli stava sorridendo ma non staccava gli occhi dalla fotografia, poi si tolse la fede e iniziò a giocarci e rilesse la data del loro matrimonio.  12 giugno 2015
- ma allora si ricordava di loro! – “Certo che sì, è stato uno dei momenti più belli della mia vita con tutta la nostra famiglia al completo”.
Per un attimo Frank si perse e prese a piangere violentemente, scosso da tremori.
“E perché hai deciso di lasciarmi? Non volevamo forse morire insieme?”
“Frankie, io sono qui, non sono morto”, gli accarezzò il volto.
Frank si allontanò di scatto. “E tu chi sei? Cosa ci fai in casa mia?”
“Amore mio, sono Gerard. Il tuo Gee”.
“Gerard Way è molto da tanto tempo ormai. Chi sei?”

A Gerard cominciava a mancare l’aria. Non riusciva più a respirare. La gola era come se si stesse stringendo. Si alzò di scatto e andò in bagno a piangere, lasciando Frank da solo sul divano con tra le mano la loro fotografia .

Come poteva crederlo morto? Alzheimer sì, ma questo per lui cominciava ad essere troppo.
  
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