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Blaine non ricordava esattamente
com’era iniziata, ma e
stanco. Di tutte quelle litigate, dei “ti amo”
seguiti dai “ti odio”, delle
bugie e di promesse infrante.
Forse quando si era trasferito a Lima, si era sentito troppo solo, e
Sebastian
era stato così gentile. Ed era gay, dove mai avrebbe trovato
un ragazzo disponibile
e carino come lui?
Si era accontentato, e solo in quel
momento se ne rendeva
conto.
E forse l’aveva fatto per
la popolarità del suo ragazzo, che
lo salvava da tutti gli atti di bullismo che riservavano agli altri
ragazzi.
Blaine li vedeva, nei corridoi o a mensa, i compagni di squadra di
Sebastian
che tiravano tutte quelle granite ai ragazzi in basso nella scala
sociale.
Ma in particolare, poteva notare, le granite venivano riservate al glee
club,
così come i cassonetti e gli spintoni contro gli armadietti,
facendo sentire
Blaine uno schifo. Lui aveva sempre amato la musica, ma appena aveva
capito come
venissero trattati i “tipi da glee club” aveva
completamente abbandonato l’idea
di unirsi a loro.
E poi Sebastian Smythe, il suo nuovo amico in quel periodo, gli aveva
quasi
proibito di entrarci.
Blaine ricorda perfettamente quando
venne a meno alla richiesta
di Sebastian. Era al McKinley da circa un mese, e sentiva il profondo
desiderio
di entrare in quel dannatissimo club, di conoscere ragazzi che amavano
la
musica quanto lui, e di mandare i bulli a quel paese.
Aveva detto a Sebastian che si sarebbe trattenuto a scuola per un corso
serale
sperando che gli credesse, visto che era negato a mentire.
E lentamente, senza farsi notare, si era avvicinato alla porta
dell’aula di
musica, che era semiaperta e gli permetteva chiaramente di sentire dei
ragazzi
parlottare tra di loro.
Poi una voce più matura aveva interrotto i ragazzi,
chiamando un certo “Kurt”
per chiedergli di cantare la sua canzone della settimana.
Blaine non dimenticò mai
la voce di Kurt, e continuò a
ripetersi la sua versione di “I want to hold your
hand” nella testa. Si era
commosso, per l’emozione che quella canzone trasmetteva. E
,cavolo, quella era
la voce più bella che avesse mai sentito in vita sua.
Quella sera si chiese se anche quel Kurt si sentiva solo come lui.
Quella
canzone gli era parsa tanto una richiesta di aiuto, ma nessuno dei suoi
compagni sembrava rendersene conto. O forse era solo lui che si stava
immaginando tutto?
In ogni caso quella notte, prima di addormentarsi, desiderò
prendere la mano di
Kurt.
Il giorno dopo lo notò
chino nel suo armadietto, quasi che
desiderasse caderci dentro e non uscirne più. Blaine si fece
coraggio e si
avviò verso di lui, ma l’altro chiuse di scatto
l’anta e si allontanò, senza gardarlo.
Il riccio lo avrebbe seguito, se non avesse notato la scritta
sull’armadietto
di Kurt.
Frocio
-Blaine come
va a
scuola?- gli chiese sua madre premurosa.
Il ragazzo si toccò istintivamente il livido sul braccio che
si era procurato
quando i bulletti della sua scuola l’avevano picchiato,
quella mattina.
-tutto bene-.
Blaine non parlò con Kurt
quel giorno, nemmeno il seguente,
o quello dopo ancora. Iniziò ad evitarlo, ma più
cercava di non incrociarlo, e
più lo vedeva.
Si accorgeva di quando veniva spintonato, preso in giro, o buttato
contro gli
armadietti, e non
muoveva un muscolo per
aiutarlo.
Semplicemente restava a guardare, sentendo l’ansia e la paura
soffiargli sul
collo.
-perchè
non te ne vai
da questa scuola? Non li vogliamo i froci come te-
-lasciatemi in pace!- tentò di difendersi, indietreggiando.
-altrimenti cosa fai? Lo dici alla mamma?- chiese l’altro,
scatenando le risa
del suo gruppo.
No, non lo avrebbe mai detto.
Vedere Kurt trattato così,
lo faceva sentire male, e gli
ricordava i mesi di paura e terrore che aveva passato nella sua vecchia
scuola.
Più cercava di tenersi lontano da Kurt, e più si
sentiva inesorabilmente legato
a lui.
Ricorda il giorno in cui si mise con
Sebastian. Erano
passati circa tre mesi dal suo arrivo, ed era appena tornato a casa,
trovandola
come al solito vuota.
Si era preparato qualcosa da mangiare, per poi portarselo in camera,
con
l’intenzione di stare tutta la sera sdraiato sul letto ad
ascoltare musica.
Di solito teneva sempre le tende tirate in camera sua, ed evitava ogni
tipo di
contatto con i suoi vicini.
Blaine
uscì da casa
sua per buttare la spazzatura canticchiando una canzone di Katy Perry.
Quella volta ci mise più tempo del normale, e quando
tornò a casa con i capelli
spettinati e la felpa malmessa, la madre non gli chiese che era
successo, ma
capì che lui e il figlio del loro vicino avevano avuto una
discussione
abbastanza accesa.
In ogni caso, si sentì
davvero uno stupido quando sbirciando
dalla tenda per vedere se i suoi arrivavano, notò Kurt
entrare nella casa
accanto alla sua.
Era il suo vicino di casa, e non se n’era mai reso conto.
Quella sera chiamò
Sebastian, andarono insieme al Lima Bean,
e Blaine lo baciò, dando inizio alla loro storia.
Non dirà mai che i mesi con il suo ragazzo erano stati uno
sbaglio. Con lui
aveva trovato una sorta di equilibrio, e per un po’ riusciva
a non pensare a
quelle brutte esperienze nella vecchia scuola, ai suoi genitori che
stavano
pochissimo a casa per evitarlo, e al fatto che si sentisse
terribilmente
inadatto.
Per i primi tempi Sebastian lo faceva ridere, sorridere e farlo sentire
più di
una “checca idiota”.
Quando glielo aveva confessato, il suo ragazzo ci aveva scherzato
sopra,
dicendo che era normale perché lui era il “suo
principe” ed era venuto con il
suo cavallo bianco a salvarlo.
Anche Blaine aveva riso, spensierato e felice.
Ma il pensiero di Kurt non lo
abbandonava, mai. E iniziò a
sentirsi un idiota, perché insomma: non conosceva quel
ragazzo di persona, e
magari non aveva una vita difficile come quella che si immaginava.
Il tempo passò, Blaine e
Sebastian stavano ufficialmente
insieme, e vivevano la loro vita tranquillamente. Il tempo
più lungo in cui non
si videro fu una settimana perché Blaine era a casa con la
febbre, ma in quei
giorni cambiò tutto.
Tornato a scuola l’atmosfera sembrava diversa, non triste, ma
molto tesa. I
suoi compagni si comportavano come al solito, ma si sentiva che
qualcosa era
cambiato. Sembrava che stesse per accadere qualcosa da un momento
all’altro, ma
non riusciva davvero a capire cosa fosse.
Si diresse all’armadietto e ci trovò il suo
ragazzo ad aspettarlo. Gli fece un
sorriso raggiante, che stranamente non venne ricambiato.
-Seb?- lo chiamò, senza ottenere risposta. Il francese
continuava a fissare un
punto imprecisato del muro difronte a se.
-Seb? Ci sei?- solo quando gli schioccò le dita davanti alla
faccia, il ragazzo
scosse la testa e fece un rumore infastidito.
-oh, Blaine- disse poi, accorgendosi della sua presenza.
-già, il tuo ragazzo, che non vedi da una settimana. Mi
spieghi che…- ma blaine
si bloccò, poiché si era reso conto del silenzio
che si era creato nel
corridoio.
Tutti i ragazzi guardavano un punto imprecisato dietro di lui,
Sebastian
compreso, così si voltò per capire che succedeva
a tutti.
Un ragazzo camminava lentamente al centro del corridoio,
dall’aria poco curata e
i capelli spettinati. Teneva la testa bassa, ma Blaine non sapeva dire
da che
parte guardasse, poiché portava dei grandi occhiali da sole.
-è
il frocio, quello
che aveva una cotta per Matt della squadra di football….-
bisbigliò qualcuno al
suo passaggio.
-ho sentito dire che è sempre l’ultimo dei suoi
compagni negli spogliatoi, e
sta sempre a fissarli mentre si cambiano- Blaine continuava a
camminare,
sentendo addosso lo sguardo di tutti.
-che schifo…- il corridoio sembrava infinito, quanto era
distante l’aula di
scienze?
-ma perché il preside non lo espelle? Certe cose non
dovrebbero girare libere
per la scuola-
Le voci dei suoi compagni
gli
rimbombavano nella testa, mentre inseriva la chiave nella porta di casa
sua.
Gettò un’occhiata al ragazzino con i ricci
scompigliati e le profonde occhiaie
nello specchio. Si toccò il livido sulla mascella, che gli
provocò una smorfia
di dolore.
Entrò in soggiorno e quando vide i suoi genitori seduti
insieme nel divano,
sapeva già cosa lo stava aspettando.
-Blaine, dobbiamo parlare-
Quel
ragazzo era Kurt
Hummel, e gli ricordò tantissimo se stesso nella vecchia
scuola.
Blaine ricorda che non venne mai a
sapere il perché di
quell’improvviso cambiamento in Kurt e nei suoi compagni, e
che da quel periodo
fu impossibile sentire la voce del suo vicino di casa. Attribuiva tutto
ciò a
delle stupide coincidenze, non poteva sapere che il motivo era un altro.
Tuttavia la voce di Kurt non fu
l’unica cosa a mancare.
Sebastian divenne più scorbutico e insopportabile. Le loro
uscite (se Sebastian
non gli dava buca) si concludevano male, e non potevano parlare senza
finire
per urlarsi contro.
Blaine era depresso, molto depresso. Non capiva Sebastian, i suoi
comportamenti
strani e il perché stesse andando tutto storto.
Per questo quella sera Blaine aveva urlato, al telefono. Il suo ragazzo
stava
avanzando chissà quale stupida scusa per il suo
comportamento, ma era così poco
credibile che ottené solo di far infuriare il riccio.
-Sono stanco Sebastian, non ne posso
più!-
-Si può sapere perché ti comporti da checca
isterica? Qual è il tuo fottuto
problema adesso?-
-sono io quello con dei problemi ora?-
E la discussione si fece
più accesa di prima, e le urla di
Blaine sempre più forti.
Fu un caso quando buttò l’occhio sulla sua
finestra e vide il suo vicino di
casa scivolare lentamente verso terra, fino a scomparire.
La voce di Sebastian persero importanza, e anche se gli stava urlando
nell’orecchio, Blaine sentiva solo un rumore ovattato.
Kurt si era sentito male? Lo aveva spaventato? Si stava nascondendo?
Era
svenuto?
-… stai diventando pegg…-
-devo chiudere-
-….n deficiente che.. aspetta, cosa? Sei scemo Blaine?-
Il riccio non rispose e chiuse la chiamata, senza distogliere lo
sguardo dalla
finestra di fronte alla sua. Doveva andare a controllare? E se poi non
era
nulla?
Si fece un po’ di coraggio, aprì la finestra e lo
chiamò. Kurt non rispose,
così ritentò inutilmente.
Blaine si guardò velocemente intorno per cercare un qualcosa
con cui attirare la
sua attenzione e quando notò un paio di tappi di penna sulla
scrivania non ci
pensò due volte prima di tirarli contro la finestra di
fronte alla sua.
Si tranquillizzò solo quando vide la testa del vicino
sbucare da sotto la
finestra e fissarlo confuso.
˜__˜
Parlare con Kurt era una delle cose
più strane che Blaine
avesse fatto mai in vita sua. E la cosa più strana era che
tecnicamente non
parlavano: si mandavano messaggi via cellulare, chattavano, si
scrivevano mail,
ma soprattutto scrivevano nei blocchi delle frasi e comunicavano tra le
due
finestre.
Blaine voleva davvero sentire la voce di Kurt, ma
quest’ultimo sembrava evitare
ogni situazione che implicasse questo tipo di comunicazione.
Tutto sommato gli stava bene, perché per quanto fosse una
delle cose più strane
che gli fossero capitate, era anche una delle più belle.
Aprì la porta di casa sa raggiante. Quella sera i suoi non
avevano nessun
impegno e li avrebbe potuti vedere e passare del tempo con loro,
finalmente.
Ma quando entrò la casa era silenziosa, come al solito.
Non erano venuti, lo avevano evitato. Di nuovo.
Si diede mentalmente dell’idiota, perché era ovvio
che lo evitassero: lui era
uno scarto. Era per quello che Sebastian lo trattava male, per quello i
bulli
lo avevano pestato a sangue nella sua vecchia città e per
quello che Kurt non
gli parlava in faccia.
-è
vero, Blaine?- gli
chiese suo padre.
Erano seduti sul divano e lo guardavano senza una minima espressione.
Da quando
a scuola avevano scoperto il suo segreto, la sua vita era un inferno.
Ma a casa
non sapevano nulla, non da lui almeno.
-cosa?- domandò, anche se sapeva esattamente a che si
riferiva.
-sei frocio- fece il padre. Non era una domanda, ma una constatazione.
E quando
non batté ciglio, i genitori lo interpretarono come una
conferma.
-abbiamo un figlio frocio- fece la madre, prima di mettersi a piangere.
E lui si sentì come un giocattolo rotto e abbandonato da
tutti.
Era rotto, da buttare.
Salì in camera, senza curarsi delle lacrime che lentamente
scendevano dal suo
viso. Aveva le tende aperte, ma non pensava che Kurt lo avesse visto.
Quando alzò lo sguardo verso la finestra capì che
non poteva essere altrimenti,
perché nel vetro della camera di fronte c’era un
foglio attaccato con lo scotch.
Sei speciale
Blaine,
non lasciare che ti facciano credere il contrario.
Quella sera capì di amare
Kurt Hummel. Perché nessuno aveva
il potere farlo sentire così vivo con delle semplici parole
come faceva lui.
Un giorno glielo scrisse pure, nel suo blocco di fogli, ma decise di
non
mostrarglielo. Non sapeva perché, ma era confuso, e aveva
paura. Paura di
quello che provava.
Ed fu così che quella sera uscì con Sebastian.
Perché anche se lui non era il
suo principe con il cavallo bianco, stare con lui era più
semplice.
˜__˜
Blaine non amava il football. Che
c’era di divertente in una
massa di adolescenti che avevano l’autorizzazione di farsi
male tra loro? Lui aveva
provato la sensazione di essere picchiato da qualcuno, e quello sport
gli
ricordava troppo l’esperienza.
Ma Sebastian giocava, e lui doveva sostenerlo, perché era il
suo fidanzato.
O almeno ne era totalmente convinto, finché un ragazzo non
si alzò dalle
tribune, e gli andò incontro per baciarlo.
Davanti a tutti.
Davanti a lui.
Blaine si era praticamente catapultato sul campo, ignorando gli sguardi
disgustati della gente, o quelli scioccati dei suoi compagni di scuola.
-perché?- gli chiese solo.
-Blaine, lascia che ti spieghi, parliamone!- lo pregò
Sebastian, mentre l’altro
ragazzo si scostava, confuso.
-sono un’idiota, come ho fatto a fidarmi di te?- fece,
più a se stesso che a
Smythe.
-no, no Blaine! Ascolta ti prego. Sono ancora io, il principe con il
cavallo
bianco, ricordi? E tu sei il mio principe- disse, riferendosi al loro
gioco di
fingersi in una fiaba.
-Non sono il tuo principe Sebastian e Questa non è una
favola! In ogni caso è
troppo tardi per te e il tu cavallo bianco-
Lo lasciò li, sentendo lo sguardo di tutti addosso, mentre
andava verso l’uscita.
Incrociò lo sguardo di Kurt che lo fissò
dispiaciuto.
Ma lui non capiva che cosa ci fosse da essere dispiaciuti. Era libero,
non si
era fatto abbindolare da Sebastian e si sentiva felice.
Avrebbe smesso di preoccuparsi delle persone che non tenevano a lui,
come Bas o
i suoi genitori.
D’ora in poi la sua priorità era Kurt.
E non importava quanto sarebbe stato difficile, doloroso o complicato:
un
giorno sarebbe diventato il principe di Kurt, e lo avrebbe salvato con
il suo cavallo bianco.
Miky’s Corner
Ecco lo spinn-off/continuo/prequel
(come vi pare lol) di “you
belong with me”.
Spero che vi sia piaciuto, e spero di aver trattato bene
l’argomento. Per ora
questa “serie” finisce qua, ma se vorreste qualche
altra one-shot collegata
basta avvisarmi con una recensione o via MP e io provvederò
;)
Un grandissimo grazie a AngelAnderson15
Betty97
( <3 ) _Breakable
e annav
per aver
recensito lo scorso capitolo. Grazie anche a M3dialuna
che mi ha
fatto sapere di aver apprezzato la storia precedente.
Ovviamente grazie mille ha chi l’ha salvata e magari
salverà questa tra le
preferite/ricordate/seguite.
E infine grazie a Taylor Swift per le sue canzoni che mi ispirano la
scrittura.
Baci miky