7) Scheggie...
Una
mano pallida, eterea, minuta, scostò appena le cortine intessute di un tripudio
di colori caldi: arancio, rosso, oro, ocra... In forte contrasto con il gelo
appena fuori il vetro, coperto di nevischio ghiacciato.
Chiuse
e riaprì le dita, intorpidite dalla temperatura ostile, e poi sfregò le mani
l'un l'altra scostandosi dalla fonte degli spifferi, ma gli occhi, quelli,
continuavano a guardare il cielo oltre la finestra, oltre la città, che con le
sue luci moleste inquinava lo splendore delle stelle, proprio verso quelle il
suo sguardo si posava. E volava; volava indisturbata la sua mente, nei luoghi
che le erano proibiti; perchè tutto ora era diverso; perchè il mondo non
avrebbe potuto capire; perchè era rimasta solo lei...
Sola
eppure così tanti erano gli avversari e così grande la minaccia.
Tutto
era cambiato e nessuno le aveva insegnato cosa fare, cosa fare per affrontare
tutto da sola, sola per la prima volta dopo millenni.
E
tutto solo per una dea.
Una
sciocca dea che non sapeva mantenere la parola, che aveva permesso che tutto
ciò accadesse, che la fine arrivasse per la sua stirpe, come per quelle delle
compagne.
Che
il sangue venisse annacquato, sporcato e disperso, e che le eredi fossero sballottate
qui e lì per il mondo.
Nessun
riguardo.
Nessun
onore.
Nessuna
riconoscenza...
Lo
stomaco si strinse.
Il
cuore perse un battito.
No,
non era quello che pensava lei, e si rammaricò per quell'istante in cui il
cattivo pensiero aveva dominato la sua mente.
Quello,
era il pensiero di sua madre, sua nonna e le sue maestre.
Non
era il suo pensiero.
Dubitava,
che sarebbe stata all'altezza del compito.
Perchè
quella dea, sì quella stessa dea che aveva condannato lei ed altre, non aveva
vera colpa.
Come
pretendere che l'unico baluardo rimasto agli uomini trascurasse la giustizia
per una bega, per una colpa di altri, per un obbligo, una promessa estorta?
Come?
Così
tanto era andato perso l'onore?
Così
tanto dimenticata la ragione della loro stessa esistenza?
Erano
forse cadute così in basso, da lasciar posto nel cuore, solo alla vendetta?
Non
poteva, non doveva essere così.
Perchè
sarebbe stato a significare solo che la sventura, che il destino aveva loro
prescritto era la giusta punizione per la corruzione che era infine giunta nei
loro cuori.
No.
Non
sarebbe mai stata in grado.
Non
avrebbe potuto mai fare ciò per cui era stata cresciuta.
Non
poteva sporcarsi le mani di sangue innocente per un'ideale distorto e ingiusto.
Piuttosto era meglio venir rinnegate, meglio il disonore ad un peccato così
grande.
E
la fanciulla congiunse le mani sul cuore, ed alta elevò una preghiera alle
stelle:
"Fa
che non tutto sia perduto.
Fa che la missione che mi è stata affidata sia
giusta.
Oppure fa che il destino mi mostri anche una
minuscola parte dei suoi piani per noi.
Fa che non si debba versare sangue innocente,
e che ogni equivoco, malinteso, ogni sciocco fraintendimento, venga chiarito, e
finalmente possa sorgere l'alba su di noi"
***
Era
una preghiera. Lontana, ma pura ed immacolata quella che saliva alle stelle.
Storse
la bocca con fastidio, chiedendosi come fosse possibile che nel mondo ancora
circolassero vive persone dal cuore così puro. E si chiese a quale prezzo
quella purezza fosse rimasta.
Poiché
non era la preghiera di un bambino, ma di un adulto, o quasi, e che quindi
avrebbe dovuto aver perso da tempo la purezza di quel cuore. Avrebbe.
Già
aveva incontrato qualcosa del genere, forse ancora più sublime e perfetta era
la purezza.
Era
in un giovane guerriero che risiedeva tale chiarezza d'animo. Un giovane che
portava l'impegnativa armatura di Andromeda, colui che incarnava lo spirito del
sacrificio.
L'ennesimo
sciocco che era pronto a morire in nome di altri, o di qualcosa di astratto.
Aveva
vissuto agli Inferi: anche troppi ne aveva visti di individui così camminare
verso il giudizio finale.
Sciocchi
che ancora non avevano capito l'inutilità del combattere crociate, di morire
per un qualcosa di irrealizzabile. Per salvare il mondo addirittura!
Ma
se il mondo non se ne sta tranquillo cinque minuti, ed ha continuamente bisogno
di essere salvato, qual utilità sta nel morire così?
Un
male prenderà il posto di un altro e così via, in eterno, perchè così è la
natura umana, ed inutili sono i tentativi. È nel modo di essere di quella
sciagurata e sventurata razza a cui gli dei avevano lasciato il mondo.
Oh
gli dei, forse ancor più deboli e sciocchi degli uomini. Pretendono di
controllare tutto quando altro non sono che esseri umani con immortalità ed
altri giochi di prestigio come l'eterna giovinezza, quegli effetti speciali che
erano infondo il loro "poteri".
Come
quella creatura che gli stava davanti, ad occhi sgranati, solo ora conscia
dell'errore. Incapace di reagire e porre rimedio al danno.
Intanto
quella preghiera sciocca, continuava... La speranza degli stolti, riposta nella
giustizia degli dei. Come se ne avessero!
-Vi
prego mia dea alzatevi! La sabbia potrebbe rovinare la vostra delicata pelle!-
ironizzò
-Insolente-
sussurrò indignata
-Smettila
di lagnarti ed alzati. Sei patetica- disse freddamente divertito
-Come
osi!? I tuoi insulti non rimarranno impuniti!- minacciò senza convinzione
-Oh
e cosa vorresti fare...?- si avvicinò piano, sorridendo come il gatto che si
prepara a mangiare il topo appena catturato, inginocchiandosi davanti a lei,
prendendole il mento fra pollice ed indice ed alzandolo fino all'altezza dei
suoi occhi -...È tutto inutile mia dea...- le disse con crudele dolcezza
-...Non puoi battermi...Come non puoi fermare il destino. Ma puoi porre rimedio
ai tuoi errori prima che sia troppo tardi...- aggiunse poi serio lasciandole il
volto scosso e solcato da un'unica lacrima di disperazione -...Questo, sì
questo, ti è concesso. Guarda...- indicò poi il cielo, verso un punto
indefinito per molti, ma per loro chiarissimo -...Ancora per
trecentosessantacinque albe hai tempo, poi l'inferno sarà sulla terra e la fine
sarà per tutti voi...-
-E
sia...- si rialzò e scosse la gonna liberandola dalla sabbia -...È infine
giunto il giorno che pone termine al tempo dei giochi. Sono una dea e come tale
manterrò la pace e la giustizia! Mai più mi lascerò andare e sarò ciò per cui
sono nata. Che un anno solo mi separi dalla vittoria, e poi la giustizia
tornerà!-
Isilpeko
alzò disperatamente gli occhi al cielo
***
Un
freddo gelido ed improvvisò le arrivò addosso, come coltellate, sulla pelle
scaldata dal tepore della coperta...
-Ma che cazz...?- borbottò nella sua
lingua madre
-Qualunque
cosa volesse dire, è ora di alzarsi.-
-Gnonmivascincueminut-
sospirò Cristina abbracciando più stretto il cuscino
-Ma
guardatela! La dura, fredda e crudele Cristina, il terrore delle novizie, qui
abbracciata ad un cuscino a piagnucolare per dormire cinque minuti di più...Toh
sentitela come impreca! Se ti vedessero le tue avversarie...- disse monocorde
Eshari finendo di scoprire la compagna
-...Scapperebbero
per paura della mia vendetta!- urlò balzando fuori dal letto e mettendosi a
rincorrere l'altra armata di cuscino
Shunrey
sospirò e scosse la testa, abituata al solito rituale mattutino, finendo di
allacciare i calzari e dissipando le ultime nebbie del sonno. Ma i sogni non
avevano bisogno di essere dispersi, oramai erano già realtà
"Proprio
come nelle favole"
-Aaah
non ne vale la pena...- borbottò Cristina liberandosi dalla presa di Eshari che
l'aveva miseramente bloccata a terra -...Vale più la pena di andare a mangiare,
ho la solita fame...-
-Sì
sei proprio un lupo Cris...- aggiunse sorridendo Shunrey
-Oggi
è il "Giorno del Giudizio"
eh?- cambiò argomento Cristina
-No,
non esageriamo...E poi manca un po' di tempo al vero "Giorno del Giudizio"- sussurrò Eshari nell'ombra
dell'angolo indossando la maschera, ghignando
Ma
l'aveva sentita Cristina, così come aveva sentito tutti gli strani sibili,
sibillini avvertimenti che aveva sussurrato in quell'anno di duri allenamenti
"Sorella
qui le cose sono due...O sei completamente matta...Oppure tu sai più di quel che
dici di sapere, e mica lo so se mi posso fidare di te"
Aveva
un'eccezionale istinto la Gu...Pardon, la giovane, perchè stava per giungere il
tempo in cui si sarebbe dovuto dubitare anche dei propri amici...
***
-Ed
eccoci qui eh?-
-Eliminati
dal conteggio prego-
-Ah
va bene eccovi qui...Va bene ora?-
-Molto
meglio-
-Per
favore ragazzi non di prima mattina-
Il
Saint della Fenice ancora non capiva come quell'asino con le ali riuscisse a
fargli perdere stupidamente il controllo della lingua, trascinandolo in stupidi
duelli a colpi di freddure. Arte di cui era maestro tuttavia.
Così
come continuava a non capire come quella bietola vestita da meringa che tutti
osannavano, anche se erano schiattati tremila volte per lei, fosse riuscita a
fregarlo...E ce ne voleva...
Presumibilmente
era per Shun...
"Al
solito..."
Doveva
aver ancora sognato il suo fratellino, che sì era pallido di carnagione, ma non
quel pallore innaturale...Il volto tirato di chi non ha passato una bella
nottata.
E
di certo non ha fatto bei sogni...Il solito "incubo"?
Fin
dove arrivava la verità di quei sogni?