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Autore: _brilliam    01/12/2012    6 recensioni
Judith scopre di avere un tumore e di avere un mese di vita.
Si ritrova a dover fare quello che avrebbe fatto in una vita, in un intero mese.
Liam, Claire e Lorelay saranno le ragioni dei suoi ultimi sorrisi ma..
Anche la morte ha in serbo per lei, un'ultima sorpresa.. perché nessuno ha detto che dopo la morte, non c' una vita...
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E seppi che mentre aspettavo che Liam mi raggiungesse quassù insieme a tutti gli altri, io potevo raggiungerlì laggiù e proteggerli da tutte le sofferenze che già vedevo sulla loro strada.
Fu nel momento in cui morii che vissi davvero. Vissi come non avevo vissuto in una vita intera. Stavo vivendo di più adesso.
E per una volta... nella morte, seppi cos'era la vita.
E per una volta nella morte, seppi che sarei stata più utile per tutti, in quel modo.
Per una volta smisi di pensare, prima che iniziasse il mio lavoro di angelo custode.
Misi il cervello da parte e mi persi sotto una notte di stelle.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                      My last month life...












E tutto si fermò.
Le foglie rosse degli alberi, in quell'Autunno di un Dicembre troppo caldo per quel periodo.
La pioggia e la grandine che cadevano incessanti da giorni sulla mia città.
Le risate dei bambini fuori da quella stanza.
Il mio respiro.
Il mio cuore.
Il mio cervello.
Tutto.
Ma fuori no. Il mio corpo tremava. La mia mano tremava mentre osservavo il sangue scivolare lento sul pavimento.
Espandersi su quel bianco candido che ricopriva i gradini del mio bagno.
La mia mano era ricoperta di quel sangue.
Speravo fosse solo un incubo. Sentivo le mie gambe deboli, le mie ossa già fragili, cedere.
Caddi in ginocchio proprio davanti a quella chiazza di sangue.
Era rossa.. Come poteva essere altrimenti.
Ho sempre odiato il sangue. Il suo colore in particolare.
Rosso.
Rosso era quello che mio nonno sputò un attimo prima di morire.
Rosso era ciò che caratterizzava la mia malattia.
Rosso era come il sangue che spesso usciva dalle mie vene.. dai polsi... dopo i tagli.
Rosso era la morte, questa ne era la conferma.
Rossa ora era quella che sarebbe stata la mia morte.

Il medico l'aveva detto qualche ora prima. Avevo un mese di vita. La malattia che avevo era peggiorata... E mi aveva portata a un tumore. Uno dei più maligni.
Calcinoma era il suo nome. Già il suono di quella parola faceva fermare il sangue nelle vene.
Non c'era nulla di bello in tutto questo. Non c'era mai stato nulla di bello nella mia vita. Avevo sempre desiderato morire ma ora.. Ora che davvero era certa della mia morte, non mi sembrava possibile.
Mi guardavo in giro, spaesata. All'improvviso tutto ciò che cadeva nei miei occhi umidi, mi sembrava di vederlo per la prima volta.
Forse il sangue nelle vene mi si era fermato davvero.
In quel momento il mio cervello era scollegato o forse era così attivo che mi sembrava fosse scollegato. Non lo so.
Si, perché quel momento me l'ero immaginato tante volte. Avevo pensato che sarei scoppiata in un pianto isterico, che avrei gridato, che avrei dato a pugni qualche muro fino a spaccarmi le nocche, com'era mio solito fare quando ero arrabbiata o spezzata a metà.
E invece no. Il vuoto.
Non si può prevedere una reazione in una situazione del genere.
L'unica cosa che riuscivo a fare era guardarmi attorno con gli occhi solo leggermente umidi. Con il corpo ancora scosso da qualche tremito. Con lo stomaco vuoto e il cervello fin troppo pieno di cose assurde.
Dicono che la vita ti passa avanti nel momento in cui stai per morire. Io non ci ho mai creduto.
E questa ne era la prova. La vita mi scorreva nel cervello, non come immagini, ma come parole. Tutto in quel momento.
A distanza di un mese esatto dalla mia morte.
Non ero sicura che la notizia fosse stata metabolizzata dal mio corpo.
Era tutto così incredibilmente calmo.
Era la calma prima della tempesta.
Era un terremoto senza scosse.
Uno tsunami senza mare.
Un uragano senza vento.
Non era niente.
Era il vuoto più assoluto. Era quello che mi faceva più paura.
Non sembravo nemmeno più io.

Una consapevolezza si fece strada nella mia mente. Chiamiamola illuminazione.
Avevo ancora tante cose da fare prima di morire. Avevo sempre sognato di viaggiare. Da grande avrei voluto abitare a Sidney, in Australia. Fare il bagno nella barriera cristallina.
Avrei voluto fare cose impossibili da grande..
Come abbronzarmi su una spiaggia di Londra. Essere una suora a Las Vegas. Essere una miliardaria nei paesi più poveri dell'Africa. Diventare la stilista più in voga a Parigi. Diventare una star mondiale con la mia band.
Ma non l'avrei mai fatto. Non avrei mai fatto cose impossibili. Non più.
Ora tutto ciò che mi rimaneva era un mese.
Ma non l'avrei sprecato.
Non avrei potuto fare cose impossibili è vero. Ma avrei potuto fare l'importante, il necessario.
Per una volta, solo una volta nella mia vita, avrei pensato a fare quello che mi faceva stare bene.
L'unica cosa che mi sfiorava il cervello e che davvero m'incuteva timore, era abbandonare lui.
Solo lui sarebbe stato ciò che avrei rimpianto tutta una vita.
L'ultima cosa che avrei fatto però, ne ero certa, sarebbe stata proprio quella di vivere i miei ultimi minuti con lui.




Ero nella mia solita classe. Quella in cui tutti mi odiavano.
L'unica cosa buona o meglio, persona, era la mia compagna di banco. Lorelay.
L'amavo. Amavo il fatto che si credesse orribile quando invece era perfetta, almeno per me.
Un giorno avrei voluto dirglielo... Ma mi ricordai che non avevo più il lusso di poter pensare in lungo.
Lorelay si passò una mano nei capelli lunghi castano scuro e mossi e li tirò all'indietro raccongliendoli in una delle sue solite crocchie alte.
I suoi occhi marroni, a volte verdi, si erano spenti e con essi il suo sorriso. Colpa mia.
La notizia l'aveva distrutta. Avevo dovuto dirglielo. Il giorno prima. Non riusciva a guardarmi nemmeno più in viso. Sapevo che pensava.
Le faceva male pensare che mi stesse guardando e non l'avrebbe potuto più fare.
Avevo provato a spiegarlo che non doveva essere triste per me ma lei mi aveva guardato con una faccia sconvolta e si era messa a urlare contro di me. Io l'avevo lasciata fare. Anche io mi sarei comportata allo stesso modo se fossi stata lei. Dopo l'abbracciai soltanto e lei si mise a piangere tra le mie braccia.
Il suono della campanella segnò la fine delle lezioni e di quella giornata scolastica.
Misi tutto nella borsa e mentre la classe si svuotava, aspettai che Lorelay indossasse la sua felpa e si mettesse lo zaino in spalla.
Mi raggiunse qualche secondo dopo, ma non mi guardò in viso e riprendemmo a camminare insieme.
"Me lo farai un sorriso ?" domandai aspettandomi una risposta secca e scontrosa. Ma invece no. Mi guardò come non faceva da ieri.
"Perchè ?" mi chiese.
"Perché cosa ?"
"Perché mi devi lasciare anche tu ?" mi chiese lei mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Non l'avrei mai ammesso, non con lei, ma il pensiero di morire ora mi faceva sospirare di sollievo.
Non era un male se lo vedevi con gli occhi giusti.
Non dopo tutto quello che avevo sopportato io una vita intera.

Continuare a vivere la vita in quel modo mi incuteva più terrore della morte stessa.
"Prima o poi doveva succedere e se non sarebbe stato il calcinoma all'intestino, l'avrebbe fatto l'altra mia malattia" risposi a viso basso.
L'altra mia malattia la sopportavo da una vita. Era sempre all'intestino e il calcinoma era una sua coseguenza. La più terribile.
"Non è giusto" disse in un sussurro mentre la prima lacrima le scorreva sulla sua guancia arrossata.
Lorelay era più alta di me, quindi mettendomi sulle punte, le sfiorai il viso, levandole quella goccia che non si addiceva al suo solito sorriso solare.

"Nulla è giusto. E' che il significato della parola vivere per me, non ha più senso da molto tempo ormai. Credo sia perché non devo combattere per nulla ora. Non devo combattere per nulla perché ho perso tutto.. La mia vita ormai non ha più valore. Solo questo" borbottai con un sorriso amaro.
Per la prima volta Lorelay mi diede uno schiaffo in viso. E questa volta non era uno dei nostri stupidi scherzi, di come quando facevamo finta di picchiarci.
Quello era uno schiaffo. Uno di quelli che ti lasciano le 5 dita arrossate sulle guance candide.

"Non puoi dire così ! Hai ancora da combattere ! Devi combattere per la tua famiglia ! Per me ! Per Claire ! Per.." la fermai alzando una mano. Sapeva che non volevo sentire il suo nome. Era l'unica persona per cui avrei sofferto sapendo di non poter vivere abbastanza da poterlo amare. Da poterlo sposare. Da poter avere dei figli con lui e magari anche dei nipotini a cui avremmo badato su una vecchia veranda scolorita di una casa di campagna.

"Non puoi lasciarci così" concluse lei sedendosi sul muretto una volta bianco ma ormai pieno di scritte, delle mura del nostro istituto. Mi sedetti anche io al suo fianco, su quel marmo freddo. "Ma io non vi lascerò. Io vi guarderò dall'alto" non sapevo se sarebbe stata la verità. Non sapevo se c'era un Paradiso per me. Ci speravo ma non ci credevo.
Erano solo parole per poter rendere la pillola un po più dolce.
Lorelay alzò il viso che teneva basso da un bel pezzo e ciondolando le gambe al di là del muro, mi osservò, forse come non mi osservava da giorni.
"Mi mancheranno le tue battute e i tuoi commenti su ogni ragazzo di cui m'innamoravo" sorrise a quel ricordo. Ormai sarebbe stato solo un ricordo.
Sorrisi anch'io nonostante tutto.
"Mi mancherà non poterti ripetere all'infinito che quello era un bisonte cesso senza cervello né cuore" dissi al pensiero dell'ultimo ragazzo di cui si era innamorata.
Sorrise ma le scese ancora qualche lacrima.
"Grazie a Dio non usi il trucco sennò ora saresti stata una cosa inguardabile" risi e lei mi seguì asciugandosi con la manica della felpa, le lacrime sulle guance.
"Ti va uno di quegli abbracci che ti do raramente ?" le chiesi consapevole che le sarebbe sfuggito un altro di quei sorrisi che mi piacevano tanto.

"Non chiedermelo mai. Abbracciami e basta" sorrise. Mi buttai letteralmente addosso a lei.
Con fatica la strinsi forte. Ero completamente incapace di abbracciare. M'imbarazzava abbracciare. Non sapevo mai che dire, che fare, dove mettere le mani, il viso...
Poi odiavo ogni tipo di contatto fisico con le persone.
Ma ora quella mi sembrava la cosa più giusta da fare.
"Ti voglio bene" le sussurrai nell'incavo del collo. La sentii sospirare sulla mia spalla. Non glielo dicevo quasi mai. Era un'altra cosa che non riuscivo a fare. Esprimere il mio affetto.

"Non sai quanto te ne voglio bene io carotina" mi stritolò più forte.
Risi al nomignolo che non mi sentivo dire più da tempo.
Il nomiglolo derivava dal mio vecchio colore di capelli. Biondo arancio. Poi mi ero tinta castana scura e non aveva più potuto dirmi niente.
"Non credi ti annoierai lassù ?" mi domandò sciogliendo l'abbraccio per potermi guardare in viso.
Le lessi con quale difficoltà stesse dicendo quelle parole.
Cercai di sdrammatizzare. "No non credo... Anzi ! Sarò obesa di lavoro ! Spiare te, la mia famiglia, Claire e lui sarà un'impresa ardua" dissi con fare superiore.
Lei rise e fui felice che stesse digerendo la pillola.
Era il 10 Dicembre... -20 e avrei guardato il mondo dall'alto.

"Judith" sussurrò titubante dopo tanti minuti di silenzio nella piccola scuola del liceo.
"Mmm ?" mugolai spostando l'attenzione con tutta calma, dalle mie All Stars blu e rosse al viso di Lorelay.
"Mi prometti che prima che..." non riusciva ancora a dirlo.
"muoia" dissi naturalmente.
Lei mi guardò inespressiva per poi girasi dall'altro lato per non far vedere la sua espressione "si... cioè mi prometti che andremo a fare una delle nostre serate in cui entravamo in ogni negozio a misurarci i vestiti per poi uscircene senza averne comprato uno ?" sorrise con malinconia questa volta.

"Te lo assicuro" risposi con un sorriso brillante.
Volevo solo accontentare tutti. Avrei reso felice me ma soprattutto loro.
Lorelay sorrise per poi abbracciarmi ancora.
Lei non vide..
Ma questa volta fui io a piangere e ad asciugarmi con la felpa.




Mi aveva invitata, anzi no, costretta a vederci dopo la scuola. Aveva rinunciato a un giorno intero di scuola per poterci vedere alla mia uscita.
Il giorno prima l'avevo detto anche a lei. Ma per messaggi. A un certo punto ho pensato che fosse morta lei.
Non mi rispondeva. Per la prima volta, quella a non rispondere velocemente era lei.
Era tutto un dire per chi la conosceva.
Claire.
Era questo il suo nome. La riconoscevi dai capelli castano chiaro e lisci e dai riccioli che le ricadevano dal ciuffo, per incorniciarle il viso.
Dagli occhi grandi verde prato e le labbra quasi a cuore carnose.
Magra e slanciata. Portamento da chi ne aveva viste tante.
Ci vedevi una storia dietro di lei anche solo passandoci a fianco a una ragazza così..
Era il 20 Dicembre.. -10.
Percorsi la strada che mi divideva dalla piazza con le cuffiette nelle orecchie. Ecco un'altra cosa che mi sarebbe mancata.
La musica. Chissà se in Paradiso con uno schiocco delle dita potevo ascoltare qualsiasi canzone volevo... Sarebbe stato comodo così.
Le mani erano diventati 2 blocchi di ghiaccio, così le misi nelle tasche del mio cappottino blu per tenerle più al caldo.
Col respiro formai delle nuvolette di fumo che si sparsero nell'aria più invernale che autunnale. Per tutto il percorso non feci altro che pensare a come potermi porre con Claire. Sapevo bene che con lei le parole dovevano essere misurate con la bilancia.
Amavo anche questo di lei. Non dava nessuna parola per scontato.
Ogni parola aveva un suo peso. Accellerai il passo consapevole che odiava le persone perennemente in ritardo. Raggiunsi la meta dopo un paio di minuti e Claire era già là. Il viso paffuto ora era tirato, come se si stesse mantenendo dall'urlare. Ma lei non l'avrebbe mai fatto.
"Ciao" dissi col mio solito tono di voce. Come se non le stessi per spiegare nulla. Come se fosse una di quelle serate in cui andavamo a mangiare pankake affogati nel cioccolato da qualche parte.
"Ciao" mi rispose a voce bassa e velocemente.
Per 5 minuti buoni andammo avanti così. Nel silenzio. Ci trovavamo bene entrambe nel silenzio. A volte era meglio di mille parole. A volte erano le cose inespresse le più espressive. Gli sguardi, i silenzi, i gesti.... E nessuno meglio di me poteva saperlo visto che studiavo Psicologia.
"Quando te ne andrai ?" mi chiese guardando il pavimento.
Sorrisi anche se impercettibilmente e la ringrazai mentalemente per non aver usato la parola "morirai".
"Fra una decina di giorni credo.."sussurrai guardandola. Aveva il suo solito broncio di quando era arrabbiata e pensierosa.
"So che detto da me sembra strano ma... I medici non hanno detto che c'è nessuna cura ?".
Sapevo perché me lo stava chiedendo. Sapevo perché aveva aggiunto "So che detto da me sembra strano", ma preferii non commentare.
"No, nessuna soluzione. E' andata così e basta" risposi io secca.
"I tuoi come l'hanno presa ?" era stranamente chiacchierona.
"Come la potevano prendere secondo te ? Male.. troppo. Ho paura che mamma non si riprenda, è entrato in uno stato catatonico. Non la smuove nulla" sussurrai. Lo ammetto, stavo ricominciando a rianalizzare il mio concetto di "non ho paura di morire". Non avrei retto. Stavo per crollare. Sapevo che la mia famiglia sarebbe crollata. Lorelay sarebbe crollata, Claire anche...

Ma lei era così. Non la scalfiva nulla fuori, non l'avrebbe dimostrato mai. E intanto dentro il suo cuore si riempiva di schegge ma non avrebbe dimostrato mai nemmeno quello.
"Non puoi combattere ? Non puoi rimanere qua ?" sussurrò. La voce un po spezzata. Mi girai sconvolta. Sembrava sul punto di piangere.. Ma non l'avrebbe fatto. Lei era Claire.

"Non posso fare nulla te l'ho detto.. Ma ti prometto che da lassù ti guarderò sempre" riuscii solo a dire.
"Non voglio sentire queste cazzate !" si fermò girandosi verso di me.
Gli occhi lucidi e il verde delle iridi ancora più intenso.
Gli occhi di Claire mi avevano sempre fatto uno strano effetto. Ti scavavano dentro, ti scavavano affondo, ti trovavano se ti eri perso e trovavano tutte i punti forti e i punti deboli di quella persona. Era quello che mi faceva paura di lei e da quando ci conoscevamo gliel'avevo detto una sola volta.
Lei mi aveva accompagnata con una risata e poi aveva aggiunto "Si faccio quest'effetto".
Era spontanea. Per questo l'amavo. L'amavo perché era lei sempre e comunque e anche se alla gente non piaceva non sarebbe mai cambiata per nulla al mondo.
Era diversa. Diversa in senso positivo. Di quel diverso che io ritengo perfetto.

"E non combatti ? Non ci provi nemmeno ?" continuò subito dopo arrabbiata.
Claire aveva su di me anche l'effetto di farmi sentire una merda se lei stava una merda.
"Claire è una malattia. E' all'interno. Non si può combattere con qualcosa che hai all'interno" risposi atona.
Lei grugnì di rabbia. "Ti sei arresa.. Ti sei già arresa.. Provaci almeno !" urlò.
Menomale che eravamo in un vicolo stretto, sennò chi ci avrebbe sentito, ci avrebbero prese per pazze.
Non era da Claire nemmeno urlare. Lei era sempre pacata, composta, divertente fin da farti lacrimare gli occhi e soprattutto, non urlava mai.
"Mi sono arresa dopo averci provato" mentii spudoratamente.
"Non è vero" disse solo, questa volta decisa e a bassa voce.
Tipico di Claire, riconoscere le bugie.

"Dai ormai è inutile...". Non mi fece nemmeno finire la frase che mi arrivò uno schiaffo dietro la nuca.
"Non permetterti nemmeno di dirlo" sibilò arrabbiata.
"E allora che devo dire ? Dimmelo tu a questo punto !". Non seppe che rispondere e si allontanò appoggiandosi stanca a un muro. Le mani a coprirle il viso.
Mi avvicinai leggermente. Non sapevo come comportarmi con lei.. Potevi sbagliare da un momento all'altro.
"Non anche tu.." la sentii borbottare triste. Sapevo che non amava gli abbracci, nemmeno io è vero, ma per la prima volta ebbi il bisogno di farlo.
La avvolsi con le braccia e lei con mia sorpresa, non si staccò anzi, levò le mani dal viso e mi strinse a se.
"Come lo dirai a Liam ?" mi domandò tra le braccia. Lei ebbe il coraggio di dire il suo nome.
Un tuffo al cuore mi riportò a ciò che avrei dovuto fare.
"Gliel'ho detto già.. Dobbiamo solo vederci" sussurrai incerta.

"E così te ne vai anche tu" disse allontanandosi da me e guardandomi dura negli occhi. Ora i suoi erano duri come il marmo.
"Il mio corpo se ne va, la mia voce, i miei organi... ma non io" risposi certa di quello che le stavo dicendo. Questa volta riuscii a mantenere il suo sguardo.
Questa volta fu lei ad abbassarlo. "Non è la stessa cosa" disse sprezzante dando un calcio a un cassonetto dell'immondizia lì vicino.
"Non potermi vedere non dà per scontato che io non ci sia" risposi sorridendo e scalciando una pietra.
"Non ridere... Mi da fastidio" disse arrabbiata.
La conoscevo troppo bene. In quel momento probabilmente mi stava perfino odiando perché mi ero arresa, come diceva lei.
Se solo sapesse quello che stava passando nella mia testa in quel momento.

"Ti voglio bene" sussurrai ancora nel silenzio.
Lei alzò la testa di scatto. "Anche io" disse stringendo le mani a pugno. Le presi le mani e si rilassò.
"Ci sarò sempre anche se non mi vedrai" sussurrai.
Lei sembrò voler dire qualcosa ma poi si limitò a dire "Promesso ?" alzando i suoi occhioni tristi. Mi spezzava il cuore vederla così. Ecco un'altro motivo per cui non volevo morire...
"Promesso" dissi. In quel momento sapevo che stavo dicendo la verità.
Passarono minuti in cui restammo a guardarci negli occhi. Ci stavamo dicendo tante cose. Cose che a voce non riuscivamo a dire. Cose più profonde. Cose che mettevano in crisi la mia volontà di morire... I nostri occhi divennero umidi nello stesso momento. E nello stesso momento abbassammo lo sguardo. Consapevoli che non volevamo che l'altro vedesse la nostra parte fragile. Questa volta ci sedemmo in silenzio su una panchina, alla luce di una brutta luce arancio di un lampione in un vecchio cunicolo.
Questa volta Claire appoggiò il viso sulla mia spalla.
"Mi mancheranno le tue frasi insensate" sussurrò col tono di chi sapeva che non c'era più niente da fare, da dire. Di chi sapeva che non c'era altro da fare se non subire in silenzio e basta.
Sorrisi nonostante tutto. "Mi mancheranno le nostre litigate anche per le cazzate" borbottai. Questa volta fu lei a lasciarsi sfuggire un sorriso anche se stanco.
"E mi mancheranno anche i tuoi occhi color prato" sussurrai subito dopo.
"A me mancheranno i tuoi color merda" disse piano. Ridemmo insieme.
"La tua solita finezza" le risposi. Lei rise.
E mentre appoggiavo la mia testa sulla sua. Mi scapparono altre lacrime che scivolarono silenziose.
Non riuscii a trattenere i singulti però. Claire se ne accorse ma non disse niente. Mi conosceva abbastanza bene da sapere che all'inizio non volevo sentire nulla ma più tardi, quando mi sarei sentita abbandonata, avrei avuto bisogno di un suo abbraccio per sentimi meno sola.





26 Dicembre.... -5.
Il Natale l'avevo trascorso come tutti gli altri anni. Forse solo con un pizzico di felicità in più.
Forse solo perché non volevo che la mia famiglia mi vedesse per come stavo realmente.
Volevo solo che si ricordassero di me con i sorrisi che gli rivolgevo e non con le lacrime che bagnavano il cuscino in silenzio quando loro se ne andavano a dormire.
Qualche anno fa, quando affrontai la depressione, riuscii a uscirne solo pensando che volevo lasciare al mondo una buona impressione di me.
Volevo che la mia famiglia, i miei amici, raccontassero con un sorriso, di quella pazza vecchia amica che li aveva sempre fatti sorridere nel bene e nel male.
Forse era qualcosa di davvero impossibile.. Forse sarebbe rimasto davvero solo un sogno.
Ma almeno quegli anni della mia vita, li avevo dedicati solo a far si che quel sogno diventasse reale.
Solo a far del bene.
Prendendomi cura dei miei amici, aiutandoli quando ne avevano bisogno, dandogli un abbraccio quando piangevano.. Speravo solo di aver fatto tutto il possibile, o sul letto di morte quello sarebbe stato il mio unico rimpianto.
Volevo solo che nessuno si dimenticasse di me.
Volevo che qualcuno mi portasse dei fiori sulla tomba.
Volevo solo non essere nella serie di quelle tombe fredde e tristi, dove risiedono vecchi fiori appassiti dall'odore che pizzica i sensi..
Quei fiori che erano restati lì per anni.. e che continuavano a restare lì.
Non volevo cadere nel baratro del silenzio, dell'oblio.
Volevo che qualcuno che mi amasse, sulla mia tomba, mi dicesse che senza di me, la sua vita si era spenta con la mia.
L'ultima cosa sarebbe stata impossibile. In quei brevi 16 anni di vita, non c'era mai stato nessuno che mi amasse davvero. C'era chi avevo amato io, ma mai il contrario.
Ma non m'importava.. Avevo Lorelay, Claire e Liam... e sarebbe bastato tutta una vita se quest'ultima non mi avesse abbandonato da lì a pochi giorni.
Me ne accorgevo solo adesso.
Di quanto le cose materiali fossero futili.
Di come l'amore non era poi la cosa più importante. Una vita intera a rincorrerlo e poi ti accorgi che non ha prezzo se messo a paragone con la tua salute.
Peccato solo che ce ne accorgiamo solo quando la lucidità di una malattia ci sta portando in quel baratro che la maggior parte di tutti noi teme.

Ora però volevo fare qualcosa che sarebbe rimasta impressa nella memoria di chi mi voleva bene.
Forse.. anche se non era da me, era il momento di fare qualcosa di eclatante anche col rischio di sembrare stupido.



31 Dicembre...

Non c'era più nulla da dire.
Quello che volevo fare l'avevo fatto.
Quello che volevo dire l'avevo detto.
Avevo detto tutto quello che mi passava per la testa negli ultimi giorni.
Era difficile dover riorganizzare una vita, in un solo mese.
Ma a me bastava aver fatto l'essenziale, il necessario, l'unica cosa che valeva la pena fare.
Stare con la mia famiglia e con Lorelay e Claire.
Con Liam no. Liam lo sapeva, ma gli avevo detto che noi ci saremmo visti solo il giorno in cui...
Dovevo dirglielo. Ora dopo tanti anni, dovevo dirglielo.
Non avevo più nemmeno quella paura di dirglielo. Quella che di solito mi attanagliava. La paura di perderlo per quelle semplici parole che dovevo pronunciare.
Ora non avevo paura perché non avevo nulla più da perdere.
Avevo scelto di voler trascorrere le ultime ore con lui. L'avevo detto anche a Claire e Lorelay. Non avevano replicato. Loro sapevano.

Avevo deciso di morire nella mia stanza.
In nessun altro posto. Solo lì. Dove avevo i più belli e i più brutti ricordi della mia vita. Lì c'era la mia vita e lì era giusto che ci fosse anche la mia morte.
La mia stanza era pronta. Avevo abbassato le persiane per quello che sarebbe stata l'ultima cosa che avrei lasciato sulla terra.
Claire, Lorelay e tutta la mia famiglia, i miei parenti, erano lì fuori. Fuori dalla mia camera.
Volevo che lì entrasse solo Liam. Presi un respiro profondo e mi sedetti sul bordo del letto, aspettandolo.
Quando la porta si spalancò, guardai l'orologio al mio polso.
22:00. Era in perfetto orario.
Alzai lo sguardo e lo vidi, mi trattenni dal piangere. Bellissimo come il sole. Come sempre. Gli occhi color cioccolato sembrava si stessero sciogliendo dalle lacrime che si vedeva, aveva versato anche lui.
I capelli color caramello sembravano misti a oro fuso. La mascella lineare era contratta. Le labbra perfette e carnose, serrate.
Il maglione nero con scollo a V che indossava lo riconobbi subito. Era quello che gli regalai anni fa, quando ci promettemmo che quando saremmo diventati più grandi ci saremmo sposati. Sorrisi mentre già qualche lacrima mi scendeva su una guancia. Assaggiai il loro sapore sulle labbra e per la prima volta sapevano di amaro.
Amaro come il rimorso che provavo in quel momento. Quello di non aver trascorso più tempo con lui.
Io, proprio come se ci fossimo messi d'accordo, in quel momento indossavo il golfino bianco che mi aveva regalato lui, in quella situazione.
Quello nero che indossava lui, rappresentava lo smoking del matrimonio, il mio bianco, l'abito da sposa.
Eravamo così giovani quando ce li scambiammo.
Liam mi vide cominciare a piangere e le sue braccia forti mi avvolsero immediatamente. Corse da me e io sbattei con violenza sul suo petto di marmo. Non ce la feci più.
Sembrava che fossi stata marmo fino a quel momento e ora mi stavo sciogliendo come burro fuso. Sembrava fossi stata forte troppo a lungo. Sapevo che lui era l'unico con cui avrei potuto sfoggiare il lusso di piangergli addosso. Sapevo che lui era l'unico che capiva che nonostante la facessi sembrare semplice, che nonostante sembrasse che non m'importava di morire, e che nonostante rispondessi con un sorriso e qualche parola rassicurante alle persone che volevo bene e che non mi volevano vedere morta, io ero la prima a non credere in quello che dicevo. Sapeva che ora mi ero pentita di tutte quelle volte in cui per tutta la vita dicevo di voler morire e che nonostante, all'inizio di quel mese fossi convinta, calma e serena mentre aspettavo la morte, sapeva che man mano che l'ora X si avvicinava, la mia convinzione era andata sfumando.
Sapeva che ora avrei fatto di tutto per avere una vita intera tra le sue braccia.

"Ti amo"
ormai l'avevo detto. L'unica cosa davvero importante di una vita intera.
"Lo so, ti amo anche io Judith" sussurrò stanco tra i miei capelli, quell'abbraccio sembrava non finire mai ma invece mancava un'ora esatta e l'incantesimo sarebbe andato in frantumi.
Ora riuscivo solo a pentirmi e a tremare.
Pentirmi perché non gli avevo detto prima di amarlo.
Perché non dicendoglielo, avevo sprecato anni in sua compagnia avendolo solo come amico, non potendogli dare un bacio o una carezza di troppo.
Tremando perché tutto sarebbe finito a breve e io non ero pronta.
Non ero pronta a tutto quel buio.
Avevo sempre avuto paura del buio. Ora più che mai.
Tremavo perché il mio cuore ancora tremava alle parole che aveva pronunciato Liam.
Tremavo perché avevo freddo.
Tremavo perché stavo morendo.

Liam mi prese in braccio e mi stese sul letto. Lui steso vicino a me, a tenermi caldo col suo corpo contro il mio, con le sue braccia che mi ancoravano ancora per poco alla vita.
Pensavo a tutto quello che era sempre stato Liam in quegli anni.
Era sempre stato lì a guardarmi e a scrutarmi. Mentre gli altri mi riempivano di parole coraggiose, sagge, dolci, lui era sempre in disparte, ad osservare i miei sguardi perennementi assenti e vuoti di quegli anni sprecati dietro a gente sprecata.
E ora lui era lì. Pronto a sorreggermi con uno dei suoi abbracci, di quelli silenziosi nelle mille parole che trasmettevano.
Era lì in silenzio, senza dire una parola, come se sapesse già che le parole ad un cuore graffiato servivano a poco, come se sapesse già che un cuore ferito è un'anima sorda e ceca. Ora la serenità a cui avevo ostentato in quel mese, aveva lasciato spazio alla delusione, alla rabbia, alla solitudine, alle lacrime, alla disperazione di quel tempo che passava menefreghista e che mi lasciava sola senza spiegazioni.

"Non sei sola" mi sussurrò come se mi avesse letto nel pensiero, mentre era dietro di me in quell'abbraccio. Mi raggomitolai di più sul suo petto, presi a tremare più forte ma lui mi strinse allo stesso modo, come se non volesse lasciarmi andare, consapevole che erano rimasti pochi minuti. Consapevole che quei tremori erano il segno.
Strinse le mani a pugno e le sentii premere sulla schiena.
Mi sentivo come in un sogno e non nel senso positivo del termine. Proprio come se la vita mi stesse scorrendo da dosso e non potessi fare niente.
"Andrà tutto bene" mi ripetevo in continuazione nel cervello, continuando ad illudermi.

23:45. Era passata un'ora e 45 minuti da quando era venuto Liam.

Il tempo ci stava scivolando di dosso e fra meno di 15 minuti, forse un minuto in più, un minuto in meno, sarei morta.
"Ancora una volta hai trovato il modo di rendere i miei ultimi minuti di vita, i più belli in assoluto" sussurrai. Mi voltai verso di lui anche se sciolsi quell'abbraccio. Liam sussultò come se non poterci più toccare fosse la peggiore delle conseguenze. Ci guardammo negli occhi, ci parlammo silenziosamente.
"Credevo che noi 2 saremmo rimasti insieme per sempre e sempre. Così a lungo da poter dire 'sempre' 2 volte" sussurrò questa volta lui piangendo, prendendo la mia mano e stringendola forte e portandola sul suo cuore. Lo sentii rabbrividire. Le sue mani erano così calde in confronto alle mie.. Ormai erano le mani della morte quelle.
Ora per una volta nella mia vita non avrei dovuto fare la codarda.
Ora dovevo essere io a dare forza a lui, anche se non ne avevo per me.
"Anche se vado non significa che non ci rivedremo, non significa che non ti starò affianco sempre" dissi con la poca voce rimasta. Sentivo ii suo cuore battere sotto la mia mano. "Non ti dico addio perché so che tornerai" mi fissò negli occhi come se cercasse di stamparle a fuoco nel mio cervello col suo sguardo.
"Si tornerò. Staremo sempre insieme, anche se non fisicamente" sussurrai deglutendo con forza per cercare di far scendere quel groppo che non decideva ad andarsene.
Liam mi tirò per il braccio e mi strinse di nuovo a lui.

"Posso fare una cosa ?" mi domandò esitante. Io annuii sperando che mi avesse letta nel pensiero e facesse quello che volevo.
Mi baciò.
Non ebbi il tempo nemmeno di rendermene conto che le nostre labbra cominciarono a muoversi in sincrono, dicendoci tutte quelle parole che negli anni avevamo evitato di scambiarci. Eravamo come 2 metà di un cuore solo.
Eravamo come il giorno e la notte. Come il sole e la luna. Come il bianco e il nero. Come la vita e la morte. Come estate e inverno...
Ci stavamo cicatrizzando. I lembi dei nostri cuori si stavano cicatrizzando in quell'esatto momento, poco prima che si staccassero definitivamente e per sempre.
Le mie mani finirono tra i suoi capelli mentre lo attiravo di più a me. Le sue mani sui miei fianchi mentre mi portavano a combaciare con i suoi addominali.
Non potetti fare a meno di pensare che quello era il mio primo e ultimo bacio con Liam.
Delle lacrime scesero inevitabilmente.
Le nostre labbra si staccarono. Le sue mani si spostarono sul mio viso, me lo strinsero forte mentre con i pollici asciugava freneticamente le mie lacrime.
"Staremo insieme per sempre te lo giuro" disse lui con gli occhi lucidi. Riuscii a muovere la testa in un debole cenno d'assenso. Ma non ci credetti nemmeno un po e ricominciai a piangere. "Ehi ehi. Judith. Ora che ho cominciato a vivere, con te, non ti lascerò andare via. Tu resterai in ogni cosa. Ogni cosa che guarderò, toccherò dirò, ci sarai sempre tu. Tu sarai le mie ali. Mi proteggerai. Tu mi amerai e mi salverai. Tu mi hai già salvato" sussurrò ancora.

"Liam.. ti amo e si ti proteggerò ma fai una cosa per me" iniziai a dire. Non mi sentivo più le gambe, le mani erano pesanti, erano 2 blocchi di ghiaccio. Non pensavo che sarei morta così. Nel silenzio e così lentamente.
Liam annuì deciso. "Un minuto prima della mezzanotte, apri le persiane e spegni le luci ma soprattutto fai entrare tutti dentro" dissi velocemente.
Stavo morendo, dovevo fare in fretta. Ora la morte sembrava perfino gentile con me. Mi stava concedendo di dire le cose più importanti.
"Ogni volta che non mi senti con te. Vieni qua, di notte e resta con le luci spente e la persiana alzata" dissi soltanto.
"Perché ? Cos..." cominciò a dire frentico.
Sentivo il mio orologio biologico rintonare furente, dicendomi che stava per succedere.
"Liam ti prego capirai tutto quando ...." lasciai la frase in sospeso. "Ok" disse Liam. Nemmeno lui riusciva a dire quella parola.

"Ora ti prego. Stenditi e abbracciami più forte che puoi" sussurrai. Liam non se lo fece ripetere 2 volte e mi strinse fino a farmi mancare il fiato.
Sarebbe stata una bella morte morire tra le braccia di Liam. Morire soffocata dalle sue braccia.

Sta di fatto che così fu. Alle ore 23:58, io Judith Collins, mi spensi. Mentre Liam accarezzava la mia fronte ormai completamente bianca e la riempiva di baci scottanti. Mentre le sue lacrime scendevano frenetiche.

Fu veloce e in dolore. Nessun dolore a parte quello di aver appena lasciato il corpo di una ragazza che sarebbe potuta essere felice se avesse capito che le cose più importanti le teneva già affianco a se.

Vidi tutta la scena da fuori. Scoprii che davvero una volta morti, si vedeva tutto al di fuori del proprio corpo. Dio o non so chi.. Mi concesse di restare sulla Terra, anche se sotto forma di anima invisibile e silenziosa, il tempo per vedere la reazione delle persone a cui volevo bene, al mio ultimo regalo per tutti loro.

Liam scostò il mio corpo ormai morto, delicatamente, come se fossi viva. Vidi come i miei capelli lunghi castani e lisci, scorrevano lineali sulle mie spalle. Vidi come ogni pezzo di corpo fosse ormai bianco come l'alabastro, bianco come il golfino/abito da sposa che indossavo. Vidi le mie labbra sottili, le mie fossette sotto gli occhi e la mia fossetta sul mento, come fossero completamente immobili, come non lo erano mai state. Quelle 3 cose, quando ero in vita, erano per tutti, motivo di sorriso.
La mia figura già minuta, priva di vita, sembrava addirittura un piccolo pezzo di stoffa.
La cosa che mi colpì fu vedere che delle lacrime continuavano a scorrere dai miei occhi chiusi. Mi toccai una guancia e anche se ero solo un fantasma, notai che stavo piangendo. Liam mi allontanò da se e si asciugò le lacrime che gli erano rimaste in viso.
Aprì la porta della mia camera e i visi delle persone a me care, furono per me uno strazio. Se fossi stata ancora viva, mi sarebbe preso un infarto.
Erano la cosa più triste che avessi mai visto.
Gli unici a non piangere erano mio padre e Claire. Erano fatti della stessa pasta loro 2. Quella che piangevano dentro ma guai a farsi vedere.
Nonostante tutto Lorelay e Claire si precipitarono al mio capezzale. Lorelay cominciò a piangere più insistenetemente di prima, scossa dai singulti. Mi accarezzò i capelli.
Claire piangeva dentro. Riuscivo a vedere il cuore in frantumi. Fuori era una maschera totale di apatia, gli occhi verdi che tanto amavo erano spenti. Mi strinse una mano morta.

Liam avvisò tutti delle mie ultime parole e così ci fu il silenzio. Spense la luce e dopo un forte respiro che gli vidi fare, alzò la persiana un secondo prima che tutto inziasse.
Sorrisi felice.
La tenda di cristalli che avevo preparato accuratamente, illuminata dai fuochi d'artificio che annunciavano l'inizio di un anno nuovo, rifletteva nella mia stanza e sui visi dei miei familiari, non solo i colori dell'arcobaleno ma illuminò anche tutte le mura che sembravano bianche con le luci accese ma che illuminate da quei tanti piccoli faretti colorati, lasciavano scoprire tanti scritte e disegni accuratamente scritti con un pennarello invisibile che si sarebbe visto solo con quel tipo di luci.
Vidi gli occhi di tutti i presenti soffermarsi su diverse scritte e riempirsi di lacrime. Su quelle mura avevo lasciato pensieri scritti su ognuno di loro. Ricordi, emozioni, sensazioni. Vidi Liam avvicinarsi al muro dietro di me, me inteso come fantasma. Credevo che mi avrebbe attraversato, come il film di Ghost ma no... lui si soffermò dritto davanti a me. ll viso basso per guardarmi negli occhi. Si.. mi stava guardando negli occhi.
Me, il fantasma. Sorrisi.
"Ti amo" sussurrai. La mia voce sembrava un flebile soffio di vento. Non si poteva definire più una voce.
Credevo che non mi avesse sentito ma lui alzò una mano, cercando di toccarmi il viso ma trapassandomi. Quasi piansi per quel gesto così tenero.
"Ti amo anche io" mi rispose e dei brividi mi sorpassarono.
Credevo che non stesse guardando me, che non stesse sentendo me. Sorrisi mentre qualche goccia di quelle che dovevano essere lacrime di fantasmi, mi scivolava sulla guancia. Mi guardai in giro. Nessuno mi vedeva. Solo lui. E tutti erano troppo impegnati a leggere ciò che avevo da dire su di loro.
"Leggi anche tu" sussurrai flebile. "Non ho bisogno di leggere su un muro per sapere che mi ami" sorrise lui.
"Te l'ho detto. Sarò le tue ali. Di te e di tutti loro. Ci sarò sempre" sussurrai ancora.
Liam sorrise commosso e le luci di quei cristalli che si riflettevano ovunque nel buio di quella camera, mi lasciarono osservare le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi. Sembravano fatte anch'elle di cristallo.
"Prenditi cura di tutti loro. Non posso fare mica tutto io" sorrisi incerta. Liam si trattenne dal ridere.
"Aspetterò di raggiungerti per poterti baciare ancora" mi disse serio.
"Non lo fare prima del tempo. Io rimango dove sono e sono sempre vicino a te, quindi lascia che la natura faccia il suo naturale corso delle cose".
Liam sorrise. "Saggia anche da morta" sorrise amaro. "Sempre" cercai di sdramattizzare.
Provai ad alazare una mia mano invisibile e gli sfiorai una guancia. Rabbrividì. "Mi senti ?" gli domandai flebile.
Lui annuì commosso. "Allora ogni volta che ti sentirai solo ti toccherò la guancia in questo modo così saprai che ci sono" gli dissi prendendo a fare su e giù con la mano sulla sua guancia.
"Ora devo andare" sorrisi. "Buon anno nuovo, amore mio, sarò sempre con te" sussurrai un attimo prima di volatilizzarmi nell'aria dopo avergli dato un bacio fantasma sulle labbra. Liam se le toccò e io da lassù sorrisi.

Capii che l'amore superava anche la morte. Per la prima volta, credetti davvero in quello che dissi.
Per la prima volta, stesa su una nuvola a godermi le facce sorprese di Claire e Lorelay mentre udivano ciò che aveva visto Liam, fui davvero felice.
Per la prima volta mi potetti rilassare e osservare le stelle.
Ora erano molto più vicine ed erano anche diverse da come le si osservava dalla terra.
Vidi Claire piangere dopo che Liam gli disse che mi aveva vista e mi aveva parlato, e credetti nei miracoli.
Vidi Lorelay sorridere tra le lacrime dopo che Liam le aveva detto del nostro amore che aveva superato anche la morte, e credetti che la speranza esisteva ancora.
Mi girai verso una nuvola più lontana e vidi i miei nonni correre da me. Sorrisi e piansi insieme.
E credetti che nulla era perso se ci credevi davvero.


E seppi che mentre aspettavo che Liam mi raggiungesse quassù insieme a tutti gli altri, io potevo raggiungerlì laggiù e proteggerli da tutte le sofferenze che già vedevo sulla loro strada.

Fu nel momento in cui morii che vissi davvero. Vissi come non avevo vissuto in una vita intera. Stavo vivendo di più adesso.
E per una volta... nella morte, seppi cos'era la vita.
E per una volta nella morte, seppi che sarei stata più utile per tutti, in quel modo.
Per una volta smisi di pensare, prima che iniziasse il mio lavoro di angelo custode.
Misi il cervello da parte e mi persi sotto una notte di stelle.

















*SPAZIO AUTRICE*
Non commenterò. La storia si commenta da sola.
Non so se vi piacerà. Non credo. Ma avevo bisogno di scriverla. Ora mi sento meglio.
Volevo far sapere che è completamente ispirata alla mia vita e non nel senso che ora sono morta e sto scrivendo dall'Al di là...
Ma nel senso che i personaggi di cui parlo esistono davvero e fanno parte nella mia vita (purtroppo Liam non ne fa parte in questo modo), ho cambiato i nomi per il rispetto della privacy, nel senso che la malattia che ha fatto derivare il tumore a Judith (Io), ce l'ho davvero ma proprio oggi ho scoperto che il tumore che doveva venirmi, non mi verrà più. Non è nulla di certo ma per un attimo posso sospirare.
Per la prima volta ho pianto scrivendo.
Non credo che vi piacerà come ho già detto ma... Si vedrà !
Com'è che si dice... "Del doman non vi è certezza".
Per chi mi volesse parlare privatamente, su twitter sono @I_Am_Haribo


Un bacio enorme e un caloroso abbraccio,
Sara <3


  
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