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Autore: FiammaRuna    02/12/2012    3 recensioni
Fanfic scritta per il contest : AAA PATRONUS CERCASI.
Arrivata seconda!
NDA. Draco viene descritto in due modi: come il ragazzino uke che mangia dolcetti a forma di animali e prega Harry di farsi sbattere da qualche parte, oppure, come lo strafigo senza cuore che non ama nessuno.
Secondo me il vero Draco sta nel mezzo.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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Draco cammina sulla banchina del binario 9 - ¾.
Sono passati così tanti anni dal giorno della battaglia finale.
Il ragazzino biondo platino che avanza lì accanto gli stringe la mano  e indica l’enorme treno rosso che, anni addietro, aveva condotto lui in quella magica casa, che era Hogwarts.
-Scorpius, stai composto. -  gli dice piano, mentre una donna bionda accarezza la testa del bambino sorridendo.
-Non si addice ad un ometto della tua età sbracciare indicando qualcosa, amore. – 
Draco osserva la donna così premurosa e per un attimo gli pare di scorgere sua madre in lei.
Sorride.
Quel bambino è così amato.
Procedono lentamente.
Eccoli li.
Un ammasso di teste color arancio si esibiva in tutta la loro povertà davanti al treno.
Ron ed Hermione salutano i bambini con fare amorevole.
Draco scambia un’occhiata carica di risentimento con il ragazzo alto che si stringeva alla riccia.
Tutto in un attimo.
Si sente svenire e poggia una mano alla parete.
Ogni volta che si ritrova ad affrontare il passato, sente  quella sensazione di malessere attanagliargli il petto.
Sua moglie lo aiuta a sedersi su una panca.
Lei non può capire.
Perché ogni volta che incontra un vecchio compagno di scuola, soprattutto, un suo amico, tornano alla mente tanti di quei ricordi da confonderlo  in una maniera spaventosa.
È felice, lì, con sua moglie e suo figlio.
Porta avanti il nobile casato Malfoy.
Ha un bellissimo erede e una compagna che invidiano in molti.
Eppure, qualcosa manca a completare il quadro.
Qualcosa che non può avere.
Che non ha mai potuto avere.
E allora ripensa a quel giorno lontano in cui iniziò tutto.
 
Porse la mano ad un ragazzino famoso, con la convinzione che nessuno si sarebbe mai rifiutato di accettare la protezione di uno dei figli  di una delle più grandi famiglie privilegiate dell’epoca.
E invece quel ragazzino spettinato gli rispose a modo e preferì  diventare amico di un traditore del proprio sangue.
Draco fece finta di non importarsene più di tanto, ma dentro di se nacque il desiderio di capire qualcosa in più riguardo quel ragazzo, così diverso da lui.
Allora lo seguì, lo umiliò, lo insultò, lo derise a più non posso.
Perché quello era il solo modo che conosceva per rapportarsi con i suoi rivali.
Rivali…
 
Il tempo lo portò a scontrarsi sempre più con quel ragazzo.
Se non poteva averlo con lui, allora, l’avrebbe distrutto.
Così diversi, così lontani.
Crescevano.
Ognuno seguiva la propria strada e mentre lui si lasciava trascinare negli affari di famiglia, l’altro si adoperava a contrastarli e a combattere contro la loro fazione in quella guerra.
 
Più volte Draco l’aveva messo nei guai, denunciandolo ai professori, sfidandolo per i corridoi e ricordava ancora il dolore che quello stupido gli aveva inferto nei bagni al sesto anno.
Proprio quando lui faceva di tutto per stargli lontano, il ragazzo sembrava ossessionato da lui.
Voleva capire dov’era , cosa pensava, cosa faceva.
Fino all’ennesimo scontro.
Un incantesimo pronunciato nell’ignoranza. Un forte dolore. Tanto sangue.
Eppure ricorda quella voce preoccupata che pronunciava parole sconnesse
E lo sentì correre via.
“N-N-Non volevo.”
Nella sua testa rimbombarono quelle parole per tanto tempo, fino a fargli venire seri dubbi.
Dubbi su quello che stava facendo, dubbi sulle sue scelte.
Perché non voleva fargli del male?
Loro erano nemici.
Doveva volerlo.
Doveva.
 
Passarono i mesi e Draco dovette adempiere al suo incarico.
Era una fredda notte quando permise ai Mangiamorte di entrare nel castello.
Lì, sulla torre d’astronomia , a così tanti metri da terra, vide cadere  nel vuoto l’unico uomo che avesse mai tentato di aiutarlo.
Perfino in quel momento.
Perfino quando gli aveva puntato contro la bacchetta, non si era tirato indietro per porgerli il suo aiuto, la sua protezione.
Ma Draco non poteva.
Per un attimo tentennò, immaginò la sua vita lontano dalla guerra e al sicuro, purtroppo, non era solo a se che doveva pensare.
Perché Draco era un bastardo egoista agli occhi di molti.
Si, Draco era stronzo, egocentrico, viziato, prepotente e molte altre cose, ma era anche un ragazzo.
Un ragazzino impaurito che si era trovato al centro di un conflitto, usato come una marionetta, e ora aveva paura, paura che se non avesse eseguito gli ordini a lui assegnati da quel mostro, che aveva rovinato la sua famiglia,  potesse far del male ai membri di quest’ultima .
Pensava a sua madre, Draco.
Pensava a come proteggere le persone che amava.
Avrebbe fatto di tutto. Anche se aveva paura. Anche se tremava. Avrebbe anche ucciso, pensò.
Eppure si era fermato.
Perché?
Fu trascinato via come un involucro vuoto.
Nei suoi occhi l’immagine del corpo di Silente e la sensazione di essere stato osservato erano nitide più che mai.
 
La guerra andava avanti e giorno per giorno sentiva parlare di morte e distruzione.
Rimaneva lì, chiuso in casa perché sua madre si era rifiutata di vederlo ancora in prima linea.
E intanto pensava. 
Pensava a cosa stava succedendo là fuori e non riusciva a smettere di domandarsi se lui stesse bene.
Aveva capito che, infondo, loro due combattevano per la stessa cosa, anche se per partiti opposti.
Volevano salvare i loro cari.
Draco si ripromise di non intaccarlo in alcun modo. 
Se mai si fossero incrociati in battaglia, lui non l’avrebbe colpito.
In un attimo si rese conto di non volerlo e si sentì un po’ più vicino a lui.
 
L’occasione si presentò ben presto.
Una sera venne mandato a chiamare da Codaliscia
Non sapeva cosa aspettarsi, ma di certo non si sarebbe mai immaginato di vederlo lì.
Perché quella fredda sera fu mandato a chiamare per decretare l’identità del suo vecchio compagno di scontri scolastici.
Un morso allo stomaco gli bloccò il respiro per un attimo e rimase a fisarlo inerme.
Il volto sfigurato da un qualche incantesimo e la cicatrice solo un segno deformato sulla cute.
Eppure, Draco non si sarebbe mai sbagliato.
-Allora?! È lui? – sibilò sua zia. 
–Draco?! – sua madre gli si avvicinò preoccupata.
Tremava.
-I-Io…Non ne sono sicuro…-
Non scorderà mai il suo sguardo mentre lo sentiva pronunciare quelle parole.
Parole per difenderlo.
Mentì per lui.
Mentì alla sua stessa famiglia.
Perché?
 
Eccolo lì.
La stanza delle necessità era calda più del solito.
Non sapeva perché, ma quando era venuto a conoscenza che era lì, a scuola, l’istinto di seguirlo  fu più forte di lui.
Ed ora si ritrovavano faccia a faccia.
Il gruppo di amici cominciò il solito litigio e lui si trovò a lanciare ordini.
-Non uccidetelo! No, non  uccidetelo! –
Ma quella volta i suoi scagnozzi si rivoltarono contro di lui.
Per la prima volta Draco vide la morte in faccia.
Il fuoco divampava caldo nella stanza.
Quella sera perse un suo amico , o almeno, qualcuno che conosceva da tempo.
Si era già rassegnato all’idea di una morte lenta e dolorosa per mano del fuoco, quando vide qualcosa arrivare in picchiata.
Perse la prima presa, poi si concentrò e riuscì ad afferrare quella mano.
Quella stessa mano che sette anni prima gli era stata negata, finalmente, era stretta nella sua.
Si odiò per essersi lasciato sfuggire degli urletti poco virili, nel frattempo che volavano ad alta velocità, fuori da quell’inferno, mentre si stringeva convulsamente a quel ventre piatto.
Una volta fuori caddero dalla scopa e Draco rimase imbambolato a pensare all’immagine di Tiger che bruciava nel fuoco magico.
Quando si riprese, cercò con lo sguardo il ragazzo, ma era andato via.
Come sempre.
Era senza bacchetta al centro di  una guerra.
Per un attimo temette di morire, ma qualcuno lanciò un incantesimo e lo salvò.
Si guardò intorno sperando di vederlo, ma tutto quello che ricevette in cambio fu una gomitato nello stomaco.
Si piegò per il dolore, ma in lontananza gli parve di vedere dei piedi conosciuti che spuntavano dal nulla.
Sorrise di gratitudine.
 
Poi il gelo.
Quando lo vide tra le braccia del mezzo gigante, inerme.
Voldemort  avanzava trionfante.
“No…” pensò. 
Non poteva essere morto.
Non lui.
Strinse i pugni e sentì gli occhi lucidi che pungevano, ma non poteva piangere, non lì.
-Draco. – suo padre lo chiamò autoritario, ma intimorito.
Tentennò.
-Draco…- sua madre lo chiamò impaurita, lanciando occhiate furtive al cadavere.
Draco non capì, ma si diresse verso la donna con il cuore a pezzi.
All’improvviso qualcosa si mosse e quella voce risuonò nell’aria.
Draco lo fissò ad occhi sbarrati.
Era vivo.
E combatteva. 
Lui combatteva, anche per lui.
Draco aveva capito che, Harry non combatteva solo per i suoi di cari, ma per tutti coloro che volevano smettere di essere comandati da quel mostro, per chi aveva paura, per chi aveva speranza.
Sua madre lo strinse a se e lo spinse verso l’interno del castello.
Morte.
Morte e distruzione.
Ovunque si voltasse vedeva macerie e cadaveri.
Cadaveri di ragazzi che conosceva, suoi compagni di scuola, amici, nemici o semplici conoscenti.
Della gente era morta in quella guerra e non perché stava dalla parte della ragione o del torto.
Della gente era morta per delle convinzioni contrastanti.
Ragazzi che non avrebbero mai visto la nuova alba.
Genitori che nona avrebbero mai visto i loro figli crescere.
Si strinse a sua madre ringraziando il cielo. 
Perché lei era viva e anche suo padre.
Per un attimo pensò che forse non lo meritavano.
Poi gli abbracciò e i dubbi svanirono.
Era tutto finito.
 
Draco abbraccia suo figlio e gli da un bacio sulla fronte.
-Fai il bravo. – 
-Certo, padre. – sorride.
Il bimbo abbraccia educatamente sua madre e si dirige verso il treno.
Draco guarda ancora verso i vecchi compagni di scuola.
Eccolo lì.
Una testa scompigliata troneggia su tre marmocchi.
Uno sguardo.
Sorride.
Draco sospira e si volta verso sua moglie. 
-Andiamo. –
 
Il cielo scuro sovrasta la sua grande villa.
Draco si stringe un po’ più nella giacca per il freddo.
Ormai suo figlio deve essere arrivato a scuola.
Probabilmente è il momento dello smistamento.
Chissà se Scorpius è emozionato o se come lui sa per certo che finirà a Serpeverde.
Sorride alla luna.
Proprio in questo momento, ventiquattro anni prima lui porgeva la sua manina a quel ragazzo.
Estrae la bacchetta e pronuncia l’incantesimo a bassa voce.
Una scia azzurro-argentea fuoriesce dalla punta.
-Digli che siamo a ventiquattro. – sussurra.
L’animale vola via diretto a Londra.
Arriva nella solita casa modesta a cui fa visita tutti gli anni.
Harry sorride ascoltando il messaggio.
-Expecto Patronus – sussurra ed ecco il suo cervo che va ad aggiungersi all’altro, un po’ più piccolo.
-Digli che è il solito perfettino di sempre. – ride.
I cervi arrivano da lui giocando in una scia azzurra.
Draco ascolta il messaggio.
Accarezza il cervo più grande e sorride.
L’animale fa il giro su se stesso e vola via. 
Il suo rimane a guardarlo.
Scuote la testa, Draco.
Da quella volta, in cui l’aveva creduto morto, quando  aveva sentito qualcosa spezzarsi dentro di se, il suo patronus era cambiato.
Ha già sentito casi in cui una forte emozione provoca di questi mutamenti e altri ancora,  dove un forte dolore può causare la perdita totale del proprio patronus.
Un po’ sente ancora la mancanza del suo furetto bianco, ma questo piccolo cervo riesce perfettamente a rappresentare la speranza.
La luce che l’ha sempre rischiarato.
La luce della chiarezza.
Draco Malfoy non sarebbe l’uomo che è ora se non avesse mai incontrato quel ragazzino sorridente.
Per questo, ogni anno, in questo giorno, si mandano un messaggio.
Solo per ricordare a se stessi che sono vivi e hanno vinto.
Perché entrambi hanno vinto le loro battaglie e finalmente vivono le loro vite serenamente.
 
 
 
 
 
   
 
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