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Autore: Ortensia_    02/12/2012    2 recensioni
Quattro differenti percorsi, e dieci gruppi destinati ad incontrarsi, a spezzarsi e perire, corrotti dall'odio che ogni anima riesce a far fiorire così rigoglioso nelle menti di ogni pedina.
Dopo Berkeley Square ed il Gioco, le Nazioni riusciranno finalmente a scoprire qualcosa sull'entità misteriosa e perversa che da mesi li perseguita?
Il dado è tratto.
[_Fra le storie più popolari dell'anno 2012/13 su Axis Powers Hetalia: più recensioni positive_]
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Danimarca, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Can you hear the World?'
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XV – Passaggi




Ormai al di sotto delle due prorompenti cascate, scorsero in lontananza l’ottavo cancello, ovviamente serrato, che negava il passaggio.
«Guarda, un’altra scatola-!»
Fu la prima cosa che il russo gli fece notare, tendendo l’indice in avanti: prima i dadi, poi il pugnale … ora cosa li stava aspettando?
Gli occhi del prussiano si assottigliarono appena, le labbra fini si lasciarono sfuggire un lieve sospiro.
«Speriamo sia l’ultima volta.»
Il russo annuì distrattamente, allungando il proprio passo e facendolo risuonare con pesantezza sulle rocce, cercando di raggiungere in fretta la scatola ai piedi del cancello chiuso.
Quando a Gilbert sembrò vedere il corpo di Ivan irrigidirsi di colpo, accelerò anch’esso il passo, fermandosi poi a pochi centimetri da lui.
«Cosa c’è dentro?»
L’espressione sul viso del russo fu del tutto eloquente, ed il prussiano sentì un brivido accarezzargli la schiena.
Gilbert si chinò cautamente al suo fianco, e fu allora che vide la bandiera prussiana pitturata all’interno della scatola, in cui per altro giaceva una pistola.
«Scheiße- non dovrò mica-?»
Il russo si morse il labbro inferiore, annuendo appena «credo proprio di sì.» poi, afferrando la pistola, gliela porse appena titubante «ecco.»
Il prussiano la afferrò con decisione, rizzandosi in piedi: dovere, ecco cos’era quello.
Strinse appena i denti, puntandosi la pistola al braccio sinistro.
Lo sparo che scaturì improvvisamente dall’arma assordò per qualche attimo entrambi, poi, senza un attimo di esitazione, il russo si sfilò la sciarpa dal collo, legandoci stretto il braccio ferito del prussiano.
«M-ma Russia-» la voce di Gilbert risuonò rotta dal dolore, mentre il russo gli legava la sciarpa intorno al braccio più attento che mai.
«Pazienza coniglietto, la laverò quando torneremo a casa-»
Dopotutto Gilbert era molto più importante di quella sciarpa.


«Acqua-!»
L’ungherese attraverso rapidamente la distesa di rocce calcaree, per arrivare ad un piccolo laghetto di acqua limpida, inginocchiandosi sull’orlo ed immergendovi le mani.
«Per fortuna-» sia l’austriaco che il rumeno, avvicinatisi a lei, erano sollevati nel vedere che quell’immensa distesa di rocce, che pareva deserta, più avanti era invece disseminata di piccoli laghi di acqua limpida.
Accogliendo l’acqua in una piccola conca formata dai palmi uniti delle mani, l’ungherese si bagnò le labbra, per poi rizzarsi in piedi «è molto fredda, ma per lo meno è buona-»
Ma dopo qualche passo, furono costretti a fermarsi nuovamente.
«Il cancello-»
Dietro alla piccola scatola di legno adagiata sulle rocce bianche, le grate argentee del cancello chiuso si immergevano oltre la superficie cupa di uno dei laghetti.
«I-io ho detto fredda, prima, ma penso che a contatto con il corpo potrebbe sembrare addirittura ghiacciata, sapete?»
«E a giudicare dal suo aspetto sembra anche piuttosto profondo-»
«Merda-!»
«Romania!» sia l’ungherese che l’austriaco vollero rimproverare Vladimir, alzando il loro tono di voce, ma non appena lo videro stringere una pistola, davanti alla scatola aperta, non poterono che sussultare e, molto probabilmente, pensare la stessa cosa a cui il biondo aveva da poco dato voce.
«Roderich-» gli fece cenno di avvicinarsi, e non appena l’austriaco vide la sua bandiera dipinta all’interno della scatolina sussultò piuttosto sorpreso. Il rumeno rimase chinato al fianco della scatolina e si voltò solo per porgergli la pistola.
«N-no! Aspetti Austria-!»
«Ungheria, penso non si possa fare altrimenti.»
Vladimir fu colto di sorpresa dallo sguardo supplichevole che Elisabeta gli rivolse e si rizzò subito in piedi. Roderich aveva ragione: il destino aveva deciso così, e c’era poco da fare.
«Il massimo che possiamo fare è sparargli noi, in modo che non rischi di perdere la mira nel momento in cui preme il grilletto-»
«M-ma cosa dici, idiota?!» ma l’ungherese si zittì subito, sorpresa, non appena Roderich restituì la pistola al rumeno, tendendo appena un braccio.
«Mi fido di te, Rumänien.»
Vladimir annuì appena, assottigliando lo sguardo e prendendo la mira con attenzione.
Dopo qualche attimo di silenzio premette il grilletto, e subito l’ungherese lo raggiunse per fasciargli stretto il braccio con un frammento del suo vestito, sotto lo sguardo piuttosto vigile del rumeno: stava decisamente troppo vicina a Roderich. Avrebbe preferito essere lui quello designato per il sacrificio, se questa era la ricompensa.


«Che faccia- sembra quasi che tu abbia visto un morto. Dai, cammina.»
Le parole dello scozzese lo colsero di sorpresa, e subito un dolore insopportabile si diffuse nel petto: all’improvviso sentiva il cuore battere così forte da bruciare, il respiro mancare.
Triste, arrabbiato. Voleva sfogarsi, e se non fosse stato per la spalla intaccata dall’infezione, la febbre causata da questa, che ora lo faceva barcollare penosamente, lo avrebbe fatto subito, riducendo lo scozzese in poltiglia.
Solo ora si rendeva conto che era stato sciocco a dare ascolto ai rancori passati: Arthur lo avrebbe aiutato, nonostante tutto. Jack, invece, era una sottospecie di doppiogiochista prepotente, cattivo ed egoista.
«Un’altra scatola!»
Molto probabilmente sperava di trovarvi un’arma all’interno, e sperava che questa fosse nuovamente destinata ad Antonio, a giudicare dall’espressione delusa che gli si dipinse in volto non appena raccolse un semplice foglietto di carta fra le dita.
«Cos’è?»
Furono quelle le prime parole di Spagna.
Lo scozzese rimase in silenzio solo per qualche attimo, leggendolo «possiamo cambiare percorso, dice che se vogliamo possiamo andare alla nostra destra.»
Lo spagnolo diede un’occhiata rapida ai fitti alberi che si innalzavano oltre le catene che li separavano dal percorso di destra, poi tornò a rivolgersi al rosso.
«Tu cosa proponi?»
«Io me ne rimango su questo percorso. Siamo fortunati che ci sia capitato questo, poi tu sei libero di fare come credi, eh-»
Neppure a dirlo, Antonio, si avvicinò alla catena, afferrandola con titubanza, subito sollevato di riuscire a sollevarla senza complicazioni per passarvi sotto.
«Ah, Escocia-?»
«Che vuoi?»
E prima di sparire tra le fronde degli alberi, Antonio accennò un sorriso, sollevando il dito medio.


Gilbert raccolse il proprio dado, che si era appena fermato sull’uno, così come quello del russo.
«Quindi due~
Gilbert? Come sta il braccio?»
«Va un po’ meglio.
Andiamo dai, non ne posso più di stare fermo qui.»


Sollevato il coperchio, aggrottò la fronte sorpresa, estraendo il foglietto e poi dando subito un’occhiata alla sua destra: poteva cambiare percorso.
Alice si sollevò rapidamente in piedi, guardando oltre il cancello chiuso davanti a sé, e poi tornando con lo sguardo rivolto alle fronde verde scuro degli alberi del percorso di destra: e se quelle dall’altra parte delle catene fossero le caselle di Olanda?
Prendendo una grossa boccata d’aria pensò all’uno inciso sul suo braccio, al fatto che non volesse più essere sola.
Espirando sollevò le catene e vi passò sotto, più sicura che mai: avrebbe trovato suo fratello, a costo della vita.
«Abel …»


Superati all’insegna dell’orrido e dell’angoscia i corpi esanimi di Francia e Canada, e poi il sesto cancello, erano scomparsi qualsiasi filo d’erba e qualsiasi respiro d’aria.
Solo sabbia rovente sotto i piedi, i raggi cocenti di un grosso sole dorato, alto nel cielo terso.
«V-vedo il settimo cancello-
Forza Nor, manca poco-» guardando oltre la propria spalla, cercò di accennare un sorriso per rivolgerlo all’amico.
Incontrò solo per un attimo i suoi occhi, spenti, stanchi, e poi lo vide inginocchiarsi sulla sabbia.
«Norvegia-!»
«N-non possiamo … non possiamo farcela-»
Chinatosi davanti a lui, lo afferrò per le spalle, scuotendolo appena «N-Nor! Ma che dici? G-guarda-»
«Danimarca- è … è un deserto-»
Faceva perfino fatica a parlare, ed ora aveva gli occhi quasi completamente chiusi.
«A-alzati dai, non ti fa bene stare a contatto con la sabbia così calda-»
«Sto morendo di sete …»
Mathias sentiva perfettamente quanto precario ed insicuro fosse il respiro di Lukas «i-io non so … non so come-»
«Danimarca, non è colpa tua.» seguì una paura in cui il norvegese cercò di respirare alla bene meglio, poi riprese, con la voce roca e flebile «grazie- per stanotte … intendo-»
«L-Lukas-
Ti prego!» lo scosse ancora, appena, supplicandolo con la voce, ma il corpo del norvegese diventò improvvisamente pesante.
«Norvegia!»
Un altro corpo inerme andava ad aggiungersi a quelli di Svezia, Vietnam, Francia e Canada, disseminati forse nel percorso più crudele e pericoloso.
«N-Norvegia!» e soltanto Danimarca rimaneva ancora in vita.
Rimaneva solo, a piangere e supplicare, giurare sul corpo del suo migliore amico.
   
 
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