Trecentoottantasette
Гражданская Война
Сибирячка
Graždanskaja Vojna
Sibirjačka
La guerra civile
siberiana
Третья Часть
Tret’ya Čast’
Parte Terza
Krasnojarsk è
nostra, Capitano
No, I
cannot forgive you yet
No, non posso ancora perdonarti
Father,
if Jesus exists
Then how come he never lived here?
Padre, se Gesù esiste
Perché non è mai venuto a
vivere qui?
(All This Time, Sting)
[...]
Io
che vorrei
Averti qui
Nel mio deserto di speranze
Come farò
Senza di te
In questo cielo all’orizzonte?
(Maledetto ciao, Gianna Nannini)
Krasnojarsk, 17 Marzo 1844
Venticinquesimo compleanno di Feri
Desztor
Per non morire oggi son tornato qui
E mentre richiudevo il tuo cancello
mi son chiesto:
“Chissà se lei mi prenderà così
Chissà se crederà
Che ho combattuto giù in città”
(Cincinnato, Claudio Baglioni)
Erano da poco scoccate le
tre del pomeriggio, quando un rumore di zoccoli annunciò l’arrivo della
cavalleria leggera di Krasnojarsk.
Jànos cercò con lo sguardo
suo fratello, che gli sorrise, più serafico che mai.
Stava fumando una
sigaretta, e intendeva finirla.
Avevano forse fretta di essere sconfitti, gli
ussari dello zar?
Si era procurato un
cavallo solo pochi minuti prima, e non vi era ancora salito, ma, mentre fumava,
gli accarezzava distrattamente la criniera scura.
-Feri, stanno
arrivando...- insistette Jàn.
-Hai paura?- gli chiese di
rimando Feri, impassibile.
-No, ma... Non
dovremmo...-
-No. Noi non siamo agli ordini dello zar. Li abbiamo aspettati tanto, per diciannove giorni...
E loro non possono
aspettare ch’io finisca una sigaretta?
Tanto, Jàn, non c’è
storia. Oggi la facciamo noi, la storia-
Ho sognato una strada
Che si ferma su un ponte
E che di là da un muro alto
Corre l'orizzonte
Mi ci vorrebbe una scala
Mi ci vorrebbe una luce
Mi ci vorrebbe il coraggio
Di dare una voce
(Ho sognato una strada, Ivano
Fossati)
Quanto spreco di sfarzo,
quegli ussari.
Le belle divise celesti
che Pál e Csák avevano praticamente consumato, durante il loro servizio
militare, addosso ai soldati zaristi scintillavano di bucato.
Le lucidissime sciabole
sguainate riflettevano l’intensa luce del bianco cielo siberiano, come sempre
carico di neve, e perfino i fucili parevano nuovi, esageratamente lussuosi.
Quello di Feri era stato
di Kolnay, e non era nemmeno uno dei modelli migliori -costavano cari, i modelli migliori-, ma con quel fucile, il vecchio fucile di suo padre, Feri
Desztor intendeva conquistare l’intera Russia.
A partire dalla Siberia,
dalla Krasnojarsk di Lys.
In quella Siberia che distruggeva il corpo e
l’anima dei suoi prigionieri, sarebbe nata la Libertà.
Voglio salvarmi anch'io
Che ho sognato il perdono
E un soldato di vent'anni
Che sparava a un uomo
Che aspettava in piedi
Noi si chiedeva la pace
E si riceveva la guerra
Lacrime per il petrolio
Sopra tutta la terra
(Ho sognato una strada, Ivano Fossati)
Quando la cavalleria
leggera di Krasnojarsk fu ormai a pochi sazhen’ da lui, Feri estrasse dalla
tasca dei pantaloni un foglietto stropicciato e ripiegato più volte, un
foglietto che l’avrebbe seguito anche sul patibolo, il 14 Dicembre 1848, almeno col ricordo.
Il ritratto di Natal’ja, su cui spense la sigaretta.
Proprio sul suo cuore.
Jànos, poco lontano, lo
guardava con il cuore in gola.
Gli occhi neri del
Capitano indugiarono su quelli chiari dipinti della fiammiferaia, e per un
attimo si persero, le sue dita tremarono sulla carta che, pur sotto i fiocchi
di neve che cadevano da ore, pareva bruciare, bruciare perché c’era sopra lei.
-Capitano! Porto avanti la
sòtnia?- gli gridò Lörinc dall’altra parte della strada, e a un cenno
affermativo, a dir la verità non troppo partecipe, di Feri, fece un cenno ai
suoi Cosacchi.
Con le šaške fieramente
levate al cielo, i tremila Kazaki di Petropavlovsk intonarono il loro Gu-Rai!, dunque si lanciarono al
galoppo, dietro al loro sòtnik, l’ardito diciannovenne Lörinc Csarabàs, forse il
più entusiasta di tutti loro, dopo anni di allenamenti con Iljodor
Nikolaevič Zirovskij e tutte le sere volate a sognare sulle pagine di Taras Bul’ba di Gogol’.
Pochi minuti dopo partirono
anche i quattromila dell’ataman Taras Emel’janovič Äşirbekov, mentre
Feri teneva gli occhi ancora fissi sul ritratto.
-Puoi incantare e sposare tutti gli eroi che vuoi,
Nataljetshka...
Ma tu sarai sempre e solo una miserabile
fiammiferaia.
Hai il sangue di un eroe, ma il corpo e il cuore di
una sgualdrina...
Tu tutto questo per amore non saresti mai riuscita
a farlo-
9 Febbraio 1834.
Я буду
любить тебя
вечно, мой
Капитан.
Ya budu lyubit’ tebjá večno,
moy Kapitan.
Ti amerò per sempre, mio Capitano.
Ecco cosa pensava Lys
dieci anni prima.
Ecco cosa giurava.
Ecco cosa gli aveva scritto dietro il ritratto.
-Tanto non tornerai,
любимоя...-
Lyubimoya, amore mio.
-A cosa mi serve
conservare il ritratto di quando eri mia?-
Quando tutta la cavalleria
leggera di Krasnojarsk fu ordinatamente schierata davanti a lui, con quelle
parole vibranti di rabbia, Feri stracciò il ritratto di Natal’ja, lo fece davvero.
Lasciò cadere i frammenti
di carta sulla neve, vi sputò sopra con tutto il rancore e il disprezzo per
quella maledetta biondina che gli si
era annidato nel cuore in quei dieci anni, e infine, calpestandoli con i suoi
stivali, disse addio per sempre alla Natal’ja innamorata di lui, alla Natal’ja sincera del 1834.
Tanto non sarebbe tornata.
E lo so, tu vuoi me
E hai paura di me
E mi vorresti un altro uomo
E lo so, tu vuoi me
E hai paura di me
E la parola giusta non è perdono
Perché non c'è mai perdono
Perché il rancore è più forte del perdono
Perché il rancore è più forte di un uomo
Amore degli occhi
Che occhi avrai
Quando d'affanno e d'incanto
Fatto il giro del tempo
Dopo aver corso e cercato tanto
Ti risveglierai?
Sai già bene fin d'ora
Ma saprai meglio allora
Che non è mai finita
Perché non è mai finita
Perché se il rancore era un'altra vita
Se era un altro uomo...
(Amore degli occhi, Ivano Fossati)
Gli ussari zaristi non se
l’aspettavano, di trovare Feri Desztor ancora giù dal cavallo.
Lui non li aveva ancora
degnati di uno sguardo, eppure la battaglia, la prima battaglia della Guerra Civile Siberiana, era cominciata,
l’aveva cominciata Lö.
E Feri quasi non se ne
accorgeva, del clangore delle sciabole, dei colpi di fucile.
Forse aveva sbagliato,
Alja, a scrivere dietro al ritratto мой
Капитан.
Avrebbe dovuto scrivere мой Feri, мой
Feri e basta.
Non assomigliava a un
Capitano, Feri, in quel momento.
Sembrava solo un bambino
triste, tradito, deluso.
Eppure...
-Feri! Ti sei completamente rincretinito?!-
Gli ussari zaristi
sgranarono gli occhi.
Come poteva un Capitano permettere che qualcuno gli
si rivolgesse così?
Ma quel qualcuno era Jànos Desztor, e non c’era
poi molto di che stupirsi.
Feri sorrise, a quelle
parole, e Jàn lo interpretò come un igen.
Ma d’un tratto il Capitano balzò sul cavallo e, raccolto
il fucile momentaneamente appoggiato sulla neve, si lanciò nel combattimento.
Il vuoto che aveva avvertito all’altezza del cuore
quando aveva stracciato il ritratto di Lys si poteva colmare solo col sangue
dello zar.
Se non oggi
Decidi tu quando
Solo un'altra notte sarai di nuovo mia
Come una bestemmia nascosta in fondo a un messale
Un uomo è feroce se vuole quello che non è suo
(Se non oggi, Ivano Fossati)
[...]
Se i grandi ottusi della Terra
Ci trascinano a fondo
Sarà che giorno dopo giorno
Avrò sognato troppo a lungo
Ah, se passasse questo buio
Come si ammaina una bandiera
Come si ammaina l'orgoglio
Alla stessa maniera
(Ho sognato una strada, Ivano
Fossati)
Aveva affondato la
sciabola mille volte, immaginando di distruggere con la sua lama il cuore di
Natal’ja...
Aveva sperato, quando un
colpo di fucile l’aveva scaraventato giù dal cavallo, di cadere sui frammenti
del suo ritratto.
Guardò il suo sangue
espandersi sulla neve e vide il riflesso di Lys, o forse lo inventò, come sempre.
Sarebbe anche morto, lui.
Solo per sentirsi dire
queste parole.
-Krasnojarsk è nostra, Capitano-
Ho comprato una strada
In mezzo alla foresta
Prego per questi alberi
E prego per la mia testa
Mi sono fatto una strada
E ho costruito un ponte
E vi dico che aspetto l'angelo
Dall'orizzonte
Io
sì
(Ho sognato una strada, Ivano
Fossati)
Note
No, I cannot forgive you yet - No, non posso ancora perdonarti: I Should
Have Known, Foo Fighters.
Dio, quanto adoro questa
canzone... Per Feri e Lys è perfetta, davvero ;)
Allora, che dire di questo
capitolo...
Che Feri faccia qualcosa
senza pensare a Natal’ja è escluso, lo sapete.
Questa volta, però, è
stato più forte di lei...
O quasi.
Lui il ritratto di Lys sul patibolo se
lo porterà davvero, ma non sarà più quello del ’34, ovviamente...
Sarà uno dei tanti altri
dipinti dopo, perché l’ultimo
risalente all’anno in cui lei era ancora sua -almeno prima di conoscere Gee a
Novembre-, lui l’ha distrutto, ha deciso
così.
Ma Krasnojarsk l’ha
conquistata lo stesso.
L’ha conquistata per lei.
Perché Krasnojarsk è la
sua città, e lui vuole regalarle la sua città, la città in cui è nata ma che è
sempre stata dello zar, vuole regalarle la libertà, la libertà dell’intera
Siberia, la libertà e il futuro dell’intera Russia.
Spero davvero che vi sia
piaciuto ;)
A presto!
Marty