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Autore: sinful_theatre    29/11/2012    1 recensioni
La storia dell'Elfo del sangue Kriystal è tratta dal videogioco mondiale World of Warcraft. Anticipo il 'tratta da' in quanto per renderla romanzesca è stato neccessario modificare alcuni particolari,a partire dalle ambientazioni ai nomi di tecniche e luoghi. Ho cercato comunque di mantenere il più possibile l'immagine e la magia del mondo di Azeroth per trasmetterla a chi World of Warcraft già lo conosce e a chi invece non ne ha mai avuto a che fare.
Kriystal è un'elfo del sangue femmina che insegue il sogno di divenire una paladina,cosa non ammessa dalle fitte leggi della sua terra natale. Si troverà così nel mezzo di una sorprendente avventura fuori programma che l'avvicinerà passo dopo passo al suo obiettivo,nel bene e nel male.
Sarò lento a postare i capitoli,chiedo perdono in anticipo e spero vi piaccia come mio debutto in ambito fantasy e Fanfiction.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XIII

Eventualità agghiaccianti



Da sempre Kriystal aveva ritenuto il cielo della sua terra natale come il più maestoso e ricco manto stellato di tutta Azeroth. Tuttavia la notte di Orgrimmar la costrinse a ricredersi.
Quando studiava all’accademia del Sole alto Kriystal aveva imparato tutto ciò che era dato sapere sulla complessa costellazione di Azeroth, e con essa la miriade di altri universi al di fuori di esso. Ne era sempre rimasta infantilmente affascinata, ma in quel momento al centro di decine e decine di corpi danzanti e di musica folcloristica fatta di tamburi e corni strappati agli eterni nemici, capì di esser coinvolta in qualcosa di più grande. Non si trattava più di una fuga da casa, né di esser diventata involontariamente complice di un sospettato pluriomicida e ladro di carte, ma il suo destino sembrava riservarle qualche cosa di più.
Seduta a gambe incrociate all’interno di un enorme cerchio composto da razze diverse provenienti da etnie disparate e in passato contrapposte, Kriystal cercava di leggere attraverso le fiamme del falò posto al centro e circondato da suonatori e danzatrici, lodatori e lodatrici di antiche divinità, quale fosse il suo destino.
Divenire un Paladino non significava semplicemente ricoprire una classe, o una carica all’interno di un esercito, o di una compagnia; realizzare il proprio sogno significava prendere le sembianze di una bilancia metaforica col compito di detenere la capacità di pendere ogni volta dalla parte giusta. 
In quel momento il suo sguardo cadde su un Warlock che sedeva al suo fianco e che, come lei, studiava la danza degli abitanti di Orgrimmar e del fuoco.
“Mio padre diceva che il fuoco è l’origine di ogni cosa. Come tu ben sai nessuno come noi Elfi del sangue può comprendere la natura e tutte le sue sfaccettature. Noi viviamo di essa, ci cibiamo della sua energia.
La mia famiglia è ovviamente originaria della capitale e solo in seguito si era trasferita nelle radure ormai abbandonate e semi infestate del Lordaeron. I miei genitori avevano progettato di fare avvenire la nascita del primo figlio in concomitanza con l’inaugurazione della nuova colonia dell’orda stabilitasi nelle ormai sterili pianure del Lordaeron..”
Da poco più di una decina di minuti Vonch stava raccontando ricordi ben definiti e ancora vivissimi in lui circa la sua infanzia e la sua famiglia. Kriystal lo ascoltava con piacere e si concentrava a tal punto sulle sue parole da aver trasformato la musica e i cori intorno a sé in un semplice sottofondo.
“.. la prima volta in cui misi piede a Silvermoon la ricordo alla perfezione. Diciamo pure che fu sicuramente un’accoglienza molto diversa rispetto all’ultima volta in cui ci sono stato, mano caotica la definirei. Mio padre mi ci aveva portato per farmi questo discorso sulla natura e per addentrarmi gradualmente in un mondo fatto di armonia e spiritualità, come di sangue e di dolore. Mi mostrò una ad una le lapidi dei più grandi eroi della nostra terra e mi insegnò ad udire i loro sommessi sussurri. Nessun popolo poteva vantare una tale capacità e un tale numero di campioni.”
In contemporanea con le parole del compagno Kriystal riusciva a riconoscere un proprio orgoglio del far parte di una razza come quella degli Elfi del sangue. Vonch aveva ragione, vantavano di un gran numero di eroi del passato ed erano gli unici capaci di un così intenso rapporto con la natura dallo riuscire ancora a sentire la presenza dei loro cari aleggiare nell’aria.
“In particolare ricordo quando sostammo nell’isoletta di Sole Alto, ora residenza delle famiglie più nobili di Silvermoon” Kriystal arrossì, ma Vonch non parve riferirsi a lei: “ in quel luogo mi spiegò tutto del Pozzo solare e di ciò che un tempo significava per la nostra gente. Ricordo che conosceva moltissimi nomi di compagni caduti in battaglia per difenderne la sua energia. 
Poco dopo mi imbattei finalmente nel vero motivo per il quale mi aveva portato sino a lì: mi inginocchiai su un’enorme monumento in memoria del più grande archetipo del valore della nostra razza. Sai di chi parlo?”
“ Certo! ” Kriystal lo sapeva davvero e si vergognò quando si rese conto che negli ultimi anni era così abituata alla sua residenza a Sole Alto, che passava di fronte a quella scultura senza farci ormai più caso.
“ Inginocchiato di fronte a quel simbolo vidi per la prima volta mio padre scoppiare in lacrime. Non sapevo chi vi fosse seppellito ma non seppi resistere e lo seguì a ruota. Piangevo e piangevo e non riuscivo a smettere. Nell’aria c’era qualcosa di così intenso.”
Kriystal conosceva la sensazione di sostare di fronte alla tomba del primo Re del popolo degli Elfi del sangue, Dath’remar ma non capiva perché Vonch avesse scelto di raccontarlo proprio quell’episodio della sua vita.
“ A volte quando mi sento come questa sera penso a quanto mi piacerebbe tornare in quel luogo. So di interi pellegrinaggi destinati davanti a quella tomba e so di miriadi di creature di ogni razza che si sono inginocchiate ai suoi piedi per pregare e per ricevere consigli..” adesso Kriystal cominciava a capire dove il Warlock volesse andare a parare.
“E penso che mio padre prima di morire abbia pensato a quella tomba, per infondersi coraggio e prendere coscienza del fatto che gli antichi in quel momento erano con lui e lo sostenevano.
Dal giorno dell’attacco non faccio altro che sognare quel monumento ogni singola notte. Ci insegnano sin da piccoli ad ascoltare i consigli degli antichi e ad appropriarcene per produrre qualche cosa di buono nel nostro presente. Il sogno è sempre accompagnato dalle solite parole in un linguaggio che io non riesco a comprendere. Poi cala quella nebbia glaciale e il freddo”. Kriystal riusciva a sentire i brividi sotto la pelle mentre Vonch raccontava. Il compagno era visibilmente travagliato dal giorno in cui aveva perso la sua famiglia. Per un istante il suo pensiero andò alla notte prima e alla piccola e umida cella in cui probabilmente Vonch si era rotolato nei suoi incubi e nelle ragnatele, mentre lei dormiva beata su un morbido materasso con acqua corrente e vestiti puliti. Il Warlock invece indossava la stessa armatura di maglia ormai sgualcita di quando lo aveva conosciuto.
“Mi dispiace di avere dubitato di te” si perdonò lei nella speranza di avere una piccola possibilità di essere perdonata.
“Con quello che ci aspetta è bene che cominciamo ad alzare un muro nei confronti del prossimo, Kriystal. D’ora in poi non fidarti mai di nessuno, in primis di chi ti è più caro”. Kriystal non poté che portare lo sguardo a Soran, seduto al di fuori del cerchio al bancone di una taverna illuminata a candele.
“Tu ti sei fidato di me quando hai deciso di coinvolgermi in tutto questo” 
“Avevo bisogno di qualcuno per trovare aiuto”
“Hai strappato l’occhio a Luzran, vuoi dirmi che avevi già programmato di finire davanti a Thrall?”
“Mio padre si era creato una stretta cerchia di fidati, uno di questi era Thrall. Ero venuto a conoscenza del codice materiale per provare la mia identità di figlio di Lorbton, così me ne sono appropriato.”
Kriystal constatò come tutto sembrasse avere improvvisamente una logica, ma ancora un dubbio l’attanagliava: “Resta il fatto che per prendere l’occhio del guardiano del fosso della morte hai sacrificato la vita dei tuoi cinque compagni d’avventura. Io e Soran eravamo destinati ad una fine simile se non fosse intervenuta la compagnia?” kriystal guardò Vonch negli occhi con determinazione. Dopotutto era normale avere dubitato di lui.
“I miei cinque compagni d’avventura?” Vonch pareva quasi essersi dimenticato della squadra di avventurieri con la quale aveva rapito Kriystal e attuato un’apparentemente fallimentare invasione del Fosso della morte: “quelli non erano miei compagni d’avventura. Li definirei piuttosto compagni di ventura.”
“Compagni di ventura? Cioè mercenari? e ti sembra giusto averli portati in quel luogo pur sapendo che li avrebbe aspettati la morte?” si sentiva così stupida nel porre una domanda così ovvia.
“Erano criminali, Kriystal. Assassini, ladri e farabutti. Erbaccia di Azeroth utile al solo scopo di riportare l’equilibrio tra le cose”. Kriystal sentì il forte tocco di cinismo nelle parole rabbiose di Vonch, ma non trovava alcuna ragione sul momento per dargli torto. Se ciò di cui si era in parte discusso nel pomeriggio assieme a Thrall fosse corrisposto al vero, sull’intera Azeroth stava per calare un inverno improvviso ed eterno. I cosiddetti miserabili, o Elfi del sangue corrotti dall’odio e dal potere strappato alla natura, non potevano essere considerati individui abbastanza utili alla società da esser salvaguardarti. Pensò alle direttive che Thrall aveva dato all’intera compagnia circa le prossime mosse e si chiese se davvero le notizie e le testimonianze di Vonch erano in grado di prevenire quella che poteva essere la più grande catastrofe di sempre.
“Lo troverò Kriystal. Troverò il drago bianco che mi condurrà all’artefice della disfatta della mia gente”.
Kriystal aveva sentito diverse storie sull’effetto del desiderio di vendetta capace di corrodere il più forte spirito, ma si rese conto che se avesse potuto avrebbe portato la testa di quel drago in patria lei stessa. 
“Sempre così festose le notti qui ad Orgrimmar!” Bithah prese improvvisamente posto alla destra di Kriystal porgendole un grande piatto contenente i più svariati generi di frutta esotica e colorata che l’elfa avesse mai visto.
“è tutta frutta del luogo” spiegò sorridente Bithah, il viso privo dell’elmo che il più delle volte durante le giornate gli ricopriva le fattezze: “avete entrambi bisogno di cibo e riposo. Mi sono occupato io stesso di procurare un letto comodo e panni puliti anche per te” fece rivolto a Vonch, il quale ringraziò con un cenno del capo.
“E per te mia prode paladina provetta ho vinto alle aste questo pomeriggio un’armatura che penso possa andarti bene!”. Kriystal non credeva alle proprie orecchie, in tutte le avventure sino a quel momento passate aveva sempre indossato una sottile armatura di maglia e pelle con piccole spalline di metallo. Anche gli stivali cominciavano a dar l’impressione d’esser consumati. 
“E magari anche un’arma?” domandò ironica, ma speranzosa.
“Per adesso la tua spada e il tuo pugnale possono andar bene!”
“Il mio pugnale? Cosa posso farmene di un pugnale?”
“Scherzi!? Forse la damigella ha omesso di dirti paladino, che proprio ieri ha fatto strage di ragni nelle foreste di Silverspine” irruppe Vonch con il suo fare scherzoso e a momenti alterni ritrovato.
“Ragni?” approfondì Bithah: “mi auguro che fossero enormi!” e tra il paladino e il Warlock scoppiò una risata, che però Kriystal non prese a male. Anzi le parve così strano ritrovarsi con perfetti estranei, in una città estranea in piena festa a ridere e mangiare davanti a danze attorno ad un fuoco.  
“Erano orribili. Ma immagino che là fuori c’è di peggio e vorrò esser pronta ad affrontarlo”.
“Mi sembra giusto” constatò Bithah: “per questo volevo proporti una volta arrivati a Thunderbluff un addestramento!”
“Un addestramento?” Kriystal non riusciva a capire al volo se Bithah faceva sul serio o meno.
“Si, per approfondire l’arte d’esser paladino!” Bithah esplicò con tanta naturalezza l’ultima frase, che Kriystal solo in quel momento si rese conto di quanto era vicina al suo sogno. I paladini non sono solo spada o scudo, e questo Kriystal lo sapeva. Essere paladini era una vera e propria arte e per impararla bisognava addestrare lo spirito ancor prima del corpo.
“Per mille Ally Rossiccia, Se ne vedranno delle belle!” punzecchiò Vonch, prima di mandar giù un lungo sorso di birra.
 
Thrall guardava il proprio popolo in festa dall’alto di un torretta da vedetta. Il suo sguardo sembrava ogni tanto rivolgersi al cielo, come per tenere la situazione sotto controllo anche lì.
“Eventualità agghiaccianti, signore.” Thrall aveva già sentito la presenza di Thehorde da qualche minuto alle sue spalle e Thehorde ne era a sua volta consapevole.
“Si, caro amico. Temo che tu abbia trovato il termine giusto.”
Thehorde affiancò il signore della guerra e si mise anch’egli a scrutare il cielo stellato: “Quest’oggi abbiamo tutti discusso molto delle informazioni portateci dal figlio di Lorbton, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di pronunciare il suo nome. Io e lei sappiamo perfettamente l’origine della creatura che ha seminato il terrore ad Acramand e la storia del suo mandante.”
“Ne ero sicuro che anche stavolta pensavamo la medesima cosa…” Thrall manteneva un tono sommosso, pacato: “…e al contrario dei vostri sette signori io non ho mai dato per scontato che fossimo già tutti in salvo”.
“Silvemoon negli ultimi tempi è cambiata molto, signore. Ed è cambiata in peggio. Sono state modificate leggi, che più che far valere la giustizia sembrano voler contenere il terrore.”
Thrall annuì con uno sbuffo: “Quante ne abbiamo affrontate insieme, amico mio?”
“Mai troppe, signore.”
“C’è un motivo se il tuo nome d’arte , The-horde, appartiene a te e non agli altri grandi guerrieri. Nemmeno Garrosh ha più ricordi sul campo di quanti ne possiedi te.”
“Garrosh Hellscream, quella vecchia testaccia”.
“Già, o Shiac con la fama che ora si sta facendo in tutto il mondo. Lo chiamano lo sterminatore dell’Alleanza” Thrall si lasciò andare ad una breve risatina nostalgica, assorto tra sé e sé.
“Forse molto presto Signore saremo costretti a rincontrarci nuovamente tutti assieme per affrontare un antico nemico.”
“Forse …” Thrall abbassò il capo: “… ma il problema è se siamo abbastanza pronti per quello che ci aspetta.”
“Cominceremo dalla missione che mi ha affidato e una volta che i nostri alleati avranno preso coscienza dell’eventualità di ciò che sta per accadere saremo pronti a tutto”.
“Spero fortemente di poter contare anche su Silvermoon.” Thrall aveva posto una domanda della quale conosceva già la risposta.
“Dipende da chi governerà Silvermoon quando scoppierà la guerra” sentenziò il Warlock.
“Come non detto. Anche stavolta hai trovato il termine adatto, guerra.”
“E come vede i nemici dell’Alleanza in tutta questa storia, Signore?”
“L’argomento Alleanza soprattutto qui a Orgrimmar, centro dell’Orda, è molto più delicato del solito negli ultimi tempi. Vedi, ultimamente è stata spesso messa in dubbio la mia autorità dati i tentativi di tregua che io e la leader degli  Alleati cerchiamo di mantenere il più coerentemente possibile.”
“Le voci sulla presunta relazione tra lei e l’umana?”
“Jaina, già. Mi piacerebbe sapere come la pensi a tal proposito amico mio.”
“Con tutto il rispetto non mi intendo di questioni mondane e pettegolezzi, signore. Ciò che riguarda le sue relazioni private non è di mio riguardo. Io sono qui per servirla, ogni giorno indosso quest’armatura col solo intento di servirla. Nemmeno il trasferimento a Silvermoon ha alterato in qualche maniera il mio rispetto per lei e per il lavoro e la responsabilità che svolge qui a Orgrimmar, Signore.”
“Si Thehorde, non ho mai dubitato della tua fedeltà. Prima di essere Signore e soldato, noi siamo fratelli. Spero che tu comprenda i motivi per i quali io ti abbia trasferito nell’esercito di Silverm..”
“Non ho mai dubitato, signore” Thehorde conduceva lo sguardo ancora sulla panoramica di Orgrimmar, ma il tono era sincero: “quando mi trasferì mi spiegò le ragioni della sua decisione e dopo dieci anni di servizio a Silvermoon posso confermare che la sua fu una scelta saggia. Solo all’interno della compagnia imperiale sono potuto entrare a contatto con i Sette signori di Silvermoon e tenerli controllati.”
“Mi addolora avere sacrificato la tua carriera chiudendoti nella tua capitale, ma le informazioni che mi hai passato corrispondono esattamente a quelle del figlio di Lorbton e lo scagionano sulla parola. Avvengono dei sotterfugi a Silvermoon e il misterioso responsabile e traditore sostiene la campagna di colui che sta per tornare..” Thrall si fermò un istante: “Maledizione. Nemmeno io sono più abituato a pronunciare il suo nome”.
 
Al banco di una taverna Soran finì la propria cena in disparte dal chiasso della folla in festa. Non era sempre stato così associale, ma certo è che trovava fastidiosissima la pronuncia dialettica dei Troll e che tra i festaioli ce ne erano parecchi.
“Tutto solo?” cercò dialogo una giovane orchessa dai lineamenti vagamente femminili dall’altra parte del bancone.
“Diciamo che è colpa della spossatezza. Dammi un altro boccale per cortesia” il tintinnio delle monete che lasciò cadere sul bancone fu attutito dalla pergamena sulla quale poco prima stava scrivendo.
“Sembri molto indaffarato per essere stanco. Perché non ti prendi una pausa?”
Soran sorrise gentilmente all’oste ma ignorò l’offerta, gli ultimi avvenimenti erano di così grande portata che non poteva certo permettersi di lasciarsi andare all’ozio. Da semplice figlio di un giardiniere si era ritrovato alle prese con un’avventura di alto grado al fianco della compagnia imperiale. Grandi cose stanno per avvenire, penso tra sé e sé piegando il foglio di pergamena e infilandolo in borsa. Kriystal in lontananza gli rivolse un sorriso, che lui ricambiò. 
  
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