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Autore: fiammah_grace    01/12/2012    1 recensioni
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"Se solo Jill avesse saputo di essere salvata da Albert Wesker, avrebbe provato tutt’altro che gratitudine, perfettamente conscia del fatto che da un incubo, sarebbe caduta in un incubo ancora peggiore.
Il rumore della pioggia era incessante.
L’uomo dai maligni occhi rossi alzò il viso lasciando che bagnasse il suo volto.
I capelli scomposti, ritornarono indietro appesantiti dall’acqua.
Il berretto della bruna cascò dalla testa scoprendo il suo viso addormentato.
Wesker, a quel punto, avanzò nella foresta, riprendendo del tutto le sue forze e sapendo perfettamente dove andare.
Ignara, la donna seguì il suo carnefice, trasportata nei meandri del suo peggior incubo. Frastornata e agonizzante, era ancora in balia del sonno, non sapendo nemmeno di essere ancora in vita, mentre Albert Wesker già progettava come attuare la sua vendetta."
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Albert Wesker, Jill Valentine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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THE DAYS LOST IN THE NIGHTMARE






CAPITOLO 12






Jill, assorta nei suoi pensieri, pianificava un modo per riuscire a smontare quel pandemonio che ben presto Wesker avrebbe scatenato.
Le carte a suo favore erano poche. L’autonomia che le restava era minima.
Poteva ancora muovere il suo corpo e formulare pensieri propri, tuttavia era ancora estremamente soggiogata dal P-30.
Quel che le rimaneva, era dunque riuscire a conservare il suo intelletto quanto più possibile, in modo che non potesse essere usata in quel piano malvagio.
Nessuno doveva accorgersi di quel briciolo di autonomia che le rimaneva.
Non avrebbe potuto far nulla, ma poteva almeno scoprire quanto più possibile su quel virus, così da ottenere utili informazioni da inoltrare alla B.S.A.A. e a Chris Redfield.
Doveva solo attendere pazientemente la sua occasione.
D’improvviso, la succinta donna vestita di bianco le si avvicinò, con quel suo atteggiamento intrigante e crudele. Le parlò con schiettezza, senza neanche considerare la bionda Jill come un possibile pericolo, ben conscia del suo potere.
“Vuoi vederlo? Il virus…Uroboros.”
Disse deformando le labbra in un sorriso provocante, piegando appena la testa all’indietro, come trattenendosi dal piacere di tormentarla.
Portò la penna stilografica sulla bocca e la mordicchiò appena, muovendosi come se stesse nel pieno di un servizio fotografico.
Quella situazione la stava divertendo. Ella godeva del fatto di poter torturare la bionda prediletta di Wesker, così continuò a trafiggerla con i suoi occhi color del ghiaccio.
Jill, dal canto suo, aggrottò le sopracciglia. Lì per lì non comprese la proposta della donna. D’improvviso si accorse che la bruna stava puntando il suo sguardo alle sue spalle, così la bionda si voltò e si accorse in quel momento di un vetro dalla forma circolare posto in fondo al laboratorio, ove era tenuto prigioniero un uomo dalla pelle bianchissima.
Jill strinse gli occhi.
Sembrava morto, eppure era seduto perfettamente in equilibrio su uno sgabello.
Era quello…l’Uroboros?
“Ora inizia il bello. Preparati.” Pronunciò Excella abbracciando i gomiti e osservando tranquilla la scena.
Infatti, dopo pochi istanti, qualcosa dal corpo di quell’uomo parve muoversi sotto pelle.
Era come se qualcosa gli scorresse dentro le vene, cominciando a farlo contorcere. L’ex agente STARS non riuscì a comprendere se quella cavia fosse viva o fosse morta, ma quel contorcimento, e il fatto che i suoi occhi si spalancassero, la mandò in panico.
Era davvero una cavia umana…viva?!
Indietreggiò appena, sconvolta, mentre l’uomo cadde a terra. Egli batté appena sul vetro e in quel momento un liquido nero fuoriuscì dai suoi occhi.
Le pupille di Jill si strinsero, mentre il suo sguardo diveniva sempre più sgomentato. Il P-30 fece in modo che non potesse muoversi, ne urlare, ne distogliere lo sguardo. Ma non poté impedirle di inorridire a quella visione.
Jill notò poi che quella materia che fuoriusciva dal suo corpo non era una semplice melma nera. Neppure lacrime. Quella strana roba scura era…dei vermi?
Disgustata, sentì il suo stomaco in subbuglio. Come faceva invece quella gente attorno a lei ad essere così impassibile?!
La cavia presto fu ricoperta quasi interamente da questi esseri striscianti e scuri. All’improvviso, questi cacciò un urlo, e dalla sua bocca apparve un fiore dalle enormi fattezze.
Si scaraventò contro il vetro, oramai fuori controllo. I suoi occhi erano girati al contrario, ed oramai era troppo tardi per lui.
Uroboros era entrato nel suo corpo e si era mischiato con il suo dna.
La scena fu straziante.
“Peccato tu abbia potuto assistere soltanto alla trasformazione di un ospite incompatibile. Tuttavia, Uroboros è fenomenale. Una vera potenza.”
Come…come poteva dire una cosa del genere?
Si rendeva conto, anche solo lontanamente, di quelle parole?
Era folle. Completamente folle.
Excella cominciò a ridere.
“Dovremmo ringraziarti sai? Senza di te, non avremmo avuto questo successo…”
Perché non la smetteva di torturarla in quel modo? Non ne poteva più!
Basta!!
Jill digrignò appena i denti, mentre Excella la costrinse ad assistere a quell’abominio senza darle alcuna possibilità di scelta.

“La pagherete…!!”

All’improvviso il telefono cellulare di Excella suonò. Ella lo estrasse velocemente dalla borsetta dorata e lo portò all’orecchio.
“Albert! Finalmente, volevo parlarti. L’esperimento qui ha…”
Wesker la interruppe. “Vediamoci qui fuori.” disse lui glaciale senza ascoltarla nemmeno.
“D’accordo.” sorrise invece lei radiosa, ma ben presto il suo entusiasmo fu smorzato dal seguito della frase dell’uomo dagli occhiali scuri.
“Porta anche Jill.” concluse infatti lui, riagganciando il telefono.
“Cosa?!” Excella digrignò i denti adirata. “Tsk! Non sei un uomo galante, Albert Wesker!!”
Gettò il cellulare nella borsetta e girò i tacchi, uscendo così dal laboratorio. Soltanto sull’ultimo, si voltò verso Jill.
“Ehi, vuole vedere anche te!” detto questo, girò energicamente la testa e uscì.

“Albert, dimmi.”
Chiese Excella raggiungendo Wesker fuori dal laboratorio. I due si erano dati appuntamento nei pressi del giardino interno dell’edificio.
Wesker, col suo aspetto imponente e fiero, era lì ad attenderla con le braccia incrociate. Si girò verso Jill, che era appena dietro la bruna, poi tornò alla domanda di Excella.
“Abbiamo concluso. Partiremo per Kujuju nel giro di quarantotto ore.”
“Davvero? Oh, ne sono felice! Nella mia sede sarà tutto più comodo.”
Esclamò lei entusiasta, avvicinandosi a lui e sfiorandogli appena il viso con la sua curata e candida mano. Tuttavia l’uomo la respinse, rifiutando quei gesti affettuosi che la donna rivolgeva senza inibizioni nei confronti di chiunque.
“Non è per questo che ti ho chiamato.” disse non scomponendosi.
“No?”
“Ho deciso che sarai tu ad occuparti del trasferimento dei dati raccolti in quest’ultimo mese. Compresa Jill Valentine.”
A quelle parole, Excella sbandò.
“Aspetta. Cosa vuoi dire, Albert?”
“Uh?” Wesker abbassò il viso verso di lei. “Non hai capito? Jill è tutta tua. L’affido a te.” disse con fare fastidiosamente ovvio.
La bruna sgranò gli occhi del tutto contrariata.
“Ma, Albert! Io speravo che…”
“Non posso dedicarti altro tempo, Excella, devo andare. Suppongo potremmo rivederci stasera dopo le ventidue. Mi raccomando.” pronunciò velocemente sbirciando l’orologio, non curandosi minimamente di lei.
Infilò intanto il lungo cappotto scuro che aveva poggiato sul braccio, e mentre fece per sollevare il colletto, osservò un’ultima volta Jill.
“Ciao, Jill.”
Aggiunse, con una strana e irriverente confidenza, sparendo poi dalla vista delle due donne inoltrandosi nel corridoio.
Jill rimase perplessa, sentendo la pelle d’oca di fronte a quel curioso modo di fare di Wesker.
Non poteva esserne sicura, ma ebbe l’impressione che l’avesse salutata per dispetto.
Non lo credeva così infantile.
Excella, dal canto suo, batté un piede a terra, irritata.
“Ed io di che me ne faccio?!” sbuffò.
La bionda la guardò come per dirle che la cosa fosse assolutamente reciproca. Era abbastanza irritante anche per lei avere a che fare con quella donna.
Ad un certo punto, Excella abbozzò un ghigno, che si fece sempre più maligno.
“Ih,ih,ih. D’accordo, Albert. L’affidi a me? Benissimo.” sogghignò. “Seguimi, Jill Valentine.”
Jill s’inquietò a quelle parole. Le donne potevano essere molto temibili.
Dove la stava portando?

Non fu in un laboratorio, né in una stanza delle torture, e neppure in una piccola e lurida gabbia.
Jill non si sarebbe mai aspettata che, invece, Excella l’avesse portata nel suo appartamento.
Perché?
Persino lei, che non era certo una mente diabolica come loro, aveva pensato che l’avrebbe torturata, umiliata in qualche esperimento…o qualcosa di simile.
Forse aveva passato troppo tempo con Albert Wesker…
Tuttavia, che Jill anche nella sua vita privata fosse una donna fuori da ogni canone, era risaputo.
Anche per lei, oramai era diventato normale pensare sempre in termini di guerra.
Vide la bruna aprire l’armadio e buttare all’aria alcuni vestiti.
“Forza, indossa questi. Non posso andare in giro con una persona vestita con una tuta integrale di pelle!” disse porgendole una camicia di raso e una gonna coordinata.
Jill prese gli indumenti e si chiese per quale motivo dovesse indossarli. Rimase ad osservarla non potendo dir nulla per via del P-30, così fu Excella a prender parola.
La bruna, infatti,vedendola in piedi vicino a lei, completamente immobile e spaesata, si esasperò.
“Cosa fai ancora lì?!” disse sgarbatamente, poi comprese. “Oh, giusto... il P-30.”
Riformulò dunque l’ordine da imporle.
“Puoi parlare, se vuoi. Ma ricorda che sono la tua padrona, dunque dovrai rimanere sottomessa.”
Jill fu dunque costretta a mostrarsi rispettosa di lei, tuttavia potette almeno finalmente parlare.
“Dove andiamo?” chiese.
“In centro. Ho voglia di fare due passi, e poi ho un appuntamento per una manicure. Già che ci sono, compreremo anche qualcosa.” spiegò e Jill quasi sbandò a quelle parole.
Poco prima avevano visto un uomo morire per via di Uroboros, ed adesso… uscivano per fare compere?
Rimase scioccata di quanto potessero essere insofferenti le persone legate a quel diabolico e crudele mondo. Potevano davvero reggere così facilmente i loro crimini?
Excella sembrava davvero tranquilla, intenta unicamente a scegliere cosa indossare.
Tutto ciò era davvero riluttante.
Non poteva credere a un’indifferenza simile, eppure lei era totalmente disinvolta in quel che faceva... ciò fu molto strano ed angosciante da assistere.

Una volta pronte, le due presero un elicottero, e in breve tempo arrivarono all’aeroporto di una città in pieno movimento.
Excella indossava un completo color glicine, corredato di cappello stile anni cinquanta.
Ella camminava ad agio, con i tacchi che slanciavano la sua figura. Appena dietro di lei, Jill reggeva la sua borsa. La guardò quasi nauseata di essere a fianco una donna tanto appariscente e crudele.
La bruna si prese tutti i comodi nell’occuparsi delle sue faccende.
Stettero, infatti, quasi un’ora dall’estetista, e dovette sorbirsi Excella mentre si faceva dipingere le sue preziose unghie.
Nonostante fosse una donna anche lei, Jill non poté che sentirsi veramente annoiata di sottostare a quel tipo di mercé davvero ridicola.
Excella passò tutto il tempo a pettegolare con le altre clienti che neanche conosceva, parlando con una nonchalance e con una cordialità tale che nessuno avrebbe mai potuto credere che ella fosse una delle menti che stavano lavorando al progetto che voleva lanciare sul mercato un nuovo e calamitoso virus.
Una volta fuori, si voltò verso Jill, che si teneva a distanza da lei. Il suo solito viso era vago e inespressivo per via della sostanza somministratole.
Excella sbuffò vedendola così, come se non sapesse perché lei non potesse esprimersi. Inaspettatamente, si affiancò a lei e passò un braccio attorno al suo, mettendosi a braccetto.
Jill la guardò attonita.
“Non siamo amiche, sia chiaro. Ma per chi ci guarda, sarebbe strano vederti come un Frankenstein dietro di me. Dunque sorridi e cerca di non farmi sfigurare.”
La bionda sgranò gli occhi, chiedendosi di cosa diavolo stesse parlando.
Fu abbastanza ridicola per lei quella situazione.
Sembravano le tipiche amiche in giro per i negozi, soltanto che, nel suo caso, era costretta a mostrarsi partecipe per via di una sostanza diabolica, creata per sottomettere la sua volontà.
Non certo ideata per quel tipo d’impiego.
Si chiese Wesker cosa avrebbe pensato se l’avesse saputo.
“Dunque, Jill…quanti anni hai?” chiese all’improvviso Excella, poi subito si spiegò. “E’ tanto per fare conversazione, cosa credi.” si giustificò, esibendo un sorriso finto da rivolgere a chi incrociasse per caso la sua figura.
Excella doveva tenerci molto a come appariva, sembrava quasi una di quelle dive che si mostravano sempre belle e sorridenti in pubblico.
Ma cos’era? Era un gioco per lei?
Nonostante assalita dall’irritazione, dovette comunque rispondere a quella domanda.
“Trentadue…ehm…trentatré.” si dovette correggere. Doveva ancora abituarsi all’idea di aver dormito per un anno intero.
Excella divagò con gli occhi, poi riprese a parlare con fare confidenziale. Fu forse in quel momento che Jill costatò che la bruna doveva essere molto più giovane di quanto sembrasse. Il suo atteggiamento, infatti, più che di una donna, sembrava essere quello di un’adolescente.
“Sei fidanzata, sposata…a parte la BSAA, cosa fai nella vita?” le chiese infatti, senza troppo riguardo.
Jill trovò assurda quella domanda. Cosa significava “a parte la BSAA”?
La BSAA rappresentava tutta la sua vita.
Quando avrebbe mai potuto dedicarsi ad altro?
Inoltre, perché avrebbe dovuto condividere con lei la sua vita privata!?
Anche se ne avesse avuta una, certo non si sarebbe lasciata andare in quel modo, magari per vedere lese le poche persone a lei care.
Certo, però… che quella domanda la indusse a riflettere.
Pensò a quante sue coetanee avevano una vita ben diversa dalla sua, magari con una famiglia, degli amici…
…ma per lei non era mai stato così.
Non era mai stata una ragazza troppo sentimentale e fin da giovanissima aveva scelto la carriera militare che era molto più vicina al suo modo di vivere.
Dunque, non conosceva le frivolezze tipiche di un’adolescente, né le era mai importato.
Tuttavia quella consapevolezza mosse qualcosa dentro di lei, facendole accorgere sempre di più di quel che aveva perduto e che mai più avrebbe ritrovato.
Infatti, a ferirla non era tanto il fatto di essere o no una ragazza spensierata, un soldato, una moglie, o chissà cosa… quel che la lacerò, in quel momento, fu che non aveva avuto la possibilità di scegliere.
Il destino aveva scelto per lei. Un destino nero, dagli scarlatti occhi crudeli…
Excella storse il naso a quel silenzio, ma in qualche modo comprese perché ella tacesse in quel modo. Quindi puntò la sua attenzione altrove, sbirciando le vetrine dei negozi.
All’improvviso quasi strattonò Jill, quando vide su un manichino un completo a lei molto gradito.
“E’ delizioso!” squittì eccitata.
Jill guardò subito il prezzo, più che il vestito.
Era una cifra veramente folle, e stava guardando soltanto quello della gonna. Se vi addizionava anche quello della giacca, maglia e scarpe, le venne quasi il voltastomaco.
Lei non si sarebbe mai neanche lontanamente avvicinata a un negozio come quello.
Excella invece sembrava entusiasta.
“Voglio provarlo.” annunciò, e trascinò dentro Jill.
La bionda assisté almeno a dieci cambi d’abito della donna, che sfilò per il negozio esibendosi senza remore.
“Non so proprio scegliere. Sono tutti stupendi! Certo che mi sta bene qualsiasi cosa. Vorrei sapere come fanno certi uomini a non desiderarmi.”
Quel ‘certi uomini’ attirò la sua attenzione. Stava parlando di Wesker?
“Tsk! Se ne pentirà un giorno.” farfugliò ancora, compiacendosi allo specchio. “Giuro che, secondo me, ci tiene più al gel o agli occhiali che a questo fiore di donna.”
A Jill scappò un sorriso.
Seppur l’avesse pensato, non aveva mai sentito parlare di Wesker in quel modo.
Stette ad ascoltare la bruna, che intanto cambiava un abito dopo l’altro, chiedendosi se davvero lo conoscesse.
In fin dei conti, da quel che lei sapeva, Wesker non aveva mai avuto degli ‘amici’ , o anche dei semplici conoscenti, neanche ai tempi della STARS. Dunque fu una situazione nuova per lei, che in qualche modo la divertì, facendola allontanare dai suoi pensieri cupi e devastanti, seppur per poco.
“Viaggia, si allena, studia, cura il suo prezioso lavoro, il suo savoir-faire…ma non se ne fa nulla della sua potenza e intelligenza se non sa come conquistare una donna!”
Continuò intanto, non tenendo per nulla a freno la lingua.
Si rivolse poi a Jill.
“Sai che ti dico? Io compro tutto. Alla faccia sua!” proclamò e tornò nel camerino per svestirsi.
“Uh, uh, uh… un piccolo dispetto che a lui non costerà nulla. Peggio per lui che mi crede così stupida.”
“Di cosa…sta parlando, Miss Excella?” chiese Jill, dovendo assumere un tono molto formale con lei per via del P-30.
Excella si affacciò dal camerino e consegnò alle sottili braccia della bionda gli ingombranti abiti che avrebbe acquistato.
“Semplice: questo è il regalo che mi ha fatto Albert per farsi perdonare.”
“C-cosa?” esclamò di getto.
Excella rise diabolicamente e, mentre si avvicinò alla cassa, estrasse una carta di credito dal portamonete in peluche, ricoperto di pailette.
“Questa è la sua carta di credito, tesoro.” specificò infine.
Mostrò la carta trionfante, lasciando Jill sempre più sgomentata.
La commessa la fece scorrere nell’apparecchio apposito, ed Excella tirò su un sospiro di piacere.
“Oh, sì…sento di averlo perdonato, ora.” disse, portando una mano al petto.
Jill scosse la testa non potendo credere a quel che stava vedendo.
Excella aveva trafugato la carta di credito di Wesker, e a sue spese aveva comprato tutti quegli abiti costosi?
Fu una scena molto divertente, seppur in cuor suo le dispiacesse un po’ per Wesker.
Poverino…non credeva avrebbe mai potuto pensare una cosa simile.
“Oh, aspetta!” disse all’improvviso Excella prima di uscire dal negozio.
Osservò un espositore di occhiali da sole, ove erano sistemate lenti dai colori e dalle forme più bizzarre.
Jill vide la bruna afferrarne un paio. A quel gesto, si voltò di scattò verso di lei e la guardò come per chiederle se li avrebbe acquistati sul serio.
Il modello che, infatti, la donna aveva fra le sue mani era blu, pieno di brillantini, e a forma di stella.
“Gli piacciono tanto gli occhiali, ed è giusto che, essendo soldi suoi, gli prenda almeno qualcosa.” Spiegò canzonatoria e si fece fare un bel pacchettino.
Inutile specificare che l’ex agente STARS rimase esterrefatta ancora una volta.
Era davvero un regalo quello…o era piuttosto un ennesimo dispetto?
Mentre uscirono dal negozio, questa volta definitivamente, Jill rifletté sul fatto che non avesse effettivamente mai fatto shopping in vita sua.
In effetti, era più solita fare altro tipo di acquisti.
L’unico shopping che conosceva era quello in compagnia di Chris nelle armerie, il che non era proprio la stessa cosa. Anche se era ugualmente divertente.
Comunque, poté dire, in conclusione, che fu piacevole essere uscita con Excella.
Forse, più che uscire con lei, era stato bello allontanarsi un’ultima volta da quel contesto malsano; quel credere per poche ore che esistesse ancora una vita normale per lei…
Tuttavia doveva tornare preso alla realtà, perché bastava riguardare se stessa per ricordare di essere prigioniera.
Per quanto potesse abbandonare tutto, non sarebbe mai riuscita a smettere di combattere.
Non poteva dimenticare chi fosse Excella, né che l’avesse portata unicamente per indispettire Wesker.
Rientrare nei laboratori sarebbe stato angosciante, adesso.
Probabilmente era stato ingenuo da parte sua sottovalutare la donna a tal punto. Ella le aveva mostrato come aveva potuto renderla la sua schiava senza alcun problema, costringendola persino a fingersi una sua ‘amica’. Il tutto con una semplicità e una disinvoltura che adesso la stava spaventando. Che fosse stata una messa in scena o meno, quel che fece battere il cuore angosciato di Jill fu quella sensazione di impotenza, ove solo la sua sanità mentale avrebbe potuto aiutarla a non soccombere del tutto.
Punita nuovamente dalla sua mente, rievocò quel che era accaduto in quella stessa giornata. Quella cavia morta in laboratorio, probabilmente così simile a lei…
Notare, infatti, come la bruna, fuori o dentro quei laboratori, fosse sempre la stessa, le trasmise un senso di disturbo che non riuscì a scacciare.
Jill cominciò a guardare la giovane Excella Gionne con occhi completamente diversi.
Lei stessa doveva essere impazzita a furia di vivere in quei laboratori… oppure il suo concetto di umanità non esisteva per nulla.


***


Erano passate le dieci di sera.
Albert Wesker era da poco rientrato nei laboratori Tricell.
Aveva un’aria stanca, ma nessuno sapeva dove fosse stato.
Portò una mano sui capelli biondi, sistemandoli indietro, poi sfilò la giacca scura, poggiandola sul divano.
Si sedette e rimase in silenzio, nel buio della sua stanza.
Sebbene desiderasse rilassarsi, questo termine era sconosciuto alla sua mente, che prese invece da sola a far mente locale sui preparativi per il suo imminente viaggio per l’Africa.
Gli rimanevano ancora un paio di faccende da sbrigare, vi avrebbe però provveduto l’indomani. Portò le dita sull’imboccatura del naso, massaggiandosi.
Egli si confuse nell’oscurità assoluta, illuminato appena dai raggi lunari che filtravano dalla grande vetrata al suo fianco.
Lo squillare del telefono tuttavia interruppe quel suo raro momento di pace.
Prese la cornetta svogliatamente e la poggiò all’orecchio.
“Sì?”
“Volevamo informarla che la dottoressa Gionne è appena rientrata nella sua stanza.”
Wesker chiuse il telefono, attendendo quella telefonata già da un quarto d’ora.
Osservò l’orologio e si sorprese che fossero già le undici. Dove diavolo era stata quella donna tutto quel tempo?
Seppur fosse visibilmente stanco, doveva tuttavia assicurarsi che Excella non avesse combinato nulla, e soprattutto che Jill fosse ancora con lei.
Così uscì dal suo appartamento e si diresse nella camera della bruna.
Il rintocco delle sue nocche risuonò inquietante nella stanza di Excella Gionne, la quale aveva appena messo a posto i vestiti comperati.
Ella sciolse i capelli, massaggiandoli e sistemandoli sulle spalle, poi ad agio aprì la porta.
“Buonasera, Albert.”
Disse serenamente, e gli fece segno di accomodarsi.
Wesker non si fece troppe remore e cercò subito Jill con lo sguardo.
Si sorprese di vederla truccata, con i capelli biondi sulle spalle, una camicia di seta rosa, una gonna e i tacchi.
Rimase a scrutarla appena dalle lenti scure, e persino Jill sembrò volergli dire che non era dipeso da lei quel suo modo di essere vestita.
Wesker inclinò la testa, poi si rivolse ad Excella.
“Mi hanno riferito che sei uscita portando Jill con te.”
“Sì, con ciò? Non l’avevi affidata a me?”
Wesker corrucciò appena la fronte, trovando inconcepibile quanto fosse ottusa quella donna.
“Ti ricordo che la credono morta, e finché posso, vorrei che passasse più inosservata possibile.” la rimproverò.
Excella mise le mani sui fianchi e divagò con gli occhi, infastidita, poi non curante se ne andò nella sua camera da letto.
“Sapevi che dovevo andare in città. Avevi detto che mi avresti accompagnata.” disse fermandosi sul ciglio della porta.
Wesker alzò le spalle.
“Ad ogni modo, elabora un abbigliamento che possa mascherarla. A Kijuju l’invieremo per alcune spedizioni e voglio evitare che qualcuno ci intralci, riconoscendola.”
Excella poggiò una mano sulla porta e lo guardò saccente.
“Oh, intendi che vuoi fare uno scherzetto al tuo caro amico, Chris Redfield?” disse pungente, consapevole di aver scagliato una freccia potente contro Wesker e la bionda.
Jill, infatti, sbandò a quella costatazione detta così d’improvviso.
Temeva il giorno in cui avrebbe sentito parlare di Chris. Sapeva che sarebbe successo…
Attese dunque cosa Wesker avrebbe risposto, spaventata.
Dal canto suo, l’uomo vestito di nero rimase impassibile. Portò poi una mano dietro le spalle di Jill, invitandola a seguirlo.
Fece così per abbandonare la stanza, ignorando completamente quella domanda.
Vedendolo andare via così velocemente, Excella sorrise velatamente.
Poco dopo, poi, gli corse incontro e gli allungò inaspettatamente un pacchetto e una carta di credito.
“Tieni e grazie.” disse.
Wesker guardò prima il pacchettino dalla forma rettangolare, poi la carta di credito, che riconobbe essere la sua.
Sembrava perplesso, sebbene la sua espressione fosse celata dagli occhiali.
“Non ricordavo di avertela data.” disse, ed Excella ridacchiò.
“Ah, no? Beh, spero che il mio regalino ti piaccia.”
Esclamò entusiasta, poi chiuse la porta, lasciando Wesker e Jill fuori dall’appartamento.
Wesker osservò di nuovo il pacchetto.
Se Jill non fosse stata sotto l’effetto del P-30, avrebbe già cominciato a ridere.
Si rimproverò di pensare una cosa simile in quel momento, quando avrebbe dovuto preoccuparsi ben di altro. Tuttavia quella scena fu irresistibile.
L’uomo scartò appena la carta, e in un primo momento non sembrò turbato. Forse l’idea di ricevere un ennesimo paio di occhiali da sole non lo disturbava affatto, anzi.
Tuttavia la sua espressione mutò di colpo quando aprì il cofanetto, e vi trovò dentro quelle lenti sgargianti a forma di stella.
Wesker non fu mai più serio come in quel momento.
Era un uomo glaciale di suo, per cui dire che fosse persino peggio, significava molto.
Egli guardò prima l’oggetto e poi Jill, per poi nasconderlo nella giacca e rigare dritto verso la sua stanza.
Jill non riuscì a trattenere il sorriso.
Costatò che Wesker non era un uomo capace di stare agli scherzi, dato come l’aveva presa seriamente.
Anche se quella reazione fu esilarante da vedere a occhio esterno.
Tuttavia dovette affrettarsi per stargli a passo, così lo raggiunse e presto fu di nuovo dietro di lui.

***





Okay, lo ammetto! xD
Con questo capitolo mi sono voluta lasciare un po’ andare a quell’aspetto un po’ più quotidiano, un po’ più comico, che nella mia mente spesso la fa da padrona quando amo una storia.
In verità, però, la sussistenza di questo capito, un po’ ‘fuori luogo’ a un primo sguardo, è invece ben ponderata.
Mi spiego.
Quel che volevo mostrare era un qualcosa di inquietante, a mio modo di vedere.
Ovvero come la crudeltà di quel che avviene nel contesto di resident evil, avviene con una freddezza tale che diviene quasi la “normalità”.
Excella in questo capitolo è stata la portavoce di questo concetto.
Approfittando del suo carattere scaltro, glaciale, affascinate, eppure infantile, ingenuo e civettuolo, ho potuto mostrare la riluttanza del mondo in cui vivono persone come lei.
La mattina uccide un uomo, una cavia, a sangue freddo, e poche ore dopo passeggia fra le vie di una cittadina, che potrebbe tra l’altro essere, un domani, un suo possibile target per diffondere Uroboros…
La contraddizione di contesti simili, eppure miscelati normalmente nella sua vita quotidiana, è un concetto inquietante e disturbante.
Il mio intento dunque era creare questa atmosfera agro-dolce, che divertisse, ma inquietasse allo stesso tempo. Spero di esserci riuscita.
Un ultimo appunto da fare.
In questo capitolo si è mosso un altro tassello verso RE5, ovvero Jill come “il pupazzo di Excella”, come dice Irving in una scena del gioco.
Per questo ho fatto affidare Jill ad Excella.
Volevo evidenziare questo passaggio, che per me è importante dato che, ripeto…mi sto avvicinando al finale, ovvero a resident evil 5, quindi queste sono sfumature che mi preme vengano colte.
Grazie mille a chi mi sta seguendo! Fatemi sapere cosa pensate di questa storia, ne sarei davvero felice.^^
Un grazie speciale ad Astarte90 soprattutto, per le sue recensioni così articolate e sentite, soddisfacenti e lusinghiere per chi come me scrive volendo comunicare vivamente quel che crede, e lo fa con passione, lavoro e dedizione. Thanks! <3
  
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