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Autore: cartacciabianca    02/12/2012    7 recensioni
Mar dei Caraibi, 1778. La Welcome con a bordo i rifornimenti per l’Esercito Continentale ha un giorno di vantaggio sull’Aquila e il suo equipaggio. Connor è più determinato che mai a riportare indietro il carico di approviggionamenti rubati ai ribelli, ma la sua determinazione vacilla quando il segugio selvaggio lascia il posto al ragazzo cresciuto nella Tenuta di un uomo che non è suo padre, col quale è invece destinato a scontrarsi.
- Mi parli di dignità e di rispetto, quando probabilmente anche questa nave, - batté con violenza una mano sul legno, - ne ha più di te. -
- Per me va bene, - disse Haytham allargando le braccia. - Anche qui, subito. Che problema c'è? Non siamo mica nel bel mezzo di una Guerra Civile, e non siamo assolutamente sulla rotta di una pericolosa mina vagante per i nostri scopi. Noooo! Già, che fretta c'è? Sediamoci, parliamone! Vuoi che ti racconti di tua madre? Di quant'era bella e dolce? Di come ci siamo conosciuti? Oppure vuoi la favola che ti avevo promesso? Su, avanti! Scegli il libro dallo scaffale mentre ti sprimaccio il cuscino! -

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SPOILER AC III sequenze 9 e 10, con l'aggiunta di qualche missione secondaria :)
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Connor Kenway, Haytham Kenway
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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_Prima parte

L'anello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suono delle onde che si aprivano per lasciare passare il grande scafo bianco era una melodia senza tempo; il mare una macchia d’inchiostro, lucido e nero, e la luna crescente, quasi piena, vi si specchiava con vanità. Qualche asse scricchiolante, le vele che catturavano anche la più impercettibile corrente d’aria e, persa nel vento, la voce di little Danny che cantava Sayiling with the Siren dall’alto della coffa, mentre intagliava pigramente un vecchio ciocco di legno.

- Che notte meravigliosa, eh, capitano? -

Connor ebbe l’impressione di essersi svegliato d’un tratto con il timone nelle mani, quando la voce crocidante di Robert Faulkner lo strappò ai pensieri. Il vecchio lupo di mare, instancabilmente al suo fianco anche dopo quelle lunghe ore di navigazione notturna, aveva il naso all’insù e guardava le stelle come un bambino.

- Sì, ma non quanto sperassi, - rispose il nativo. - Se ci fosse più vento… temo che di questo passo non raggiungeremo la Welcome in tempo. -

Faulkner si sistemò con le spalle alla prua, sedendosi sulla balaustra per concedere un po’ di riposo alle vecchie ossa. - Mi sembra di sentire quello iettatore di tuo padre, che per poco oggi non ci ha tirato addosso anche una tempesta. A proposito del nostro ospite… -

- Non voglio parlarne, Robert. -

- Sissignore. -

Lo sguardo di Ratonhnhaké:ton attraversò il ponte, scavalcando l'albero maestro e perdendosi nell'oscurità all'orizzonte, mentre la presa sui pioli diventava sempre più stretta…

Aveva portato l'Aquila tutto il giorno senza allontanarsi dal timone neanche per mangiare, bere o urinare. Faulkner era stato i suoi occhi e le sue orecchie, mandato più volte sottocoperta a controllare dove fosse e cosa stesse facendo, e tutte le volte la risposta era sempre la stessa.

- Legge, capitano. Nella sua cabina. -

- Cosa legge? -

- Una commedia. -

- E dove l'ha trovata una commedia? Non ne abbiamo a bordo. -

- Lo credevo anch'io. -

- Va bene così, Robert, non m'interessa. L'importante è che faccia meno danni possibili… -

- Connor… - cominciò ad un tratto il suo primo ufficiale, abbandonando le formalità. - Non per appropriarmi del ruolo sbagliato, ma forse dovresti staccare un po' i piedi da quelle assi. Ormai hanno la forma del tuo tacco. -

Il nativo si accigliò.

- E cos'altro potrei fare per ingannare l'insonnia, secondo te? -

Robert si strinse nelle spalle. - Bhé, dipende dal tipo di insonnia, capitano. Ce n'è una piuttosto comune tra gli uomini che si combatte con una buona bottiglia. -

- Quella roba non fa per me e lo sai, - replicò il nativo con una risata.

- E non hai neanche una donna… ti stai allontanando dal Paradiso, ragazzo, - lo canzonò.

Con un sospiro forzato Ratonhnhaké:ton allentò la presa sul timone, e lentamente vi si separò cedendolo a Faulkner, che prese il suo posto con naturalezza mentre il sorriso gli si allargava a tal punto da sfoltirgli i baffi.

- Saggia decisione, capitano. -

Scrocchiandosi le mani nei pugni, Connor andò ad affacciarsi sul boccaporto che conduceva sottocoperta. Le risate dei suoi marinai salivano fin lì dalla stiva. Pensò che un po' della loro compagnia avrebbe potuto distrarlo come gli serviva, ma sceso il primo gradino si fermò, tornò sui suoi passi e Robert gli scoccò un'occhiataccia, ma lui puntò verso la propria cabina, che aveva il suo piccolo ingresso sotto la postazione del timone, ed entrò.

La canna della pistola a pietra focaia lo procedette, tendendosi verso il fondo della stanza dove il chiarore di una lampada, tenuta appositamente con la fiamma bassa, disegnava una sagoma appena più grande delle altre.

- Allontanati subito da là, - ringhiò Connor; il dito attorno al grilletto.

Con il ritardo della sorpresa, la sagoma si allungò ad alzare il lume e subito la stanza fu illuminata a giorno.

- Hai intenzione di maritarti? - chiese Haytham. L'amuleto del Capitano Kidd delicatamente stretto tra il pollice e l'indice.

Connor avanzò di un passo dentro la cabina, arrivando a mettere la canna dell'arma quasi nel naso di suo padre.

- Mettilo giù, - scandì.

- Almeno sai cos'è? - replicò il Templare inarcando un sopracciglio sotto al cappello.

- Ovviamente, - mentì.

- Allora perché mi punti addosso un'arma? -

Connor tirò il grilletto.

- Non funziona sempre. -

Non se ne separava mai, ma proprio quella mattina, appena imbarcati e forse con troppa leggerezza, se l'era sfilato perché lo aveva assalito l'impressione che la tensione di avere suo padre a bordo dell'Aquila lo avesse gonfiato senza ritegno, dita comprese.

Aveva raccolto i pezzi di una mappa stracciata e rischiato di diventare cibo per lupi solo per arrivare a quella clamorosa scoperta… che il leggendario tesoro del Capitano Kidd consisteva in un piccolo gingillo dall'origine sconosciuta. Ma una cosa l'aveva appresa con l'esperienza: chiunque lo indossasse aveva la capacità di muovere gli oggetti a distanza con appena un gesto della mano.

Al contrario Haytham sapeva benissimo che apparteneva alla Prima Civilizzazione. La numerazione incisavi esternamente non era una sequenza casuale e avrebbe barattato volentieri un braccio pur di apprenderne il significato, ma il tempo non gli era stato sufficiente neppure per leggere l'intera sequenza.

- E tenteresti così sfacciatamente la sorte? - ironizzò il vecchio Kenway. - Hai un colpo solo, per diamine. -

- Ma due pistole. E ti assicuro che arrivo a puntarti anche l'altra prima che tu riesca ad infilartelo. Volevi rubarlo? -

- Cosa… ?! - si stupì Haytham piegandosi in avanti. - Sono un Templare, non un banalissimo ladro! - obbiettò, visibilmente offeso.

- Bhé, ai Templari potrebbe sempre fare comodo una cosa come quella. -

- Sono contento che ne riconosci quantomeno il valore, - borbottò.

- Già, perciò rimettilo a posto e dimmi cosa ci facevi qui. -

- Come vuoi. Ma per la miseria abbassa quell'arma. Siamo tra gentiluomini. -

Connor aspettò di veder tornare l'anello tra le carte e gli strumenti per la navigazione abbandonati sul tavolo, e solo allora, anche se con una leggera titubanza, rinfoderò la pistola nella fondina.

- Parla. -

- Il ponte era ancora bagnato dopo la pioggerella di questa mattina e avevo solo voglia di fare due passi, - spiegò Haytham lasciandosi cadere sulla sedia imbottita dietro la scrivania.

- A quest'ora e negli ambienti vietati agli ospiti? Qual è il problema, cammini nel sonno o proprio non riesci a dormire? - gli chiese Connor, domandandosi se anche suo padre, come lui, non fosse angosciato da quella coesistenza forzata. Prima di allora non avevano mai condiviso neppure la stessa città per più di pochi giorni, e adesso si trovavano a dover dividere lo spazio dell'Aquila, improvvisamente mai stata così… piccola.

Di tutta risposta Haytham si guardò attorno, trovando subito dopo un pretesto privo di fantasia per sfuggire alla sua domanda.

- È una bella nave, - commentò. - Da quanto tempo la porti? -

Ormai senza più l'intenzione di continuare quella conversazione, Ratonhnhaké:ton avanzò fino a sovrastarlo. - Da abbastanza tempo per ordinarti di uscire dalla cabina del capitano. -

Haytham si alzò all'istante con un'espressione indecifrabile e aggirò la scrivania senza un fiato, puntando verso la porta.

- Peccato. Ero quasi certo che mi avresti chiesto di raccontarti una favola prima di andare a dormire, - ridacchiò passandogli accanto.

- Non dormirò, stanotte, - ringhiò Connor.

- Oh, ne sono certo. -

Haytham giunse le mani dietro la schiena, sotto al mantello, e uscì. Salutò Faulkner sollevandosi appena il cappello dalla testa e poi si allontanò a passeggiare sul ponte, guardando le stelle.

Little Danny aveva smesso di cantare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice

 

Dunque.

Mentre pubblicavo su Deviantart il mio fumetto illustrato riguardo a questa storia, mi sono chiesta: perché non metterlo anche su EFP? Perciò eccoci qui.

Amando questa coppia, non ho resisto al desiderio di tributarle un po’ della mia mano e del mio tempo. La Welcome è la nave dell’ex Templare Benjamin Church, a cui Haytham e Connor, adesso e brevemente insieme, stanno dando la caccia. Mi sono divertita ad ipotizzare cosa fosse accaduto durante quell’unica notte di traversata sul mare. Anche se entrambi troppo orgogliosi per ammetterlo, né Haytham né Connor riuscirebbero a chiudere occhio per l’inconscio sospetto che uno possa uccidere l’altro nel sonno. Ho scelto uno stile volutamente essenziale per rendere quanto più fedelmente l’immediatezza dei dialoghi. Vi linko subito il fumetto sopra citato http://fav.me/d5mv8wv e aspetto commenti.

:)

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