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Autore: harrys    01/12/2012    7 recensioni
«Sapete, ieri – si interruppe un attimo lei, per poi posare due lattine di birra e una di Coca sul tavolino alla nostra destra – Ho letto una cosa su Internet, su quei siti strani di chiromanti e gente del genere. Bè, c'era scritto un modo per scambiarsi di corpo con qualcun'altro. Non è fantastico?»
«Sei ubriaca ancor prima di bere, Susan – dissi, aggrottando le sopracciglia – Questa era bella però, complimenti»
-
Peccato che, nello stesso istante – e nanosecondo – un ragazzo dall'altra parte del mondo, un inglese in particolare, una superstar, stesse esprimendo il mio stesso desiderio.

STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Quindi sono il figlio, cioè la figlia, del Presidente degli Stati Uniti d'America - assentii, scribacchiando su un post qualche appunto - Ho sedici anni e mi chiamo Georgie»
La ragazza annuii, compiaciuta. «Bel lavoro, cantante»
«Potresti smetterla di chiamarmi cantante? -, gonfiai le guance irritato - Non ti darebbe fastidio se ti chiamassi studentessa? Ho un nome»
«Antipatico - borbottò -Figo e ricco ma antipatico»
«E' tutto logicalmente impossibile» ripeté Luke per la dodicesima volta, camminando avanti e indietro per la stanza.
«Anche l'esistenza di un mondo dentro un armadio era logicamente impossibile, Lu - ridacchiò Susan, rigirandosi un mozzicone di candela tra le dita - Quindi hai espresso il medesimo desiderio nello stesso attimo in cui l'ha espresso Georgie? Interessante -, abbozzò un sorriso. - Non ci posso credere, sto chiacchierando con Louis Tomlinson dei One Direction»
«Devo ritornare nel mio corpo immediatamente, a giorni inizia il tour, capisci? - sospirai, passando le mani tra i capelli. - Georgie non può andare, manderebbe tutto a monte, e..»
Si aprì la porta, da cui entrò un uomo dai capelli brizzolati e sguardo assente. «Signorina Parker, la chiama Suo padre. L'intervista si svolgerà nella studio ovale tra pochi minuti - disse facendo un breve inchino - Il Presidente le raccomanda di rispondere adeguatamente ad ogni domanda a cui verrà sottoposta. Scusi il disturbo, con permesso», rifece l'inchino e sgattaiolò via, lasciandoci nuovamente soli.
«E' la fine - esclamai con fare secco, gettandomi a peso morto sul divanetto - Che faccio adesso? Non so nulla, provate a chiamare Georgie»
Susan annuì e, svelta, fece partire la chiamata attivando il vivavoce.
«Che vuoi?» grugnì qualcuno dall'altra parte della cornetta; trattenni a stento una risata, immaginando la figlia ben educata e fine del Presidente degli USA insieme ai casinari dei miei amici.
«Che intervista avresti dovuto fare adesso?» chiese Susan, saltellando nervosamente su un piede fino alla scrivania dalla parte opposta della stanza.
- E' per uno giornalino di gossip, niente di particolare» spiegò - Adoro stare in famiglia, ho un bel rapporto con mio padre, ho una vita tranquilla e no, non sono fidanzata» Susan trascrisse velocemente tutto su un foglio di carta, lo piegò in quattro e me lo porse, invitandomi a portarlo con me in caso di estrema necessità. «Se ti incasini, improvvisa un mal di pancia e corri via, chiaro?» rettificò la ragazza.
Annuii. «Cercherò di sopravvivere», sospirai con tono melodrammatico e, incrociando le dita, mi incamminai lungo il corridoio. Mi ritrovai spiazzato nel trovarmi di fronte una quindicina di porte bianco sporco, una delle quali era leggermente socchiusa e dalla quale proveniva un groviglio confuso di voci.
Mi avvicinai piano e bussai, per poi entrare con finta non-chalance: dodici uomini erano seduti a cerchio sui divanetti in pelle, e nascosto per metà dietro una scrivania – sulla quale stavano decine e decine di libri impilati ordinatamente l'uno sull'altro – c'era il Presidente degli Stati Uniti in persona.
Sussultai, quella era la prima volta che lo vedevo di persona. «Cara, siediti pure» sorrise mestamente, invitandomi con un cenno del capo ad accomodarmi sulla poltroncina accanto a lui.
Obbedii, stirando le labbra in un sorriso. «Buongiorno» dissi, salutando tutti con un cenno del capo.
«Buongiorno, Miss Parker - salutò il primo giornalista, scrivendo qualcosa sul tablet che, per mezzo di una base d'appoggio, teneva sulle gambe. - Passiamo subito al dunque; in questo periodo la vediamo coinvolta nel progetto VBB, la vendita per beneficienza dei biscotti della fortuna, cosa l'ha portata a partecipare?»
Cominciai a giocherellare col ciondolo a forma di infinito appeso al collo, nervoso. «Bè, ecco.. è sempre bello fare del bene, no? Mi sono divertito, divertita volevo dire.. e sono soddisfatta dei risultati» balbettai, accennando un sorriso spastico.
«Senza dubbio, quanto denaro siete riusciti a racimolare?» chiese un altro giornalista. Non ebbi neppure il tempo di andare nel panico che un uomo – lo stesso che mi aveva avvisato dell'intervista pochi minuti prima – iniziò a sbracciarsi dietro le telecamere mettendo in mostra un cartellone con una scritta blu fluo.
«Un milione e duecentoventotto dollari circa» risposi, cercando di mostrarmi indifferente alla notizia come se ne fossi stata già a conoscenza.
«Un eccellente risultato, non c'è che dire» assentì il primo giornalista. «Passiamo ad un'altra domanda..»

Georgie.

Feci la doccia rimanendo in boxer, fissandomi quasi in trance il petto. Ero un ragazzo, perdipiù carino e famoso. Non riuscivo a capacitarmene; uno stupido giochino da quattro soldi si era trasformato in un incubo.
Quanto sarebbe durata quella storia? E se fossi rimasta nel corpo di Louis Tomlinson per anni o, addirittura, per sempre? Cercai di scacciare via questi pensieri dalla mente, dedicandomi piuttosto all'asciugatura dei capelli – lunghi un terzo dei miei; dopo averli gellati a dovere, mi diressi impavida in salotto, ancora in accappatoio – e boxer -, ma quando mi accorsi di non essere sola in stanza era ormai troppo tardi.
«Lou» esclamò una ragazza, saltandomi quasi addosso. «Come stai, tesoro?» chiese, avvolgendo le gambe alla mia vita.
Inghiottii, imbarazzata. «Sto» risposi, fissando le sue iridi verde chiaro.
Sorrise, mostrandomi due file di denti perfetti. «Mi sei mancato tanto» sibilò, socchiudendo le labbra e avvicinandole piano alle mie.
«Oh, s-sì - balbettai, girandomi di scatto prima che potesse baciarmi - Mi sta squillando il cellulare, arrivo» mormorai, prendendo il cellulare e chiudendomi a chiave in bagno, girando lentamente la chiave in modo che lei non ne sentisse il rumore. Premetti velocemente un paio di numeri sulla tastiera, per poi sollevare il cellulare fino all'orecchio destro.
«La tua ragazza mi ha quasi baciato» spiattellai senza pensarci due volte non appena il ricevente accettò la chiamata.
«Sono il suo fidanzato, è normale» borbottò Louis – era strano sentire la mia voce dall'altra parte della cornetta – schiarendosi la voce.
«Sono una ragazza, idiota! - sbottai acida. - Mi fa senso»
«Ma è carina - ghignò - «Senti, possiamo vederci? Dobbiamo cercare di tornare ognuno nel proprio corpo, non la sopporto più quella Susan»
«Almeno non sei costretta a baciarla - borbottai - Dove mi trovo esattamente adesso?»
«Washington, a pochi isolati da qui. Domani i One Direction canteranno per il Presidente Parker»
«Che?! - strillai, tirandomi uno schiaffo sulla fronte - Vienimi a prendere, ora»

Sto aggiornando dopo sei giorni, cioè boh HAHAHA
Grazie mille per le otto recensioni al capitolo passato, davvero. ♥
Che dire.. spero che anche questo vi sia piaciuto!
Nel prossimo capitolo Georgie e Louis si incontreranno per la prima volta.. che succederà? uu
Al prossimo capitolo! ;)



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«Filofobia - annuì, abbozzando un sorriso - Soffri di filofobia, la paura inspiegabile di innamorarsi o amare una persona»
«Questa l’ha cercata su Google, lo ammetta - assentii, saltando in piedi e dirigendomi imperterrita verso l’uscita - La seduta è finita, grazie tante»
  
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