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Autore: _Rockstar_    01/12/2012    2 recensioni
Che cosa sarebbe successo se i 76esimi Hunger Games fossero stati istituiti veramente? Cosa sarebbe successo se la ghiandaia imitatrice non avesse ucciso la Coin e il loro malvagio progetto fosse andato a buon fine? Cosa sarebbe successo se ventiquattro ragazzi di Capitol City fossero stati gettati in una nuova arena soltanto per vendetta da parte degli altri distretti? Attenzione: Spoiler de "Il canto della rivolta".
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XIX – Basta che siamo insieme


Scesi velocemente dall’altro albero cercando di non farmi male e ritornai da Cary
– Tu non crederai mai a cosa ho visto là sopra! – annunciai ancora stupita.
Ero quindi partita dalla Cornucopia che si trovava, se i miei calcoli non erano errati, a est. Subito dopo avevo proseguito verso sud attraversando il letto del fiume, mi ero poi immersa nella boscaglia a ovest, dove avevo trovato Cary e ora stavamo viaggiando verso nord. Mi sentii davvero soddisfatta di me stessa, non credevo di essere così brava a orientarmi, spesso facevo fatica anche a ricordarmi da che parte sorgesse il sole. Cerco sempre di tenermelo in mente, ho così tante cose nella testa che spesso ho il terrore di dimenticare persino il mio nome.
– Che cosa? – mi chiese allora lei alzandosi il più velocemente possibile
– Proprio alle nostre spalle a circa trenta chilometri da qui, ho visto una diga – Cary mi sembrò un poco perplessa
– Allora? – probabilmente non aveva compreso. Oh, quanto mi mancava Declan, lui mi avrebbe capito all’istante.
– Beh, sono sicura che sia lì che dobbiamo dirigerci. E’ lì che si torva l’uscita dell’Arena – Cary incrociò le braccia.
Non era sicura della mia supposizione e fondamentalmente potevo comprenderla. Nemmeno io ero certo di aver ragione, avevo questo sesto senso che mi diceva di andare lì, nient’altro. La mia non era esattamente un’affermazione con una base scientifica o di effettivo valore reale.
– Dobbiamo provarci - cercai di convincerla sorridendole.
– Ce la fai a camminare? – continuai premurosamente. Cary mi sorrise di rimando con uno strano luccichio negli occhi
– Devo farcela. Voglio soltanto uscire da qui – Ripresi da terra il suo zaino e me lo rimisi in spalla.
Riprendemmo la strada con la quale eravamo arrivate fino a quel punto, avevamo imboccato la giusta via a quanto pare. Si stava quasi facendo notte ma sapevo che sia io che Cary saremmo potuto andare avanti per ore e ore solo con la speranza di vedere la fine di quell’incubo. Il buio e le tenebre ci circondavano in ogni dove, gli alberi avevano assunto forme terrificanti e l’unica fonte di luce era la luna che splendeva limpida sulle nostre teste. Nuovamente la luna, proprio come nel sogno. Avrei tanto voluto comprendere il significato di quelle immagini ma davvero non ci riuscivo. Erano frammenti senza senso, tutti riconducibili a inquietanti déjà vu.
– Sei stanca? – le chiesi a bassa voce. L’arena era grande e erano rimasti pochi tributi ma proprio come la prima notte, quando in un piccolo spazio si erano incontrati quattro tributi, esisteva sempre la possibilità di essere seguiti o sentiti da qualcuno.
– No, per niente – probabilmente mentiva ma sapevamo entrambe di non poter resistere ancora a lungo.
Camminavamo ormai da circa tre ore e l’unico suono che potevo udire oltre ai nostri passi erano melodie di civette e gufi nella notte. Non potevamo comunque permetterci di addormentarci, per due motivi: uno, non avremmo trovato un posto in cui coricarci, non sarei mai riuscita ad issare Cary su di un albero e due, restava sempre la paura di essere aggredite. Ci mancava poco, potevamo farcela; dovevamo farcela. Feci l’enorme sforzo di risalire su di un albero e controllare la nostra precisa posizione. Tra le tenebre potevo notare soltanto i contorni non del tutti definiti della maestosa diga che si ergeva sempre più vicino a noi. Non eravamo lontane. Quasi come uno scoiattolo ridiscesi velocemente e balzai a terra con un salto fin troppo rumoroso. Se qualcuno era lì vicino, di sicuro ci aveva sentiti.
– Non intendevo… - mi scusai del troppo frastuono bisbigliando. Cary alzò gli occhi al cielo e incrociò di nuovo le braccia.
– Siamo vicine, comunque – continuai subito dopo.
Lei ne sembrò felice, era chiaramente esausta. Mi accasciai contro la corteccia dell’albero alle mie spalle e chiusi per qualche attimo gli occhi e così fece anche lei. Non mangiavamo da quasi dodici ore e i nostri stomachi cominciavano a farsi sentire, anche troppo.
–Dobbiamo mangiare qualcosa – annunciò Cary restando seduta
– Lo so, ma sono un poco stanca –mi lamentai allora io
– A chi lo dici… - non aveva appena detto di non essere stanca? Comunque  la capivo.
– Cerchiamo qualche bacca qua in giro e preghiamo che non siano velenose – dissi io.
Cary si limitò ad annuire e a iniziare la ricerca. Dopo una mezz’oretta ci eravamo già messe in viaggio. Avevamo percorso ormai molti chilometri quando, attraverso le fronde degli alberi, cominciai a vedere il sole alzarsi. Era mattina. Eravamo così felici di aver passato la notte indenni che cominciammo a correre e in meno di dieci minuti ci ritrovammo al limitare della boscaglia proprio davanti alla diga. Ci iniziammo a guardare intorno, non vi era nessuno. A fatica cominciammo a salire, seguendo passi montani molto stretti e in pendenza. Stavo osservando un colorata farfalla volare via dalla mia mano quando alle mie spalle, tra i cespugli erbosi sentii muoversi qualcosa. Mi girai di scatto e allungando la mano verso il mio stivale destro, afferrai il coltello. Poi niente. Preoccupate ricominciammo a muoverci circospette. Qualcosa o peggio qualcuno ci stava seguendo. Stavo controllando che nessuno attaccasse Cary quando dietro alle sue spalle, spuntò ridendo e scherzando Nita.
– Ti ho fatto paura, Snow? – mi chiese sorridendo maleficamente sfiorando con il suo indice la lama affilata del suo pugnale. Alla cintura ne aveva almeno altri sei.
– Spaventata da te? Non ci sperare – le risposi cercando di non far trasparire troppo la mia tensione.
Cominciammo ad indietreggiare, eravamo spacciate.
– Stai mentendo Roseleen. Non provare a fare la dura perché non ti si addice. – sentivo il mio sangue ribollire nelle mie vene.
Nascosi il pugnale, che Nita non aveva ancora visto, sotto la mia maglietta. – Vedi, ti ho cercata per molto tempo e devo ammetterlo, sei stata brava a nasconderti – continuò avvicinandosi sempre di più a noi. Eravamo giunte allo stretto passaggio che portava proprio alla sommità della diga.
– Non mi sono nascosta. Sei tu che non sei riuscita a trovarmi – le risposi di rimando e questo la fece infuriare ancora di più.
Impugnò fermamente l’arma e ci guardò fisse negli occhi. Mi feci due domande in quell’esatto momento. Uno, chi avesse colpito prima, se me o Cary e due, se dopo la morte ci fosse veramente il paradiso. Guardai la mia alleata, entrambe sapevamo di non poter restare ferme, dovevamo almeno cercare di scappare. Mi scambiai con lei uno sguardo d’intesa e appena vidi Nita alzare il braccio, pronta a lanciare, cominciammo a correre. Vidi il pugnale sfiorarmi il braccio sinistro e non ferirmi, lo raccolsi da terra e senza darle nemmeno il tempo di mirare avevamo già svoltato l’angolo, dirette sulla diga. Mandai avanti Cary, era me che la nostra nemica voleva uccidere, ma lei si bloccò davanti a me tanto che io mi scontrai con la sua schiena. – Corri! – le urlai ma lei era troppo traumatizzata.
–E’ lui! – bisbigliò indicando davanti a sé.
Alzai lo sguardo e proprio dietro ad un affannato Declan, si ergeva fiera la figura di Fallon. Ci avevano intrappolato, ci avevano teso una trappola. Eravamo spacciati. In un primo momento non capii cosa Cary intendesse con “E’ lui” ma poi compresi. Aveva riconosciuto il suo quasi assassino ed era lui, l’alleato di Nita, come avevo previsto. I due tributi favoriti, così ormai avevo preso l’abitudine di chiamarli proprio come i ragazzi dei distretti uno, due e quattro ai tempi dei veri Hunger Games, impugnavano soltanto dei pugnali. Nita era dietro di me, Fallon dietro a Declan. Eravamo circondati. Entrambi contemporaneamente scagliarono la loro arma e noi tutti fummo abbastanza pronti da abbassarci al momento giusto. Mi rialzai velocemente e lanciai contro Nita, la più vicina, il pugnale che mi aveva “cortesemente” regalato. E’ forse inutile dire che la ferita che le procurai fosse vana, o almeno così credevo.  La vidi avvicinare la mano al braccio destro, chiaramente sanguinante. Le avevo annullato in un solo colpo la sua capacità di lanciare coltelli e lei era chiaramente molto furiosa. Si scagliò urlando verso di me ma non mise mano alle armi, le lasciò inutilizzate nella sua cintura. Voleva uccidermi a mani nude. Stetti ferma fino a quando usando la mano sinistra Nita non provò a colpirmi con il suo pugno. Era molto forte ma la rabbia che ora provava l’avrebbe portata a commettere errori e quello sarebbe stato il mio momento. Scansai facilmente il suo colpo e gliene assestai uno destro proprio sulla mascella sinistra. Ero così sicura di colpirmi che più che farsi male si sentii ferita nell’orgoglio. I suoi occhi erano ora di brace. Le diedi il tempo si riassestarsi, non volevo una battaglia non alla pari. Mi girai un attimo si secondo soltanto per vedere come se la cavavano Cary e Declan che a quanto pare stavano dando del vero filo da torcere a Fallon. Tre contro due, avrebbero dovuto pensarci. Avrei dovuto smettere di perdere la concentrazione nei momenti meno adeguati, perché non feci in tempo a rigirare lo sguardo che Nita mi colpì con un dolorosissimo calcio allo stomaco che mi vece volare per qualche metro. Atterrai sulla pietra che mi procurò forti bruciature alle braccia da aggiungere al dolore del colpo che avevo appena subito. Cary, proprio dietro di me mi aiutò ad rialzarmi
– Stai bene? – mi chiese.
– Sono stata meglio, ma non mi lamento – risposi mentre cercavo di respirare il più possibile appoggiando le mie mani sulle ginocchia.
Mi riavvicinai alla mia avversaria, piano e camminando. Stavamo entrambe temporeggiando, per capire i punti deboli dell’avversario e per poi colpire duro. Lei provò a colpirmi nuovamente con un pugno ma ancora una volta fui più veloce di lei. Con un mossa repentina le afferrai il braccio destro abbassandolo e la colpì con un gomito proprio tra il petto e lo sterno. Questo la spinse ad avvicinarsi sempre più al bordo della diga. La lasciai respirare per qualche secondo, era uno scontro alla pari e volevo che fosse lei ad attaccarmi per prima questa volta. Si rimise in piedi molto velocemente, forse troppo ma non mi feci spaventare. Furente mi corse in contro e io non feci altro che scansare il suo attacco cieco e non ben pensato e spingerla con la testa contro la bassa parete che avevo prima alle mie spalle. La vidi scivolare e poi cadere a terra. Un rigolo di sangue le correva ora giù per il volto. Continuai a respirare profondamente, poi girai la testa verso sinistra. Cary era a terra quasi senza sensi, aveva un pugnale conficcato nella gamba destra e qualche altra ferita qua e là mentre Declan si stava fronteggiando con Fallon proprio in quel momento. Corsi verso la ragazza e per prima cosa le sfilai cautamente il coltello, strappai la mia canottiera e molto velocemente gli legai la benda e la legai stretta. Stavo cercando di farla rialzare quando ciò che avevo dimenticato tornò a bussare alla mia porta. Sentii delle forti braccia afferrarmi il collo e trascinarmi indietro. Nita mi gettò a terra furiosamente, si era ripresa molto bene e mi tenne ferma proprio sul limite della diga. Cercavo di liberarmi ma tutto era ormai inutile. I suoi occhi di fuoco bruciavano come le fiamme di un incendio. 
– Non mi piace come ti stai comportamento, Snow – ecco che partiva il discorso che il cattivo enuncia sempre prima di ucciderti
- Sei arrabbiata perché ti sto battendo? – le chiesi ma rimediai soltanto un gancio destro.
– Non mi sembra che tu stia vincendo – mi rispose lei. Come darle torto.
Non feci in tempo nemmeno a rispondere che una figura femminile venne a salvarmi.
– Abby! – urlai abbracciandola.
Non potevo crederci. Non c’eravamo ancora incontrate da quando erano iniziati i giochi, tranne che per quei pochi secondi nel cimitero. Chi avrebbe mai pensato che proprio lei potesse salvarmi.
– Grazie – continuai sciogliendomi dall’abbraccio
– E di che?! – mi rispose sorridendo.
Ci girammo entrambe verso Nita ancora a terra. Quattro contro due, la fortuna era davvero a nostro favore.  La nostra nemica si rialzò ed estrasse un suo pugnale. Aveva paura e ora voleva passare alle maniere forti. Sia io che Abigail estraemmo i nostri coltelli, lo scontro continuava a essere alla pari, quasi… Nita non fece in tempo ad attaccarci che il terreno sotto di noi tremò. Tutti si fermarono e cominciarono a guardarsi intorno. Non poteva essere un’illusione, tutti avevamo sentito quella scossa. Nita alzò cautamente il suo braccio e colpì. Non me, non Abigail. Cary, alle sue spalle, cadde a terra. Urlai il suo nome e corsi da lei senza che nessun’altro mi ostacolasse ma non ci fu più niente da fare quando il cannone risuonò nell’aria. Stavo per correre furiosamente verso Nita ma qualcosa ci fermò
– R-ragazzi… - balbettò Abby indicando oltre la diga un’onda che si stava dirigendo verso di noi. Perché ero stata così stupida da dimenticarmi che ciò che caratterizzò la settantesima edizione fu proprio l’onda anomala che uccise tutti i tributi tranne la vincitrice? Affianco a me sfrecciò veloce Nita cercando di mettersi in salvo. Fallon le fu secondo. Subito dopo Declan mi afferrò la mano e invertendo rotta corremmo dalla parte opposta, seguiti da Abby alle nostre spalle. Corremmo spaventati giù dai pendii non diversi da quelli che avevamo percorso io e Cary… non avevo ora il tempo di rimpiangerla. Tutti sapevamo che non c’era nient’altro da fare. D’altra parte però, non era possibile che gli strateghi avessero architettato tutto questo per poi rischiare di non avere un vincitore. Ma se non avessero effettivamente voluto un vincitore? Mi bloccai e non potei fare altro che accettare il mio destino. Declan mi abbracciò e nuovamente mi baciò. Ci girammo verso l’onda sempre più vicina a noi ed aspettammo
– Stiamo per morire? – gli chiesi sussurrando
– Non mi interessa, basta che siamo insieme –
E poi l’onda ci sommerse.   


Risponde l'autore: 
Da da da daaaaaaaaaaaaaaaan. Sei tutti con il fiato sospeso, vero? Lo sapevo, lo sono anche io. Questo capitolo mi piace particolarmente, la scena della lotta e infine loro due. "Non mi interessa, basta che siamo insieme" spero di non essere l'unica ad avere i brividi. Mi sento tanto una scrittrice di harmony drammattici (?) in questo momento. Spero che sia piaciuto anche a voi. Chi pensate che riemergerà? E che cosa può significare la frase di Cary, sembra che alla fine abbia riconosciuto il misterioso tributo della foresta, no? Ben per lei, o forso non molto... povera, era un personaggio che mi piaceva molto.

 

  
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