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Autore: Natalja_Aljona    28/11/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentoottantasei





Trecentoottantasette

Гражданская Война Сибирячка

Graždanskaja Vojna Sibirjačka

La guerra civile siberiana

Третья Часть

Tret’ya Čast’

Parte Terza

Krasnojarsk è nostra, Capitano

No, I cannot forgive you yet

No, non posso ancora perdonarti

 

Father, if Jesus exists
Then how come he never lived here?

 

Padre, se Gesù esiste

Perché non è mai venuto a vivere qui?

(All This Time, Sting)

 

[...]

 

Io che vorrei

Averti qui

Nel mio deserto di speranze

Come farò

Senza di te

In questo cielo all’orizzonte?

(Maledetto ciao, Gianna Nannini)

 

Krasnojarsk, 17 Marzo 1844

Venticinquesimo compleanno di Feri Desztor

 

Per non morire oggi son tornato qui
E mentre richiudevo il tuo cancello mi son chiesto:

“Chissà se lei mi prenderà così

Chissà se crederà

Che ho combattuto giù in città”

(Cincinnato, Claudio Baglioni)

 

Erano da poco scoccate le tre del pomeriggio, quando un rumore di zoccoli annunciò l’arrivo della cavalleria leggera di Krasnojarsk.

Jànos cercò con lo sguardo suo fratello, che gli sorrise, più serafico che mai.

Stava fumando una sigaretta, e intendeva finirla.

Avevano forse fretta di essere sconfitti, gli ussari dello zar?

Si era procurato un cavallo solo pochi minuti prima, e non vi era ancora salito, ma, mentre fumava, gli accarezzava distrattamente la criniera scura.

-Feri, stanno arrivando...- insistette Jàn.

-Hai paura?- gli chiese di rimando Feri, impassibile.

-No, ma... Non dovremmo...-

-No. Noi non siamo agli ordini dello zar. Li abbiamo aspettati tanto, per diciannove giorni...

E loro non possono aspettare ch’io finisca una sigaretta?

Tanto, Jàn, non c’è storia. Oggi la facciamo noi, la storia-

Ho sognato una strada  

Che si ferma su un ponte 

E che di là da un muro alto 

Corre l'orizzonte 

Mi ci vorrebbe una scala 

Mi ci vorrebbe una luce 

Mi ci vorrebbe il coraggio 

Di dare una voce

(Ho sognato una strada, Ivano Fossati)

 

Quanto spreco di sfarzo, quegli ussari.

Le belle divise celesti che Pál e Csák avevano praticamente consumato, durante il loro servizio militare, addosso ai soldati zaristi scintillavano di bucato.

Le lucidissime sciabole sguainate riflettevano l’intensa luce del bianco cielo siberiano, come sempre carico di neve, e perfino i fucili parevano nuovi, esageratamente lussuosi.

Quello di Feri era stato di Kolnay, e non era nemmeno uno dei modelli migliori -costavano cari, i modelli migliori-, ma con quel fucile, il vecchio fucile di suo padre, Feri Desztor intendeva conquistare l’intera Russia.

A partire dalla Siberia, dalla Krasnojarsk di Lys.

In quella Siberia che distruggeva il corpo e l’anima dei suoi prigionieri, sarebbe nata la Libertà.

 

Voglio salvarmi anch'io

Che ho sognato il perdono

E un soldato di vent'anni

Che sparava a un uomo

Che aspettava in piedi

Noi si chiedeva la pace

E si riceveva la guerra

Lacrime per il petrolio

Sopra tutta la terra

(Ho sognato una strada, Ivano Fossati)

 

Quando la cavalleria leggera di Krasnojarsk fu ormai a pochi sazhen’ da lui, Feri estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglietto stropicciato e ripiegato più volte, un foglietto che l’avrebbe seguito anche sul patibolo, il 14 Dicembre 1848, almeno col ricordo.

Il ritratto di Natal’ja, su cui spense la sigaretta.

Proprio sul suo cuore.

Jànos, poco lontano, lo guardava con il cuore in gola.

Gli occhi neri del Capitano indugiarono su quelli chiari dipinti della fiammiferaia, e per un attimo si persero, le sue dita tremarono sulla carta che, pur sotto i fiocchi di neve che cadevano da ore, pareva bruciare, bruciare perché c’era sopra lei.

-Capitano! Porto avanti la sòtnia?- gli gridò Lörinc dall’altra parte della strada, e a un cenno affermativo, a dir la verità non troppo partecipe, di Feri, fece un cenno ai suoi Cosacchi.

Con le šaške fieramente levate al cielo, i tremila Kazaki di Petropavlovsk intonarono il loro Gu-Rai!, dunque si lanciarono al galoppo, dietro al loro sòtnik, l’ardito diciannovenne Lörinc Csarabàs, forse il più entusiasta di tutti loro, dopo anni di allenamenti con Iljodor Nikolaevič Zirovskij e tutte le sere volate a sognare sulle pagine di Taras Bul’ba di Gogol’.  

Pochi minuti dopo partirono anche i quattromila dell’ataman Taras Emel’janovič Äşirbekov, mentre Feri teneva gli occhi ancora fissi sul ritratto.

-Puoi incantare e sposare tutti gli eroi che vuoi, Nataljetshka...

Ma tu sarai sempre e solo una miserabile fiammiferaia.

Hai il sangue di un eroe, ma il corpo e il cuore di una sgualdrina...

Tu tutto questo per amore non saresti mai riuscita a farlo-

9 Febbraio 1834.

Я буду любить тебя вечно, мой Капитан.

Ya budu lyubit’ tebjá večno, moy Kapitan.

Ti amerò per sempre, mio Capitano.

Ecco cosa pensava Lys dieci anni prima.

Ecco cosa giurava.

Ecco cosa gli aveva scritto dietro il ritratto.

-Tanto non tornerai, любимоя...-

Lyubimoya, amore mio.

-A cosa mi serve conservare il ritratto di quando eri mia?-

Quando tutta la cavalleria leggera di Krasnojarsk fu ordinatamente schierata davanti a lui, con quelle parole vibranti di rabbia, Feri stracciò il ritratto di Natal’ja, lo fece davvero.

Lasciò cadere i frammenti di carta sulla neve, vi sputò sopra con tutto il rancore e il disprezzo per quella maledetta biondina che gli si era annidato nel cuore in quei dieci anni, e infine, calpestandoli con i suoi stivali, disse addio per sempre alla Natal’ja innamorata di lui, alla Natal’ja sincera del 1834.

Tanto non sarebbe tornata.

 

E lo so, tu vuoi me
E hai paura di me
E mi vorresti un altro uomo
E lo so, tu vuoi me
E hai paura di me
E la parola giusta non è perdono
Perché non c'è mai perdono
Perché il rancore è più forte del perdono
Perché il rancore è più forte di un uomo

 

Amore degli occhi
Che occhi avrai
Quando d'affanno e d'incanto
Fatto il giro del tempo
Dopo aver corso e cercato tanto
Ti risveglierai?

 

Sai già bene fin d'ora
Ma saprai meglio allora
Che non è mai finita
Perché non è mai finita
Perché se il rancore era un'altra vita
Se era un altro uomo...

(Amore degli occhi, Ivano Fossati)

 

Gli ussari zaristi non se l’aspettavano, di trovare Feri Desztor ancora giù dal cavallo.

Lui non li aveva ancora degnati di uno sguardo, eppure la battaglia, la prima battaglia della Guerra Civile Siberiana, era cominciata, l’aveva cominciata Lö.

E Feri quasi non se ne accorgeva, del clangore delle sciabole, dei colpi di fucile.

Forse aveva sbagliato, Alja, a scrivere dietro al ritratto мой Капитан.

Avrebbe dovuto scrivere мой Feri, мой Feri e basta.

Non assomigliava a un Capitano, Feri, in quel momento.

Sembrava solo un bambino triste, tradito, deluso.

Eppure...

-Feri! Ti sei completamente rincretinito?!-

Gli ussari zaristi sgranarono gli occhi.

Come poteva un Capitano permettere che qualcuno gli si rivolgesse così?

Ma quel qualcuno era Jànos Desztor, e non c’era poi molto di che stupirsi.

Feri sorrise, a quelle parole, e Jàn lo interpretò come un igen.

Ma d’un tratto il Capitano balzò sul cavallo e, raccolto il fucile momentaneamente appoggiato sulla neve, si lanciò nel combattimento.

Il vuoto che aveva avvertito all’altezza del cuore quando aveva stracciato il ritratto di Lys si poteva colmare solo col sangue dello zar.

 

Se non oggi
Decidi tu quando
Solo un'altra notte sarai di nuovo mia
Come una bestemmia nascosta in fondo a un messale
Un uomo è feroce se vuole quello che non è suo

(Se non oggi, Ivano Fossati)

 

[...]

 

Se i grandi ottusi della Terra

Ci trascinano a fondo

Sarà che giorno dopo giorno

Avrò sognato troppo a lungo

Ah, se passasse questo buio

Come si ammaina una bandiera

Come si ammaina l'orgoglio

Alla stessa maniera

(Ho sognato una strada, Ivano Fossati)

 

Aveva affondato la sciabola mille volte, immaginando di distruggere con la sua lama il cuore di Natal’ja...

Aveva sperato, quando un colpo di fucile l’aveva scaraventato giù dal cavallo, di cadere sui frammenti del suo ritratto.

Guardò il suo sangue espandersi sulla neve e vide il riflesso di Lys, o forse lo inventò, come sempre.

Sarebbe anche morto, lui.

Solo per sentirsi dire queste parole.

-Krasnojarsk è nostra, Capitano-

 

Ho comprato una strada

In mezzo alla foresta

Prego per questi alberi

E prego per la mia testa

Mi sono fatto una strada

E ho costruito un ponte

E vi dico che aspetto l'angelo

Dall'orizzonte

Io sì

(Ho sognato una strada, Ivano Fossati)

 

 

 

Note

 

No, I cannot forgive you yet - No, non posso ancora perdonarti: I Should Have Known, Foo Fighters.

Dio, quanto adoro questa canzone... Per Feri e Lys è perfetta, davvero ;)

 

Allora, che dire di questo capitolo...

Che Feri faccia qualcosa senza pensare a Natal’ja è escluso, lo sapete.

Questa volta, però, è stato più forte di lei...

O quasi.

Lui il ritratto di Lys sul patibolo se lo porterà davvero, ma non sarà più quello del ’34, ovviamente...

Sarà uno dei tanti altri dipinti dopo, perché l’ultimo risalente all’anno in cui lei era ancora sua -almeno prima di conoscere Gee a Novembre-, lui l’ha distrutto, ha deciso così.

Ma Krasnojarsk l’ha conquistata lo stesso.

L’ha conquistata per lei.

Perché Krasnojarsk è la sua città, e lui vuole regalarle la sua città, la città in cui è nata ma che è sempre stata dello zar, vuole regalarle la libertà, la libertà dell’intera Siberia, la libertà e il futuro dell’intera Russia.

Spero davvero che vi sia piaciuto ;)

 

A presto!

Marty

  
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