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Autore: Fenrir_23    30/11/2012    5 recensioni
Mio fratello si frappone subito fra me e lo zio, allontanandolo con un gesto brusco.
“Non osare sfiorare Sasuke, nemmeno con un dito.” Lo minaccia.
Io mi sento davvero al sicuro mentre sono protetto dalla sua schiena, nascosto dietro alle sue spalle. Amo da sempre il comportamento protettivo di mio fratello, anche se a lui a volte ha il vizio di essere quasi opprimente, imponendomi le sue scelte.
"il mio amore non è semplice attrazione fisica; io amo davvero mio fratello in qualsiasi senso del termine."
(ITASASU)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Itachi, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Ciao a tutti, lettori.
Questa one shot è dedicata ad Ainsel, è il mio regalo di compleanno per lei XD. Ho provato un po’ a sperimentare perché volevo fare qualcosa di diverso dal solito. Mi sono impegnata per ottenere un buon risultato, devo dire che non mi dispiace. Ho scelto di scrivere in prima persona perché volevo che il punto di vista fosse quello di Sasuke, al 100%. Spero di aver reso bene il personaggio.
Con tutta probabilità questa è solo la prima di una serie di tre one shot che pubblicherò in un arco di tempo non determinato, ma si possono leggere tranquillamente a parte, quindi non preoccupatevi.
Mi farebbe piacere leggere i commenti di chi ha gradito, buona lettura!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Apro gli occhi lentamente, mentre i rumori di un motore e di ruote che sfrecciano sull’asfalto quasi m’invitano a richiuderli e sprofondare nuovamente nel sonno. M’impongo però di spalancarli e svegliarmi, e mentre ancora cerco di mettere a fuoco quello che c’è intorno a me, mi ritornano alla mente dei ricordi, che appartengono a qualche ora fa.
Mio zio Madara – l’unico parente rimastomi al di fuori di mio fratello – mi urla contro, furibondo per motivi che a me non è consentito conoscere, ripetendomi per l’ennesima volta che sono solo una scocciatura e che, se mi tiene sotto il tetto di quella casa, è solo perché sa che Itachi non avrebbe il coraggio di lasciarmi da solo con lui. E lui non vuole lasciarlo andare via.  Poi lo zio alza una mano per colpirmi con uno schiaffo e mi afferra un polso per impedirmi di scappare ma, per quanto io cerchi di sfuggirgli, so di non poter fare nulla contro un uomo della sua età, quando io sono solo un ragazzo di quindici anni.
In verità non è propriamente mio zio, solo un lontano parente di chissà quale grado, l’unico che conosciamo io e mio fratello. I nostri genitori sono morti quando eravamo bambini e da allora abbiamo vissuto sempre con lui.
Continuo ad attendere uno schiaffo, o anche un pugno, che però non ricevo, e solo qualche istante dopo mi accorgo che mio fratello ha spalancato la porta d’ingresso dell’enorme villa in cui viviamo, ha visto me e Madara – siamo nel salone principale – e ora sta minacciando il padre di casa con un’occhiata gelida che farebbe rabbrividire chiunque, ma non lui. Mio zio è quel tipo di persona che non si fa intimorire da nessuno, ma che intimorisce gli altri; però c’è da dire che Itachi gli tiene testa per bene, sono convinto che se avessero la stessa età sarebbe lui a dominare. Forse è per questo motivo che Madara è così attratto da mio fratello, fino al punto di desiderarlo in modo davvero poco consono ad un parente. Non lo credo pazzo o malato per quest’ultima motivazione, poiché io stesso provo dei sentimenti per mio fratello che invece mi dovrebbero essere proibiti, ma l’ho sempre odiato come persona perché ha cercato di tenermi diviso da Itachi per tutti questi anni. Inoltre è eccessivamente egoista, arrogante, imprevedibile, violento ed individualista. è proprio quel tipo d’uomo che non sono mai riuscito a comprendere; una persona con delle idee irremovibili in testa, pronto a spazzare via chiunque si frapponga fra lui e il suo obiettivo. Mi ha reso la vita difficile, da quando sono morti mio padre e mia madre; se sono riuscito ad andare avanti è solo per merito di Itachi.
Mio fratello si frappone subito fra me e lo zio, allontanandolo con un gesto brusco.
“Non osare sfiorare Sasuke nemmeno con un dito.” Lo minaccia.
Io mi sento davvero al sicuro mentre sono protetto dalla sua schiena, nascosto dietro alle sue spalle. Amo da sempre il comportamento protettivo di mio fratello, anche se a lui a volte ha il vizio di essere quasi opprimente, imponendomi le sue scelte.
Madara a quel punto s’infuria ancora di più. Già era nervoso perché gli affari oggi gli sono andati malissimo e la sua azienda ha perso tantissimo valore, ma ora sembra ancora più furente.
“Itachi, togliti dai piedi se non vuoi che ti obblighi ad andartene dalla mia casa una volta per tutte, ovviamente lasciando qui Sasuke.” Gli urla contro. “Legalmente sono io il suo tutore, non c’è bisogno che ti ripeto che tu non puoi portarlo via. Devo forse ricordarti che è da anni che tenti di farlo senza ottenere risultati?”
In quel momento sulle labbra di mio fratello si dipinge un sorriso beffardo, quasi di scherno, che non mi era mai capitato di vedergli. Poi posa a terra lo zaino che ha ancora in spalla, è stato all’università – studia legge – la mattina e poi sicuramente anche da qualche altra parte, ma non so dove. Tira fuori alcuni documenti racchiusi con cura in una busta, e poi li mostra a Madara, quasi sbattendoglieli in faccia con un atteggiamento poco composto, che non è da lui.
Madara li legge velocemente, e lo vedo impallidire sempre più man mano che continua a far scorrere gli occhi su quel foglio. Mi chiedo cosa ci sia scritto, e per un attimo un sospetto in cui non oso credere mi sfiora la mente.
Itachi lotta da anni, dal primo giorno in cui ne ha compiuti diciotto, per ottenere il mio affidamento: che ci sia finalmente riuscito? Attendo, limitandomi semplicemente ad osservare mio zio e mio fratello, senza che io riesca a muovere un muscolo o ad aprire la bocca per chiedere qualcosa.
Ad un certo punto Itachi parla, quasi prendendo in giro Madara. Non è da lui comportarsi così, ma so benissimo che lo odia perché in questi anni ci ha solamente complicato la vita rendendoci infelici e perché mi ha sempre maltrattato.
“Nonostante la tua insistenza nel dire il contrario, come vedi sono riuscito ad ottenere il permesso per portare via mio fratello di qui, prima della sua maggiore età. D’ora in poi sarò io ad occuparmi di lui anche legalmente, sono finalmente il suo tutore.”
Mio zio a quel punto ha una reazione nervosa che mi spaventa; afferra un prezioso e raffinato vaso di ceramica, riposto su di un elegante tavolino decorativo, e lo lancia violentemente contro il muro, preso dalla collera. Itachi però non fa una piega, si limita a voltarsi verso di me e dirmi di iniziare a salire e preparare le valigie. Io non gli faccio troppe domande, però ho paura di lasciarlo lì da solo con lo zio così arrabbiato. Lui però, insiste per mandarmi di sopra, e alla fine gli obbedisco.
Salgo la grande scalinata dell’immensa villa ma, invece di procedere, mi nascondo dietro al primo angolo del corridoio del piano superiore per ascoltare il litigio. Sono spaventato, anche se so che lo zio non farebbe veramente del male ad Itachi – se fossi io al posto di mio fratello invece dovrei preoccuparmi – ma ad un certo punto lui mi raggiunge, guardandomi con un’occhiata di rimprovero. Lo zio intanto sta continuando ad imprecare ad alta voce, sfogando tutto la sua collera. Generalmente, per quanto lo ritenga piuttosto psicopatico, non è tipo da sceneggiate furiose, ma quella notizia deve averlo reso davvero furibondo. Anche perché non è uno che accetta le sconfitte: l’idea di non aver vinto, dopo anni di battaglie, gli deve essere particolarmente difficile da digerire.
“Otouto, non fare caso a lui e sali, vorrei andare via di qui il prima possibile.”
Io seguo mio fratello senza protestare. In mezz’ora è tutto pronto per partire.
Quando scendiamo al piano di sotto per uscire non troviamo più Madara – ma solamente un sacco di vetri rotti a terra – forse lui si è ritirato nella sua stanza. In ogni caso non ci importa. Ce ne vogliamo solamente andare via da lì per sempre, anche se improvvisamente abbandonare la casa che, nel bene e nel male, è stata la nostra dimora per tutti quegli anni ci appare più difficile del previsto. Poi però ce ne andiamo perché non aspettavamo altro. Itachi mi fa salire in macchina, quell’auto gliel’ha regalata lo zio, e lui è sempre stato restio ad usarla; ma ora ci serve.
Se Madara non avesse mai provato dell’amore carnale nei confronti di mio fratello, forse la nostra sarebbe potuta essere una famiglia felice. Invece lui ha iniziato a maltrattarmi piuttosto pesantemente fin da quando si è reso conto che Itachi metteva me prima di chiunque altro. E forse poi ha capito che ero un suo rivale, perché poi mi sono innamorato anche io di Itachi. Anche se il mio amore non è semplice attrazione fisica; io amo davvero mio fratello in qualsiasi senso del termine. Probabilmente è da malati, ma non m’importa. Non penso Itachi ricambi questi sentimenti, anche se mi tratta sempre con premura ed affetto, però mi basta che lui tenga a me e continui a darmi queste attenzioni, non importa se dovrò continuare a non essere ricambiato per il resto della mia vita.
Mio fratello accende il motore dell’auto, schiaccia il telecomando del cancello automatico e partiamo per un viaggio che ci porterà a Nord del Giappone, in un tranquillo paesino di Mare, dove ci attende la casa che i nostri genitori ci hanno lasciato in eredità. Da quel che so, è un posto piuttosto modesto, dopotutto era solo una casa per le vacanze, ma per noi due andrà benissimo.
 
 
 
 
Mi rendo conto di essermi perso nei miei pensieri ed essere stato fermo ad osservare un punto imprecisato con uno sguardo perso. Infatti, quando mi giro verso mio fratello, noto che lui mi lancia un’occhiata veloce, un po’ preoccupato, per poi riportare l’attenzione sulla strada.
Mi stiracchio per sgranchirmi le ossa, siamo in viaggio da un po’ ormai, anche se non so quante ore ho dormito. Itachi mi ha messo una coperta addosso, perché ormai è notte e siamo in pieno inverno: fa freddo. Mi rannicchio sul sedile dell’auto: tutta quella situazione mi mette una tranquillità che non provavo da molto tempo. Ancora non mi sembra vero di essere finalmente riuscito ad andarmene da quella casa. Itachi alla fine ha mantenuto questa promessa, anche se di solito è un bugiardo e non riesce mai a fare quello che mi garantisce. Lo so che è molto impegnato e ha davvero poco tempo, però potrebbe almeno evitare di illudermi.
Vorrei passare qualsiasi attimo con lui, perché sto bene quando siamo insieme e perché so che un giorno dovrò rassegnarmi a vederlo con una compagnia e una famiglia normale. A quel punto potrò molto meno di prima. Ogni anno che passa, mi sento sempre più turbato per questa motivazione, perché so che il momento in cui mio fratello non potrà più darmi le attenzioni di adesso si avvicina in modo inesorabile. Non gli ho mai parlato di questa cosa; non voglio metterlo in difficoltà. E poi sono un tipo troppo orgoglioso per mettere completamente a nudo i miei sentimenti e le miei paure.
“Otouto, che è quella faccia?”
Quasi mi spavento a sentire la sua voce di colpo. Lui deve avere notato che sono particolarmente pensieroso – anche se lo desidererei, non sono bravo a nascondere i miei stati d’animo come invece fa mio fratello – e si è subito preoccupato per me.
“Niente … sono un po’ stanco.” Mento.
“Ma se hai appena finito di dormire?” Mi fa notare Itachi. La contraddizione è evidente.
“Non è questo il punto … “Cerco di difendermi. “è che tutti questi eventi, così in fretta uno dietro l’altro …”
Itachi annuisce comprensivo, sempre mantenendo l’attenzione sulla strada. Noto che però l’auto sta rallentando e, guardando fuori, vedo che stiamo per raggiungere un’area di sosta.
“Otouto … vorrei evitare di perdere tempo anch’io, ma sono davvero stanco e non me la sento più di guidare a quest’ora di notte. Ho avuto una giornata pesante, ho bisogno di riposare almeno qualche oretta, ti spiace?”
Io ovviamente non gli dico di no; comprendo benissimo le ragioni di quella sosta, e poi non mi da fastidio l’idea di fermarci. Finché sto con Itachi mi va bene qualsiasi cosa.
Lo osservo mentre apre la portiera e passa dal sedile anteriore al retro, per sdraiarsi e stare più comodo.
“Vuoi dormire anche tu?” Mi chiede. Io per un attimo faccio l’indifferente, ma quando lui m’invita a raggiungerlo chiamandomi con un gesto della mano gentile, non posso far altro che assecondarlo, portandomi dietro la coperta. Passo da un sedile all’altro e vado a sdraiarmi accanto ad Itachi, percependo il groppo di emozioni che provo ogni volta che mi tiene vicino a sé. All’inizio ero quasi spaventato da questi sentimenti – credo di aver iniziato a provarli verso i dodici anni – perché non capivo cosa fossero, ma ora non ci faccio più caso. Mi limito solamente ad approfittare di questi momenti e godermeli al massimo, sapendo che non potranno durare in eterno. A volte, mi viene quasi la tentazioni di provare a spiegare ad Itachi quello che provo per lui, ma cosa penserebbe di me se glielo confessassi?  Non voglio rischiare di essere allontanato e perdere il legame che ci unisce. Altre volte ancora m’illudo, arrivando a pensare che anche mio fratello possa provare gli stessi sentimenti malati che sento io. Ad esempio adesso: mi sta stringendo contro il suo petto per riscaldarmi, mentre mi accarezza all’attaccatura dei capelli, facendomi correre dei brividi lungo la schiena. Ogni tanto mi posa dei baci sulla fronte, o sulle guance. Mentre siamo soli fa sempre così, fin da quando siamo piccoli, per questo penso sia un comportamento normale. Sicuramente anche gli altri fratelli si comportano in questo modo vogliono trasmettersi affetto. Dopotutto non posso saperlo.
So solo che è impossibile che anche Itachi possa provare per me i sentimenti proibiti che io provo per lui, sarebbe troppo bello; e in questi anni ho imparato a non crearmi troppe aspettative. Preferisco rimanere con i piedi per terra.
Vorrei chiedergli come ha fatto ad ottenere la firma che gli ha permesso di avere finalmente il mio affidamento, dopo anni di lotte, però mi sembra davvero troppo stanco. Allora mi limito a chiudere gli occhi e rannicchiarmi di più fra le sue braccia. Starei così per sempre.
 
 
 
 
Quando mi sveglio, la luce grigiastra del primo mattino mi fa strizzare gli occhi. La macchina è in movimento; Itachi si è svegliato prima di me e si è rimesso in viaggio. Io invece ho continuato a dormire; anche se non sembra, sono un tipo che dorme molto.
Mi tiro a sedere, osservando la testa di Itachi dai sedili posteriori in cui mi trovo.
“Finalmente ti sei svegliato.” Mi saluta lui, guardandomi dallo specchietto. Dal tono di voce sembra che abbia l’intenzione di prendermi un po’ in giro perché mi addormento alla prima occasione.
“Fra mezz’oretta saremo finalmente arrivati.” Mi dice. Io allora mi metto tranquillo e cominciò a fantasticare sulla nostra futura vita. Mi aspetto tante cose, però devo ammettere di essere un po’ spaventato, o almeno scombussolato, da questo cambiamento improvviso, anche se ne sono felice. Mi torna in mente la domanda che volevo fargli prima di addormentarmi.
“Niisan … “ Gli chiedo, con discrezione. “Come hai fatto a … insomma, ad ottenere il mio affidamento?”
Lui sospira leggermente, probabilmente preparato ad una domanda simile. Forse non avrei dovuto domandarglielo mentre sta guidando.
“Come sai, ho cercato per anni qualcuno abbastanza onesto da aiutarci ad uscire dalla nostra situazione.” Mi dice. “ E sono finalmente riuscito a trovare la persona adatta, ormai più di due mesi fa.”
Si schiarisce la voce, per poi tornare a parlare.
“Ormai mi ero convinto che fosse impossibile trovare qualche persona onesta e un po’ coraggiosa, dato che tutti avevano paura di eventuali ripercussioni da parte di Madara, conoscendo la sua importanza a Kyoto. Poi però ho incontrato un certo Kakashi Hatake. È stato lui, dopo aver analizzato nel minimo dettaglio tutti i documenti a nostro favore che avevo raccolto nel corso di questi anni, a mettere la firma per farmi diventare ufficialmente il tuo tutore. Un giorno te lo farò conoscere.”
Io inizialmente mi sento un po’ indispettito nel rendermi conto che Itachi mi ha tenuto all’oscuro di tutto per diverso tempo, ma mi tranquillizzo subito alla sua successiva spiegazione.
“Non volevo darti false speranze, per questo ho preferito non parlarti della cosa fino a quando non avrei avuto dati certissimi.”
“Dovresti smetterla di trattarmi come un bambino, niisan.” Gli ricordo io; poi arrossisco un po’. “Comunque … grazie per avermi portato via da Madara ...”
Vedo – tramite lo specchietto – le labbra di mio fratello che s’incurvano in un sorriso. Se non stesse guidando, probabilmente mi darebbe un colpetto sulla fronte come fa di solito.
Quando alzo lo sguardo, mi accorgo che il paesaggio è cambiato; siamo passati dall’autostrada alle vie strette di un paesino. Manca poco ormai, ci siamo quasi. Da lontano intravedo il porto, e mi sembra già di sentire l’odore della brezza marina. È una giornata grigia e piovosa tipica dell’inverno, ma proprio questo contribuisce a rendere ancora più affascinante il paesaggio che ho davanti agli occhi. Mi è sempre piaciuto il mare.
In pochi minuti raggiungiamo la casa, una villetta di piccole dimensioni, con vista sul porto. Una dimora piuttosto modesta, confronto a quella alla quale eravamo abituati. Itachi parcheggia l’auto in giardino, e io lo aiuto a trasportare le valigie cariche di tutti i nostri averi. Sono due a testa. Alcune cose le abbiamo lasciate da Madara.
Quando entriamo, scopro che la casa è già arredata, perfettamente in ordine e pulita.
“Una vecchia amica dei nostri genitori, ogni tanto viene qui per tenere la  casa in uno stato decoroso. Le ho chiesto di passare qualche giorno fa, sapendo che ci saremo trasferiti.”
Mi spiega Itachi.
“D’ora in poi però non verrà più, non possiamo permetterci spese superflue.”
Io intanto mi guardo in giro e alcuni ricordi lontanissimi – ormai astratti – mi affiorano alla mente. Mio fratello lo nota.
“L’ultima volta che sei stato qui, avevi appena compiuto i quattro anni.” Mi dice. “Poi mamma e papà sono morti, e non ci sei più tornato.”
Senza aggiungere altro, inizio ad ispezionare la casa.
Il salone principale mi sembra abbastanza piccolo, ma probabilmente perché sono abituato alla casa dello zio. Contro la parete a Nord, c’è una credenza di legno. Vado ad aprirne i cassetti, per curiosare, e rimango un po’ deluso quando scopro che sono completamente vuoti; speravo di trovare qualcosa d’interessante. Il divano è contro la parete opposta, ed è di un bel blu notte, il mio colore preferito. Mi siedo un attimo e, osservando la piccola televisione, mi rendo conto che probabilmente è talmente vecchia da non funzionare più. Pazienza, ne comprerò un’altra o, al limite, ne faremo a meno.
Incuriosito, percorro lo stretto corridoio che porta alle altre stanze. Mi affaccio al bagno, ma dopo una veloce occhiata mi dirigo subito verso la stanza successiva. Si tratta sicuramente di una cameretta per due bambini, c’è anche un bel letto a castello, sul quale giacciono alcuni peluche. Tra questi, spicca un dinosauro verde che mi ricorda qualcosa della mia infanzia. Il pavimento è in parquet, una cosa che apprezzo perché rende il tutto più confortevole.
Dopo aver ispezionato la cameretta, passo alla stanza successiva, in fondo al corridoio. Una camera matrimoniale. C’è un letto grandissimo al centro – ha l’aria di essere davvero comodo – e, ai lati di esso, due comodini. Mi avvicino, ed aprendo i cassetti di quello a sinistra trovo una vecchia foto di quella che un tempo era la mia famiglia. Mi sono fatto raccontare tante volte da Itachi dei nostri genitori, e ho visto anche molte delle loro foto, ma trovarne una qui, in questo modo, mi fa un effetto completamente diverso. Mi siedo sul letto e la osservo per un po’: sono mia madre e mio padre nel giorno del matrimonio.
Itachi mi fa spaventare, con il suo ingresso improvviso.
“Otouto, cosa ci fai qui?”
Nota che io sto guardando una fotografia, e mi si avvicina. Non fa commenti, ma so che ha capito che cosa mi passa per la testa.
Improvvisamente il solito carico di tristezza mi piomba addosso, e nonostante mi sforzi, non riesco a fare a meno di nasconderlo.
Mio fratello non mi fa mai mancare nulla, però non nego che ogni tanto mi piacerebbe avere il calore di una famiglia normale: di un padre e di una madre. Lo vorrei anche per Itachi. Perché fino ad ora lui è sempre andato avanti da solo, facendomi anche da genitore, in tanti sensi, ma non ha mai avuto qualcuno al quale appoggiarsi. Io di sicuro non gli sono sufficiente; è sempre lui quello che mi consola, e non riesco mai a fare niente per aiutarlo, anche se mi dice sempre che faccio molto più di quello che credo.
Cerco di scacciare i pensieri tristi che mi hanno invaso la mente – almeno per oggi vorrei essere felice e basta – ma proprio non ci riesco.
Itachi ovviamente lo capisce.
Vedo il suo sguardo che si fa più cupo, e non mi è difficile intuire la natura dei suoi pensieri, anche se è un tipo imperscrutabile. Non per me, però, ormai credo di essere riuscito a cogliere molti atteggiamenti – impercettibili agli occhi di un estraneo – che determinano i suoi diversi stati d’animo.
Adesso si sente sicuramente inadatto, ed è dispiaciuto perché crede di non riuscire a rendermi felice. Vorrei dirgli qualcosa per fargli capire che non è così, ma come solito non ci riesco. Non sono mai stato bravo ad esprimermi a parole, non so se per orgoglio o timidezza; è un blocco che vorrei  superare.
Per il momento mi limito ad appoggiare la fronte contro il suo petto, nella speranza di fargli comprendere i miei sentimenti.
“Sono contento … di essere qui con te, niisan.” Riesco a dirgli, solamente. Lui accenna un sorriso, e mi spettina. Quanto vorrei entrare nella sua testa e sentire i suoi pensieri, è una cosa che desidero immensamente da quando sono piccolo. Vorrei tanto capire se prova qualcosa per me, che vada oltre l’amore fraterno.
“Qui vicino, a una decina di minuti a piedi, c’è una piccola scuola superiore.” Mi spiega, continuando ad accarezzarmi. “Non è prestigiosa come quella di prima, ma sono dell’idea che probabilmente ti troverai meglio.”
Io annuisco. Sicuramente ha ragione; la scuola che ho frequentato fino a ieri, era piena di figli di papà, pieni di soldi, arroganti e viziati. E i professori erano ancora peggio; invece di trasmetterci dei valori, pensavano solo ai voti e a creare competizione fra gli alunni. Ho sempre detestato quell’ambiente, infatti i miei voti non sono mai stati particolarmente brillanti. Non credo di essere stupido, semplicemente mi sono sempre rifiutato di studiare le cose in quel modo inutile.
“Tu invece come farai con l’università e il lavoro?” Chiedo.
“In settimana frequenterò le lezioni del mattino, e la sera lavorerò in un ristorante a due passi da qui, mi sono già organizzato ed ho trovato impiego. Per questi primi giorni sarò in prova, poi decideranno se assumermi, ma farò in modo che questo avvenga.”
L’organizzazione di Itachi mi stupisce come solito, è sorprendente il modo in cui ha predisposto tutto nei minimi particolari. A volte è quasi disumano.
“Anche io voglio lavorare.” Protesto. Non mi sembra giusto che sia solo Itachi a faticare, fra noi due. Lui mi da un colpetto sulla fronte, senza troppa delicatezza, e dice:
“Non ce n’è bisogno … tu pensa solo ad essere felice, per ora non abbiamo problemi. Mamma e papà ci hanno lasciato un bel gruzzoletto in banca.”
Io provo ad insistere ancora, ma alla fine mio fratello ha la meglio. A volte mi da fastidio il suo modo di imporsi in queste cose.
Ad un certo punto lui si alza, incitandomi a seguirlo nel salone principale. Dice che, invece di stare lì a perderci in certi pensieri, dovremmo darci da fare e disfare le valigie. Io acconsento a seguirlo, ma mentre si allontana resto fermo sul letto ad osservare la sua schiena. Ogni volta le sue spalle mi sembrano un muro; forte e solido ma allo stesso tempo invalicabile. In fondo, però, sono io stesso a non voler scavalcare quel muro, ed Itachi non protesta per il modo in cui mi affido a lui. So che sarebbe sbagliato, che dovrei iniziare a staccarmi un po’ da mio fratello ma, sarà probabilmente anche colpa dei sentimenti che provo per lui – o forse questi ne sono una conseguenza- non ci riesco. A volte ci provo davvero, ma per ora non ne sono in grado. In ogni caso non m’importa, alla fine penso che non ci sia niente di male a farsi proteggere. Anche io sarei disposto a fare di tutto per difendere Itachi, ma lui non me lo permette mai, perché sono il suo fratellino.
Mi alzo e lo seguo, ma prima mi affaccio alla finestra e guardo verso il porto. Anche se sono qui da pochissimo, mi sento già a casa. Qui non c’è Madara, siamo solamente io e mio fratello. Questo è il posto che ci hanno lasciato mamma e papà. è il nostro rifugio. Un luogo sicuro, solamente per noi due.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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