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Autore: LyraB    30/11/2012    4 recensioni
È una calda sera d'estate, a Sacramento, e tutto scorre come al solito: Teresa Lisbon lavora, Patrick Jane sonnecchia sul divano. Una chiamata improvvisa li obbliga a visitare un condominio fatiscente in periferia, dove una giovane coppia viene ritrovata senza vita. Il caso è più complicato del previsto e, mentre una bambina di cinque anni manda in fumo la quieta vita del CBI, Patrick e Teresa sono costretti ad affrontare il passato quando si rendono conto che tutta l'indagine ruota attorno a cosa sia davvero una famiglia.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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La mattina successiva Teresa raggiunse l'ufficio con una Dorothy decisamente insonnolita per mano. La sua sveglia aveva suonato dall'altra stanza, svegliandola per metà e facendole realizzare che si era addormentata sul divano, con Dorothy tra le braccia e la luce spenta. Di Patrick nessuna traccia.

Con gli automatismi di ogni mattina si era preparata ed era arrivata al lavoro ripromettendosi di non riflettere troppo sugli eventi della sera prima: era troppo presto per iniziare a pensare.
Senza dire una parola, Dorothy si rannicchiò sul divano dell'ufficio di Teresa e riprese sonno quasi immediatamente, permettendo all'agente di farsi un caffè e raggiungere gli altri per vedere se c'erano novità.
- Ciao, capo. Tutto bene con la bambina? - Domandò Grace con un sorriso.
- Tutto tranquillo. Abbiamo qualcosa di nuovo? -
- È arrivato l'hard disk del parcheggio, Cho lo sta guardando. -
- Benissimo. Lo raggiungo. -
Col suo caffè bollente in mano raggiunse l'ufficio chiuso con il computer e salutò con un cenno del capo il suo agente intento a guardare il nastro.
- Qualcosa di interessante? -
- Ho guardato l'intero nastro del pomeriggio del giorno dell'omicidio, ma una sola macchina ha raggiunto e lasciato Sicomor Grove. - Disse Kimball, scorrendo con gli occhi il suo bloc notes - Una Ford bianca, ho chiesto a Van Pelt di farmi una ricerca. -
- Avvertimi se c'è qualcosa di nuovo. Hai visto Jane? -
- Ancora non si è fatto vedere. -
- D'accordo. -
Non l'avrebbe ammesso nemmeno a sè stessa, ma era vagamente preoccupata: ogni volta che succedeva qualcosa che aveva anche solo lontanamente a che fare con la sua famiglia, Patrick sembrava perdere il lume della ragione. Non credeva che avrebbe fatto una sciocchezza, ma era in pensiero per i suoi nervi scossi.
Si stava chiedendo se chiamarlo era una scelta intelligente quando lo vide comparire dall'area relax.
- Ehi, buongiorno! - Gli disse sollevata.
- Buongiorno a te, Lisbon. Dormito bene? - Replicò Patrick con uno dei suoi sorrisetti allusivi.
Prima che Teresa potesse rispondere - dandosi della stupida per aver osato preoccuparsi per quell'impertinente anche solo per un istante - Grace li raggiunse.
- Capo, ho trovato a chi appartiene la Ford bianca. È intesta a Karl Reed. -
- Karl Reed? - Domandò Teresa spalancando gli occhi per la sorpresa. - Il figlio della signora Reed? -
- Quella che vive a Sicomor Grove, esattamente. In sostanza non abbiamo niente in mano. Speriamo che nelle riprese della serata ci sia qualcosa di interessante. -
La mattina trascorse tranquilla e quando Kimball riemerse dalle estenuanti ore di visione del video dovette ammettere che non c'era proprio niente di interessante: l'unica macchina comparsa nel vicolo nelle ore dell'omicidio era quella di Karl Reed, che una volta interpellato rispose che era andato semplicemente a trovare sua madre, dedicando a Grace una colorita descrizione per averlo disturbato per un motivo tanto stupido.
Wayne aveva fatto comunque qualche ricerca su di lui - non avevano nessun altra pista, d'altronde - e aveva scoperto una cosa interessante.
- Fa il responsabile del personale in un'azienda della California, lavora lì da circa sei anni. - Spiegò - Ma il bello arriva adesso: indovinate in quale città. -
- Manteca. - Intervenne Grace.
- Esattamente. - Passando un foglio a Teresa, Wayne continuò a spiegare - Ha fatto parecchia carriera, soprattutto negli ultimi sei mesi: è diventato dirigente quasi all'improvviso. -
- Curioso. Che fine ha fatto il precedente capo? - Domandò Grace.
- Non si sa. È scomparso nel nulla più o meno sei mesi fa. -
- Come scomparso? -
- Da un giorno all'altro ha lasciato la casa e non si è più presentato al lavoro: nessuno sa più niente di lui.
- Come si chiamava? - Intervenne Teresa, sollevando gli occhi dal foglio con la relazione.
- Frank McDale. - Disse Wayne.
- Ha parenti o amici in California? -
- Non in vita. Sua moglie è morta qualche mese fa. -
Teresa sospirò. Era il caso più ingarbugliato degli ultimi sei mesi, senza dubbio.
Patrick si alzò all'improvviso dal divano, da cui aveva seguito l'intera conversazione senza dare il minimo segno di attenzione.
- C'è una foto di questo Frank? - domandò, chinandosi sulla scrivania di Grace.
- O-ora controllo. - disse Grace, un po' stupita da quella richiesta improvvisa.
- Pensi che c'entri qualcosa con la morte dei Fairbanks? - Tentò Teresa.
- No, voglio solo vederlo in faccia. Ah, eccolo qua... beh, è un bell'uomo. Non trovi, Grace? -
La voce di Dorothy interruppe la conversazione.
- Ho voglia di un gelato. - Disse, comparendo in mezzo a loro.
- Tra poco è ora di pranzo, Dorothy. -
- Ma io ho fame adesso! -
- Andiamo subito a prenderlo. - Intervenne Patrick.
Teresa aprì la bocca per replicare, anticipando il suo rimbrotto con una delle sue occhiate gelide, ma Patrick si limitò a continuare a parlare senza calcolarla minimament.
- Però dobbiamo prima fare un giretto in macchina. Lisbon? -
- Prima dimmi dove andiamo. - Rispose lei, asciutta.
- D'accordo, andiamo con la mia. - Disse Patrick, tendendo una mano alla bambina.
- Non ho detto che non guido. - Intervenne Teresa, mettendosi tra Patrick e Dorothy e prendendo la mano che la bambina stava tendendo. - Ho detto che voglio sapere dove andiamo. -
Non avrebbe mai lasciato una bambina di cinque anni andare in macchina con uno con la guida sportiva del suo consulente: si sarebbe spaventata a morte alla prima curva.
- È una bella giornata, fare quattro passi nel verde distenderà i nervi di tutti. - Rispose Patrick allegramente, avviandosi verso la porta.

Il parchetto vicino a Sicomor Grove era veramente minuscolo: un rettangolo di verde all'incrocio tra quattro strade poco trafficate che offriva ai bambini un quadrato di sabbia, uno scivolo e due altalene, una delle quali penzolava appesa da un solo lato, scheggiata e scrostata. Qualche bambino giocava tra la sabbia e un gruppetto di signore chiacchierava vicino ai passeggini consumati mentre fissava la coppia ben vestita che si avvicinava lungo il vialetto; Dorothy camminava tra Patrick e Teresa finendo il suo cono alla cioccolata - Teresa non era riuscita a combattere contro le forze unite di Dorothy e Patrick e alla fine si era fermata a comprarle il gelato - e godendosi la passeggiata: l'unica cosa a suggerire che i suoi pensieri correvano continuamente ai suoi genitori scomaprsi era il suo strano silenzio.
- Va' pure a giocare, Dorothy, noi ci fermiamo qui. - Disse Patrick a un certo punto, avvicinandosi a una panchina.
- Non mi posso allontanare. -
- Non c'è niente di cui aver paura. - Disse Patrick di nuovo.
- Sto bene qui. - Disse Dorothy, sedendosi per prima.
- Io e Teresa dobbiamo parlare, perchè non vai sull'altalena? -
- Non mi voglio allontanare da sola! - Gridò Dorothy all'improvviso, facendo cadere il resto del gelato e attirando l'attenzione di tutti.
- D'accordo, d'accordo. Veniamo anche noi, ok? - Convenne Patrick.
Con i due adulti appoggiati ai pali di sostegno dell'altalena, Dorothy sembrava più tranquilla e andava avanti e indietro con la lentezza di chi non aveva veramente voglia di dondolarsi.
- Mi spieghi che stiamo facendo qui? - Esclamò Teresa all'improvviso.
- Stiamo indagando. -
- Pensi che le risposte si trovino tra sabbia e altalene? -
- No, ma credo che siano nella mente di Dorothy, è solo che non le vuole tirare fuori. Nel suo mondo non ci sono e sto cercando di portarcele per poterle poi portare nel nostro. -
In quel momento un uomo alto e robusto mise piede nel parchetto. La sua figura alta ed elegante attirò l'attenzione di tutti, anche se da quella distanza non si riuscivano a distinguere i suoi lineamenti. Si stava dirigendo spedito verso l'altalena e Teresa posò la mano sul fianco, dove sapeva esserci la sua pistola, mossa da un istinto affinato negli anni e potenziato dal senso di protezione verso quella bambina. Appena Dorothy si accorse dell'uomo che si avvicinava scese dall'altalena perdendo l'equilibrio, inciampando e precipitandosi dietro le ginocchia di Teresa, nascondendo il viso contro i suoi pantaloni e stringendole le gambe con una stretta disperata.
L'uomo si avvicinò con espressione burbera, fissando severamente prima Teresa e poi Patrick. Il detective gli sorrise e gli assestò una sonora pacca sulla spalla.
- Greg, vecchio mio, che ci fai qui? - Lo salutò.
- Dovresti dirmelo tu, visto che mi hai fatto uscire dal lavoro senza nessuna spiegazione. -
- Non dovrebbe essere un piacere rivedere un vecchio amico? -
- Non siamo mai stati amici. - Sbottò. - E mi devi dei soldi. -
- Hai ragione. Va beh, grazie per essere passato. -
- E i miei soldi? -
Patrick sorrise sornione e si posò le mani sulla giacca.
- Temo di aver lasciato il portafoglio in ufficio. Lisbon, andiamo? -
- Me li devi restituire! -
Con un cenno della mano, Patrick fece segno di aver sentito, e Teresa si ritrovò ad afferrare la mano di Dorothy e a trascinare una bambina pallida e tremante sul vialetto verso l'uscita.
- Si può sapere che diavolo sta succedendo? - Sbottò.
- Credo sia meglio che tu la prenda in braccio, è troppo scossa per camminare. - Rispose Patrick, accennando a Dorothy.
- Sei stato tu a spaventarla a morte! -
- Aha, no, ti sbagli. Io non ho fatto proprio niente. È stato Greg a spaventarla. -
- Cosa voleva quel signore? - domandò Dorothy con un filo di voce.
- Vorrei saperlo anch'io. - Rispose Teresa, stringendo più forte la sua mano e lanciano un'occhiata esasperata al suo consulente.



















Capitolo più corto del solito, ahimè.
Ho deciso di aggiornare in tempo utile,
ma questo mi ha obbligato a pubblicare un pezzo più breve,
dato che l'indagine si è ingarbugliata troppo
e avrei bisogno del vero Jane per sgarbugliarla.
E mentre fangirlizzo pensando alla meravigliosa puntata di ieri sera - molto Jisbon! -
vi ringrazio di aver letto e vi invito a non perdere la speranza:
la storia continuerà molto presto!

Flora
   
 
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